L’incapacità ad impugnare il licenziamento… un nodo da sciogliere

In tema di rapporti tra l'avvenuta decadenza dall'impugnazione del licenziamento e lo stato di incapacità naturale del destinatario, il termine di 60 giorni dalla ricezione della comunicazione del licenziamento di cui all'articolo 6 l. numero 604/1966 è un termine di decadenza, come tale, insuscettibile, ex articolo 2964 c.c., sia di interruzione, sia, in mancanza di disposizione contraria, di sospensione, senza che possano rilevare le condizioni soggettive del destinatario e più precisamente la sua capacità di intendere di volere ciò, fatta salva la tutela di cui all'articolo 428 c.c.

Con l'ordinanza in commento, la Corte di Cassazione si interroga sul bilanciamento tra l'efficacia dell'atto recettizio quale è il licenziamento e la capacità di comprenderlo e, quindi impugnarlo. Considerando la questione di primaria importanza, la Suprema Corte rimette il giudizio al Primo Presidente affinchè ne valuti l'assegnazione alle Sezioni Unite. Lo stato di incapacità Una lavoratrice veniva licenziata per assenza prolungata ingiustificata. Il licenziamento veniva regolarmente comminato all'esito di procedura disciplinare ex articolo 7 l. numero 300/1970 l'assenza ingiustificata veniva contestata tempestivamente, tuttavia, non giungeva giustificazione alcuna da parte della lavoratrice, al che, il datore di lavoro comunicava, via raccomandata AR , il licenziamento per giusta causa. Tale licenziamento, poi, veniva impugnato solo dopo molti mesi dalla prova di avvenuta consegna della raccomandata. Nei giudizi di merito, il datore di lavoro sosteneva la decadenza dalla facoltà di impugnare il licenziamento essendo l' impugnazione intervenuta oltre il termine di 60 giorni dalla recezione della comunicazione di licenziamento, previsto dall'articolo 6, l. numero 604/1966 al contrario, la lavoratrice sosteneva di aver impugnato il licenziamento nei 60 giorni successivi all'effettiva conoscenza dell'atto, poiché lo stato depressivo in cui versava non le aveva consentito di comprendere né la contestazione disciplinare né il successivo provvedimento espulsivo. I giudici di merito, in entrambi i gradi di giudizio, avevano fatto prevalere la presunzione di conoscenza dell'atto recettizio sullo stato di incapacità del destinatario e, di conseguenza, avevano accertato l'intervenuta decadenza dalla facoltà di impugnare il licenziamento, pur in presenza di una consulenza tecnica d'ufficio che aveva acclarato uno stato depressivo della lavoratrice destinataria che le avrebbe impedito di avere piena coscienza e conoscenza del licenziamento. Le regole in gioco articolo 1335 c.c. e articolo 428 c.c. Nel caso di specie non è in contestazione che la comunicazione del licenziamento sia giunta all'indirizzo della lavoratrice la questione riguarda piuttosto se la lavoratrice ne abbia avuto effettiva notizia per le sue condizioni di salute. Occorre quindi bilanciare l'efficacia degli atti recettizi articolo 1335 c.c. e lo stato di incapacità naturale del soggetto cui sono rivolti articolo 428 c.c. . Un costante orientamento della Corte di Cassazione afferma che l'efficacia degli atti recettizi, o meglio, la presunzione di conoscenza degli stessi, prescinde dall'eventuale stato di incapacità naturale del destinatario posto che, per tali atti, il legislatore ha stabilito regole che consentono di individuare la loro conoscenza da parte dei destinatari, indipendentemente dalla capacità degli stessi di apprezzarne il valore e il contenuto. Tale disciplina si modella, da un lato, sul principio di legittimo affidamento del mittente e, dall'altro, sulla disciplina dell'articolo 428 c.c., che prevede l'annullabilità soltanto degli atti unilaterali posti in essere dallo stesso incapace. In particolare, con riferimento ai licenziamenti è stato più volte indicato dalla Corte di Cassazione che il termine perentorio fissato per l'impugnazione del licenziamento decorre dal momento in cui la dichiarazione di licenziamento è pervenuta all'indirizzo del lavoratore, salva la dimostrazione, da parte del medesimo, che egli, senza sua colpa, fosse impossibilitato ad avere conoscenza della lettera. Ebbene, va considerato che l'articolo 428 c.c., disciplina soltanto gli atti unilaterali posti in essere dallo stesso incapace sono solo questi ad essere annullabili, non gli atti recettizi a lui rivolti. Tuttavia, osserva la Corte, qualora dalla comunicazione di un atto inizierebbe a decorrere un termine il cui inutile spirare potrebbe arrecare un pregiudizio al destinatario, l'incapacità del destinatario dovrebbe trovare tutela in un'ottica di equiparazione dell'atto commissivo dell'incapace naturale a quello omissivo pregiudizievole per il medesimo. Da qui, l'esigenza di remissione alale Sezioni Unite. Le teorie sul carattere recettizio degli atti Sul carattere recettizio degli atti, si sono confrontate due soluzioni la teoria della cognizione, ossia quella della effettiva conoscenza del destinatario, e la teoria della spedizione, ossia quella della semplice comunicazione dell'atto. Il nostro Codice civile adotta poi un terzo criterio il criterio della recezione, nel senso che, ai fini della presunzione di conoscenza, è necessario che l'atto sia stato ricevuto dal destinatario ossia sia pervenuto al suo indirizzo, ferma naturalmente la possibilità del destinatario di provare di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di conoscere l'atto inviatogli. Ora, se è vero che l'elemento psicologico dolo o colpa imputabile al destinatario non rileva ai fini della conoscenza e, quindi, dell'efficacia dell'atto, tuttavia, qualora la conoscenza soggettiva della ricezione dipenda da uno stato di incapacità naturale temporaneo, accertato processualmente, non può escludersi una lettura delle norme che operi un bilanciamento tra il diritto al legittimo affidamento del mittente e il diritto alla salute del destinatario. Siffatto bilanciamento appare ancor più necessario quando dall'atto recettizio derivi una decadenza, come nel caso del licenziamento. Ciò considerato, la Corte di Cassazione ritiene opportuno sottoporre al vaglio delle Sezioni Unite la seguente questione «se uno stato di incapacità naturale, processualmente dimostrato e non contestato, sussistente nel momento in cui l'atto recettizio sia giunto all'indirizzo, rilevi ai fini del superamento, da parte del destinatario, della presunzione di conoscenza ex art 1335 c.c. in quanto incidente sulla possibilità di averne notizia, senza sua colpa ».

Presidente Raimondi – Relatore Cinque Rilevato che 1. La Corte di appello di Palermo, con la sentenza numero 1187/2018, ha confermato la pronuncia resa dal Tribunale della stessa sede con cui era stata respinta l'impugnazione del licenziamento disciplinare, intimato a A.G. dalla società omissis spa con lettera del 4.9. , per assenza ingiustificata dal lavoro dall'1 al 18 agosto . 2. In punto di fatto, nella gravata sentenza, è riportato che la dipendente, senza giustificare in alcun modo la sua assenza, non si era presentata al lavoro dall'1 al 18 agosto , data in cui le era stata inviata la contestazione di addebito, mediante raccomandata a/r ricevuta il 21.8. con contestuale invito a fornire giustificazioni entro il termine di cinque giorni che, in carenza delle giustificazioni richieste, mediante lettera raccomandata a/r regolarmente ricevuta il 10.9. , le era stato intimato licenziamento disciplinare senza preavviso che solo con lettera del 19.5. la A. aveva contattato il datore di lavoro al fine di fornire spiegazioni sulla protratta ingiustificata assenza dal luogo di lavoro e, successivamente, aveva impugnato il licenziamento, nel dicembre , sostenendo di essersi trovata in condizioni di incapacità tali da non consentirle di averne conoscenza. 3. A fondamento della decisione la Corte distrettuale ha sottolineato che il termine di decadenza dall'impugnativa di licenziamento non era suscettibile di interruzione o di sospensione e che la lavoratrice nulla aveva dedotto a proposito della mancata conoscenza del licenziamento, nonostante la certa ricezione al suo indirizzo della raccomandata, se non il suo stato di incapacità naturale al momento della ricezione stessa che non era idonea ad impedire la produzione degli effetti dell'atto recettizio. 4. Avverso la sentenza di secondo grado ha proposto ricorso per cassazione A.G. affidato a due motivi, cui ha resistito con controricorso la spa già omissis spa . 5. La causa, con ordinanza numero 20857/2022, è stata fissata per la trattazione in pubblica udienza per il 21.12.2022, poi rinviata per l'impossibilità sopravvenuta, in quella data, del consigliere relatore. 6. Il Procuratore Generale ha rassegnato, in data 6.12.2022 conclusioni scritte, ai sensi dell'articolo 23 comma 8 bis del d.l numero 137 del 2000 coordinato con la legge di conversione numero 176 del 2020, chiedendo la rimessione del ricorso alle Sezioni Unite rivestendo la questione oggetto del giudizio massima importanza conclusioni, poi, reiterate all'odierna udienza. 7. Parte ricorrente ha depositato memoria. Considerato che 1. I motivi possono essere così sintetizzati. 2. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3., la violazione e falsa applicazione degli articolo 1334 e 1335 c.c., in relazione alla decorrenza del termine di decadenza previsto dall'articolo 6 L. numero 604 del 1966 e s.m.i. Sostiene, premesso di avere attrA. to una grave crisi depressiva nel periodo oggetto di causa, confermata dalla consulenza tecnica di ufficio medico legale disposta dal Tribunale di Palermo, che l'aveva ridotta in uno stato di incapacità di intendere con riacquisto delle proprie funzioni mentali, grazie ai trattamenti sanitari cui si era sottoposta, solo nel maggio , che l'impugnativa del recesso, con nota del 19.5. , era stata inoltrata nel termine di decadenza 60 gg dalla effettiva conoscenza dell'atto. Deduce che, nella particolare ipotesi, si era verificata l'impossibilità di essa lavoratrice di avere conoscenza della lettera di licenziamento e che tale circostanza, a differenza di quanto ritenuto dalla Corte distrettuale, era stata dimostrata a mezzo di prove documentali ed orali concordanti, oltre ad essere stata confermata dal consulente tecnico di ufficio medico-legale. Obietta che la presunzione di conoscenza, ex articolo 1335 c.c., andava comunque rapportata con i diritti costituzionalmente garantiti alla salute e alla difesa nonché, per il caso specifico, alla tutela del lavoro. 3. Con il secondo motivo si censura, ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 5, l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio in relazione alla espletata consulenza tecnica di ufficio medico-legale, dalla quale era desumibile, contrariamente a quanto affermato dai giudici di seconde cure, l'impossibilità di avere avuto conoscenza della lettera di licenziamento. 4. Ritiene il Collegio che sia opportuno rimettere la questione, da considerarsi di massima importanza, come di seguito illustrato, al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite onde pervenire ad una soluzione sistematica sulla interpretazione e applicazione delle disposizioni di cui si denunzia la violazione. 5. Prima di richiamare le considerazioni già svolte con la ordinanza numero 20857/2022, è opportuno premettere che esulano dalla presente controversia tutte le problematiche risolte dai precedenti di questa Corte numero 31845/2022 e numero 4795/2023 riguardanti la questione se, per operare la presunzione di conoscenza ex articolo 1335 c.c., sia necessario solo l'invio a mezzo posta della comunicazione ovvero sia indispensabile anche la prova che il plico sia giunto a destinazione prova che può essere ottenuta con qualsiasi mezzo pure con il meccanismo logico-giuridico delle presunzioni. 6. Nel caso in esame, infatti, non è in contestazione che la comunicazione del licenziamento sia giunta all'indirizzo della destinataria il problema concerne il fatto se quest'ultima ne abbia avuto notizia per le sue condizioni di salute che le impedivano di avere un'esatta contezza della stessa. 7. Orbene, questa Corte ha in più occasioni affermato Cass. numero 5545/2007 Cass. numero 2197/87 , in tema di rapporti tra l'avvenuta decadenza dall'impugnazione del licenziamento e lo stato di incapacità naturale del destinatario, che il termine di sessanta giorni dalla ricezione della comunicazione dell'atto di licenziamento, che l'articolo 6 della L. 15 luglio 1966 numero 604 fissa per l'impugnazione del licenziamento stesso da parte del lavoratore, è un termine di decadenza e come tale insuscettibile, a norma dell'articolo 2964 c.c., sia di interruzione sia, in mancanza di disposizione contraria, di sospensione, senza che a termini dell'articolo 1335 c.c. possano rilevare le condizioni soggettive del destinatario, ed in ispecie la sua capacità di intendere e di volere, salva la tutela nei limiti dell'articolo 428 c.c. Nella specie, nel primo precedente citato, l'impugnata sentenza, aveva ritenuto che, pur ammettendo lo stato di incapacità di intendere e di volere, la lavoratrice licenziata nulla aveva allegato in ricorso per ritenere tale stato sussistente anche successivamente, sussistendo, invece, la prova contraria per essere la lavoratrice rientrata al lavoro, nuovamente assentandosi, ingiustificatamente. La S.C., correggendo la motivazione, ha ritenuto irrilevante, ai fini della decadenza, la dedotta incapacità naturale, rilevando altresì che la lavoratrice non aveva affatto allegato, e tanto meno provato, di essere stata, senza sua colpa, impossibilitata ad avere conoscenza della lettera di licenziamento . 8. In particolare, poi, è stato anche affermato che la validità o l'efficacia degli atti recettizi fra i quali rientra il licenziamento prescinde dall'eventuale stato di incapacità naturale del soggetto cui sono rivolti, atteso che la disciplina di tali atti - in ordine ai quali il legislatore si è dato cura di dettare regole articolo 1335 cit. che consentono di stabilire la certezza giuridica della loro conoscenza da parte dei destinatari indipendentemente dalla capacità degli stessi di apprezzarne il valore e di determinarsi in conseguenza - è informata al principio dell'affidamento e che l'articolo 428 c.c. prevede l'annullabilità soltanto degli atti unilaterali posti in essere dallo stesso incapace naturale v. Cass. 18.1.1979 numero 352 Cass. 25.10.1982 numero 5563 Cass. 15.6.1985 numero 3612 Cass. 2.3.1987 numero 2197 Cass. 1.12.1989 numero 5279 . All'interno, poi, dello stesso quadro delle regole dettate dall'articolo 1335 cit. e della presunzione di conoscenza ivi prevista è stato, per altro verso, precisato che il termine perentorio fissato per l'impugnazione del licenziamento decorre dal momento in cui la dichiarazione di licenziamento è pervenuta all'indirizzo del lavoratore, salva la dimostrazione, da parte del medesimo, che egli, senza sua colpa, fosse impossibilitato ad avere conoscenza della lettera di licenziamento v. Cass. 23.4.1992 numero 4878, Cass. 2.7.1988 numero 4394 Cass. 10.1.1984 numero 197 . 9. Ebbene, va osservato, da un lato, con riguardo alla problematica relativa al fatto che l'articolo 428 c.c. disciplina soltanto gli atti unilaterali posti in essere dallo stesso incapace, che una recente ordinanza di questa Corte Cass. numero 12658/2018 sembra paventare la possibilità che, qualora dalla comunicazione di un atto inizierebbe a decorrere un termine il cui inutile spirare potrebbe arrecare un pregiudizio al destinatario, l'incapacità del destinatario stesso dovrebbe trovare tutela, in un'ottica di equiparazione dell'atto commissivo dell'incapace naturale a quello omissivo pregiudizievole per il medesimo. 10. Dall'altro, deve rilevarsi che, in tema di carattere recettizio degli atti, in dottrina si sono confrontate due soluzioni quella della effettiva conoscenza del destinatario teoria della cognizione e quella della semplice comunicazione dell'atto teoria della spedizione . 11. Il nostro Codice civile ha adottato il criterio della ricezione, nel senso che è necessario che l'atto sia stato ricevuto dal destinatario, cioè sia pervenuto al suo indirizzo, sebbene la regola sia stata poi temperata con il consentire che il destinatario possa provare di essere stato senza sua colpa nell'impossibilità di prendere conoscenza dell'atto pervenuto al suo indirizzo. 12. In questi termini si è espressa anche la giurisprudenza di legittimità per tutte Cass. numero 6645/1995 . 13. Ora, se è vero che l'elemento psichico dolo o colpa imputabile al destinatario non rileva ai fini della conoscenza e, quindi, della efficacia dell'atto, tuttavia, qualora la conoscenza soggettiva della ricezione dipenda da uno stato di incapacità naturale temporaneo, dimostrato processualmente, non può escludersi una lettura delle norme che operi un bilanciamento tra il diritto al legittimo affidamento dei contraenti nello svolgimento dei rapporti negoziali e il diritto alla salute articolo 32 Cost. dei soggetti interessati, costituzionalmente garantito. 14. Tale esigenza appare ancora più pressante lì dove l'atto recettizio abbia una particolare configurazione teleologica, quando cioè, come accade per il verificarsi di una decadenza che precluda l'impugnativa del licenziamento, sia finalizzato all'esercizio del diritto di difesa connesso alla tutela del posto di lavoro e, quindi, l'applicazione rigida della presunzione di conoscenza degli atti recettizi posta dall'articolo 1335 c.c. risulterebbe in contrasto con gli articolo 24 e 35 Cost. 15. Ciò, è importante ribadire, in un contesto in cui lo stato di incapacità naturale, al momento dell'arrivo dell'atto all'indirizzo del destinatario, risulta acclarato processualmente e non solo allegato e dedotto. 16. Per le considerazioni svolte, ritenuto che la decisione della fattispecie oggetto di causa assuma rilevante importanza nella interpretazione e conseguente applicazione degli articolo 428 e 1335 c.c., si reputa opportuno sottoporre al vaglio delle Sezioni Unite la seguente questione se uno stato di incapacità naturale, processualmente dimostrato e non contestato, sussistente nel momento in cui l'atto sia giunto all'indirizzo, rilevi ai fini del superamento, da parte del destinatario, della presunzione di conoscenza ex articolo 1335 c.c. in colpa . 17. La soluzione della questione di massima importanza consentirà, altresì, come giustamente sottolineato dall'Ufficio della Procura Generale, di chiarire a livello sistematico la portata del principio dell'affidamento per tutta la generalità degli atti recettizi e non solo per la comunicazione del licenziamento, rilevante nel caso di specie. PQM La Corte rimette gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite ai sensi dell'articolo 374 comma 2 c.p.c.