L'inderogabilità dei minimi tariffari e l'equo compenso vietano al giudice di scendere al di sotto delle tariffe ministeriali

La disciplina dell’equo compenso dapprima introdotta per porre rimedio a situazioni di squilibrio tra professionisti e clienti forti” art. 19- quaterdiecies , d.l. n. 148/2017, cd. decreto fiscale e art. 1, commi 487 e 488, l. n. 205/2017, legge di bilancio 2018 , è stata successivamente estesa a tutti i rapporti di lavoro autonomo riguardanti professionisti, iscritti o meno agli ordini e collegi, i cui parametri sono definiti dai decreti ministeriali di attuazione del d.l. n. 1/2012, il quale ha soppresso le tariffe professionali, introducendo i parametri per la liquidazione giudiziale dei compensi nell’ipotesi di mancato accordo tra le parti.

Da qui, dunque, l'impossibilità per il giudice di liquidare i compensi in favore degli esercenti la professione legale al di sotto” dei minimi tabellari. Questo il principio di diritto che si trae dalla presente pronuncia con cui la Seconda Sezione Civile ha cassato la sentenza impugnata, decidendo la causa nel merito. Il caso Con ricorso ritualmente depositato presso la Corte d'Appello di Perugia, alcuni ricorrenti chiedevano al Ministero della Giustizia il ristoro del pregiudizio che assumevano di aver subito in relazione alla durata di un procedimento , parimenti in materia di equa riparazione, instaurato dinnanzi alla stessa Corte d'Appello di Perugia e protrattosi per oltre 4 anni e 6 mesi. La Corte adita, con decreto, riconosceva agli istanti l'importo di € 1.600,00 ciascuno, condannando l'Amministrazione al pagamento delle spese del procedimento. Ciò nonostante, gli stessi istanti proponevano opposizione al decreto pronunciato dalla Corte, censurando sia l'importo dell'equa riparazione, sia la liquidazione delle spese di lite. A fronte del provvedimento di rigetto integrale pronunciato dalla Corte d'Appello di Perugia, i ricorrenti adivano la Corte di Cassazione. Avvocati, equo compenso e minimi tariffari La Suprema Corte, nell'esaminare il caso in questione, ha – dunque – inteso affrontare un tema che, successivamente, alle liberalizzazioni delle professioni e, soprattutto, all'abrogazione delle tariffe professionali, è sempre stato delicato”, ossia quello della liquidazione delle spese legali al di sotto dei minimi previsti dai parametri ministeriali. Nello specifico, la Suprema Corte – richiamando analoghe sue pronunce – ha, pertanto, ribadito che la liquidazione delle competenze legali pur potendo essere operata in maniera unitaria, non può mai essere inferiore ai minimi previsti dalle tabelle del competente ministero. La decisione della Corte di Cassazione Nel merito, l'esimio Collegio, ripartendo da precedenti orientamenti, ha precisato che il procedimento per l'equa riparazione del pregiudizio derivante dalla violazione del termine di ragionevole durata del processo vada considerato, ai fini della liquidazione dei compensi spettanti all'avvocato, quale procedimento avente natura contenziosa con conseguente applicazione del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 , Tabella 12 cfr. Cass. Civ., Sez. II, 10/04/2018, n. 8818 Cass. Civ., Sez. II, 28/02/2018, n. 4689 . Pertanto e, in virtù di tale assunto, è indubbio che i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono idonei criteri di orientamento ed individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale medesima. Il giudice sarà, pertanto, tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso solo in caso di scostamento apprezzabile dei parametri medi, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra il limite dell' articolo 2233, comma 2, c.c. , il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. La soluzione E', perciò, di tutta evidenza come il legislatore abbia deciso di circoscrivere il potere del giudice al fine di garantire l 'uniformità e la prevedibilità delle liquidazioni a tutela del decoro della professione e del livello della prestazione professionale. Un'intenzione legislativa, questa, che ha trovato un'ulteriore espressione nella recente Legge 21 aprile 2023, n. 49, ove all'articolo 1 si prevede che per equo compenso si intende la corresponsione di un compenso proporzionato alla quantità e alla qualità del lavoro svolto, al contenuto e alle caratteristiche della prestazione professionale . Ancora e, all'articolo 3, la stessa legge stabilisce, altresì, che sono nulle le clausole che non prevedono un compenso equo e proporzionato all'opera prestata, tenendo conto a tal fine anche dei costi sostenuti dal prestatore d'opera , per tali intendendosi le pattuizioni di spettanze” inferiori agli importi stabiliti dai parametri per la liquidazione dei compensi dei professionisti iscritti agli ordini od ai collegi professionali fissati con decreto ministeriale, ovvero inferiori ai parametri determinati, per la professione forense, con decreto del Ministero della Giustizia ex articolo 13, comma 6, l. n. 247/2012 .

Presidente Manna – Relatore Amato Rilevato che 1. Con ricorso ex art. 3 L. 24 marzo 2001, n. 89 depositato presso la Corte d'Appello di Perugia in data 10.04.2017, gli odierni ricorrenti chiedevano al Ministero della Giustizia il ristoro del danno non patrimoniale che assumevano di aver subito in relazione alla durata di un procedimento, parimenti in materia di equa riparazione, instaurato dinanzi alla stessa Corte d'Appello di Perugia e che si era protratto per oltre quattro anni e sei mesi, per un solo grado di giudizio. Rilevata la fondatezza del ricorso, la Corte d'Appello di Perugia, con decreto n. 130/2017 , riconosceva agli istanti Euro 1.600,00 ciascuno oltre interessi legali dalla domanda al saldo , e condannava l'Amministrazione al pagamento delle spese del procedimento, liquidate in Euro 270,00 oltre ad IVA, contributo ex lege n. 576/1980, rimborso spese generali pari al 15% del compenso liquidato, Euro 27,00 per spese vive , con distrazione ex art. 93 c.p.c. 1.1. Gli istanti proponevano opposizione avverso tale decreto dinanzi Corte d'Appello di Perugia, ex art. 5-ter L. n. 89 del 2001 , censurando sia l'importo dell'equa riparazione, sia la liquidazione delle spese di lite. La Corte respingeva integralmente l'opposizione. Avverso tale decisione gli odierni ricorrenti proponevano ricorso per cassazione, riproponendo i motivi già sollevati in sede di opposizione. 2 . Con ordinanza n. 25324 del 09.10.2019 questa Corte rigettava il primo motivo di ricorso concernente l'importo dell'equa riparazione e accoglieva il secondo, riguardante le spese di lite, rinviando la liquidazione dei compensi alla stessa Corte d'Appello di Perugia in diversa composizione. 2.1. Nel procedimento in riassunzione, ex art. 392 c.p.c. , la Corte d'Appello di Perugia, con il decreto qui impugnato, rideterminava le spese di lite, distratte ex art. 93 c.p.c. 3. Avverso tale decreto proponevano ricorso per cassazione C.G. , +Altri , affidandolo a due motivi. Si difendeva il Ministero della Giustizia. In prossimità dell'adunanza hanno depositato memoria i ricorrenti, con la quale insistono nell'accoglimento del ricorso alla luce dei più recenti precedenti di questa Corte. Considerato che 1. Con il primo motivo di ricorso si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge - art. 91 c.p.c. artt. 2233, comma 2, c.c. liquidazione compensi ex D.M. n. 55/2014 e D.M. n. 37/2018. Lamentano i ricorrenti che le liquidazioni effettuate con il decreto impugnato risultano comunque inferiori di oltre la metà rispetto ai minimi tariffari previsti per i due procedimenti innanzi alla Corte d'Appello originario di merito e in riassunzione ex art. 392 c.p.c. nonché per quello di legittimità, come rispettivamente stabiliti dalle tabelle 12 e 13 allegate al D.M . n. 55/2014. L'importo minimo, infatti, anche al netto delle decurtazioni previste dall' art. 4 D.M. n. 55/2014 , sarebbe stato pari a complessivi Euro 3.289,50 fase originaria di merito Euro 1.198,50 fase di legittimità Euro 892,50 fase di riassunzione Euro 1.198,50 , mentre il decreto impugnato liquida l'importo complessivo in Euro 1.599,00 fase originaria di merito Euro 576,00 fase di legittimità Euro 447,00 fase di riassunzione Euro 576,00 . Ne consegue l'illegittimità e l'ingiustizia del decreto impugnato laddove riduce di oltre la metà i minimi tariffari, senza peraltro motivare tale scelta. 1.1. Il motivo è fondato per quanto di ragione. Il giudice del rinvio, pur applicando le tabelle 12 e 13, come richiesto da questa Corte nell'ordinanza n. 25324/2019, e pur facendo sinteticamente riferimento a tutte le fasi previste nello scaglione individuato secondo il valore della causa tra Euro 1.100,01 ed Euro 5.200,00 , giunge a liquidare - per ogni fase del giudizio di cui all' art. 4, comma 5, D.M. n. 55/2014 - una cifra ben al di sotto dei limiti tariffari, senza al contempo fornire adeguata motivazione. Infatti, il riferimento nel decreto impugnato ai valori minimi da applicarsi in ragione della speciale semplicità dell'affare ordinariamente introdotto attraverso la compilazione di formulari, la speditezza del rito camerale, il non particolare pregio dell'attività prestata e tali da consentire altresì la massima riduzione prevista dall' art. 4, comma 1, del medesimo D.M. n. 55/2014 con riduzione quindi del 70% per la esigua attività istruttoria, così pure va ridotto del 50%, per le altre fasi v. decreto impugnato, p. 4 , non è sufficiente a giustificare l'ulteriore riduzione per oltre la metà del valore dei minimi tariffari. 1.2. Il giudice del rinvio avrebbe dovuto attenersi ai principi formulati nella sentenza di questa Corte sopra richiamata pur non sussistendo il vincolo legale della inderogabilità dei minimi tariffari, i parametri di determinazione del compenso per la prestazione defensionale in giudizio e le soglie numeriche di riferimento costituiscono i criteri di orientamento e individuano la misura economica standard del valore della prestazione professionale pertanto, in caso di scostamento apprezzabile dai parametri medi, come nel provvedimento in esame, il giudice del rinvio era tenuto a specificare i criteri di liquidazione del compenso, fermo restando che il superamento dei valori minimi stabiliti in forza delle percentuali di diminuzione incontra comunque il limite dell' art. 2233, comma 2, c.c. , il quale preclude di liquidare somme praticamente simboliche, non consone al decoro della professione. 1.3. In definitiva, il decreto impugnato è illegittimo nella parte in cui la liquidazione dei compensi inerenti ai tre giudizi indicati è avvenuta al di sotto della soglia minima Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 17524 del 31.05.2022 Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 11918 del 13/04/2022 Sez. 2, Ordinanza n. 10932 del 05/04/2022 Sez. 6-2, Ordinanza n. 35825 del 22/11/2021 Sez. 2, Ordinanza n. 25177 del 17/9/2021 . All'esito, il provvedimento va cassato e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, ai sensi dell' art. 384, comma 2, c.p.c. , la controversia va decisa nel merito, e la liquidazione dei compensi deve essere effettuata in questa sede attenendosi ai criteri innanzi esposti. 1.4. Va precisato che, poiché l'impugnato decreto risale al 2020, trova applicazione il testo del D.M. n. 55/2014, come modificato dal D.M. n. 37/2018. 1.5. In applicazione, dunque, dei minimi tariffari previsti dal D.M. n. 55/2014, i compensi sono così liquidati Cass. Sez. 2, n. 17524 del 31/5/2022 a per il procedimento di merito originario innanzi alla Corte d'Appello di Perugia, secondo la tabella n. 12 scaglione da Euro 1.100,01 a 5.200,00 Euro 255,00 per la fase di studio rispetto a un parametro medio pari a Euro 510,00, riducibile al massimo del 50% Euro 255,00 per la fase introduttiva rispetto a un parametro medio pari a Euro 510,00, riducibile al massimo del 50% Euro 283,50 per la fase di trattazione/istruzione rispetto a un parametro medio pari a Euro 945,00, riducibile al massimo del 70% Euro 405,00 per la fase decisoria rispetto a un parametro medio pari a Euro 810,00, riducibile al massimo del 50% . Per un totale di Euro 1.198,50 per il giudizio di merito originario. Al procedimento di cassazione con rinvio, al giudizio di rinvio e al presente giudizio di legittimità non può, invece, applicarsi il medesimo scaglione, in quanto è passato in giudicato il capo non impugnato della decisione di questa Corte n. 25324 del 09.10.2019 concernente la liquidazione dell'indennizzo per eccessiva durata del procedimento presupposto Euro 1.600,00, oltre interessi, per ciascun ricorrente . Secondo le Sezioni Unite, ove il giudizio prosegua soltanto per la determinazione del rimborso delle spese di lite a carico della parte soccombente, il differenziale tra la somma attribuita dalla sentenza impugnata e quella ritenuta corretta secondo l'atto di impugnazione costituisce il disputatum della controversia e, sulla base di tale criterio, integrato parimenti dal criterio del decisum e cioè del contenuto effettivo della decisione assunta dal giudice , vanno determinate le ulteriori spese di lite riferite all'attività difensiva svolta nel Sez. U, n. 19014 del 11/09/2007, conf. da Cass., Sez. 6-1, n. 6345 del 05.03.2020 Cass. 27274/2017 . Pertanto, ai fini della determinazione del valore della controversia e l'individuazione del corretto scaglione della tabella 12, relativamente al giudizio di rinvio, e della tabella 13, nei due giudizi di legittimità, si dovrà fare riferimento al valore della causa che, per effetto del decisum del primo giudizio di legittimità che ha negato all'odierno ricorrente altro indennizzo , è pari a zero, come si evince, del resto, anche dall'ordinanza n. 25324/2019 p. 6, righi 20-21 ove lo scaglione individuato tenuto conto del valore della causa è quello da 0 a Euro 1.100,00. Di conseguenza b per il giudizio di rinvio secondo la tabella n. 12 scaglione da Euro 0 a Euro 1.100,00 i minimi corrispondono a Euro 67,50 per la fase di studio rispetto a un parametro medio pari a Euro 135,00, riducibile al massimo del 50% Euro 67,50 per la fase introduttiva rispetto a un parametro medio pari a Euro 135,00, riducibile al massimo del 50% Euro 51,00 per la fase di trattazione/istruzione rispetto a un parametro medio pari a Euro 170,00, riducibile al massimo del 70% Euro 100,00 per la fase decisoria rispetto a un parametro medio pari a Euro 200,00, riducibile al massimo del 50% . Per un totale di Euro 286,00 per il giudizio di rinvio c per ciascun giudizio innanzi alla Corte di Cassazione secondo la tabella n. 13 scaglione da Euro 0 ad Euro 1.100,00 i minimi corrispondono ad Euro 120,00 per la fase di studio rispetto a un parametro medio pari a Euro 240,00, riducibile al massimo del 50% Euro 135,00 per la fase introduttiva rispetto a un parametro medio pari a Euro 270,00, riducibile al massimo del 50% Euro 67,50 per la fase decisionale rispetto a un parametro medio pari a Euro 135,00, riducibile al massimo del 50% . Per un totale di Euro 322,50 per ciascun giudizio di legittimità. 2. Con il secondo motivo si deduce violazione e/o falsa applicazione di legge - art. 4, punto 2, D.M. n. 55/2014 - difetto di motivazione. I ricorrenti lamentano che il decreto impugnato liquida le spese di lite nelle tre fasi in cui si è articolato il procedimento fase originaria di merito fase di legittimità, fase in riassunzione non considerando affatto la previsione di cui all' art. 4, comma 2, D.M. n. 55/2014 nel testo modificato dal D.M. n. 37/2018 , ove è contemplato l'aumento del 30% per ogni soggetto assistito avente la stessa posizione processuale nel caso di specie gli assistiti sono cinque . La precisa locuzione utilizzata dalla normativa predetta di regola implicherebbe che la scelta del giudice del merito, nel senso di escludere detti aumenti, dovrebbe essere adeguatamente motivata come invece non è dato di leggere nel decreto impugnato. 2.1. La censura è infondata. Non sussistono, infatti, le condizioni previste dall' art. 4, comma 2, del D.M. n. 55/2014 citato per disporre l'aumento dei compensi, per ogni soggetto oltre il primo, nella misura del 30%, in ragione dell'assistenza difensiva di più soggetti aventi la stessa posizione processuale. E ciò - come emerge con chiarezza dal provvedimento impugnato p. 4, 2 capoverso - in ragione della serialità della causa introdotta attraverso la compilazione di formulari, della speditezza del rito camerale, nonché dell'omogeneità delle posizioni dei richiedenti, cui è stato riconosciuto il medesimo quantum, senza che la difesa congiunta di tali parti abbia ingenerato specifiche difficoltà nell'articolazione della difesa. 3. Stante la complessità dell'applicazione al caso in esame dei criteri di liquidazione tabellare e il parziale accoglimento del ricorso, le spese del presente procedimento di legittimità sono compensate. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie il primo motivo nei sensi di cui in motivazione, dichiara infondato il secondo motivo cassa in relazione alla censura accolta e, decidendo nel merito, condanna il Ministero della Giustizia alla refusione delle spese, in favore dei ricorrenti, con distrazione a beneficio dei difensori antistatari, che liquida in Euro 1.198,50 per le spese del giudizio di merito originario, oltre accessori come per legge in Euro 322,50 per le spese del procedimento di cassazione con rinvio, oltre ad accessori come per legge in Euro 286,00 per il giudizio di rinvio, oltre ad accessori come per legge. Compensa le spese del presente giudizio.