L’azione risarcitoria e i mezzi istruttori da utilizzare per provare la colpa dell’Amministrazione davanti al Giudice Amministrativo

La pronuncia del Consiglio di Stato qui in commento, è di interesse poiché nel riassumere i presupposti essenziali dell’azione risarcitoria nei confronti della Pubblica Amministrazione, ribadisce l’importanza che la tutela del Giudice Amministrativo sia piena e satisfattiva per il ricorrente, nell’alveo - naturalmente - delle disposizioni di settore.

La sentenza trae origine da una articolata vicenda , così riassumibile. Una società aveva ottenuto dal Comune il permesso di costruire un complesso residenziale l'Anas l'aveva, tuttavia, diffidata procedere nella realizzazione dei lavori, in quanto – a suo dire - la realizzazione del complesso in questione avrebbe violato la fascia di rispetto autostradale determinata, dall'Anas, in 60 metri . La società aveva promosso ricorso impugnando le diffide dell'Anas dinanzi al TAR che aveva respinto il ricorso, poiché l'unica censura fondata ovvero che la fascia di rispetto applicabile non fosse di 60 bensì di 30 metri era stata proposta con memoria e non con la proposizione di un ricorso per motivi aggiunti. La pronuncia, impugnata innanzi al Consiglio di Stato, aveva trovato conferma. Ciò non di meno, i Giudici di Palazzo Spada avevano suggerito alle Amministrazioni una riconsiderazione dell'intera vicenda tenuto conto che, in realtà, il complesso ben poteva essere realizzato. Rilasciato il permesso di costruire, la Società citava in giudizio l'Anas, dinanzi al giudice ordinario, per ottenere il risarcimento dei danni da ritardo. A seguito del regolamento di giurisdizione promosso dall'Anas, la causa veniva riassunta dinanzi al TAR Toscana che respingeva la domanda risarcitoria. La decisione veniva impugnata innanzi al Consiglio di Stato, che con questa recente pronuncia non definitiva dispone una idonea verificazione tecnica. Il Consiglio di Stato in tale arresto giurisprudenziale esamina in modo approfondito le disposizioni principali che disciplinano il risarcimento dei danni derivanti da responsabilità della P.A. , spronando il Giudici Amministrativi a divenir sempre più giudici dei fatti più che degli atti. In generale, il diritto al risarcimento del danno derivante dall'azione illegittima della P.A., correlato alla lesione di situazioni giuridiche ascrivibili al novero degli interessi legittimi, rinviene la sua disciplina nell' art. 2043 c.c. , ciò in ragione dell'assenza, nel rapporto intercorrente tra l'amministrazione agente ed il cittadino, dei connotati di immediatezza ed esclusività, necessari per la configurazione come contrattuale della relativa fattispecie di responsabilità tra le copiose pronunce, suggerisco di leggere Cons. St., V, 6.5.2013 n. 2419 . L' art. 2043 c.c. dispone qualunque fatto doloso o colposo, che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno . Dal quadro in parola, emerge evidente l'esigenza di verificare, per affermare la responsabilità della pubblica amministrazione 1 l'elemento soggettivo 2 l'elemento oggettivo 3 il nesso casuale 4 il quantum del danno . Quanto al primo, e cioè alla sussistenza dell' elemento della colpa o del dolo dell'autore del danno, esso è l'indice dell'attribuibilità soggettiva del fatto illecito al soggetto che vi abbia dato causalmente luogo e l'assenza di circostanze esimenti la responsabilità della P.A. Come ricorda il Consiglio di Stato nella sentenza in commento, la responsabilità non consegue automaticamente all'annullamento del provvedimento amministrativo ovvero all'accertamento della sua illegittimità in sede giurisdizionale, occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all'assunzione o all'esecuzione della determinazione contra ius, lesiva del bene della vita spettante alla parte ricorrente cfr., ex multis , Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2018, n. 1709 id., 14 marzo 2018, n. 1615 . Quanto all'elemento oggettivo , la mera illegittimità del provvedimento amministrativo non è bastevole ad acclarare la responsabilità della pubblica amministrazione essendo un elemento presuntivo che, corroborato da altri, sarà considerato dal Giudice al fine della valutazione della responsabilità della Amministrazione. Invero la sentenza quivi in commento afferma l'illegittimità del provvedimento amministrativo è solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza della p.a., da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere più o meno vincolato e, quindi, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità della statuizione amministrativa cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2020 n. 909 id., 18 ottobre 2019, n. 7082 . Ciò non di meno, trattandosi, poi di responsabilità aquiliana nel nostro ordinamento lo ricordo tale tipo di responsabilità è disciplinata dall' art. 2043 c.c. ai fini della condanna dell' Amministrazione è necessario fornire la prova di tutti gli elementi, ulteriori il nesso causale tra condotta ed evento e l'entità del danno . Proprio con riguardo a questi presupposti – e cioè il nesso causale e l'entità del danno – il Consiglio di Stato richiama l'attenzione sugli art. 1227 c.c. e l' art. 30 del d.lgs. 2.7.2010 n. 104 c.d. c.p.a ., cioè codice del processo amministrativo . Segnatamente, l' art. 1227 c.c. dispone Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza . L'articolo prevede, dunque, due differenti scenari l'ipotesi del fatto colposo del creditore che abbia concorso al verificarsi dell'evento dannoso comma 1 e quella, differente, riferibile ad un contegno dello stesso danneggiato che abbia prodotto il solo aggravamento del danno senza contribuire alla sua causazione comma 2 . Per limitare o arrivare ad escludere la risarcibilità dei danni, il Giudice sia esso quello civile o amministrativo , dunque, dovrà tenere in considerazione i comportamenti del danneggiato, oltre che quelli del danneggiante. Tale precetto è altresì richiamato in ambito amministrativo dall' art. 30 del c.p.a . che disciplina l'azione con la quale il ricorrente può domandare la condanna della pubblica amministrazione. Più in generale, l'azione di condanna, come ricorda il citato articolo, può essere proposta contestualmente ad altra azione o, nei soli casi di giurisdizione esclusiva anche in via autonoma. La stessa ha ad oggetto – come abbiamo avuto di esaminare precedentemente – il risarcimento del danno ingiusto derivante dall'illegittimo esercizio dell'attività amministrativa o dal mancato esercizio di quella obbligatoria. Nei casi di giurisdizione esclusiva, poi, può altresì essere chiesto il risarcimento del danno da lesione di diritti soggettivi. La domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi è proposta entro il termine di decadenza di centoventi giorni decorrente dal giorno in cui il fatto si è verificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il danno deriva direttamente da questo. Tuttavia, nel caso in cui sia stata proposta azione di annullamento la domanda risarcitoria può essere formulata nel corso del giudizio o, comunque, sino a centoventi giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza. Naturalmente, come ci ricorda la sentenza qui in commento, il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all'entrata in vigore del codice si vedano, Ad, Plen. 6.7.2015 n. 6 Corte Costituzionale 31.5. 2015 n. 57 Cons. St., Sezione III, 22.1. 2014, n. 297 . Per quanto qui interessa, poi, collegandosi all' art. 1227 c.c. , l' art. 30 del c.p.a . al comma 3, secondo periodo, così dispone Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti cd. autoresponsabilità dell'agire . L'applicazione dell' art. 1227 c.c. in combinato disposto con l' art. 30 del c.p.a . sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati , recide proprio il nesso causale che deve legare la presunta condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili . Se ciò è vero, tuttavia, il Consiglio di Stato nella pronuncia in esame precisa che l'interpretazione di queste norme non può arrivare ad essere talmente rigida e si aggiunge severa” da precludere ogni pretesa risarcitoria, perché così facendo si ricadrebbe in una forma di denegata giustizia. Dunque, al Giudice Amministrativo è imposto di approfondire sotto ogni aspetto la pretesa economica oltre che giuridica delle parti, facendosi carico anche dell'evoluzione di un contesto di mercato anzi, di mercati sempre più complesso . In tale contesto, la normativa che consente – doverosamente – di limitare o di escludere la pretesa risarcitoria soprattutto, i richiamati artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a . non può condurre a denegare, in concreto, in ogni caso, l'esistenza stessa di quella cognizione, che rende la tutela del g.a. effettiva, piena e satisfattiva cfr., sul punto, anche la recente decisione di questa Sezione n. 7503 del 3 agosto 2023 e tutte la giurisprudenza ivi ampiamente richiamata . In altri termini, la declinazione del duty to mitigate sancito dal secondo comma dell' articolo 1227 c.c. , in attuazione del canone solidaristico di buona fede, non può assumere, laddove riguardi un interesse legittimo, un rigore tale da condurre alla reazione di un non ammissibile diritto speciale della p.a.” in materia risarcitoria . Chiarito questo aspetto collegato anche al rapporto causale, rimane l'ultimo punto, ovvero il quantum ” risarcibile. Anche in questo frangente è onere del ricorrente dare prova della quantificazione del danno, la cui verifica, può non essere del tutto agevole per il Giudice Amministrativo. In tale ottica, il Consiglio di Stato, spronando i Tribunali Amministrativi a utilizzare con maggior frequenza gli strumenti istruttori, ricorda che non può essere un ostacolo a volte implicito la pur oggettiva difficoltà, per il giudice amministrativo, di quantificazione del danno effettivamente subito Se tale quantificazione può, almeno in parte, essere particolarmente complessa e finanche esulare dalle conoscenze tecniche del giudice, si può ricorrere a meccanismi di quantificazione ad hoc, opportunamente predisposti dal sistema cfr. infra, i punti 9 e ss. , ma non si può giungere alla totale negazione, in fatto, di quei remedies che l'ordinamento ha ormai pacificamente incardinato in capo al giudice amministrativo . Così, nel caso analizzato, il Consiglio di Stato ha disposto idonei incombenti istruttori concretizzati in una verificazione tecnica avente ad oggetto il profilo oggettivo dei presupposti della responsabilità della Amministrazione e la quantificazione del danno.

Presidente Carbone – Estensore Marotta Fatto e diritto 1. La società G. Immobiliare s.a.s. di Bagni E. & C. di seguito, nel presente provvedimento, anche G. Immobiliare ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale amministrativo regionale per la Toscana, Sezione III, ha respinto il ricorso di primo grado, avente ad oggetto la domanda di condanna di Autostrade per l'Italia s.p.a. di seguito, anche Autostrade per l'Italia al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, subiti e subendi dalla società ricorrente odierna appellante , in conseguenza della dedotta illegittimità delle diffide del 20 marzo 2008 e del 19 novembre 2008 danno complessivamente quantificato dalla società appellante nella somma di € 6.911.097,24, oltre interessi e rivalutazione monetaria . 1.2. La pretesa risarcitoria della società appellante si origina dai seguenti fatti - La società G. Immobiliare, quale titolare di permesso di costruire n. 1569/2007 rilasciato dal Comune di Prato, iniziò i lavori per la realizzazione di un complesso immobiliare costituito da otto appartamenti destinati ad uso abitativo , in area situata nel territorio del Comune di Prato, via omissis , in prossimità dello svincolo autostradale di Prato Ovest dell'autostrada A11 - La società Autostrade per l'Italia, con nota 20 marzo 2008, diffidò la predetta società dal proseguire i lavori, avendo rilevato che essi interessavano la fascia di rispetto autostradale la società diffidata chiese, quindi, al Comune di Prato di apportare alcune variazioni al progetto precedentemente assentito in ordine al posizionamento del fabbricato, che vennero accolte dalla amministrazione comunale, con il permesso di costruire in variante n. 1612/2008 - Sulla base di un parere negativo espresso da A.n.a.s., con successiva nota del 19 novembre 2008, Autostrade per l'Italia precisò che le opere edilizie autorizzate dal Comune di Prato avrebbero dovuto collocarsi ad una distanza non inferiore a quella di metri 60 dalla sede autostradale, in conformità a quanto previsto dal d.m. n. 1404 dell'1 aprile 1968 - Con nota del 1° dicembre 2008, il Comune di Prato rese noto all'interessata che il titolo edilizio rilasciato era valido ed efficace e che non vi erano elementi impeditivi alla prosecuzione dei lavori - Con ricorso dinanzi al T.a.r. per la Toscana R.G. n. 70/2009 , la società G. Immobiliare ha impugnato le note di Autostrade per l'Italia del 27 ottobre 2008 e del 19 novembre 2008, deducendone l'illegittimità, per violazione dell'art. 26, comma 3, del d.P.R. n. 495/1992 regolamento di attuazione del codice della strada , che prescrive la distanza di mt. 30 e non di mt. 60 dal confine autostradale, nonché dell'art. 16, 3° comma, del d.lgs. n. 285/1992 codice della strada , che individua la fascia di rispetto per le rampe degli svincoli autostradali, poste al di fuori dei centri abitati il predetto ricorso è stato respinto dal T.a.r. per la Toscana, con sentenza n. 2449/2010 , sull'assorbente rilievo della non applicabilità alla fattispecie de qua delle norme invocate dalla società ricorrente - Con sentenza n. 1118/2012, questa Sezione ha respinto l'appello proposto dalla società G. Immobiliare il giudice d'appello, pur confermando l'inammissibilità delle censure relative alla dedotta violazione del combinato disposto dell' art. 1 del d.m. 1404 del 1968 e dell'art. 9 della l. 4 n. 729 del 1961 in quanto formulate con memoria difensiva, non notificata alla controparte , ha evidenziato quanto segue Nondimeno, e - ovviamente - nei margini del materiale esito del presente processo, la disciplina testè riferita potrebbe in effetti costituire, nell'auspicabile rivisitazione della vicenda da parte di Autostrade per l'Italia, di Anas e del Comune di Prato, una possibile soluzione contemperante i diversi interessi che a tutt'oggi si raffrontano, posto che l'art. 1 del D.M. 1404 del 1968 afferma che le disposizioni contenute in tale testo normativo relative alle distanze minime a protezione del nastro stradale, vanno osservate nella edificazione fuori del perimetro dei centri abitati e degli insediamenti previsti dai piani regolatori generali e dai programmi di fabbricazione”, e che l' art. 9 della L. 729 del 1961 , a sua volta, dispone al suo primo comma, e per quanto qui segnatamente interessa, che lungo i tracciati delle autostrade e relativi accessi, previsti sulla base dei progetti regolarmente approvati, è vietato costruire, ricostruire o ampliare edifici o manufatti di qualsiasi specie a distanza inferiore a metri 25 dal limite della zona di occupazione dell'autostrada stessa”. In proposito, dovrebbe auspicabilmente considerarsi che l'area di G. Immobiliare è compresa in un insediamento non solo compatibile con il P.R.G. del Comune, ma puntualmente inserito nel tessuto urbano, e segnatamente nel c.d. Sistema della Residenza, Subsistema R4 – la città in aggiunta”, non essendo pertanto per esso ragionevolmente applicabile la disciplina di cui al D.M. 1404 del 1968 dettata per le edificazioni al di fuori del perimetro dei centri abitati e degli insediamenti che, come per l'appunto nel caso in esame, sono previsti dalla vigente strumentazione urbanistica. Pertanto, a fronte di una vigente previsione normativa di una fascia di rispetto di m. 25, la materiale esistenza di una distanza di m. 32 dal ciglio autostradale dovrebbe reputarsi congrua in un'augurabile riconsiderazione della fattispecie” - Successivamente, il Comune di Prato ha rilasciato il permesso di costruire n. 538/2012 per il completamento dell'intervento in questione, sul presupposto della rilevata accettabilità come dichiarata dal Consiglio di Stato della distanza di mt. 32 del fabbricato dal confine autostradale il provvedimento da ultimo richiamato non è stato impugnato da Autostrade per l'Italia - Con atto di citazione notificato ad Autostrade per l'Italia in data 11 maggio 2015, la società G. Immobiliare ha proposto davanti al Tribunale di Prato un'azione per il risarcimento dei danni da essa asseritamente subiti per effetto delle diffide della concessionaria autostradale del 20 marzo 2008 e del 19 novembre 2008 sopra richiamate , da ritenersi illegittime nonostante la reiezione della domanda impugnatoria - A seguito di regolamento di giurisdizione promosso da Autostrade per l'Italia, la Corte di Cassazione, a sezioni unite, con ordinanza n. 13194/2018 , ha individuato il giudice amministrativo come quello munito di giurisdizione con riguardo alla controversia di natura risarcitoria - Con ricorso R.G. n. 1220/2018, la società G. Immobiliare ha riassunto la causa davanti al T.a.r. per la Toscana, sostenendo di non aver potuto completare l'intervento edilizio assentito a causa delle vicissitudini provocate dal sospensione dei lavori per effetto delle diffide di Autostrade per l'Italia s.p.a. la sospensione dei lavori avrebbe infatti determinato l'impossibilità di procedere alla consegna degli appartamenti ai promissari acquirenti e l'attivazione, nei suoi confronti, di azioni giudiziarie nonché l'impossibilità di accedere al credito bancario per terminare l'intervento di cui al progetto presentato ha chiesto quindi la condanna di Autostrade per l'Italia al risarcimento dei danni subiti a vario titolo, quantificati complessivamente in € 6.911.097,24 - Il T.a.r. per la Toscana, sez. III, con sentenza n. 535 del 5 maggio 2020 , ha respinto il ricorso in riassunzione proposto dalla società G. Immobiliare, condannandola alla rifusione delle spese processuali. 1.3. Tanto premesso, la società appellante ha contestato la sentenza impugnata con un unico articolato motivo. 2. Si è costituita in giudizio Autostrade per l'Italia, facendo rilevare l'infondatezza nel merito dell'atto di appello, del quale ha chiesto l'integrale reiezione ha chiesto comunque di valutare la tardività dell'azione risarcitoria e la sua ammissibilità, evidenziando che detti profili possono essere rilevati d'ufficio dal giudice di appello, sulla base di quanto disposto dall'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato n. 4/2018. 3. Con memorie difensive e di replica le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive. 4. All'udienza pubblica dell'1 giugno 2023, su richiesta dei difensori delle parti costituite, come da verbale, il ricorso è stato trattenuto in decisione. 5. Preliminarmente, il Collegio è chiamato ad esaminare i profili di irricevibilità del ricorso introduttivo del giudizio, per tardività, e di inammissibilità dello stesso, prospettati dalla parte appellata e, comunque, rilevabili d'ufficio. 5.1. Le eccezioni sono infondate. 5.1.2. Con la sentenza del 6 luglio 2015 n. 6, l'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, dopo aver richiamato la sentenza della Corte Costituzionale 31 maggio 2015 n. 57 - nella quale è stato precisato che l'art. 2 del Titolo II dell'Allegato 3 Norme transitorie al codice del processo amministrativo , non è altrimenti interpretabile che nel senso della sua riferibilità anche e a maggior ragione all'ipotesi di successione tra un termine sostanziale, qual è quello di prescrizione, ed un termine processuale precedentemente non previsto, quale appunto il termine di decadenza sub art. 30 citato, essendo una diversa lettura della predetta disposizione nel senso, restrittivo, della sua riferibilità solo a termini processuali in corso innegabilmente contra Constitutionem, per la compromissione, che ne deriverebbe, non solo della tutela ma della esistenza stessa della situazione soggettiva così, da ultimo, anche Consiglio di Stato, Sezione terza, 22 gennaio 2014, n. 297 ”, ha enunciato il seguente principio di diritto Il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall' articolo 30, comma 3, del codice del processo amministrativo , non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all'entrata in vigore del codice”. Orbene, le diffide di Autostrade per l'Italia individuate dalla società G. Immobiliare come atti causativi dei danni lamentati sono state emanate nel 2008 e quindi prima della entrata in vigore del c.p.a ., con la conseguenza che nei confronti della fattispecie de qua trova applicazione il regime della prescrizione quinquennale essendo il termine prescrizionale interrotto durante il giudizio impugnatorio, a giudizio del Collegio, non può ritenersi che, al momento della proposizione della domanda di risarcimento del danno davanti al giudice ordinario nel 2015 , trovi applicazione il diverso regime decadenziale previsto dal codice del processo amministrativo . 5.1.3 Anche la questione di inammissibilità del ricorso basata sulla considerazione che la domanda risarcitoria si fonda su una censura – la dedotta violazione del combinato disposto dell' art. 1 del d.m. 1404/68 e dell' art. 9 l. n. 729/1961 – non ritualmente presentata in sede di cognizione è da respingere, in ragione della autonomia delle due forme di giudizio. Nei giudizi amministrativi di natura impugnatoria, il principio processualcivilistico, secondo cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, non è pienamente applicabile, dal momento che il giudicato si forma solo in relazione ai vizi dell'atto di cui è stata accertata la sussistenza o l'insussistenza sulla base dei motivi di censura articolati dal ricorrente la peculiarità del giudizio amministrativo impedisce la piena espansione di detto principio, poiché il giudicato amministrativo non può che formarsi con esclusivo riferimento ai vizi dell'atto ritenuti sussistenti, alla stregua dei motivi dedotti nel ricorso cfr. T.a.r. per la Lombardia, sez. II, 2 luglio 2018 n. 1640 . Orbene, nel caso di specie, la reiezione della domanda demolitoria nell'ambito del primo giudizio non preclude la proposizione della domanda risarcitoria basata su vizi di legittimità non esaminati dal giudice di primo grado con effetti di giudicato , in quanto irritualmente dedotti nel giudizio di natura impugnatoria. 6. Con un unico articolato motivo, la società appellante deduce erroneità della sentenza per violazione e falsa applicazione dei principi derivanti dall' art. 1227 c.c. e dall'art. 30 del c.p.a . erroneità della sentenza per mancato accertamento di un fatto decisivo e per omessa pronuncia. 6.1. La società appellante fa rilevare che il giudice di prime cure, pur dando atto della tempestiva impugnazione in sede giurisdizionale delle diffide di Autostrade per l'Italia s.p.a., ha respinto la domanda risarcitoria, sulla base della considerazione che la ricorrente odierna appellante non avrebbe proposto ritualmente l'unico motivo ritenuto in astratto suscettibile di accoglimento dal giudice di appello. La reiezione della domanda di annullamento proposta davanti al giudice amministrativo sarebbe da attribuire alla negligenza della società G. Immobiliare, con la conseguente esclusione del risarcimento di tutti i danni che avrebbero potuto essere evitanti con l'ordinaria diligenza, tenendo conto che la negligente proposizione dell'azione giurisdizionale opera, sul piano causale, allo stesso modo della mancata attivazione degli strumenti di tutela disponibili”. 6.2. Fatta questa premessa, la società appellante sostiene che il giudice di primo grado avrebbe omesso completamente di valutare quanto dedotto e dimostrato sia nel ricorso introduttivo del giudizio che nella memoria di replica del 6 febbraio 2020, relativamente all'accertamento della responsabilità di Autostrade per l'Italia con riguardo ai danni che neppure la proposizione di ricorso tempestivo e rituale anche con riguardo al motivo dichiarato inammissibile avrebbe potuto evitare. Secondo la prospettazione della società appellante, si tratterebbe del pregiudizio che si è verificato immediatamente per effetto della sospensione dei lavori, conseguente alle diffide di Autostrade per l'Italia. e si sarebbe comunque maturato anche nel caso di tempestiva e rituale impugnazione degli atti lesivi fino alla definizione del giudizio di appello, con la sentenza del Consiglio di Stato del 28 febbraio 2012 n. 1118 . 6.3. Sostiene l'appellante che il pregiudizio da essa subito si è generato già nelle more della definizione del giudizio di natura impugnatoria davanti al Tribunale amministrativo regionale e, poi, davanti al Consiglio di Stato e che la conclusione del predetto giudizio nel febbraio del 2012 sarebbe intervenuta quando ormai la sua situazione finanziaria e patrimoniale era del tutto pregiudicata per l'esposizione presso i creditori e per le varie azioni legali intraprese dai promissari acquirenti, con la conseguenza che il successivo permesso di costruire n. 538/2012 si sarebbe rilevato privo di utilità. 6.4. A suo giudizio, in applicazione del principio di cui all' art. 30 c.p.a ., il giudice di primo grado avrebbe dovuto accertare e quantificare il danno patito dall'appellante in conseguenza diretta dei provvedimenti inibitori del 2008, che neppure l'immediata e completa impugnazione di tali diffide avrebbe potuto evitare questo segmento di danno non sarebbe stato accertato dal giudice di primo grado, con la conseguente erroneità e carenza sul punto della sentenza impugnata. 6.5. A supporto di quanto dedotto, la società appellante richiama il disposto dell' art. 1227 c.c. , sostenendo di aver quantomeno diritto al risarcimento dei danni che neppure la tempestiva e rituale formulazione dell'unico motivo risultato fondato ma non accolto, in quanto proposto in maniera irrituale avrebbe potuto evitare, in quanto soltanto nel febbraio 2012 il giudizio è stato definito con la sentenza del Consiglio di Stato sopra richiamata. 6.6. A giudizio dell'appellante, neppure un eventuale provvedimento cautelare favorevole da parte del T.a.r. avrebbe potuto consentire il conseguimento del bene della vita a tale riguardo, evidenzia quanto segue Prima di tutto tale ragionamento sarebbe del tutto ipotetico ed in ogni caso l'onere di diligenza dell'imprenditore non potrebbe spingersi fino a far ritenere che la società avrebbe dovuto rischiare il completamento dell'edificazione con l'impiego di mezzi e risorse che ne consegue in forza di un mero provvedimento cautelare, ossia nelle more del giudizio per l'annullamento delle diffide di Autostrade per l'Italia, conclusosi come visto soltanto nel 2012”. 6.7. Ribadisce che nell'ambito del giudizio di primo grado la ricorrente ha dato ampia prova anche documentale che sin dall'immeditato, ossia già per effetto delle diffide del 2008, la lesione che si era prodotta in capo ad essa era grave e circostanziata, perché il fermo di cantiere aveva messo in moto una irreversibile concatenazione di conseguenze dannose, non evitabili con l'azione impugnatoria, tenendo conto dei tempi fisiologici di conclusione del processo amministrativo. 6.8. Stante l'autonomia del giudizio risarcitorio rispetto a quello di annullamento, ai fini della domanda risarcitoria la società appellante ripropone la censura relativa alla dedotta illegittimità delle note del 20 marzo 2008 e del 19 novembre 2008 per violazione del combinato disposto dell' art. 1 del d.m. n. 1404/1968 e dell' art. 9 della l. n. 729/1961 nell'obiter dictum sopra richiamato, il Consiglio di Stato ha ritenuto la censura inammissibile, ma fondata, in quanto ricadendo l'intervento nell'ambito del centro abitato non si applicherebbe la fascia di rispetto stradale di 60 mt., come sostenuto da Autostrade per l'Italia s.p.a. . 7. Resiste alle deduzioni di parte appellante Autostrade per l'Italia s.p.a., evidenziando in estrema sintesi quanto segue. 7.1. La società G. Immobiliare ha presentato istanza cautelare avverso le diffide di Autostrade per l'Italia e anche appello cautelare avverso l'ordinanza del T.a.r. di reiezione della domanda cautelare la tempestiva sospensione degli atti impugnati avrebbe evitato alla società di incorrere nei danni da essa lamentati. 7.2. Non è plausibile secondo Autostrade per l'Italia la tesi secondo la quale, anche in caso di accoglimento della istanza cautelare, la società G. Immobiliare non se la sarebbe sentita di riprendere i lavori, per il timore che poi il ricorso potesse essere respinto, in quanto detta tesi si porrebbe in contrasto con la proposizione dell'istanza cautelare e successivamente dell'appello cautelare. 7.3. In ogni caso non si comprenderebbe perché la società appellante avrebbe dovuto attendere la decisione del Consiglio di Stato del febbraio 2012 , atteso che le sentenze di primo grado sono immediatamente esecutive nel caso di specie, la sentenza di primo grado è intervenuta nel 2010 . 7.4. Oggetto della domanda di annullamento erano gli atti con i quali la concessionaria autostradale diffidava la società appellante dal proseguire i lavori pur autorizzati dal Comune di Prato a seguito di interlocuzione con il Comune di Prato, la società appellante ha ricevuto rassicurazioni da parte della amministrazione comunale in ordine alla validità ed efficacia dei titoli abilitativi ad essa rilasciati le diffide non impedivano alla società di proseguire i lavori intrapresi, sulla base dei titoli edilizi rilasciati dal Comune di Prato il fatto che la società appellante abbia ritenuto di non dover proseguire i lavori sarebbe imputabile ad una propria scelta imprenditoriale, con la conseguenza che non sarebbe ravvisabile un nesso di causalità tra le diffide di Autostrade per l'Italia e i danni asseritamente derivanti dal blocco del cantiere. 8. Le deduzioni di parte appellante, sul piano giuridico, non sono del tutto prive di una loro intrinseca ragionevolezza. 8.1. In primo luogo, ritiene il Collegio che non può essere più contestato da Autostrade per l'Italia il principio secondo il quale la distanza dell'intervento edilizio dal sedime autostradale dovesse essere di almeno 30 metri e non di 60 metri, come sostenuto da Autostrade per l'Italia , e ciò non per effetto dell'obiter dictum contenuto nella sentenza di questo Consiglio n. 1118/2012 nel processo amministrativo il giudicato si forma in relazione ai motivi di gravame e non anche alle affermazioni ulteriori eventualmente contenute nella sentenza, in quanto l'autorità del giudicato è circoscritta oggettivamente in conformità alla funzione della pronuncia giudiziale, diretta a dirimere la lite nei limiti delle domande proposte, sicché ogni affermazione eccedente la necessità logico-giuridica della decisione stessa deve considerarsi un obiter dictum di conseguenza, sono inidonee a passare in giudicato le osservazioni svolte dal giudicante senza essere funzionali alla decisione, ossia le enunciazioni della sentenza prive di relazione causale con il decisum identificato dai motivi a base della specifica domanda giudiziale – appunto, i c.d. obiter dicta cfr. Consiglio di Stato, sez. III, 3 marzo 2023 n. 2246 , quanto piuttosto per effetto della adozione del permesso di costruire n. 538/2012, rilasciato dal Comune di Prato per il completamento dell'intervento in questione – nel quale in conformità ai principi di diritto espressi in via incidentale dal Consiglio di Stato l'amministrazione comunale ha riconosciuto la legittimità della realizzazione dell'intervento edilizio de quo ad una distanza di mt. 32 dal confine autostradale – e della sua mancata impugnazione e conseguente acquiescenza da parte di Autostrade per l'Italia. 8.2. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, cui questa Sezione ha già avuto modo di prestare adesione, in materia di responsabilità aquiliana della p.a. da provvedimento amministrativo illegittimo, la responsabilità non consegue automaticamente all'annullamento del provvedimento amministrativo ovvero all'accertamento della sua illegittimità in sede giurisdizionale, occorrendo la prova che dalla colpevole condotta amministrativa sia derivato, secondo un giudizio di regolarità causale, un pregiudizio direttamente riferibile all'assunzione o all'esecuzione della determinazione contra ius, lesiva del bene della vita spettante alla parte ricorrente cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 19 marzo 2018, n. 1709 id., 14 marzo 2018, n. 1615 . Sotto il profilo dell'elemento soggettivo, l'illegittimità del provvedimento amministrativo è solo uno degli indici presuntivi della colpevolezza della p.a., da considerare unitamente ad altri, quali il grado di chiarezza della normativa applicabile, la semplicità degli elementi di fatto, il carattere più o meno vincolato e, quindi, l'ambito più o meno ampio della discrezionalità della statuizione amministrativa cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. IV, 4 febbraio 2020 n. 909 id., 18 ottobre 2019, n. 7082 . In altri termini, ai fini della condanna della pubblica amministrazione al risarcimento del danno da atto amministrativo illegittimo, è necessario fornire la prova di tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, previsti dall' art. 2043 c.c. quali presupposti indefettibili della responsabilità aquiliana. 8.3. Le disposizioni di cui all' art. 2043 c.c. debbono essere poi coordinate con quelle di cui all' art. 1227 c.c. e con quelle di cui all' art. 30 del c.p.a . L' art. 1227 c.c. dispone Se il fatto colposo del creditore ha concorso a cagionare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l'entità delle conseguenze che ne sono derivate. Il risarcimento non è dovuto per i danni che il creditore avrebbe potuto evitare usando l'ordinaria diligenza”. L' art. 30, comma 3, secondo periodo, del c.p.a . dispone inoltre Nel determinare il risarcimento il giudice valuta tutte le circostanze di fatto e il comportamento complessivo delle parti e, comunque, esclude il risarcimento dei danni che si sarebbero potuti evitare usando l'ordinaria diligenza, anche attraverso l'esperimento degli strumenti di tutela previsti”. 8.4. Tanto premesso, ritiene il Collegio che l'interpretazione delle norme sopra richiamate fatta propria da giudice di prime cure configuri la preclusione di ogni pretesa risarcitoria in modo talmente ampio e rigido da tradursi, di fatto, in una forma di denegata giustizia. La Sezione ritiene invece che l'attribuzione al giudice amministrativo in tempi relativamente recenti della cognizione piena in materia risarcitoria gli imponga di approfondire sotto ogni aspetto la pretesa economica oltre che giuridica delle parti, facendosi carico anche dell'evoluzione di un contesto di mercato anzi, di mercati sempre più complesso. In tale contesto, la normativa che consente – doverosamente – di limitare o di escludere la pretesa risarcitoria soprattutto, i richiamati artt. 1227 c.c. e 30 c.p.a . non può condurre a denegare, in concreto, in ogni caso, l'esistenza stessa di quella cognizione, che rende la tutela del g.a. effettiva, piena e satisfattiva cfr., sul punto, anche la recente decisione di questa Sezione n. 7503 del 3 agosto 2023 e tutte la giurisprudenza ivi ampiamente richiamata . In altri termini, la declinazione del duty to mitigate sancito dal secondo comma dell' articolo 1227 c.c. , in attuazione del canone solidaristico di buona fede, non può assumere, laddove riguardi un interesse legittimo, un rigore tale da condurre alla reazione di un non ammissibile diritto speciale della p.a.” in materia risarcitoria. In tale ottica, non può essere un ostacolo a volte implicito la pur oggettiva difficoltà, per il giudice amministrativo, di quantificazione del danno effettivamente subito, specie in situazioni peculiari come quella di specie in cui si verte pacificamente del solo danno da ritardo nell'accertamento di una pretesa poi effettivamente riconosciuta, ma con conseguenze economiche che si assumono molto gravi per la parte ricorrente . Se tale quantificazione può, almeno in parte, essere particolarmente complessa e finanche esulare dalle conoscenze tecniche del giudice, si può ricorrere a meccanismi di quantificazione ad hoc, opportunamente predisposti dal sistema cfr. infra, i punti 9 e ss. , ma non si può giungere alla totale negazione, in fatto, di quei remedies che l'ordinamento ha ormai pacificamente incardinato in capo al giudice amministrativo. 8.5. L'Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 3/2011 , ha chiarito che la regola della non risarcibilità dei danni evitabili con la diligente utilizzazione degli strumenti di tutela previsti dall'ordinamento, contenuta nell' art. 30 c.p.a . e che ha portata ricognitiva di principi già evincibili dall' art. 1227 c.c. , è quindi applicabile anche alle azioni risarcitorie proposte prima dell'entrata in vigore del codice del processo amministrativo . L'omessa attivazione degli strumenti di tutela , tra i quali è inclusa la tutela cautelare, rappresenta un dato valutabile, alla stregua del canone di buona fede e del principio di solidarietà, ai fini della mitigazione e finanche dell'esclusione del danno, in quanto evitabile con l'ordinaria diligenza cfr. Consiglio di Stato, sez. V, 2 febbraio 2021, n. 962 sez. IV, 4 dicembre 2020, n. 7699 . L' art. 30 del c.p.a . opera dunque una ricognizione dei principi civilistici in tema di causalità giuridica e di principio di autoresponsabilità e sancisce la regola secondo cui la tenuta, da parte del danneggiato, di una condotta, anche processuale, contraria al principio di buona fede e al parametro della diligenza, che consenta la produzione di danni che altrimenti sarebbero stati evitati, recide il nesso causale che, ai sensi dell' art. 1223 c.c. , deve legare la presunta condotta antigiuridica alle conseguenze risarcibili. 8.6. Orbene, il Collegio ritiene che, nel caso di specie, la società G. Immobiliare non sia venuta meno al dovere di ordinaria diligenza richiesta al danneggiato, avendo tempestivamente impugnato i due atti di diffida che le inibivano la prosecuzione dei lavori edilizi e avendo formulato istanza cautelare non solo nell'ambito del giudizio di primo grado, ma anche in sede di appello cautelare. Il fatto che non sia stata ritualmente coltivata una delle censure che avrebbero portato all'accoglimento della istanza cautelare e del ricorso non è reputato dal Collegio elemento di per sé solo sufficiente ad escludere la responsabilità della amministrazione, ai sensi dell' art. 1227, secondo comma, c.c. , potendo tale circostanza al più rilevare ai fini di una riduzione della responsabilità del danneggiante, ai sensi del primo comma del medesimo articolo. La complessità del quadro normativo di riferimento e il susseguirsi di norme, legislative e regolamentari, non sempre ben coordinate tra loro, rilevano non solo ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo del dolo o della colpa del danneggiante, ma anche sotto il profilo dei comportamenti esigibili da parte del danneggiato, al fine di evitare o ridurre il danno risarcibile. Nel caso di specie vengono in rilievo una congerie di fonti normative l' art. 9 della l. 24 luglio 1961, n. 729 l' art. 19 della l. 6 agosto 1967 n. 765 gli artt. 1 e 4 del d.m. 1 aprile 1968, n. 1404 gli artt. 16 e 18 del d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285 l'art. 26 del d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495 e la controversa qualificazione urbanistica dell'area con conseguente difficoltà obiettiva di individuare la disciplina normativa di riferimento. A ciò si aggiunga l'ulteriore considerazione che l'individuazione del quadro normativo di riferimento, se può risultare problematica per un soggetto economico che opera nel settore edilizio, dovrebbe invece essere di più agevole soluzione per un soggetto che istituzionalmente è preposto a verificare che vengano rispettate le fasce di rispetto stradale e autostradale. 8.7. Ritiene conclusivamente il Collegio che, nel caso di specie, non sussistano in presupposti di cui all' art. 1227, comma 2, c.c. per escludere la responsabilità della p.a. in ordine ai danni lamentati dalla società ricorrente odierna appellante . 8.8. Sotto altro concorrente profilo, a giudizio del Collegio, non è sufficiente ad escludere la sussistenza del nesso eziologico tra il fatto e/o l'atto illecito e i danni che ne sono derivati la considerazione che le diffide di Autostrade per l'Italia non erano giuridicamente ostative alla prosecuzione della esecuzione dell'intervento edilizio de quo, in quanto il Comune di Prato aveva ribadito la validità e l'efficacia dei titoli edilizi abilitativi precedentemente emessi è ragionevole ritenere infatti che l'autorevolezza dell'ente da cui le predette diffide provenivano Autostrade per l'Italia, sulla base di parere dell'A.n.a.s. e la prospettiva della successiva demolizione delle opere edilizie realizzate in caso di esito sfavorevole del giudizio intrapreso abbiano costituito per l'imprenditore un valido motivo per attendere l'esito del giudizio in corso prima di completare l'esecuzione delle opere intraprese. La realizzazione da parte di un soggetto imprenditoriale di opere edilizie di una certa rilevanza economica implica l'impiego di ingenti risorse strumentali, umane e finanziarie, che richiedono una valutazione ponderata delle scelte imprenditoriali, al fine di non esporre l'impresa a gravi conseguenze finanziarie e patrimoniali nel caso di specie, la scelta della società appellante di attendere l'esito del giudizio intrapreso, prima di portare a compimento la esecuzione dell'intervento progettato, non può essere considerata come espressione di una libera determinazione dell'imprenditore di farsi carico volontariamente delle conseguenze dannose derivanti dalla non obbligatoria sospensione delle attività di cantiere. 9. Sotto il profilo della quantificazione del danno, il Collegio deve rilevare che la società appellante, pur censurando la sentenza impugnata nella parte in cui ha escluso la risarcibilità del danno anche con riguardo alla parte di danno prodottosi nell'arco temporale intercorrente tra le diffide di Autostrade per l'Italia del 2008 e la pronuncia del Consiglio di Stato n. 1118/2012 , ha riproposto per intero la domanda risarcitoria, formulata nel ricorso introduttivo del giudizio, quantificando complessivamente la pretesa risarcitoria in € 6.911.097,24, di cui - € 259.527,15 a titolo di mancato profitto - € 385.211,61, a titolo di costi di spostamento del cantiere - € 564.594,94, a titolo di richieste risarcitorie subite dalla G. Immobiliare, per effetto della sospensione del cantiere - € 2.093.917,00, a titolo di danno derivante dalla segnalazione in Centrale rischi e dalla conseguente impossibilità di accedere al credito bancario - € 19.360,46, a titolo di danno per mancato utilizzo delle somme necessarie per il pagamento di oneri contributivi, assistenziali e previdenziali nonché degli oneri fiscali e delle tasse - € 3.588.486,08, a titolo di danno da previsione di mancato fatturato. 9.1. Secondo principi giurisprudenziali consolidati, il risarcimento del danno da provvedimento illegittimo deve essere limitato, quanto al danno emergente, alle perdite che possano dirsi conseguenza immediata e diretta del fatto o atto lesivo, ai sensi degli artt. 2056, comma 1, e 1223 c.c. il lucro cessante deve essere valutato dal giudice con equo apprezzamento delle circostanze del caso art. 2056, comma 2, c.c. . 9.2. Ai fini della individuazione sotto il profilo oggettivo dei presupposti della responsabilità di Autostrade per l'Italia e della quantificazione del danno effettivamente subito dalla società G. Immobiliare, il Collegio ritiene necessario procedere ad una verificazione tecnica, nominando quale verificatore il Rettore del Politecnico di Milano, con facoltà di delega a professore universitario con adeguata competenza in materia, cui sarà affidato il compito di redigere una relazione, nella quale, a seguito di apposito accertamento in loco, vengano chiariti i seguenti aspetti a se e in che misura l'intervento edilizio assentito con il permesso di costruire n. 358/2012, rilasciato alla società G. Immobiliare dal Comune di Prato e divenuto inoppugnabile per acquiescenza della società Autostrade, si discosti da quelli precedentemente assentiti dal predetto Comune e oggetto delle diffide emanate da Autostrade per l'Italia nel 2008 b l'attuale stato delle opere realizzate dalla società G. Immobiliare nell'area de qua e il costo sostenuto dalla predetta società per la loro realizzazione c il valore commerciale che l'opera avrebbe avuto, in base al mercato immobiliare della zona, se fosse stata realizzata in base al progetto presentato nel 2008 e il costo complessivo previsto per la sua realizzazione da rapportare alla presumibile data di realizzazione dell'intervento, se non fosse intervenuta la sospensione delle attività di cantiere, e tenendo presenti i possibili rischi di cantiere l'utile che l'impresa avrebbe presumibilmente ricavato dalla realizzazione dell'intervento edilizio, in relazione alla tipologia dell'intervento progettato d le spese effettivamente sostenute dalla società G. Immobiliare, sulla base della documentazione prodotta dall'interessata in giudizio o in sede di verificazione, per lo spostamento del cantiere e per far fronte alle richieste risarcitorie dei promissari acquirenti e la verosimile incidenza, secondo una valutazione di tipo prognostico tenendo conto della sua situazione contabile nel 2008 , della sospensione dei lavori in questione sulla attuale situazione finanziaria e patrimoniale della società f la sussistenza di eventuali, ulteriori profili di danno rinvenibili dall'esame della documentazione prodotta dall'interessata in giudizio o in sede di verificazione, nei limiti di quanto sopra affermato ai punti 9 e ss. . 9.3. Nella esecuzione della verificazione dovrà essere rispettato il seguente iter procedimentale - il verificatore dovrà comunicare alle parti costituite, entro 30 trenta giorni, la data e il luogo dell'inizio delle operazioni peritali e trasmettere ad esse la propria relazione, nel termine di 120 centoventi giorni dall'inizio delle operazioni peritali - le parti costituite potranno comunicare al verificatore le proprie eventuali osservazioni alla relazione preliminare, entro il termine di 15 quindici giorni dal ricevimento della medesima - il verificatore depositerà nella Segreteria di questo Consiglio la propria relazione finale entro i successivi 30 trenta giorni, dando in essa specifico riscontro alle eventuali osservazioni delle parti - il verificatore, previo rituale avviso dell'inizio delle operazioni alle parti, procederà, ove ritenuto opportuno, alle acquisizioni di elaborati e documenti presso il Comune di Prato e/o presso tutte le varie strutture amministrative aventi competenza sul procedimento de quo - le parti avranno facoltà di nominare tecnici di fiducia, i cui nominativi dovranno essere previamente comunicati al verificatore entro la data di inizio delle operazioni peritali i tecnici potranno assistere, unitamente ai difensori, ai sopralluoghi e fare inserire le loro osservazioni nei relativi verbali. 9.4. L'acconto sul compenso spettante al verificatore, determinato in € 5.000,00 cinquemila/00 , viene provvisoriamente posto a carico della società appellante. 9.5. L'udienza pubblica per l'ulteriore trattazione della causa verrà fissata, all'esito della verificazione, con decreto del Presidente della Sezione. 9.6. L'imputazione e la liquidazione delle spese della presente fase processuale vengono demandate alla fase della definizione del giudizio. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Quarta , non definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, dispone incombenti istruttori nei termini di cui in motivazione. Dà atto che l'udienza pubblica, all'esito delle operazioni di verificazione, sarà fissata con decreto del Presidente della Sezione. Determina in € 5.000,00 cinquemila/00 l'acconto sul compenso spettante al verificatore, ponendolo provvisoriamente a carico della società appellante. Spese al definitivo. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.