Eccesso di potere giurisdizionale e definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati

Nella sentenza in oggetto, si segnalano due massime 1 ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c. Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati , non attenersi alla valutazione del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata. In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale [ ] .

[ ] 2 il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, ex articolo 111, comma 8, Cost. ed articolo 362 comma 1 c.p.c., concerne le sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per invasione o sconfinamento nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per arretramento rispetto ad una materia che può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione. Le Sezioni Unite Ordinanza numero 27433/2023 del 27 settembre si sono occupate non solo del tema, abbastanza frequente, dell'impugnazione per motivi attinenti alla giurisdizione contro una decisione del Consiglio di Stato tipicamente eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione , decidendo la questione in linea con i consolidati orientamenti interpretativi sia delle stesse SSUU, sia della Corte Costituzionale nonché della Corte di Giustizia europea , ma anche di quello – del tutto nuovo – dell'applicazione, in materia di ricorsi per cassazione, del novellato articolo 380-bis c.p.c. Procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati , di recente introdotto dalla riforma Cartabia e ritenuto applicabile anche ai ricorsi già pendenti. Il caso In un articolato contenzioso avanti al giudice amministrativo quattro distinti ricorsi avanti al TAR si discuteva in particolare della validità di un permesso di costruire. Le sentenze del TAR venivano impugnate avanti al Consiglio di Stato, che, riunti gli appelli, decideva per l'annullamento del permesso di costruire. Decisione assunta sulla base della considerazione che il titolo edilizio era stato rilasciato ab origine illegittimamente l'interessato non era titolare di alcun vantato diritto reale . Contro la decisione del Consiglio di Stato veniva proposto ricorso per Cassazione. Il motivo di censura Il ricorso proposto ex articolo 111, comma 8 Cost. motivi di giurisdizione , censura la decisione del Consiglio di Stato per eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione asserito omesso esame di un motivo di gravame, ritenuto assorbito dai primi giudici e riproposto con l'atto di appello . Il ricorso viene però considerato infondato, sulla scorta di consolidati principi in materia. La giurisprudenza in materia sono esclusi gli errores in procedendo o in iudicando Anzitutto, gli Ermellini ricordano che il sindacato della Corte di Cassazione, nella fattispecie, concerne le sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per invasione o sconfinamento nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per arretramento rispetto ad una materia che può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione. Il ricorso per Cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione non comprende, dunque, anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando, il cui accertamento rientra nell'ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione. In caso di presunta violazione del diritto dell'Unione europea In aggiunta, osservano le SSUU, è stato di recente affermato che l'insindacabilità, da parte della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, per eccesso di potere giurisdizionale, delle sentenze del Consiglio di Stato pronunciate in violazione del diritto dell'Unione europea, non si pone in contrasto con gli articolo 52, par. 1 e 47, della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione europea, in quanto l'ordinamento processuale italiano garantisce comunque ai singoli l'accesso a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, come quello amministrativo, non prevedendo alcuna limitazione all'esercizio, dinanzi a tale giudice, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione. L'orientamento della Corte Costituzionale… Orientamento in linea anche con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo cui la tesi che il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dall'ottavo comma dell'articolo 111 Cost. avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando, non può qualificarsi come una interpretazione evolutiva, poiché non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale. … e della Corte di Giustizia Anche la Corte di Giustizia è dello stesso avviso il controllo di giurisdizione non può estendersi al sindacato di sentenze di cui pur si contesti di essere abnormi o anomale ovvero di essere incorse in uno stravolgimento delle norme - sostanziali o processuali - di riferimento, pur quando si tratti di norme direttamente applicative del diritto dell'Unione europea. Il ricorso viene infine valutato inammissibile Nel descritto quadro, secondo le SSUU è chiaro che la questione sottoposta dal ricorrente non abbia alcuna attinenza con l'eccesso di potere giurisdizionale. Per questo il ricorso è stato dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio. La nuova disciplina della definizione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati riforma Cartabia C'è un ulteriore passaggio che merita di essere segnalato. Infatti, la decisione qui annotata ricorda che, in applicazione dell'articolo 380-bis, comma 1 c.p.c. nel testo sostituito dall'articolo 3, comma 28, lett. g , d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 149 , il Primo Presidente della Corte ha formulato una proposta di definizione del giudizio, ravvisando l'inammissibilità del ricorso. Ciò nonostante, il ricorrente ha insistito per la decisione. Ebbene, considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell'articolo 380-bis c.p.c. ultimo comma a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Primo Presidente, le SSUU - avendo definito il giudizio in conformità della proposta -, hanno ritenuto necessario applicare il terzo e il quarto comma dell'articolo 96, come testualmente previsto dal citato articolo 380-bis ultimo comma. L'articolo 96 terzo comma dispone «In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata». Il nuovo quarto comma aggiunge «Nei casi previsti dal primo, secondo e terzo comma, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma di denaro non inferiore ad euro 500 e non superiore ad euro 5.000». Valutazione legale tipica e ipotesi tipizzata di abuso del processo Trattasi di una novità normativa introdotta dalla c.d. riforma Cartabia che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte articolo 96 terzo comma e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 articolo 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione “altresì” . In tal modo, avvertono gli Ermellini, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale . Non attenersi ad una valutazione del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata. In altre parole, sembra che, secondo le SSUU, in presenza dei presupposti previsti dalla norma, l'applicazione delle conseguenze sanzionatorie ivi previste, sia automatica, dunque senza margine di valutazione per escludere la doppia sanzione condanna a favore della controparte e condanna a favore della cassa delle ammende . Normativa applicabile anche ai giudizi già pendenti Le SSUU ritengono tale disciplina immediatamente applicabile anche ai ricorsi già pendenti. Infatti, una diversa interpretazione volta ad applicare tale normativa ai giudizi iniziati in data successiva al 28 febbraio 2023 finirebbe, a ben vedere, per depotenziare fortemente la funzione stessa della norma e contrastare con la sua ratio, che mira ad apprestare uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l'individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare ipotesi di abuso del diritto di difesa. Inoltre, sottrarre proprio la condanna al pagamento di una somma in favore della controparte e di una ulteriore somma in favore della cassa delle ammende al corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame, verrebbe a limitare fortemente la portata applicativa della norma, che dovrebbe attendere verosimilmente diversi anni per vedere riconosciuta la sua piena efficacia, in evidente contrasto con il chiaro intento del legislatore di offrire nell'immediato uno strumento di agevole e rapida definizione dei ricorsi che si palesino inammissibili, improcedibili ovvero manifestamente infondati, e consentendo alla Corte di Cassazione di concentrarsi su quelli che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che, all'inverso, meritino accoglimento, o comunque un attento esame. In conclusione, la parte ricorrente è stata condannata al pagamento della somma di €. 3.000,00 valutata equitativamente in favore della controparte e di una ulteriore somma di €. 2.000,00 in favore della cassa delle ammende. Per comprendere meglio le novità introdotte dalle ultime importanti riforme in tema di processo civile, processo penale, crisi d'impresa e contratti pubblici scopri IUS Guida alle riforme.

Presidente De Chiara – Relatore Orilia Ritenuto in fatto 1 Il Consorzio del Comprensorio Riva dei Tessali con sede in Omissis ricorre davanti alle Sezioni unite contro la sentenza del Consiglio di Stato numero 6707/2021 resa pubblica il 7.10.2021, denunziando eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione. La vicenda riguarda il fitto contenzioso che vede contrapposte da una parte le quattro società Riva dei Tessali Hotel & Golf Resort s.r.l., Ediltessali s.r.l., Azienda Agricola di Riva dei Tessali s.r.l., Riva dei Tessali s.p.a. e dall'altra il Consorzio del Comprensorio Riva dei Tessali. Per evidenti ragioni di chiarezza espositiva, si rende opportuno sintetizzare, secondo un ordine cronologico le varie fasi del contenzioso, sfociato in quattro ricorsi proposti davanti al Tar Puglia-Lecce due dalle società e due dal Consorzio . Il Consorzio del Comprensorio Riva dei Tessali ottenne dal Comune di Castellaneta il permesso di costruire numero Omissis , per la realizzazione di un impianto idrico e fognario a servizio del complesso turistico, permesso preceduto dalla Det. numero 3 del 2013, adottata dalla Conferenza dei Servizi. Le quattro società sopra menzionate impugnarono davanti al TAR Puglia-Lecce sia la Det. numero 3 del 2013, che il permesso di costruire numero Omissis con separati ricorsi iscritti rispettivamente ai nnumero RG 1253/2013 e 1743/2013 . Il permesso di costruire venne impugnato dalle società anche con la proposizione di motivi aggiunti al ricorso numero 1253/2013 precedentemente proposto contro la Determina. A seguito di provvedimento comunale di sospensione dell'esecutività del permesso di costruire il Consorzio del Comprensorio propose a sua volta ricorso davanti al TAR Puglia -Lecce ricorso iscritto al numero RG 1443/2013 . Successivamente, il Comune annullò in autotutela il permesso di costruire numero Omissis e contro tale provvedimento il Consorzio propose ricorso davanti al medesimo giudice amministrativo ricorso iscritto al numero 743/2014 . 2 Il TAR Puglia-Lecce in data 2.12.2014 pronunciò quattro sentenze, con cui, decidendo sui menzionati ricorsi - dichiarò inammissibile il ricorso numero 1253/2013 proposto dalle società contro la Det. numero 3 del 2013, della Conferenza dei Servizi, ritenuta atto non impugnabile e respinse i motivi aggiunti con cui si contestava il rilascio del permesso di costruire sentenza numero 3033/2014 - respinse il secondo ricorso delle società numero 1743/2013 contro il rilascio del permesso di costruire sentenza numero 3034/2014 - accolse i due ricorsi 1443/2013 e 743/2014 proposti dal Consorzio contro i provvedimenti adottati dal Comune di Castellaneta la sospensiva del permesso di costruire numero Omissis e il successivo provvedimento di annullamento in autotutela dello stesso sentenze nnumero 3031 e 3030/2014 . Secondo il TAR pugliese, il Consorzio era legittimato ad ottenere il permesso di costruire in quanto titolare di una servitù di gestione e manutenzione delle opere e impianti del Comprensorio . 3 Contro le predette sentenze le quattro società hanno proposto appello davanti al Consiglio di Stato che, riunite le impugnazioni, con la pronuncia numero 6707/2021 - ha annullato il permesso di costruire numero Omissis in parziale accoglimento dell'appello contro la sentenza numero 3033/2014 per la parte riguardante i motivi aggiunti e in accoglimento dell'appello contro la sentenza numero 3034/2014 - ha respinto i due ricorsi del Consorzio rispettivamente proposti contro il provvedimento di sospensione del permesso di costruire e contro il provvedimento di annullamento in autotutela dello stesso - ha dichiarato improcedibile l'appello contro la sentenza di primo grado che aveva dichiarato inammissibile la Det. numero 3 del 2013, della Conferenza dei Servizi - ha infine respinto le domande risarcitorie pure riproposte dalle società con i loro atti di impugnazione. Per giungere a tale conclusione, il Consiglio di Stato, preso atto della avvenuta realizzazione, da parte del Consorzio, di una articolata opera di ammodernamento ed organico collegamento alla rete comunale della preesistente fognatura comprensoriale, nonché della speculare rete di adduzione idrica, ha rilevato che esso non aveva alcun diritto reale né, a ben vedere, alcuna legittimazione statutaria che lo facoltizzasse ad agire in tal senso, di talché il titolo edilizio era stato rilasciato ab origine illegittimamente e, specularmente, è stato legittimamente sospeso e poi annullato in autotutela dal Comune. Ha richiamato al riguardo il disposto del D.P.R. numero 380 del 2001, articolo 11, a norma del quale il permesso di costruire è rilasciato al proprietario dell'immobile o a chi abbia titolo per richiederlo. Ha quindi analizzato l'istituto della servitù concludendo per l'inesistenza, agli atti, di siffatto diritto a favore del Consorzio, legittimato, per statuto, solo al compimento di mere operazioni manutentive connotate dall'assenza di aliquid novi cfr. sentenza impugnata pagg. 7 e ss. . 4 Contro tale pronuncia il Consorzio ricorre davanti alle sezioni unite di questa Corte, deducendo un unico motivo, contrastato con controricorso dalle società. Le altre parti sono rimaste intimate in questa sede. 5 In applicazione dell'articolo 380 bis c.p.c., comma 1 nel testo sostituito dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 149, articolo 3, comma 28, lett. g , il Primo Presidente della Corte ha formulato una proposta di definizione del giudizio, ravvisando l'inammissibilità del ricorso che evidenzia eventuali errores in procedendo non rilevanti sul piano dei limiti esterni della giurisdizione e come tali incensurabili in questa sede. La parte ricorrente, con tempestiva istanza sottoscritta dal difensore munito di una nuova procura speciale, ha chiesto la decisione. 6 Il Sostituto Procuratore Generale ha rassegnato conclusioni scritte chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. In prossimità dell'adunanza camerale, le parti hanno depositato memorie. Considerato in diritto 1 Con l'unico motivo di ricorso, proposto ex articolo 111 Cost., comma 8 motivi di giurisdizione , il Consorzio denunzia violazione dell'obbligo Eurocomunitario previsto dalla Direttiva numero 91/271 CE Obbligo di dotare di fognatura gli agglomerati con più di 2.000 abitanti . Rimprovera al Consiglio di Stato di essere incorso in eccesso di potere giurisdizionale e diniego di giurisdizione per avere omesso di esaminare un motivo ritenuto assorbito dai primi giudici e riproposto con l'atto di appello motivo con cui si deduceva che il titolo legittimante il diritto al rilascio del permesso di costruire era rappresentato dalla diffida del Comune ad eseguire l'adeguamento degli impianti . Il ricorso è inammissibile, come già anticipato con la proposta di definizione accelerata. L'articolo 111 Cost., comma 8, dispone che contro le decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti il ricorso per cassazione è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione . Il R.D. 30 gennaio 1941, numero 12, articolo 65, comma 1, sull'Ordinamento giudiziario, recita La Corte suprema di cassazione, quale organo supremo della giustizia, assicura l'esatta osservanza e l'uniforme interpretazione della legge, l'unità del diritto oggettivo nazionale, il rispetto dei limiti delle diverse giurisdizioni regola i conflitti di competenza e di attribuzioni, ed adempie gli altri compiti ad essa conferiti dalla legge . A norma dell'articolo 360 c.p.c., possono essere impugnate con ricorso per cassazione, nel termine di cui all'articolo 325, comma 2, le decisioni in grado di appello o in unico grado di un giudice speciale, per motivi attinenti alla giurisdizione del giudice stesso . L'articolo 110 del codice del processo amministrativo. Motivi di ricorso recita Il ricorso per cassazione è ammesso contro le sentenze del Consiglio di Stato per i soli motivi inerenti alla giurisdizione . Ciò premesso, osserva il Collegio, richiamando il proprio costante e più recente orientamento, che il sindacato della Corte di cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, ex articolo 111 Cost., comma 8, ed articolo 362 c.p.c., comma 1, concerne le sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione per invasione o sconfinamento nella sfera riservata ad altro potere dello Stato ovvero per arretramento rispetto ad una materia che può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale, nonché le ipotesi di difetto relativo di giurisdizione, le quali ricorrono quando la Corte dei Conti o il Consiglio di Stato affermino la propria giurisdizione su materia attribuita ad altro giudice o la neghino sull'erroneo presupposto di quell'attribuzione. Il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione non comprende, dunque, anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando, il cui accertamento rientra nell'ambito del sindacato afferente ai limiti interni della giurisdizione tra le tante, v. Sez. U., Ordinanza numero 11549 del 2022 Sez. U., Ordinanza numero 14301 del 2022 Cass. Sez. Unite, 4 giugno 2021, numero 15573 Cass. Sez. Unite, 4 dicembre 2020, numero 27770 Cass. Sez. Unite, 21 settembre 2020, numero 19675 Cass. Sez. Unite, 25 marzo 2019, numero 8311 più di recente, v. anche Sez. U., Ordinanza numero 37605 del 2022 Sez. U, Ordinanza numero 37608 del 2022 . E' stato di recente altresì affermato che l'insindacabilità, da parte della Corte di cassazione a Sezioni Unite, per eccesso di potere giurisdizionale, ai sensi dell'articolo 111 Cost., comma, 8 delle sentenze del Consiglio di Stato pronunciate in violazione del diritto dell'Unione Europea, non si pone in contrasto con l'articolo 52, par. 1 e articolo 47, della Carta fondamentale dei diritti dell'Unione Europea, in quanto l'ordinamento processuale italiano garantisce comunque ai singoli l'accesso a un giudice indipendente, imparziale e precostituito per legge, come quello amministrativo, non prevedendo alcuna limitazione all'esercizio, dinanzi a tale giudice, dei diritti conferiti dall'ordinamento dell'Unione costituisce, quindi, ipotesi estranea al perimetro del sindacato per motivi inerenti alla giurisdizione la denuncia di un diniego di giustizia da parte del giudice amministrativo di ultima istanza, derivante dallo stravolgimento delle norme di riferimento, nazionali o unionali, come interpretate in senso incompatibile con la giurisprudenza della CGUE, risultando coerente con il diritto dell'Unione la riferita interpretazione in senso riduttivo dell'articolo 111 Cost., comma 8, articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 1, e articolo 362 c.p.c., comma 1 Sez. U., Ordinanza numero 25503 del 30/08/2022 Rv. 665455 . Tale orientamento è del tutto in linea con la giurisprudenza della Corte Costituzionale. Ed infatti, con la sentenza numero 6/2018 il giudice delle leggi ha affrontato il tema in modo approfondito, superando radicalmente le precedenti oscillazioni giurisprudenziali e disattendendo la tesi, emersa in alcune pronunce di questa Corte, che propugnava un certo ampliamento del concetto di motivi inerenti alla giurisdizione , attraverso una interpretazione volta ad estendere il perimetro del controllo della Cassazione in ulteriori ambiti, variamente definiti dalle singole pronunce. La Corte Costituzionale ha riaffermato la tesi più tradizionale e rigorosa, tenuta ferma per lungo tempo dalle Sezioni Unite, che delinea la portata dello strumento del ricorso per Cassazione, in conformità al disegno pluralistico delle giurisdizioni, voluto dal Costituente. Secondo il giudice delle leggi la tesi che il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, previsto dell'articolo 111 Cost., comma 8, avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, comprenda anche il sindacato su errores in procedendo o in iudicando non può qualificarsi come una interpretazione evolutiva, poiché non è compatibile con la lettera e lo spirito della norma costituzionale. Quest'ultima attinge il suo significato e il suo valore dalla contrapposizione con il precedente comma 7, che prevede il generale ricorso in cassazione per violazione di legge contro le sentenze degli altri giudici, contrapposizione evidenziata dalla specificazione che il ricorso avverso le sentenze del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti è ammesso per i soli motivi inerenti alla giurisdizione. Ne consegue che deve ritenersi inammissibile ogni interpretazione di tali motivi che, sconfinando dal loro ambito tradizionale, comporti una più o meno completa assimilazione dei due tipi di ricorso . Secondo il giudice delle leggi, l'intervento delle sezioni unite, in sede di controllo di giurisdizione, nemmeno può essere giustificato dalla violazione di norme dell'Unione o della CEDU e quanto all'effettività della tutela e al giusto processo, non c'e' dubbio che essi vadano garantiti, ma a cura degli organi giurisdizionali a ciò deputati dalla Costituzione e non in sede di controllo sulla giurisdizione , ed inoltre l' eccesso di potere giudiziario , denunziabile con il ricorso in cassazione per motivi inerenti alla giurisdizione, come è sempre stato inteso, sia prima che dopo l'avvento della Costituzione, va riferito, dunque, alle sole ipotesi di difetto assoluto di giurisdizione, e cioè quando il Consiglio di Stato o la Corte dei Conti affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione cosiddetta invasione o sconfinamento , ovvero, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non può formare oggetto, in via assoluta, di cognizione giurisdizionale cosiddetto arretramento nonché a quelle di difetto relativo di giurisdizione, quando il giudice amministrativo o contabile affermi la propria giurisdizione su materia attribuita ad altra giurisdizione o, al contrario, la neghi sull'erroneo presupposto che appartenga ad altri giudici. Il concetto di controllo di giurisdizione, così delineato nei termini puntuali che ad esso sono propri, non ammette soluzioni intermedie, come quella pure proposta nell'ordinanza di rimessione, secondo cui la lettura estensiva dovrebbe essere limitata ai casi in cui si sia in presenza di sentenze abnormi o anomale ovvero di uno stravolgimento , a volte definito radicale, delle norme di riferimento . Attribuire rilevanza al dato qualitativo della gravità del vizio e', sul piano teorico, incompatibile con la definizione degli ambiti di competenza e, sul piano fattuale, foriero di incertezze, in quanto affidato a valutazioni contingenti e soggettive Corte Costituzionale sentenza numero 6/2018 cit. . Inoltre - ed è bene puntualizzarlo anche in questa sede per evidenti ragioni di chiarezza espositiva sul tema dell'eccesso di potere giurisdizionale - non è neppure sindacabile sotto il profilo della violazione del limite esterno della giurisdizione la decisione con la quale il Consiglio di Stato abbia escluso la necessità di disporre il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia UE Sez. U., Ordinanza numero 11549 del 2022 cit Cass. Sezioni Unite, 28 luglio 2021, numero 21641 Cass. Sezioni Unite, 30 ottobre 2020, numero 24107 Cass. Sezioni Unite, 15 novembre 2018, numero 29391 Cass. Sezioni Unite, 18 dicembre 2017, numero 30301 . L'insindacabilità da parte della Corte di Cassazione ex articolo 111 Cost., comma 8, delle decisioni del Consiglio di Stato e della Corte dei conti, con riguardo alle eventuali violazioni del diritto dell'Unione Europea, come al mancato rinvio pregiudiziale ex articolo 267 TFUE ad opera di tali organi giurisdizionali, è stata di recente ribadita più volte da queste Sezioni Unite anche quale conseguenza delle precisazioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia UE Grande Sezione del 21 dicembre 2021, Randstad Italia SpA contro Umana SpA e altri, C-497/20 , non potendo proporsi ricorso per motivi attinenti alla giurisdizione al fine di contestare lo stravolgimento di norme, seppure direttamente applicative del diritto UE, né per sollecitare la pronuncia in via pregiudiziale della Corte di Giustizia dell'Unione Europea sulla illegittimità di quelle decisioni, la quale comunque non porterebbe alla loro cassazione Sez. U., Ordinanza numero 11549 del 2022 cit Cass. Sezioni Unite, 18 gennaio 2022, numero 1454 Cass. Sezioni Unite, 24 gennaio 2022, numero 1996 Cass. Sezioni Unite, 31 gennaio 2022, numero 2879 Cass. Sezioni Unite, 16 febbraio 2022, numero 5121 nello stesso senso, Sez. U., Ordinanza numero 37605 del 2022 cit. Sez. U, Ordinanza numero 37608 del 2022 cit. . In definitiva, proprio sulla scorta della più recente giurisprudenza della Corte di Giustizia - intervenuta con la sentenza C-497/20 Randstad Italia SpA contro Umana SpA e altri, su sollecitazione di queste SSUU con l'ordinanza interlocutoria numero 19598/2020 - il controllo di giurisdizione non può estendersi al sindacato di sentenze di cui pur si contesti di essere abnormi o anomale ovvero di essere incorse in uno stravolgimento delle norme - sostanziali o processuali - di riferimento, pur quando si tratti di norme direttamente applicative del diritto dell'Unione Europea cfr. Sez. U, Ordinanza numero 14301 del 2022 cit. Sez. U., Ordinanza numero 37605 del 2022 cit. Sez. U, Ordinanza numero 37608 del 2022 cit. . 2 Facendo dunque applicazione dei citati recenti orientamenti, anche della Corte di Giustizia, è chiaro che la questione di diritto oggi sottoposta dal Consorzio all'attenzione delle Sezioni Unite non ha alcuna attinenza con l'eccesso di potere giurisdizionale. Il vizio segnalato alle pagg. 27 e ss. del ricorso per cassazione si risolve infatti nella denuncia di omessa pronuncia su un motivo di doglianza avanzato in primo grado, ritenuto assorbito e riproposto in sede di gravame legittimazione a richiedere il titolo edilizio derivante dall'ordinanza comunale che intimava la pronta esecuzione di lavori di adeguamento degli impianti idrico e fognario . Una siffatta doglianza, come appare evidente, nonostante la formula adoperata nella rubrica del motivo, allega null'altro che un classico error in procedendo, come correttamente già evidenziato nella proposta di definizione accelerata il cui contenuto è stato sintetizzato in narrativa e dunque non integra un motivo attinente alla giurisdizione cfr. tra le varie, Sez. U., Ordinanza numero 41169 del 22/12/2021 Rv. 663506 Sez. U., Sentenza numero 23395 del 17/11/2016 Rv. 641623 . Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile, con condanna della parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio. 3 Considerato che la trattazione del procedimento è stata chiesta ai sensi dell'articolo 380 bis c.p.c., u.c., a seguito di proposta di inammissibilità a firma del Primo Presidente, la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare dell'articolo 96, commi 3 e 4, come testualmente previsto dal citato articolo 380 bis, u.c. Se entro il termine indicato al comma 2 la parte chiede la decisione, la Corte procede ai sensi dell'articolo 380-bis.1 e quando definisce il giudizio in conformità alla proposta applica dell'articolo 96, commi 3 e 4 . L'articolo 96, comma 3, a sua volta, così dispone In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell'articolo 91, il giudice, anche d'ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata . Il comma 4 aggiunge Nei casi previsti dal primo, secondo e comma 3, il giudice condanna altresì la parte al pagamento, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma di denaro non inferiore ad Euro 500 e non superiore ad Euro 5.000 . Trattasi di una novità normativa introdotta dal D.Lgs. 10 ottobre 2022, numero 149, articolo 3, comma 28, lett. g , a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto del medesimo D.Lgs. numero 149 del 2022, articolo 52, comma 1 che contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte articolo 96, comma 3 e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad Euro 500,00 e non superiore ad Euro 5.000,00 articolo 96, comma 4, ove, appunto il legislatore usa la locuzione altresì . In tal modo, risulta codificata una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale . Non attenersi ad una valutazione del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata. Quanto alla disciplina intertemporale sull'applicazione ai giudizi di cassazione delle disposizioni di cui all'articolo 96, commi 3 e 4, per effetto del rinvio operato dell'articolo 380 bis, u.c., nel testo riformato, rileva la Corte che la predetta normativa - in deroga alla previsione generale contenuta nel D.Lgs. numero 149 del 2022, articolo 35 comma 1 - sia immediatamente applicabile a seguito dell'adozione di una decisione conforme alla proposta, sebbene per giudizi già pendenti alla data del 28 febbraio 2023. Ed infatti la norma di cui all'articolo 380 bis c.p.c. che nella parte finale richiama l'articolo 96, commi 3 e 4 è destinata a trovare applicazione, come espressamente previsto del D.Lgs. numero 149 del 2022, articolo 35, comma 6, anche nei giudizi introdotti con ricorso già notificato alla data del 1 gennaio 2023 e per i quali non è stata ancora fissata udienza o adunanza in Camera di consiglio come, appunto, quello in esame . Una diversa interpretazione volta ad applicare la normativa di cui si discute ai giudizi iniziati in data successiva al 28 febbraio 2023 finirebbe, a ben vedere, per depotenziare fortemente la funzione stessa della norma e contrastare con la sua ratio, che mira ad apprestare uno strumento di agevolazione della definizione delle pendenze in sede di legittimità, anche tramite l'individuazione di strumenti dissuasivi di condotte rivelatesi ex post prive di giustificazione, e quindi idonee a concretare ipotesi di abuso del diritto di difesa. Sottrarre proprio la condanna al pagamento di una somma in favore della controparte e di una ulteriore somma in favore della Cassa delle Ammende al corredo di incentivi e di fattori di dissuasione contenuto nella norma in esame che sono finalizzati a rimarcare, come chiarito nella relazione illustrativa al D.Lgs. numero 149 del 2022, la limitatezza della risorsa giustizia, essendo giustificato che colui che abbia contribuito a dissiparla, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo , verrebbe a limitare fortemente la portata applicativa della norma, che dovrebbe attendere verosimilmente diversi anni per vedere riconosciuta la sua piena efficacia, in evidente contrasto con il chiaro intento del legislatore di offrire nell'immediato uno strumento di agevole e rapida definizione dei ricorsi che si palesino inammissibili, improcedibili ovvero manifestamente infondati, e consentendo alla Corte di Cassazione di concentrarsi su quelli che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che, all'inverso, meritino accoglimento, o comunque un attento esame. Sulla scorta di quanto esposto, ed in assenza di indici che possano far propendere per una diversa applicazione della norma, la parte ricorrente va condannata al pagamento della somma di Euro 3.000,00 valutata equitativamente in favore della controparte e di una ulteriore somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Sussistono i presupposti processuali per il versamento - ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, articolo 13, comma 1-quater - da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per l'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio che liquida in Euro 5.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi ed oltre accessori di legge nella misura del 15%. Condanna la parte ricorrente al pagamento della somma di Euro 3.000,00 in favore delle controricorrenti e di una ulteriore somma di Euro 2.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.