Povertà e malattia non giustificano il tentato furto di generi alimentari

Confermata la condanna per una donna, sanzionata con una pena pecuniaria. I giudici hanno riconosciuto che le precarie condizioni di salute e il generale stato di indigenza le hanno reso difficile provvedere agli elementari bisogni di vita, ma ciò non basta per rendere inevitabile la condanna per tentato furto di generi alimentari.

Povertà e precario stato di salute non possono giustificare l'azione mirata a sottrarre alcuni generi alimentari da un negozio. Scenario dell'episodio oggetto del processo, e risalente alla fine di maggio del 2018, è la provincia di Milano. A finire sotto accusa è una donna, sorpresa mentre provava a portar via generi alimentari da una struttura commerciale senza pagare quanto dovuto, cioè poco meno di 60 euro. Il quadro probatorio, tracciato soprattutto grazie al resoconto fornito dai carabinieri intervenuti, è ritenuto inequivocabile dai giudici di merito, i quali sanciscono, sia in primo che in secondo grado, che l'imputata è responsabile del reato di tentativo di furto, in stato di bisogno di generi alimentari di tenue valore pari a 59 euro e 42 centesimi . Consequenziale la condanna alla mera pena pecuniaria. Con il ricorso in Cassazione, però, l'avvocato che difende la donna punta a vederne riconosciuta la non punibilità . Ciò perché la donna ha agito, secondo il legale, a causa di un palese stato di necessità e per scongiurare il pericolo attuale, e non evitabile altrimenti, di un danno grave alla propria persona . In questa ottica il legale richiama le parole utilizzate dai carabinieri nel rapporto relativo al tentato furto compiuto dalla donna. Nello specifico, i militari dell'Arma hanno descritto una persona malnutrita, estremamente debole, in condizioni fisiche apparse compatibili con quelle di una donna gravemente malata . Da queste parole il legale desume anche che la moderna organizzazione sociale che si prende cura dei più deboli risulta, per facta concludentia , non essere stata in grado di arginare la malnutrizione e la estrema debolezza della donna , risultata anche gravemente malata . A fronte dell'obiezione difensiva, i giudici di Cassazione ribadiscono che il furto lieve, causato da uno stato di bisogno , è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno. Ne consegue che, per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno a cui non possa provvedersi se non sottraendo la cosa . Passando dal quadro generale ai dettagli della vicenda oggetto del processo, i magistrati di Cassazione ritengono corretto escludere la sussistenza di una situazione di vera e propria costrizione , dovuta al pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti evitabile mentre vanno riconosciuti un generale stato di indigenza e precarie condizioni di salute della donna tali da renderle difficile provvedere agli elementari bisogni di vita senza però rendere inevitabile il tentato furto di generi alimentari.

Presidente Dovere – Relatore Cenci Ritenuto in fatto 1.La Corte di appello di Milano il 13 aprile 2022 ha integralmente confermato la sentenza, appellata dall'imputata, con cui il Tribunale di Milano il 26 novembre 2019, all'esito del giudizio abbreviato, ha riconosciuto A.V. responsabile del reato di tentativo di furto in stato di bisogno art. 626, comma 1, n. 2, c.p. di generi alimentari di tenue valore 59,42 Euro , fatto commesso il omissis , con le aggravanti di avere agito su cose esposte alla pubblica fede e della recidiva, aggravanti stimate equivalenti alle concesse attenuanti generiche, e, in conseguenza, operata la diminuzione per il rito, la ha condannata alla pena pecuniaria stimata di giustizia. 2. Ricorre per la cassazione della sentenza l'imputata, tramite Difensore di fiducia, affidandosi ad un solo motivo con cui denunzia promiscuamente violazione di legge art. 54 c.p. e vizio di motivazione, che sarebbe manifestamente illogica. Ritiene la ricorrente illegittimo ed erroneo il mancato riconoscimento della esimente dello stato di necessità invocata dalla Difesa sia in primo grado che nell'atto di appello, esimente peraltro richiesta anche dal P.M. del Tribunale. Infatti, sussisterebbe il pericolo attuale di un danno grave alla persona , pericolo non altrimenti evitabile, come si desume dalle stesse parole impiegate dai Carabinieri nel rapporto utilizzabile atteso il rito prescelto e riferite dai Giudici di merito si tratta di persona malnutrita, estremamente debole, in condizioni fisiche apparse già agli operanti compatibili con quelle di una donna malata ed inoltre gravemente malata, sicché la moderna organizzazione sociale che si prende cura dei più deboli, richiamata dai Giudici di appello alle pp. 4-5 , risulta per facta concludentia non essere stata in grado di arginare la malnutrizione e la estrema debolezza di una donna, appunto, gravemente malata, come dimostrato documentalmente dalla Difesa nel dibattimento di primo grado e ribadito nell'atto di appello p. 1, nota num. 1 . 3. Il P.G. della S.C. nella requisitoria scritta del 15 maggio 2023 ha chiesto annullarsi con rinvio la sentenza impugnata. Considerato in diritto 1.Il ricorso è infondato e deve essere rigettato, per le seguenti ragioni. 2. Deve preliminarmente rammentarsi che, secondo consolidati principi anche risalenti nel tempo e che appare opportuno qui ribadire, La situazione preveduta dall' art. 626, comma 1, n. 2, c.p. , pur avendo alcuni elementi in comune con quella contemplata nell'art. 54, appare tuttavia da questa ben distinta mentre infatti l'art. 54 richiede che il pericolo non sia stato volontariamente causato dal soggetto, l'art. 626, n. 4, prescinde da questa condizione e richiede soltanto l'urgenza del bisogno, la quale può profilarsi anche in mancanza di un pericolo attuale come quello che caratterizza lo stato di necessità Sez. 2, n. 239 del 16/02/1966, Luser, Rv. 101554 e Il furto lieve per bisogno è configurabile nei casi in cui la cosa sottratta sia di tenue valore e sia effettivamente destinata a soddisfare un grave ed urgente bisogno ne consegue che, per far degradare l'imputazione da furto comune a furto lieve, non è sufficiente la sussistenza di un generico stato di bisogno o di miseria del colpevole, occorrendo, invece, una situazione di grave ed indilazionabile bisogno alla quale non possa provvedersi se non sottraendo la cosa Fattispecie in cui la Corte ha escluso che il furto di 61 confezioni di lamette e di 2 confezioni di assorbenti, per un valore totale di 886 Euro, potesse configurare l'ipotesi attenuata Sez. 5, n. 32937 del 19/05/2014, Stanciu, Rv. 261658 . Tenuta presente tali puntualizzazioni, occorre convenire sulla correttezza del percorso argomentativo, non illogico nè incongruo, che si rinviene nelle sentenze di merito, ove si è esclusa la sussistenza di una situazione di vera e propria costrizione, dovuta al pericolo attuale di un danno grave alla persona, non volontariamente causato e non altrimenti evitabile ciò che avrebbe scriminato l'azione art. 54 c.p. , mentre si è ritenuto sussistente un generale stato di indigenza e condizioni di salute della donna tali da rendere difficile provvedere agli elementari bisogni di vita ma, comunque, stimando evitabile l'azione furtiva qualificando conseguentemente l'agire ex art. 626, comma 1, num. 2,c.p. 3.AI rigetto del ricorso consegue la condanna della ricorrente, per legge art. 616 c.p.p. , al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese