Nel caso di specie, un lavoratore, titolare di pensione ex Fondo elettrici, proponeva ricorso giurisdizionale nel 2020, in relazione alla domanda di riliquidazione della pensione, infruttuosamente richiesta in via amministrativa nel 2017.
Con un unico motivo di ricorso, l'INPS deduce in Cassazione la violazione dell'articolo 47, d.P.R. numero 639/1970, come novellato dal d.l. numero 98/2011, articolo 38 conv. in l. numero 111/2011, in ragione del fatto che, in contrasto con Cass. SS.UU. numero 15352/2015, Cass. numero 3580/2019 e Cass. numero 7756/2016, la sentenza impugnata ha ritenuto non soggetta ad alcun termine decadenziale la domanda di riliquidazione della pensione di vecchiaia già in godimento al momento dell'entrata in vigore della citata disposizione. La doglianza è fondata. Infatti, l'articolo 38 cit. ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all'articolo 47 il comma 2 per cui «la decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito», sia aggiungendo dopo l'articolo 47 un articolo 47-bis, a norma del quale «si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla l. 9 marzo 1988, numero 88, articolo 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni». Inoltre, il Collegio sottolinea che «l'applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all'intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l'obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell'integrazione dei ratei ultra-triennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall'accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem, con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all'esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta» Può dunque affermarsi che, «in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale».
Presidente Esposito – Relatore Calafiore Rilevato che la Corte d'appello di Milano, con sentenza numero 1428/2021 pubblicata il 21 gennaio 2022, ha accolto l'impugnazione proposta da Q.S. ed ha rigettato l'eccezione di decadenza sollevata dall'INPS ex articolo 38 comma 1 lett. d D.L. numero 98 del 2011 Q.S. , titolare di pensione ex Fondo elettrici dal gennaio 2002, aveva proposto ricorso giurisdizionale depositato il 30 maggio 2020, in relazione alla domanda di riliquidazione della pensione, infruttuosamente richiesta in via amministrativa il 19 aprile 2017 la Corte territoriale ha accertato il diritto del pensionato alla riliquidazione del trattamento pensionistico in essere comprensivo delle retribuzioni pensionabili previste dall'XXX ed ha condannato l'INPS alla corresponsione delle relative differenze pensionistiche, nei limiti del decennio antecedente la data della richiesta di liquidazione, maggiorata di interessi a decorrere dai singoli ratei al saldo ad avviso della Corte d'appello, il D.P.R. numero 639 del 1970, articolo 47 come modificato da ultimo dal D.L. numero 98 del 2011 non poteva applicarsi alle prestazioni liquidate prima del 2011, con l'effetto di ritenere applicabile solo l'ordinaria prescrizione decennale inoltre, esaminando le doglianze di merito, ha ritenuto che il D.Lgs. numero 562 del 1996, articolo 3 aveva dettato norme di armonizzazione delle pensioni retributive del Fondo elettrici con quelle previste per l'XXX, con l'ampliamento della base pensionabile e l'inserimento di voci che prima non erano soggette a contribuzione con decorrenza dal 1 gennaio 1997, dunque, la N normativa aveva previsto dei limiti superati i quali dette pensioni avrebbero comunque subito un abbattimento, individuato nel più favorevole dei seguenti due parametri ottanta per 100 della retribuzione pensionabile prevista per l'XXX, oppure ottanta per 100 della retribuzione pensionabile di cui alla L. 335 del 1995, articolo 1, comma 12 che è anche quella massima prevista per gli iscritti al fondo elettrici dunque, l'Inps aveva errato nel liquidare la pensione sulla base delle sole voci soggette a contribuzione e non la retribuzione onnicomprensiva avverso tale sentenza, ricorre l'INPS sulla base di un motivo resiste Q.S. con controricorso e successiva memoria, con nuovo difensore il Collegio ha riservato il deposito della motivazione nel termine di gg. 60 articolo 380 bis 1 c.p.c. . Considerato che con l'unico motivo di ricorso, l'INPS deduce la violazione del D.P.R. numero 639 del 1970, articolo 47 come novellato dal D.L. numero 98 del 2011, articolo 38 conv. in L. numero 111 del 2011, in ragione del fatto che, in contrasto con Cass. SS.UU. numero 15352 del 2015, Cass. numero 3580 del 2019 e Cass. numero 7756 del 2016, la sentenza impugnata ha ritenuto non soggetta ad alcun termine decadenziale la domanda di riliquidazione della pensione di vecchiaia già in godimento al momento dell'entrata in vigore della citata disposizione il motivo è fondato e va accolto questa Corte di Cassazione ha ormai consolidato l'orientamento secondo il quale anche alla fattispecie N di ricalcolo del trattamento pensionistico, già riconosciuto alla data di entrata in vigore dell'articolo 38 cit., va applicato il termine decadenziale previsto da tale disposizione a decorrere dalla data di entrata in vigore della medesima disposizione Cass. numero 123 del 2022 Cass. numero 17430 del 2021 Cass. numero 28416 del 2020 Cass. nnumero 3580 del 2019 e 29754 del 2019 16661 del 2018 Cass. numero 7756 del 2016 , con ciò ribadendo i principi e le ragioni enunciati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza numero 15352 del 2015 in tema di emotrasfusioni, in relazione ai termini introdotti dalla L. numero 238 del 1997, articolo 1, comma 9, per la domanda volta al conseguimento dell'indennizzo da vaccinazioni o di epatiti post trasfusionali e pensioni da HIV il termine di decadenza, introdotto dal D.L. numero 98 del 2011, articolo 38, comma 1, lett. d , numero 1 , convertito in L. numero 111 del 2011, con riguardo alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito , decorrente dal riconoscimento parziale della prestazione ovvero dal pagamento della sorte , trova applicazione anche con riguardo a prestazioni già liquidate, ma solo a decorrere dall'entrata in vigore della citata disposizione. La questione, di diritto transitorio, ha riguardato l'incidenza su una situazione ancora pendente della legge sopravvenuta, che ha introdotto ex novo un termine di decadenza si è escluso che la nuova previsione di un termine di decadenza possa avere effetto retroattivo, facendo decorrere il termine prima dell'entrata in vigore della legge che l'abbia istituito, e si è affermato, conformemente ai principi generali dell'ordinamento N in materia di termini, che, ove una modifica normativa introduca un termine di decadenza prima non previsto, la nuova disciplina si applichi anche alle situazioni soggettive già in essere, ma la decorrenza del termine viene fissata con riferimento all'entrata in vigore della modifica legislativa si è precisato che tale soluzione realizza il bilanciamento tra il fine sollecitatorio perseguito dal legislatore con l'introduzione del termine decadenziale, ed il fine di tutelare l'interesse del privato, onerato della decadenza, a non vedersi addebitare un comportamento inerte allo stesso non imputabile Cass. numero 13355 del 2014 inoltre, la decadenza è evitata dalla proposizione dell'azione giudiziaria, stante il tenore letterale della norma ed essendo questo l'atto il cui compimento va effettuato nel termine e dunque - secondo i principi generali in materia di decadenza - il solo atto che possa impedire la decadenza il D.L. numero 98 del 2011, articolo 38 ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all'articolo 47 il comma 2 per cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie aventi ad oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo dopo l'articolo 47 un articolo 47 bis, a norma del quale si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati,, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, numero 88, articolo 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni l'intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l'articolo 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile l'applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all'intera pretesa del privato attua del resto un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l'obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell'integrazione dei ratei ultra-triennali rispetto alla domanda giudiziale. Per converso alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall'accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata per sempre in modo contra legem, con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato all'esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni e con incidenza normale rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale la sentenza impugnata non si è attenuta ai principi su estesi ed il ricorso va, dunque, accolto, la sentenza va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione affinché esamini la fattispecie alla luce dei principi sopra esposti e regoli anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Milano in diversa composizione.