Rimessa in discussione l'assoluzione pronunciata in Appello e basata sulla presunta assenza di dolo nei comportamenti dell'uomo. Irrilevante il riferimento alla sua incapacità di dominare l'ansia per il pericolo corso dal figlio. Riprende vigore l'accusa per il reato di abuso dei mezzi di correzione.
Il presunto stato d'ansia per l'allontanamento improvviso del figlio minorenne non può giustificare la reazione violenta del padre nei confronti del ragazzo. Plausibile, perciò, la condanna del genitore per il reato di abuso dei mezzi di correzione. Scenario della vicenda è la Sicilia. A finire sotto accusa è Tizio, a seguito dell' aggressione messa in atto ai danni del figlio - Caio - attinto da due schiaffi al viso e afferrato per il collo - con lesione di tipo petecchiale di circa 4 centimetri -, dopo che il ragazzo si era allontanato dalla comunità dove si trovava con la madre, lì ricoverata, per recarsi dai nonni paterni ma senza prima avvertire i genitori . Per i giudici del Tribunale è doverosa la condanna di Tizio, ritenuto colpevole, in sostanza, del reato di abuso dei mezzi di correzione nei confronti del figlio minorenne . Alla base di tale decisione vi è anche la sproporzione tra l'intervento correttivo adottato e l'intento educativo perseguito , precisano i giudici. A sorpresa, però, in Appello, pur essendo acclarato il comportamento aggressivo subito da Caio, i giudici sanciscono l'assoluzione di Tizio, salvato dalla inesistenza del dolo alla base delle condotte tenute. Su questo fronte, in particolare, i giudici di secondo grado pongono in rilievo il carattere del ragazzo, incapace di esercitare l'autocontrollo e la forte preoccupazione vissuta dal padre, in ragione dell'allontanamento del figlio dalla comunità . Di conseguenza, l'aggressione compiuta dall'uomo va ricondotte, secondo i giudici, ad un' azione istintiva ed estemporanea , frutto della incapacità di controllare l'ansia per il pericolo corso dal figlio e non, invece, ad un'azione dominata dalla intenzione di realizzare una condotta abusiva . La linea di pensiero seguita dai giudici d'Appello, e contestata fortemente dalla Procura, viene censurata dai Magistrati di Cassazione, i quali pongono in evidenza i cardini oggettivi del giudizio di responsabilità di Tizio per l' aggressione violenta da lui realizzata e per le lesioni riportate dal figlio. In aggiunta vengono anche sottolineate la necessaria contestualizzazione delle condotte del genitore rispetto al comportamento del figlio e la forte sproporzione dell'atto connotato da violenza compiuto dall'uomo. In Appello è stato escluso il dolo, previsto per il reato di abuso dei mezzi di correzione, valorizzando lo stato di ansia dell'uomo nel compiere l'azione illecita, stato determinato dalla preoccupazione per la sorte del figlio, sottrattosi alla sfera di controllo della madre . Ma il presunto stato di alterazione emotiva di Tizio non può escluderne la colpevolezza, chiariscono i Magistrati di Cassazione. Decisiva la sottolineatura della irrilevanza degli stati emotivi e passionali ai fini dell'esistenza del dolo e della imputabilità . Su questo punto, in particolare, i Magistrati di terzo grado sono chiari le alterazioni emotive finiscono per assumere rilievo, ai fini dell'imputabilità, a condizione che esse si inseriscano eccezionalmente in un quadro più ampio di infermità, tale per consistenza, intensità e gravità da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere . Impossibile, concludono i Magistrati, valutare gli stati emotivi o passionali ai fini della imputabilità , e, allo stesso tempo, essi non possono essere tenuti in considerazione neanche come causa di esclusione della colpevolezza , potendo essi essere unicamente apprezzati, se del caso, sul piano della modulazione della pena . Di queste considerazioni, messe nero su bianco dai Magistrati di Cassazione, dovranno tenere conto i giudici d'Appello, chiamati a prendere in esame e valutare con attenzione il comportamento tenuto da Tizio nei confronti del figlio Caio.
Presidente De Amicis Relatore Paternò Raddusa Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Palermo, accogliendo il gravame proposto dal difensore di R.G., condannato dal Tribunale di Marsala in primo grado alla pena ritenuta di giustizia e al risarcimento del danno arrecato alla parte civile perché ritenuto responsabile del reato di cui all' art. 571 c.p. commesso nei confronti del figlio minore A., ha mandato assolto l'imputato per la ritenuta insussistenza del dolo. 2.In particolare, incontroversa la condotta materiale descritta dall'imputazione l'aggressione realizzata ai danni del figlio, attinto da due schiaffi al viso e afferrato per il collo dal padre, tanto da subire una lesione di tipo petecchiale di circa 4 cm nella zona collo anteriore, dopo che questi si era allontanato dalla comunità di [ ], dove si trovava con la madre, ivi ricoverata, per recarsi dai nonni paterni senza prima avvertire i genitori , anche in relazione alla sproporzione tra l'intervento correttivo adottato e l'intento educativo perseguito, la Corte del merito, facendo leva sul carattere del ragazzo, incapace di esercitare un unison0autocontrollo e sulla forte preoccupazione vissuta dal padre in ragione dell'allontanamento del figlio dalla comunità, ha ricondotto la condotta ad una azione istintiva ed estemporanea, frutto della incapacità di dominare l'ansia per il pericolo corso dal figlio piuttosto che dominata dalla intenzione di realizzare una condotta abusiva nei termini considerati dalla fattispecie contestata. 3. Propone ricorso la Procura generale presso la Corte di appello di Palermo e lamenta violazione di legge e vizio di motivazione. Sul primo versante, per avere la Corte del merito valorizzato le motivazioni poste a fondamento della condotta violenta riscontrata, aspetto del tutto irrilevante rispetto alla configurabilità del dolo sotto il secondo versante per aver dato per incontroverso lo stato di ansia e preoccupazione all'uopo apprezzato, non altrimenti confermata, anche in ragione della modesta verosimiglianza logica del dato l'azione è stata realizzata quando il ragazzo si trovava già da tempo in un ambiente protetto . Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato e impone l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata. 2. Con la sentenza gravata da ricorso la Corte di appello ha ribaltato la condanna resa dal Tribunale senza mettere in discussione ed anzi confermando i cardini oggettivi del giudizio di responsabilità reso in primo grado avuto riguardo all'aggressione violenta realizzata dal prevenuto, alle lesioni apportate alla persona offesa e soprattutto alla contestualizzazione delle condotte rispetto al comportamento del figlio nonché alla sproporzione dell'atto connotato da violenza. Piuttosto, è stato escluso il dolo dell'ipotesi di reato contestata all'uopo valorizzando lo stato di ansia dell'imputato nel compiere l'azione illecita, stato determinato dalla preoccupazione per la sorte del figlio, sottrattosi alla sfera di controllo della madre. 3. Ora, anche a voler trascurare il profilo afferente alla prova di tale stato che avrebbe trovato unicamente conforto nelle dichiarazioni della moglie richiamate dalla decisione appellata e quello correlato alla stessa logicità della conclusione che se ne è tratta atteso che pacificamente l'azione contestata è stata realizzata quando il ragazzo aveva già da tempo comunicato di essersi recato presso l'abitazione dei nonni paterni, così da neutralizzare l'immediatezza della riferita preoccupazione , assume, invece, rilievo dirimente l'aspetto relativo alla avvenuta valorizzazione, a sostegno della ritenuta insussistenza del dolo, dello stato di alterazione emotiva in cui assertivamente versava il prevenuto. È infatti nota, secondo le costanti indicazioni interpretative sul tema rese da questa Corte, l'irrilevanza degli stati emotivi e passionali ai fini della sussistenza del dolo e della imputabilità, alla luce della disposizione di cui all' art. 90 c.p. Le alterazioni emotive, infatti, finiscono per assumere, rilievo, ai fini dell'imputabilità, a condizione che si inseriscano eccezionalmente in un quadro più ampio di infermità , tale per consistenza intensità e gravità da incidere concretamente sulla capacità di intendere e di volere Sez. 5, sentenza n. 9843 del 16/01/2013 , Rv. 255226 Sez. 2, sentenza n. 3707 del 21/05/1975, dep. 18/03/1976 , Rv. 132843 . E la disposizione dell' art. 90 c.p. , vietando di valutare gli stati emotivi o passionali ai fini della imputabilità, non consente neppure di riprenderli in esame nell'ambito dell' art. 42 c.p. come causa di esclusione della colpevolezza Cass. Pen. Sez. 1, 739/1972, Rv. 122473, ripresa in motivazione da Sez. 6, n. 36356 del 22/9/2010 , potendo gli stessi essere unicamente apprezzati, se del caso, sul piano della modulazione della pena. 4. Da qui l'inconferenza del giudizio speso sul dolo a sostegno della assoluzione resa in appello e la conseguente necessità di un nuovo giudizio sul punto rimesso al giudice del rinvio, al quale si rimette anche l'eventuale determinazione e liquidazione delle spese difensive affrontate in questo grado dalla parte civile. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di appello di Palermo. Dispone, a norma dell 'art. 52 D.Lgs. n. 30 giugno 2003, n. 19 6, che sia apposta, a cura della cancelleria, sull'originale del provvedimento, un'annotazione volta a precludere, in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma, l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati in sentenza.