Uccide a bastonate il gatto della vicina: condannata

Uccide il gatto della vicina a bastonate e, per di più, ricorre in Cassazione per l’annullamento della sentenza della Corte territoriale che ha confermato la condanna alla pena di tre mesi irrogatale dal Tribunale di Cosenza, per il reato di cui all’articolo 544-bis c.p.

L'imputata sostiene di “aver dovuto uccidere il gatto” che, introducendosi nella sua proprietà, aveva provocato la reazione del proprio cane un pitbull che si era scagliato contro di lui, escludendo il requisito della crudeltà. Sottolinea, quindi, il fatto che dovrebbe applicarsi il delitto di cui all'articolo 638 c.p., evidenziando il malgoverno della norma penale sostanziale. La doglianza è inammissibile. Ai fatti, risulta che la ricorrente ha bastonato il gatto in modo violento e ripetuto, inseguendolo anche sulla pianta dove aveva cercato rifugio, fino a cagionarne la morte. Pertanto, la Corte d'appello ha correttamente applicato la norma incriminatrice. Infatti, la nozione di “necessità” che esclude la configurabilità del reato di uccisione di animali di cui all'articolo 544-bis c.p. comprende non solo «lo stato di necessità previsto dall'articolo 54 c.p., ma anche ogni altra situazione che induca l'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile» Cass. numero 49672/2018, Cass. numero 50329/2015 . Il Collegio specifica anche che la crudeltà si identifica «con l'inflizione all'animale di gravi sofferenze per mera brutalità. Mentre la necessità si riferisce ad ogni situazione che induca all'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno a sé o ad altri o ai propri beni, quando tale danno l'agente ritenga non altrimenti evitabile» Cass. numero 8449/2020 . La Corte territoriale, nel caso in esame, ha ritenuto sussistenti entrambi i requisiti. Ne consegue che il delitto di uccisione di animali di cui all'articolo 544-bis c.p. «assorbe anche il disvalore eventualmente derivante dall'essere l'animale di proprietà altrui il proprietario, in quanto titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva riconosciuta e tutelata dall'ordinamento e lesa dall'azione del reo, è certamente titolato a costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti da reato». Per tutti questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso in oggetto.

Presidente Ramacci – Relatore Aceto Ritenuto in fatto e considerato in diritto 1.La sig.ra S.L. ricorre per l'annullamento della sentenza del 03/05/2022 della Corte di appello di Catanzaro che ha confermato la condanna alla pena di tre mesi di reclusione irrogata con sentenza del 02/03/2020 del Tribunale di Cosenza per il reato di cui all'articolo 544-bis, c.p., a lei ascritto per aver cagionato, per crudeltà e senza necessità, la morte del gatto di proprietà della sig.ra T.L. , colpendolo ripetutamente con un bastone il fatto è contestato come commesso in omissis 17. 1.1.Con unico motivo deduce l'erronea applicazione dell'articolo 544-bis c.p Osserva, al riguardo, di aver dovuto uccidere il gatto che, introducendosi nella sua proprietà, aveva provocato la reazione del proprio cane pitbull che si era scagliato contro di lui. Aveva, dunque, aggredito il gatto per farlo uscire dalla proprietà. Il che, afferma, esclude il requisito della crudeltà e, certamente, della assenza di necessità della condotta. Si è in presenza, eventualmente, di un eccesso colposo, tuttavia penalmente irrilevante non essendo il reato punito a titolo di colpa. L'azione, prosegue, è stata posta in essere non per un sentimento contrario agli animali ma per allontanare il gatto dalla sua proprietà. Trova applicazione, semmai, il delitto di cui all'articolo 638 c.p., reato ben più coerente con la costituzione di parte civile della proprietaria dell'animale, costituzione inconcepibile in caso di delitto contro il sentimento degli animali. 2.11 ricorso è inammissibile perché generico e manifestamente infondato. 3.Osserva il Collegio 3.1.1a ricorrente deduce esclusivamente il malgoverno della norma penale sostanziale, non anche il vizio di motivazione e/o il travisamento delle prove indicate dalla Corte di appello ai fini della decisione 3.2.ne consegue che il fatto - della cui penale rilevanza si discute - è quello descritto dal giudice nel provvedimento impugnato nel senso che il vizio di cui all'articolo 606, comma 1, lett. b c.p.p., riguarda l'erronea interpretazione della legge penale sostanziale - ossia, la sua inosservanza -, ovvero l'erronea applicazione della stessa al caso concreto - e, dunque, l'erronea qualificazione giuridica del fatto o la sussunzione del caso concreto sotto fattispecie astratta -, e va tenuto distinto dalla deduzione di un'erronea applicazione della legge in ragione di una carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta, denunciabile sotto l'aspetto del vizio di motivazione, cfr. Sez. 5, numero 47575 del 07/10/2016, Altoè, Rv. 268404 - 01 3.3.nel caso di specie, dalla lettura della sentenza impugnata risulta che l'imputata aveva bastonato il gatto, effettivamente introdottosi nella sua proprietà, violentemente e ripetutamente, inseguendolo persino sulla pianta dove aveva cercato rifugio, fino a cagionarne la morte 3.4.1a Corte di appello ne ha tratto argomento per disattendere la tesi difensiva qui riproposta senza alcuna reale critica della ratio decidendi , secondo cui l'intenzione dell'imputata era quella di dividere il gatto dal proprio cane di grossa taglia, e per ribadire, invece, che l'azione era stata posta in essere nella piena consapevolezza che dalla stessa potesse derivare la morte dell'animale, come si desume dalla reiterazione dei colpi inferti e dal fatto che la condotta era proseguita nonostante il gatto si fosse allontanato dal cane trovando rifugio su una pianta il che, secondo il Giudici distrettuali, escludeva la necessità dell'azione, e comunque della sua prosecuzione e reiterazione, e costituisce prova della gratuità e violenza dell'azione stessa 3.5.1a Corte di appello ha dunque fatto corretta applicazione della norma incriminatrice 3.6.1a nozione di necessità che esclude la configurabilità del reato di uccisione di animali di cui all'articolo 544 bis c.p. comprende non soltanto lo stato di necessità previsto dall'articolo 54 c.p., ma anche ogni altra situazione che induca all'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno alla persona propria o altrui o ai propri beni, quando tale danno l'agente ritenga altrimenti inevitabile Sez. 3, numero 49672 del 26/04/2018, B., Rv. 274075 - 01 Sez. 3, numero 50329 del 29/10/2015, dep. 2016, Vitali, Rv. 268646 - 01 Sez. 2, numero 43722 dell'11/11/2010, Calzoni, Rv. 248999 - 01 Sez. 3, numero 44822 del 24/10/2007, Borgia, Rv. 238456 - 01 Sez. 2, numero 8820 del 15/02/2006, Saddi, Rv. 234743 - 01 3.7.è stato inoltre precisato che la crudeltà si identifica con l'inflizione all'animale di gravi sofferenze per mera brutalità, mentre la necessità si riferisce ad ogni situazione che induca all'uccisione dell'animale per evitare un pericolo imminente o per impedire l'aggravamento di un danno a sé o ad altri o ai propri beni, quando tale danno l'agente ritenga non altrimenti evitabile Sez. 5, numero 8449 del 04/02/2020, Serra, Rv. 278660 - 02 3.8.crudeltà e assenza di necessità costituiscono requisiti strutturali della fattispecie di reato che riguardano, alternativamente, l'elemento soggettivo l'aver agito per crudeltà , e non con crudeltà si veda, al riguardo, il diverso tenore letterale dell'articolo 131-bis, comma 2, c.p. e quello oggettivo l'assenza di necessità tali requisiti non devono necessariamente concorrere, ben potendo l'evento morte essere cagionato senza necessità ma senza crudeltà quanto con crudeltà ma con necessità in quest'ultimo caso, la rilevanza penale del fatto deriva dall'inflizione all'animale di inutili e gratuite sofferenze 3.9.in entrambi i casi, l'accertamento della crudeltà e/o della non necessità dell'evento costituisce questione di fatto censurabile in sede di legittimità nei limiti stabiliti dall'articolo 606, c.p.p. 3.10.nel caso di specie, con motivazione non oggetto di censure, la Corte di appello ha ritenuto la sussistenza di entrambi i requisiti, avendo escluso la necessità dell'azione essendosi il gatto rifugiato su una pianta e non costituendo pericolo alcuno nè per l'agente, nè per i suoi beni e avendo ritenuto la concorrente crudeltà in considerazione della reiterazione dei colpi 3.11.1a sussistenza del reato di cui all'articolo 544-bis c.p. esclude la concorrente applicazione del reato di cui all'articolo 638, comma 1, c.p., in considerazione della clausola di salvezza conT. in quest'ultima norma 3.12.ne deriva che il delitto di uccisione di animali di cui all'articolo 544-bis c.p. assorbe anche il disvalore eventualmente derivante dall'essere l'animale di proprietà altrui il proprietario, pertanto, siccome titolare di una situazione giuridica soggettiva attiva riconosciuta e tutelata dall'ordinamento e lesa dall'azione del reo, è certamente titolato a costituirsi parte civile per chiedere il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali derivanti da reato 3.13.non vi è pertanto alcuna contraddizione nel fatto che la proprietaria del gatto si sia costituita parte civile ed abbia ottenuto il risarcimento dei danni ancorché da liquidarsi in separata sede . 4.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue, ex articolo 616 c.p.p., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa della ricorrente C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, numero 186 , l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di Euro 3.000,00. A detta declaratoria consegue, altresì, la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile ammessa a gratuito patrocinio, nei termini indicati nel dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputata al rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio della parte civile ammessa al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Catanzaro con separato decreto di pagamento ai sensi degli articolo 82 e 83 D.P.R. numero 115 del 2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.