Errore del giudice, svista e “scambio di coppia”: come rimediare?

La Cassazione è stata investita dell’istanza di correzione d’ufficio, ai sensi dell’art. 391- bis c.p.c., di errore materiale relativa ad un’ordinanza del 2021 dove era indicato, nell’intestazione, il nome e cognome del ricorrente che però non coincideva con quello riportato nella motivazione e nel dispositivo, dove invece si faceva riferimento ad un altro ricorrente.

Sono sempre meno rari, si legge nella sentenza, i casi di deposito, sia da parte di giudici di merito, sia da parte della Corte di Cassazione, di decisioni giudiziali che non sono coerenti con l'intestazione e che ― per meglio dire ― derivano dalla combinazione , da ascriversi a momentanea disattenzione, di un intestazione concernente una determinata lite con una motivazione e dispositivo riguardanti altra e diversa lite . Sul punto però la giurisprudenza non ha raggiunto una soluzione condivisa. Secondo l'orientamento prevalente, non è possibile ricorrere allo strumento della correzione dell'errore materiale dal momento che l'errore materiale altro non è che un riconoscibile lapsus calami, lo scarto di un attimo nell'opera del giudice consistente nel tradurre l'ideazione del provvedimento nella sua materiale stesura, scarto rilevabile ― come ripetuto infinite volte ― ictu oculi , senza che occorra un'attività cognitiva volta alla ricostruzione della ratio decidendi , di per sé stessa anzi autoevidente, che sostiene il provvedimento impugnato, ratio decidendi che, nel nostro caso, non può certo palesarsi alla lettura del provvedimento, dal momento che la motivazione che avrebbe dovuto corredarlo rimane per definizione ignota . Posta tale premessa, per risolvere il caso del c.d. scambio di coppia ” termine coniato dalla Corte per descrivere questa casistica il Collegio ritiene che nel caso sia stata depositata, unitamente all'intestazione concernente un determinato ricorso per cassazione, un'ordinanza riguardante altro ricorso per cassazione, la Corte non deve fare altro che decidere , visto che tal ricorso non ha mai, ancora, realmente deciso . Difatti l' inesistenza giuridica , o nullità radicale , di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio Cass. 20 dicembre 2021, n. 40883 . In conclusione, occorre ribadire, salvo il caso dello scambio di coppia”, è affetta da nullità insanabile, non emendabile per mezzo dello strumento della correzione dell'errore materiale, l'ordinanza emessa dalla Corte di cassazione che per evidente svista, rechi l'intestazione riferita alle parti effettive della causa e la motivazione ed il dispositivo relativi alle parti di altra causa, atteso che, in tale ipotesi, a differenza di quel che si verifica nella correzione dell'errore materiale, non è possibile ricostruire il decisum e la ratio decidendi , con la conseguenza che la decisione manca del tutto e la Corte è tenuta a procedere alla rinnovazione dell'intero giudizio Cass. 19 giugno 2019, n. 16497 . Nulla rileva, infine, che l'odierna adunanza sia stata fissata sulla base di un'istanza di correzione dell'errore materiale derivante dalla sostituzione di un file con l'altro, ciò che rileva è che sia stato istituito il contraddittorio in vista dell'adozione del provvedimento non mai fino ad ora adottato. La Corte decide quindi sulla vicenda sollevata con l'originario ricorso.

Presidente Acierno – Relatore Di Marzio Rilevato che 1. - E' stata formulata dal presidente di questa prima sezione civile della Corte di Cassazione istanza per correzione d'ufficio, ai sensi dell' art. 391 bis c.p.c. , di errore materiale, istanza relativa al ricorso numero 13281 del 2019 definito con ordinanza numero 10409 del 2021. 2. - L'istanza nasce dall'interlocuzione tra la cancelleria del Tribunale di Ancona, ufficio che aveva adottato il decreto impugnato con il ricorso ora menzionato, e la cancelleria di questa Corte, ed è motivata dalla circostanza che l'ordinanza numero 10409 del 2021 pronunciata su detto ricorso, quantunque recante un'intestazione riferita al ricorrente per cassazione M.C., consta di una motivazione ed un dispositivo concernenti tutt'altro, e cioè il ricorso per cassazione proposto avverso altro decreto del medesimo Tribunale di Ancona da tale Mu.Ja 3. - Il decreto di fissazione dell'adunanza odierna, del 1 giugno 2023, è stato comunicato al difensore del ricorrente M.C., il quale non ha spiegato ulteriori difese. 4. - Ricapitolando la vicenda che ha determinato la proposizione del ricorso numero 13281 del 2019, occorre rammentare che il Tribunale di Ancona, con Decreto del 9 marzo 2019, ha rigettato la domanda proposta da M.C., cittadino della Omissis , volta ad ottenere il riconoscimento della protezione internazionale o, in subordine, della protezione umanitaria. Il giudice - ha negato al ricorrente, il quale aveva riferito di essersi allontanato dal paese d'origine per il timore di essere ucciso da pastori fulani, i quali avevano già ucciso suo padre e bruciato la sua casa, lo status di rifugiato, non essendo i fatti riferiti da quest'ultimo riconducibili alle previsioni di cui alla Convenzione di Ginevra - ha, inoltre rigettato la domanda di protezione sussidiaria sia per la fattispecie di cui all'art. 14, lett. a e b , non emergendo circostanze tali da far ritenere che il ricorrente potesse essere sottoposto alla pena capitale o a trattamenti inumani o degradanti, sia per quella D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 14 lett. c , essendo stata ritenuta l'insussistenza di una situazione di violenza generalizzata derivante da conflitto armato nello Stato Omissis - ha ritenuto il ricorrente non meritevole del permesso per motivi umanitari, non essendo stata allegata una sua specifica situazione di vulnerabilità personale. 5. - Per la cassazione della sentenza M.C. ha proposto ricorso affidato a tre motivi. Il Ministero dell'Interno ha resistito con controricorso. 6. - Il ricorso è stato chiamato all'adunanza del 14 gennaio 2021 per essere poi deciso con ordinanza numero 10409 del 2021, depositata il 20 aprile 2021, che, come si premetteva, consta di una intestazione riferita a M.C., seguita dall'esposizione dei fatti di causa e dalle ragioni della decisione, nonché dal dispositivo, concernenti altro ricorso, pure contro decreto del Tribunale di Ancona, ma questa volta del 9 febbraio 2019, anch'esso vertente in materia di protezione internazionale, proposto da Ma.Ja., cittadino del Omissis . 7. - Sorge pertanto il problema del provvedimento da adottare in questa sede all'esito dell'istanza di correzione d'errore materiale d'ufficio. 7.1. - Ora, dinanzi al caso che nella pratica si fa sempre meno raro del deposito, sia da parte di giudici di merito, sia da parte della Corte di cassazione, di decisioni giudiziali che non sono coerenti con l'intestazione e che - per meglio dire - derivano dalla combinazione, da ascriversi a momentanea disattenzione, di un intestazione concernente una determinata lite con una motivazione e dispositivo riguardanti altra e diversa lite, la giurisprudenza di questa Corte ha manifestato opinioni non sempre coerenti. Secondo l'orientamento largamente prevalente, nel frangente considerato non vi è la possibilità di impiegare lo strumento della correzione dell'errore materiale e la ragione è ovvia, dal momento che l'errore materiale altro non è che un riconoscibile lapsus calami, lo scarto di un attimo nell'opera del giudice consistente nel tradurre l'ideazione del provvedimento nella sua materiale stesura, scarto rilevabile - come ripetuto infinite volte - ictu oculi, senza che occorra un'attività cognitiva volta alla ricostruzione della ratio decidendi, di per sé stessa anzi autoevidente, che sostiene il provvedimento impugnato, ratio decidendi che, nel nostro caso, non può certo palesarsi alla lettura del provvedimento, dal momento che la motivazione che avrebbe dovuto corredarlo rimane per definizione ignota. In altri termini, quando corregge l'errore materiale il giudice non ridecide la controversia, ma si limita ad ovviare ad una sfasatura, un'incongruenza, uno scarto, appunto, tra ciò che la decisione già comprensibilmente dice e la sua non armonica espressione grafica. In massima si trova perciò affermato che il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c. , è esperibile per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento mediante il semplice confronto della parte che ne è inficiata con le considerazioni contenute in motivazione, difetto causato da mera svista o disattenzione e, come tale, rilevabile ictu oculi ne consegue che non può farsi ricorso a tale procedimento quando il giudice intenda sostituire completamente la parte motiva e il dispositivo precedenti, afferenti ad altra e diversa controversia, perché in questo modo si viene a conferire alla sentenza corretta un contenuto concettuale e sostanziale completamente diverso Cass. 31 maggio 2011, n. 12035 . Talora si è posto l'accento sulla tendenza ad una tollerabile dilatazione dell'impiego dello strumento della correzione dell'errore materiale, a fronte di deficienze, pur sempre riconducibili a sviste non mai commendevoli ma tuttavia umanamente possibili, che però non siano per loro natura rilevabili ictu oculi, e che però non possono sensatamente risolversi in un pregiudizio eccessivamente gravoso per le parti che subiscono l'errore, tale da costringerle, al fine di ottenerne l'emenda, al ricorso al giudice dell'impugnazione è questo il caso della correzione dell'omessa distrazione delle spese di lite, ove la relativa istanza sia sfuggita al giudice. Ma - è stato ribadito - simili interventi integrativi non possono certo giungere a sostituire la parte motiva e dispositiva di una decisione giudiziaria con qualcosa di totalmente diverso. E dunque è stato detto che il procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo, previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c. , è esperibile non solo per ovviare ad un difetto di corrispondenza tra l'ideazione del giudice e la sua materiale rappresentazione grafica, chiaramente rilevabile dal testo del provvedimento e, come tale, rilevabile ictu oculi, ma anche in funzione integrativa, in ragione della necessità di introdurre nel provvedimento una statuizione obbligatoria consequenziale a contenuto predeterminato, ovvero una statuizione obbligatoria di carattere accessorio, anche se a contenuto discrezionale e tuttavia si è mantenuto fermo il principio secondo cui non può farsi ricorso a tale procedimento quando il giudice, nel redigere la sentenza e in conseguenza di un mero errore di sostituzione del file informatico, ad un'epigrafe pertinente abbia fatto seguire uno svolgimento del processo , dei motivi della decisione ed un dispositivo afferenti ad una diversa controversia in tal caso, infatti, l'estensione della correzione integra il deposito di una decisione affatto distinta, la quale verrebbe interamente sostituita a quella corretta Cass. 12 febbraio 2016, n. 2815 . Di recente Cass. 14 febbraio 2019, n. 4319 , ha affermato che può farsi ricorso al procedimento di correzione degli errori materiali o di calcolo, previsto dagli artt. 287 e 288 c.p.c. , quando il giudice, nel redigere la sentenza e in conseguenza di un mero errore di sostituzione del file informatico, abbia commesso uno scambio di provvedimenti nella fase di impaginazione, facendo seguire, ad un'epigrafe pertinente, uno svolgimento del processo , dei motivi della decisione ed un dispositivo afferenti ad una diversa controversia decisa in data coeva nei confronti delle stesse parti in tal caso, infatti, l'estensione della correzione non integra il deposito di una decisione affatto distinta, la quale verrebbe interamente sostituita a quella corretta . La decisione, che per comodità potremmo definire come caso dello scambio di coppia , ben si armonizza all'indirizzo di cui si è dato conto e cioè, nel caso esaminato dall'ultima pronuncia menzionata, una Corte d'appello aveva pronunciato in pari data una coppia di sentenze in due distinte cause tra le stesse parti, allegando all'intestazione concernente la prima di tali due cause lo svolgimento del processo, i motivi della decisione ed il dispositivo della seconda e, viceversa, allegando all'intestazione concernente la seconda causa i contenuti della prima il tutto regolarmente depositato. Ora, in un caso simile, non può darsi in effetti alcun dubbio in ordine a quale fosse il contenuto che l'una e l'altra sentenza avrebbero avuto se il giudice non avesse confuso ed invertito le carte sicché, nel contesto, l'adozione del procedimento di correzione dell'errore materiale non solo non si infrange contro la regola secondo cui, come si diceva, in sede di correzione il giudice non può ridecidere, ma corrisponde anche ad un'elementare buon senso esercitato, d'altronde, nel rispetto del principio di ragionevole durata. E però, nel nostro caso, ha avuto esito negativo il controllo officioso operato dal collegio al fine di verificare se per avventura all'ordinanza resa in pari data nei confronti di Mu.Ja. fossero allegati motivazione e dispositivo relativi a M.C Alla ora ricordata Cass. 14 febbraio 2019, n. 4319 si è richiamata in seguito Cass. 9 giugno 2021, n. 16087 , che appare invece eccentrica rispetto all'orientamento che la Corte di cassazione ha da sempre manifestato sul tema. Si legge in quest'ultima decisione, difatti, che Il Tribunale di Roma disponeva correzione dell'errore materiale della sentenza n. 1593/2019, sostituendo integralmente il testo erroneamente inserito nel sistema informatico. Con tale decisione affermava il diritto di . alla indennità di accompagnamento dal primo giorno del mese successivo alla domanda amministrativa . Nel caso in esame il Tribunale con l'ordinanza di correzione ha evidenziato l'esistenza di un errore materiale consistito nell'invio telematico di un contenuto differente rispetto a quello oggetto del giudizio, e dunque costituente mero errore di sostituzione del file informatico .e scambio di provvedimenti nella fase di impaginazione. Ha poi inserito l'esatto contenuto della statuizione assunta . Da simile soluzione - che nel nostro caso legittimerebbe il relatore dell'ordinanza numero 10409 del 2021, informato dell'errore, a sostituire ora per allora l'ordinanza riguardante Mu.Ja. con una, di contenuto radicalmente nuovo, riguardante M.C., e legittimerebbe il presidente del collegio a firmarla - occorre dissentire. Ne' può condividersi il sostegno dato alla soluzione adottata, laddove si afferma che l'errato invio di files informatici estranei alla fattispecie trattata è equiparabile alla ipotesi di lapsus calami quale materiale divergenza tra ideazione del giudice e sua grafica rappresentazione. L'orientamento, a cui si intende dare seguito, esprime maggiore adeguatezza, rispetto a precedenti pronunce Cass. n. 2815/2016 , circa il concetto di errore materiale, allorché questo sia diretto ad una realtà processuale in cui regole del processo e tecnologia devono trovare sintesi appropriata . Intesa in tal modo, la correzione dell'errore materiale diverrebbe qualcosa di totalmente diverso da ciò che la legge prevede, giacché consentirebbe al giudice, al di fuori di ogni controllo, e senza neanche che occorra immaginare ipotesi di possibili abusi, di rifare una decisione non adottata per tempo consentirebbe attraverso la procedura di correzione dell'errore materiale di decidere ex novo, ossia di fare ciò che tale procedura non consente. Deve in fin dei conti tenersi per fermo che il provvedimento emesso dal giudice nei confronti delle parti in lite, ma con motivazione e dispositivo relativi a causa diversa concernente altri soggetti, è affetto da nullità insanabile Cass. 29 gennaio 2020, n. 2020 Cass. 6 febbraio 2020, n. 2766 Cass. 20 dicembre 2021, n. 40883 . 7.2. - A questo punto, la questione che si pone e' cosa deve fare la Corte posta dinanzi alla fattispecie considerata. E la risposta è che, nel caso sia stata depositata, unitamente all'intestazione concernente un determinato ricorso per cassazione, un'ordinanza riguardante altro ricorso per cassazione, la Corte non deve fare altro che decidere, visto che tal ricorso non ha mai, ancora, realmente deciso. E' stato difatti già osservato che l'inesistenza giuridica, o nullità radicale, di un provvedimento giurisdizionale avente contenuto decisorio emesso nei confronti delle parti del giudizio, ma con motivazione e dispositivo relativi a diversa causa concernente altri soggetti, comporta, per l'incompiuto esercizio della giurisdizione, che il giudice cui è apparentemente da attribuire la sentenza inesistente possa procedere alla sua rinnovazione, emanando un atto valido conclusivo del giudizio Cass. 20 dicembre 2021, n. 40883 . Va dunque ribadito che - salvo il caso esaminato dello scambio di coppia , o altre ipotesi consimili che possano nella pratica presentarsi - è affetta da nullità insanabile, non emendabile per mezzo del procedimento per la correzione dell'errore materiale, l'ordinanza emessa dalla Corte di cassazione che, per evidente svista, rechi l'intestazione riferita alle parti effettive della causa, e la motivazione ed il dispositivo relativi alle parti di altra causa, atteso che, in tale ipotesi, a differenza di quel che si verifica nella correzione dell'errore materiale, non è possibile ricostruire il decisum e la ratio decidendi, con la conseguenza che la decisione manca del tutto e la Corte è tenuta a procedere alla rinnovazione dell'intero giudizio Cass. 19 giugno 2019, n. 16497 . Nulla rileva, infine, che l'odierna adunanza sia stata fissata sulla base di un'istanza di correzione dell'errore materiale derivante dalla sostituzione di un file con l'altro, ciò che rileva è che sia stato istituito il contraddittorio in vista dell'adozione del provvedimento non mai fino ad ora adottato. 8. - Venendo allora ai motivi proposti da M.C., occorre rammentare che essi sono i seguenti. Con il primo motivo è stata dedotta la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3 . Denuncia il ricorrente che la sua attendibilità è stata travisata sia dalla Commissione che dal Tribunale di Ancona, essendogli stata attribuita l'appartenenza alla religione mussulmana, nonostante lo stesso avesse dichiarato di essere cristiano. Inoltre, il Tribunale non aveva proceduto alla verifica delle informazioni dallo stesso fornite, atteso che nella sua area geografica si erano verificati diversi scontri culminati con attacchi a villaggi cristiani. In conclusione, l'elemento fondante della persecuzione, l'appartenenza del ricorrente alla religione cristiana non è stato considerato dal Tribunale che, come detto, lo ha indicato come cristiano. Con il secondo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 25 del 2008, art. 8, comma 3. Denuncia il ricorrente che il Tribunale di Ancona, nello svolgimento dell'istruttoria, non ha considerato il carattere nomade del gruppo dei pastori fulani che hanno attentato al proprio villaggio. Con il terzo motivo è stata dedotta la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 5, comma 6. Denuncia il ricorrente che non si è tenuto conto della sua condizione di vulnerabilità, emergente anche dalla documentazione medica che è stata prodotta quale elemento corroborante la veridicità delle proprie dichiarazioni in ordine all'aggressione subita. 9. - Il ricorso è inammissibile. 9.1. - E' inammissibile il primo mezzo. Va, in primo luogo, osservato che, anche recentemente, questa Corte ha statuito che la valutazione in ordine alla credibilità del racconto del cittadino straniero costituisce un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il quale deve valutare se le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili, del D.Lgs. n. 251 del 2007, ex art. 3, comma 5, lett. c . Tale apprezzamento di fatto è censurabile in cassazione solo ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, come omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, come mancanza assoluta della motivazione, come motivazione apparente, come motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, dovendosi escludere la rilevanza della mera insufficienza di motivazione e l'ammissibilità della prospettazione di una diversa lettura ed interpretazione delle dichiarazioni rilasciate dal richiedente, trattandosi di censura attinente al merito Cass. n. 3340 del 05/02/2019 . Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale soddisfa il requisito del minimo costituzionale , secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014 , avendo il giudice di merito precisato che il richiedente non era stato in grado di circostanziare la vicenda nomi, tempo e luogo ed anche i riferimenti ai pastori fulani erano stati confusi e non dettagliati. Il ricorrente era, in particolare, incorso in alcune contraddizioni sia in ordine al villaggio in cui si era rifugiato dopo aver subito l'attacco dei pastori fulani, sia in ordine ai contatti che aveva, nel frattempo, mantenuto con i propri familiari. Il Tribunale di Ancona ha, inoltre, evidenziato che dall'esame delle fonti dallo stesso consultate risulta che i territori interessati dalle incursioni dei pastori fulani non sono quelli in cui il richiedente afferma di essere vissuto e dove lo stesso localizza gli eventi. Con tali precisi rilievi il ricorrente non si è minimamente confrontato, limitandosi ad affermare apoditticamente che il Tribunale non aveva provveduto alla verifica delle informazioni dallo stesso fornite circostanza non fondata, come sopra evidenziato e concentrando esclusivamente le proprie censure sul dedotto travisamento da parte della Commissione Territoriale e del Tribunale delle sue dichiarazioni, per essere lo stesso cristiano e non mussulmano. In proposito, va osservato che se è pur vero che il decreto impugnato è incorso nell'errore materiale di aver indicato il richiedente come appartenente alla religione musulmana, anziché cristiana, tuttavia, il giudice di merito non ha in alcun modo fondato il giudizio di inattendibilità su motivi di ordine religioso, bensì su aspetti riguardanti la narrazione della vicenda da parte del ricorrente, che non sono stati da quest'ultimo minimamente censurati. 9.2. - E' inammissibile il secondo mezzo. Non vi è dubbio che le censure del ricorrente si appalesino come di merito, essendo finalizzate a sollecitare una diversa ricostruzione e caratterizzazione dei fatti rispetto a quella operata dal giudice di merito e sono, pertanto, come tali, inammissibili in sede di legittimità. 9.3. - E' inammissibile il terzo mezzo. Va osservato che il giudice di merito ha ritenuto insussistente in capo al ricorrente una condizione di vulnerabilità, dopo aver effettuato la valutazione comparativa tra il contesto di vita del ricorrente nel paese di accoglienza e nel paese di provenienza, evidenziando, sul punto, da un lato, che nel suo paese d'origine non erano state segnalate compromissioni all'esercizio dei diritti umani, e, dall'altro, che il ricorrente non aveva dato prova di aver seriamente intrapreso un percorso di integrazione sociale e lavorativa, avendo sempre svolto al di là della frequentazione di corsi di lingua e di formazione lavori precari. Tale valutazione in fatto non è sindacabile in sede di legittimità se non come vizio di motivazione, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, secondo i parametri della sentenza delle Sezioni Unite n. 8053/2014 omessa o apparente motivazione o contrasto irriducibile di affermazioni inconciliabili e, come tali, incomprensibili . Infine, priva di autosufficienza secondo i principi sopra illustrati è la censura del ricorrente secondo cui avrebbe depositato documentazione sanitaria per comprovare la sua condizione di vulnerabilità, non essendosi il decreto impugnato occupato di tale questione e non avendo il ricorrente neppure prospettato di aver sottoposto tale problematica all'esame del giudice di merito. 10. - In definitiva, dichiarata la nullità dell'ordinanza numero 10409 del 2021, il ricorso numero 13281 del 2019 va dichiarato inammissibile. Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite, non essendo le difese del Ministero in alcun modo correlate ai motivi del ricorso. P.Q.M. dichiara la nullità dell'ordinanza numero 10409 del 2021 ed inammissibile il ricorso numero 13281 del 2019, compensando le spese del giudizio di legittimità e dando atto, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, se dovuto, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma del D.Lgs. n. 196 del 2003, art. 5 2 in quanto imposto dalla legge.