La Cassazione sulla legge Pinto in caso di litisconsorzio necessario nel giudizio presupposto

La Suprema Corte enuncia un importante principio riguardante la definitività della decisione” e il decorso del termine per proporre la domanda di equa riparazione per l’irragionevole durata del processo.

Il caso riguarda l'irragionevole durata di un giudizio civile di opposizione all'esecuzione pendente dal 2004 al 2018 davanti al Tribunale e alla Corte d'Appello. L'odierna ricorrente proponeva ricorso contro il decreto della Corte d'Appello di rigetto dell'opposizione ex art. 5- ter della l. n. 89/2001 contro il decreto con cui era stata dichiarata inammissibile per tardività la domanda di equa riparazione. I giudici dell'opposizione hanno affermato che, con riguardo al caso di specie processo con pluralità di parti , troverebbe applicazione il principio per cui in ipotesi di litisconsorzio necessario , ovvero processuale, è applicabile la regola della unitarietà del termine per proporre impugnazione. Di conseguenza la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna l'inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti. Per la Cassazione la Corte d'Appello ha deciso erroneamente perché avrebbe dovuto accertare ai sensi dell' art. 4 della legge n. 89 del 2001 c.d. legge Pinto , quando la decisione resa in grado d'appello nel processo presupposto era divenuta definitiva” perché non più tempestivamente impugnabile coi rimedi ordinari da alcuna parte. La Corte d'Appello avrebbe altresì dovuto considerare che il principio secondo il quale, nel processo con pluralità di parti , vige la regola dell' unitarietà del termine dell'impugnazione […] va interpretato nel senso che detto momento rileva per la decorrenza del termine breve per impugnare solo per il notificante stesso e per la parte destinataria della notificazione, atteso che anche ciascuna delle altre parti ha diritto di ricevere la notifica della sentenza , che è condizione per far scattare il termine breve per l'impugnazione. Cass. n. 19274 del 2022 n. 8832 del 2007 . La Suprema Corte enuncia pertanto il seguente principio di diritto In materia di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo , l'espressione decisione definitiva di cui all' art. 4 della legge n. 89 del 2001 è rivolta a comprendere tutte le tipologie di processo e si intende riferita a qualsiasi provvedimento in conseguenza del quale il processo deve ritenersi concluso e non più pendente. Ove, dunque, si tratti, come nella specie, di una sentenza di merito in grado di appello resa in un processo con pluralità di parti , la definitività della decisione si identifica con il suo passaggio in giudicato formale, per essere la sentenza non più impugnabile coi rimedi ordinari elencati nell' art. 324 c.p.c. da nessuna delle parti, senza che perciò rilevi, ai fini del decorso del termine di sei mesi per proporre la domanda di equa riparazione, la data in cui una delle parti sia decaduta dall'impugnazione per effetto della notifica della sentenza eseguita ad uno solo dei contraddittori . La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'Appello in diversa composizione che deciderà nuovamente attenendosi al principio enunciato.

Presidente Orilia – Relatore Scarpa Fatti di causa e ragioni della decisione 1. D.N.A. ha proposto ricorso articolato in unico motivo avverso il decreto reso il 19 aprile 2021 dalla Corte d'appello di Potenza che ha rigettato l'opposizione ex art. 5-ter della l. n. 89 del 2001 contro il decreto del 12 settembre 2019, con cui era stata dichiarata inammissibile per tardività rispetto al termine di cui all' art. 4 della l. n. 89 del 2001 la domanda di equa riparazione, avanzata in data 27 giugno 2019, per la irragionevole durata di un giudizio civile di opposizione all'esecuzione pendente dal 2004 al 2018 davanti al Tribunale ed alla Corte d'appello di Potenza. Il Ministero della Giustizia resiste con controricorso. 2. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, comma 2, 2-quater, e 380 bis. 1, c.p.c. , nel testo applicabile ratione temporis ex art. 35 del D.Lgs. n. 149 del 2022 . 3. La Corte d'appello di Potenza ha ritenuto che, avendo D.N.A. notificato la sentenza d'appello del giudizio presupposto alla controparte costituita S.V. presso il suo difensore in data 18 ottobre 2018, l'irrevocabilità della sentenza d'appello era intervenuta il 19 dicembre 2018 e dunque il semestre ex art. 4 della l. n. 89 del 2001 era maturato il 19 giugno 2019 , non potendo rilevare la successiva data 19 gennaio 2019 del perfezionamento della notifica effettuata dalla D.N. all'altra controparte contumace S.G., né quella 20 dicembre 2018 della notifica agli altri eredi di S.V. Hanno affermato i giudici dell'opposizione che troverebbe nella specie applicazione il principio secondo cui, nei processi con pluralità di parti, quando si configuri l'ipotesi di litisconsorzio necessario, ovvero di litisconsorzio processuale, è applicabile la regola, propria delle cause inscindibili, dell'unitarietà del termine per proporre impugnazione, con la conseguenza che la notifica della sentenza eseguita da una delle parti segna, nei confronti della stessa e della parte destinataria della notificazione, l'inizio del termine breve per impugnare contro tutte le altre parti, sicché la decadenza dall'impugnazione per scadenza del termine esplica effetto nei confronti di tutte le parti. 4. L'unico motivo di ricorso di D.N.A. denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 325, 326, 328, 300, 330, comma 1, 286, 328 comma 2, c.p.c. , 1722 n. 4 c.c., 4 l.n. 69/2001 e 6 CEDU , evidenziando che la notifica della sentenza a S.G. si era perfezionata soltanto il 19 gennaio 2019. 5. È infondata l'eccezione del controricorrente di inammissibilità del ricorso ex art. 366, comma 1, n. 3 c.p.c. , risultando dallo stesso ricorso la sommaria esposizione dei fatti della presente causa, ovvero i fatti sostanziali oggetto di questa controversia e quelli processuali relativi al giudizio dinanzi alla Corte d'appello attenendo le vicende del giudizio presupposto, cui allude il controricorrente, alla fondatezza delle censure, con riguardo alla diversa previsione di cui all' art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c. 6. Il motivo di ricorso è fondato. 6.1. La Corte d'appello di Potenza ha deciso erroneamente la questione di diritto ad essa sottoposta, essendosi limitata ad accertare quale fosse il termine di decadenza dall'impugnazione avente effetto nei confronti di D.N.A., in conseguenza della notificazione della sentenza dalla stessa eseguita nei confronti di uno dei litisconsorti, ai sensi dell' art. 326 c.p.c. , mentre invece avrebbe dovuto accertare, ai sensi dell'art. 4 della L. n. 89 del 2001, quando la decisione resa in grado d'appello nel processo presupposto era divenuta definitiva , perché non più tempestivamente impugnabile coi rimedi ordinari da nessuna delle parti. In materia di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, l'espressione decisione definitiva di cui all'art. 4 della L. n. 89 del 2001 è rivolta a comprendere indistintamente tutte le tipologie di processo e si intende riferita a qualsiasi provvedimento in conseguenza del quale il processo o quella specifica fase di esso deve ritenersi concluso e non più pendente Cass. n. 28374 del 2020 n. 975 del 2020 n. 17446 del 2011 n. 1184 del 2006 . Ove, dunque, si tratti, come nel caso in esame, di una sentenza di merito in grado di appello resa in un processo con pluralità di parti, la definitività si identifica con il suo passaggio in giudicato, per essere la sentenza non più utilmente soggetta, per decorso del termine, alle impugnazioni elencate nell' art. 324 c.p.c. A tal fine, la Corte d'appello di Potenza avrebbe altresì dovuto considerare che il principio secondo il quale, nel processo con pluralità di parti, vige la regola dell'unitarietà del termine dell'impugnazione sicché la notifica della sentenza eseguita a istanza di una sola delle parti segna l'inizio della decorrenza del termine breve per la proposizione dell'impugnazione contro tutte le altre parti va interpretato nel senso che detto momento rileva per la decorrenza del termine breve per impugnare solo per il notificante stesso e per la parte destinataria della notificazione, atteso che anche ciascuna delle altre parti ha diritto di ricevere la notifica della sentenza, che è condizione per far scattare il termine breve per l'impugnazione Cass. n. 19274 del 2022 n. 8832 del 2007 . 6.2. Deve pertanto enunciarsi il seguente principio di diritto in materia di equa riparazione per l'irragionevole durata del processo, l'espressione decisione definitiva di cui all'art. 4 della L. n. 89 del 2001 è rivolta a comprendere tutte le tipologie di processo e si intende riferita a qualsiasi provvedimento in conseguenza del quale il processo deve ritenersi concluso e non più pendente. Ove, dunque, si tratti, come nella specie, di una sentenza di merito in grado di appello resa in un processo con pluralità di parti, la definitività della decisione si identifica con il suo passaggio in giudicato formale, per essere la sentenza non più impugnabile coi rimedi ordinari elencati nell' art. 324 c.p.c. da nessuna delle parti, senza che perciò rilevi, ai fini del decorso del termine di sei mesi per proporre la domanda di equa riparazione, la data in cui una delle parti sia decaduta dall'impugnazione per effetto della notifica della sentenza eseguita ad uno solo dei contraddittori. 7. Conseguono l'accoglimento del ricorso e la cassazione del decreto impugnato, con rinvio alla Corte d'appello di Potenza, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame della causa uniformandosi al principio enunciato e provvedendo altresì a liquidare le spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa il decreto impugnato e rinvia alla Corte d'appello di Potenza, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione.