Aborto spontaneo per errore medico: danno alla salute o danno alla genitorialità?

Secondo il Tribunale di Agrigento, in tema di responsabilità medica, deve essere dichiarato inammissibile l’ATP con finalità conciliativa sul presupposto che la lesione del diritto alla genitorialità a seguito di un aborto causato da un errato trattamento sanitario non costituisce danno alla salute e non è quindi suscettibile di valutazione medico legale. Il CTU non potrebbe quindi formulare alcuna proposta conciliativa.

A seguito di un'embolia polmonare subita da una donna in stato di gravidanza e conseguente aborto spontaneo , il ginecologo di fiducia veniva citato in giudizio per il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti a causa della sua condotta negligente. Veniva proposto ricorso per accertamento tecnico preventivo ai sensi della l. n. 24/2017 , c.d. legge Gelli-Bianco, affinchè un collegio peritale provvedesse all'accertamento del nesso di causalità e della conseguente liquidazione del danno. Il Tribunale, con il decreto in oggetto, precisa che è incontestato il verificarsi dell'evento consistente nello shock cardiocircolatorio subito dalla ricorrente, seguito da un breve stato di coma e successivo aborto spontaneo, in seguito alla conclamata embolia polmonare, risultando tuttavia controverso se in tale accadimento possa ravvisarvi una colpa medica quale causa – o concausa – dell'evento . Tuttavia, aggiunge il giudice, i ricorrenti non hanno rappresentato alcuna conseguenza pregiudizievole che sarebbe stata patita , non essendo stati specificamente allegati danni patrimoniali né tantomeno, neppur in via meramente presuntiva, danni non patrimoniali . Nel provvedimento si legge inoltre che la ricorrente, già alla terza gravidanza nella cartella clinica si riferisce pluripara” , al momento dell'aborto aveva circa 34 anni e, quindi, in età tale da potere comunque avere altri figli , non avendo inoltre, perso la capacità di procreare e non essendovi allegazioni su ripercussioni negative sulla vita coniugale e/o sessuale della stessa . Inoltre, viene messo nero su bianco che l' unico eventuale pregiudizio che potrebbe semmai rilevare – invero nel caso di specie nemmeno dedotto in modo specifico – è la perdita del frutto del concepimento che, tuttavia, non costituisce perdita di una vita ma la perdita di una speranza di vita ” . Con riferimento a tale specifico aspetto, il giudice afferma che lo svolgimento dell' ATP con finalità conciliativa si rivela inammissibile in quanto, come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza, la perdita del frutto del concepimento non costituisce un danno alla salute ma lesione del diritto alla genitorialità Cass. civ., sez. III, 11 marzo 1998, n. 2677 dunque una posta risarcitoria non suscettibile di valutazione medico legale, non potendosi ancorare alle tabelle di Milano in uso per la liquidazione da perdita del rapporto parentale, stante l' impossibilità di equiparare il danno conseguente alla perdita di una persona vivente , con la quale si aveva un legame affettivo, con la perdita del concepito non nato , non ancora dotato di una sua autonomia soggettiva . Tali aspetti sono dunque riservati alla valutazione del giudice nello svolgimento di un giudizio a cognizione piena diretto alla liquidazione equitativa che tenga conto di tutti gli elementi del caso concreto.

Giudice Capitano Fatto e diritto visto il ricorso per accertamento tecnico preventivo ai sensi della L. 24/2017 , c.d. Gelli – Bianco con il quale si chiede al Tribunale la nomina di un collegio peritale al fine di provvedere all'accertamento del nesso di causalità tra lo shock cardiocircolatorio subìto da omissis in stato di gravidanza, causato da embolia polmonare con conseguente aborto spontaneo e la negligente condotta sanitaria del dott. omissis , in qualità di ginecologo di fiducia, unitamente all' omissis i ricorrenti chiedono in particolare accertarsi i danni patrimoniali e non patrimoniali subiti dagli odierni ricorrenti e, per l'effetto, qualificare e/o quantificare le lesioni subite vista le memorie costitutive dei resistenti e della società omissis , terza chiamata in causa, che hanno contestato la sussistenza dei presupposti per procedere con l'ATP di cui all' art. 696 bis c.p.c. letto l' art. 8, L. 24 del 2017 , il quale stabilisce che chi intende esercitare un'azione innanzi al giudice civile relativa a una controversia di risarcimento del danno derivante da responsabilità sanitaria è tenuto preliminarmente a proporre ricorso ai sensi dell' articolo 696 bis c.p.c. e che tale azione costituisce condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, alternativa al procedimento di mediazione rilevato che l' art. 696 bis. c.p.c. è finalizzato a sollecitare una soluzione conciliativa della lite per l'ipotesi in cui si profili un contenzioso incentrato sull'accertamento ovvero sulla determinazione di crediti che traggano fonte da una fattispecie di responsabilità civile, contrattuale ovvero aquiliana crediti derivanti da fatto illecito essendo poi noto che la ratio dell' art. 696 bis c.p.c. è la finalità deflattiva, atteso che l'anticipata formazione della prova diviene momento essenziale di un procedimento conciliativo considerato che è incontestato il verificarsi dell'evento consistito nello shock cardiocircolatorio subìto dalla ricorrente, seguito da un breve stato di coma e successivo aborto spontaneo, in seguito a conclamata embolia polmonare, risultando tuttavia controverso se in tale accadimento possa ravvisarvi una colpa medica quale causa - o concausa - dell'evento considerato tuttavia che i ricorrenti, indipendentemente dalla richiesta di accertamento della responsabilità del medico e della struttura sanitaria e del nesso di causalità fra la condotta e l'evento, non hanno rappresentato alcuna conseguenza pregiudizievole che sarebbe stata patita in particolare, non sono stati specificamente allegati danni patrimoniali né tantomeno, neppur in via meramente presuntiva, danni non patrimoniali né nella narrativa del ricorso e nella ctp versata in giudizio si discute di danno biologico permanente e/o temporaneo patito dalla omissis non si menzionano né si documentano altri, eventuali, pregiudizi non patrimoniali di entrambi i coniugi ricorrenti in termini di peggioramento della qualità o delle abitudini di vita e/o agli assetti relazionali della persona cd. danno esistenziale o danno alla vita di relazione per effetto dell'asserito inadempimento contrattuale. Peraltro la ricorrente, già alla terza gravidanza nella cartella clinica si riferisce pluripara , al momento dell'aborto aveva circa 34 anni e, quindi, in età tale da potere comunque avere altri figli, non avendo, inoltre, perso la capacità di procreare e non essendovi allegazioni su ripercussioni negative sulla vita coniugale e/o sessuale della stessa. considerato che l'unico eventuale pregiudizio che potrebbe semmai rilevare - invero nel caso di specie nemmeno dedotto in modo specifico - è la perdita del frutto del concepimento che, tuttavia, non costituisce perdita di una vita ma la perdita di una speranza di vita osservato tuttavia che, con riferimento a questo aspetto, lo svolgimento dell'A.T.P. con finalità conciliativa si rivela inammissibile in quanto, come pacificamente ritenuto dalla giurisprudenza, la perdita del frutto del concepimento non costituisce danno alla salute ma lesione del diritto alla genitorialità Cass. civ., sez. III, 11 marzo 1998 n. 2677 dunque una posta risarcitoria non suscettibile di valutazione medico legale, non potendosi ancorare alle tabelle di Milano in uso per la liquidazione da perdita del rapporto parentale, stante l'impossibilità di equiparare il danno conseguente alla perdita di una persona vivente, con la quale si aveva un legame affettivo, con la perdita del concepito non nato , non ancora dotato di una sua autonomia soggettiva. Aspetti dunque che, nell'eventualità, sarebbero semmai riservati alla valutazione del giudice che potrebbe svolgere in un giudizio a cognizione piena, una liquidazione equitativa tenendo conto di tutte le circostanze del caso concreto e che, pertanto, non può essere demandata ad un consulente tecnico che non potrebbe assumere l'incarico di tentare la conciliazione della lite formulando una proposta transattiva. Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso va dichiarato inammissibile, sebbene la peculiarità della vicenda e delle questioni esaminate suggerisca la compensazione delle spese di lite. P.Q.M. Il Tribunale, pronunciando sul ricorso proposto ai sensi degli artt. 699 - 696 bis c.p.c. proposto da omissis ed omissis nei confronti di omissis , rappresentato e difeso dall'Avv. omissis , così provvede DICHIARA inammissibile il ricorso ex art. 696 bis c.p.c . compensate le spese di lite.