La vendita di un immobile può essere atto in frode ai creditori, quindi, revocabile

La frode ai creditori deve essere dimostrata in concreto. Il sale and lease back , in caso di successivo fallimento, non è automaticamente atto in frode ai creditori.

Il sale and lease back è un contratto inteso a soddisfare la specifica esigenza di potenziare i fattori produttivi di natura finanziaria ottenendo immediatezza liquidità, mediante l'alienazione di un suo bene strumentale - e quindi, di norma, funzionale da un determinato assetto produttivo e pertanto non agevolmente collocabile sul mercato” Cass. sez. 3, sentenza n. 6969 del 22/03/2007 , in motivazione , e dunque un contratto almeno idealmente inteso a sostenere l'attività d'impresa, piuttosto che depauperarla. Il caso Una s.r.l. acquisisce in leasing un capannone da destinare allo svolgimento della propria attività lavorativa. Prima della scadenza, la società versa le somme dovute e acquista la piena proprietà del capannone e, successivamente, vende il predetto immobile ad altra società riacquisendolo in locazione. Dopo quattro anni, la s.r.l. viene dichiarata fallita con sentenza del tribunale. La curatela avvia azione giudiziaria chiedendo dichiarazione di inefficacia del contratto di vendita del cespite. Il Tribunale ha accolto la domanda. La Corte d'Appello ha confermato la sentenza di primo grado ritenendo provata la conoscenza da parte dell'acquirente tanto della situazione di insolvenza della società quanto la consapevolezza di arrecare pregiudizio ai creditori . Parte acquirente ha proposto ricorso per cassazione eccependo la nullità della sentenza per difetto di motivazione. Parte ricorrente ha spiegato che l'operazione di acquisto e rivendita dell'immobile effettuata con fattispecie giuridica nota come sale and lease back a fronte della fuoriuscita dell'immobile dal patrimonio ha consentito l'ingresso di liquidità che ha permesso alla venditrice di continuare a lavorare per alcuni anni. Pertanto, la Corte d'Appello non ha adeguatamente motivato e spiegato in che modo l'operazione costituisce danno per i creditori. Iter logico seguito dalla Corte d'Appello. La Corte territoriale ha accolto l' azione revocatoria proposta dal fallimento ritenendo che il solo contratto di sale and lease back fu pregiudizievole ai creditori e che l'acquirente, operatore economico professionale, con la diligenza propria del suo ruolo, poteva e doveva conoscere ed avvedersi delle difficoltà economiche della venditrice. La Cassazione ha accolto l'eccezione di nullità per carenza di motivazione della sentenza, e indicato motivi ed iter da seguire al fine di articolare il corretto percorso motivazionale. In particolare, occorre individuare i crediti che si intendono pregiudicati, rilevare se sono precedenti o successivi alla vendita, rilevare le azioni appena indicate dai dati di bilancio, esporre le ragioni di fatto e l'iter logico e giuridico in forza del quale una operazione può ritenersi attuata in frode ai creditori. La vendita non è automaticamente atto in frode I giudici di legittimità hanno chiarito che la cessione di un immobile per acquisire liquidità da destinare ad attività d'impresa non è, automaticamente, atto in frode ai creditori essendo, anche, modalità di finanziamento dell'attività di impresa. In particolare, la Corte ha richiamato il seguente orientamento consolidato il sale and lease back è un contratto inteso a soddisfare la specifica esigenza di potenziare i fattori produttivi di natura finanziaria ottenendo immediatezza liquidità, mediante l'alienazione di un suo bene strumentale - e quindi, di norma, funzionale da un determinato assetto produttivo e pertanto non agevolmente collocabile sul mercato Cass. sez. 3, sentenza n. 6969 del 22/03/2007 , in motivazione , e dunque un contratto almeno idealmente inteso a sostenere l'attività d'impresa, piuttosto che depauperarla .

Presidente Rubino – Relatore Rossetti Fatti di causa 1. La società omissis s.n.c. d'ora innanzi, la , per l'esercizio della propria attività commerciale, stipulò un contratto di leasing con la s.p.a., avente ad oggetto un capannone industriale sito a . 2. Nel giugno del 2006 la società eseguì la seguente operazione commerciale - risolse anticipatamente il contratto di leasing, versando alla locatrice il prezzo di riscatto di Euro 33.000 atto datato 27.6.2006 - vendette il capannone alla società omissis s.p.a. - omissis i cui crediti perverranno in seguito per effetto di cessione alla - omissis s.p.a. , che nello stesso torno di tempo lo cedette in leasing alla venditrice atto datato 7.6.2006 . 3. Quattro anni dopo questi fatti, il Tribunale di Trani con sentenza … la sentenza qui impugnata non ne indica il numero dichiarò il fallimento della . L'11.2.2011 la curatela fallimentare della convenne dinanzi al Tribunale di Trani la , chiedendo che fossero dichiarati inefficaci nei confronti del fallimento, ai sensi degli artt. 66 l. fall . e 2901 c.c., sia il contratto di vendita del capannone dalla alla sia il contratto con cui la concesse alla in locazione finanziaria il medesimo capannone. 4. Con sentenza 3.7.2017 n. 1566 il Tribunale di Trani accolse la domanda. La sentenza fu appellata dalla , per il tramite della propria rappresentante volontaria omissis s.p.a 5. Con sentenza 3.7.2020 n. 1252 la Corte d'appello di Bari ha rigettato il gravame. La Corte d'appello a ha qualificato la domanda proposta dal fallimento come azione revocatoria ordinaria b ha qualificato l'operazione conclusa tra la e la come un contratto di sale and lease back c ha ritenuto provata, in capo alla , la consapevolezza della condizione di insolvenza della , in quanto era stata documentata in giudizio l'esistenza di numerose segnalazioni di sconfinamento a carico della nella banca dati gestita dalla Banca d'Italia Centrale Rischi , segnalazioni che non potevano sfuggire alla in quanto operatore professionale d ha ritenuto provata, in capo alla , la consapevolezza di arrecare pregiudizio ai creditori della in quanto d' il capannone fu venduto dalla alla al prezzo di Euro 440.000, a fronte di un valore commerciale superiore ad Euro 600.000 d'' la , stipulando il contratto di sale and lease back, si accollò pagamenti rateali che andavano ad azzerare il corrispettivo della vendita , e questa circostanza era il segnale di una situazione patrimoniale non solida che non poteva sfuggire alla società di leasing d''' il capannone era l'unico bene di proprietà della . La Corte d'appello ha infine aggiunto che gli elementi sopra elencati erano sufficienti a dimostrare la scientia decotionis e la participatio fraudis. Ragioni della decisione 1. Ordine delle questioni. Va esaminato per primo, per anteriorità logica ai sensi dell' art. 276, comma 2, c.p.c. , il quarto motivo di ricorso. Con esso, infatti, è prospettato il vizio di nullità della sentenza per mancanza di motivazione. Il suo eventuale accoglimento, pertanto, renderebbe superfluo l'esame dei restanti motivi. 2. Il quarto motivo di ricorso. Col quarto motivo, come accennato, la società ricorrente lamenta la nullità della sentenza per violazione dell'obbligo di motivazione, ai sensi dell' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. . Nell'illustrazione del motivo è prospettata una tesi così riassumibile - la Corte d'appello ha ritenuto che l'operazione di sale and lease back fosse stata preordinata dalla in frode dei creditori, e che alla frode avesse partecipato la p. 23 - nel caso di specie, tuttavia, l'operazione di sale and lease back fu collegata ad altra operazione l'acquisto del capannone da parte della , previo riscatto dal precedente e diverso contratto di leasing stipulato con la s.p.a. - se dunque per effetto del contratto di sale and lease back il capannone uscì dal patrimonio della , è anche vero che senza l'intervento della quel capannone nel patrimonio della non sarebbe entrato - l'intera operazione, pertanto, lungi dall'impoverire la , le aveva consentito di continuare l'attività d'impresa, procurarle liquidità e implementare i fattori produttivi - la Corte d'appello, a fronte di tali circostanze di fatto, aveva trascurato di spiegare per quali ragioni una operazione di questo tipo potesse risultare pregiudizievole per i creditori sociali. 2.1. Il motivo è fondato. La Corte d'appello ha accertato in fatto ma tali circostanze non furono mai in contestazione tra le parti che a la ha venduto alla un bene del quale la venditrice non era proprietaria, ma solo utilizzatrice in leasing b vi era un collegamento negoziale tra il riscatto del contratto di leasing stipulato tra e , e la conclusione del contratto di sale and lease back stipulato tra e la circostanza è ammessa dalla stessa curatela, a p. 2, primo capoverso, del controricorso c fu la a fornire alla la provvista per estinguere anticipatamente il precedente contratto di leasing da quest'ultima stipulato con la anche tale circostanza è ammessa dalla controricorrente a p. 17, ultimo capoverso, del controricorso . 2.2. La Corte d'appello doveva dunque giudicare se fosse pregiudizievole ai creditori della un atto che a non era autonomo, ma si inscriveva in una operazione più ampia risoluzione consensuale del precedente leasing+stipula del sale and lease back b aveva avuto per effetto di far entrare, e non uscire, nel patrimonio della la proprietà del capannone c aveva avuto per effetto di far acquisire, e non perdere, alla , liquidità d aveva avuto per effetto di arrecare alla i vantaggi fiscali derivanti dalla detraibilità dei canoni di leasing, vantaggi che sarebbero andati perduti se il capannone fosse rimasto nella proprietà della e aveva avuto per effetto di consentire la prosecuzione dell'attività aziendale per quattro anni. 2.3. A fronte di questi elementi di fatto, la Corte territoriale ha accolto l'azione revocatoria proposta dal fallimento ritenendo che il solo contratto di sale and lease back fu pregiudizievole ai creditori della , e che la in quanto operatore professionale potesse avvedersi con la diligenza esigibile da un operatore economico professionale delle difficoltà economiche della al momento della stipula del contratto. 2.4. La motivazione adottata dalla Corte d'appello non raggiunge quel minimo costituzionale al di sotto del quale, secondo le Sezioni Unite di questa Corte, una sentenza deve dirsi nulla ai sensi dell' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014 . La motivazione della Corte d'appello, infatti, perviene ad una pronuncia di rigetto del gravame a larghe falcate , trascurando di affrontare numerosi snodi che sarebbe stato invece necessario esaminare, per spiegare la decisione di accoglimento. 2.4.1. In primo luogo, la sentenza non spiega se i crediti che si assumono pregiudicati dal contratto di sale and lease back fossero sorti prima o dopo la stipula di tale contratto lacuna motivazionale, questa, che non consente di comprendere se nel caso di specie si dovesse accertare in capo alla il requisito della mera consapevolezza del pregiudizio che l'atto arrecava alle ragioni dei creditori scientia damni , oppure il requisito della partecipazione alla dolosa preordinazione dell'atto in frode dei creditori consilium fraudis . Di conseguenza, la lettura della motivazione non consente di comprendere se a ragion veduta la Corte d'appello si sia soffermata ad esaminare solo il primo dei suddetti requisiti. 2.4.2. In secondo luogo, la sentenza da un lato ha reputato superfluo ritenendo sufficienti le altre fonti di prova utilizzare, ai fini dell'accoglimento della domanda, i contestati bilanci depositati dalla per gli anni 2005 e 2006 dall'altro, però, non si fa carico della motivazione adottata dal Tribunale con cui, nell'accogliere la domanda, proprio quei bilanci erano stati ritenuti dimostrativi della anteriorità dei crediti cautelati rispetto all'atto revocando. La sentenza impugnata, pertanto, nello stesso tempo ha espunto i bilanci dal novero delle prove utilizzabili, ma ha confermato implicitamente la valutazione in facto che il giudice di primo grado aveva fondato proprio sulle prove ritenute in appello superflue. 2.4.3. In terzo luogo, la Corte d'appello non spiega per quale ragione, a fronte di un accertato collegamento negoziale tra due operazioni riscatto del leasing pendente, stipula di un nuovo leasing di ritorno con altra società , ne abbia scisso gli effetti, reputando valido ed efficace l'atto di riscatto del pregresso contratto di leasing, ed inefficace ex art. 66 l. fall . il collegato contratto di sale and lease back. Infatti, se davvero l'intera operazione fu concepita in frode dei creditori, l'intera operazione doveva reputarsi inopponibile ad essi. L'accoglimento dell'azione revocatoria ripristina virtualmente lo stato patrimoniale del debitore nella condizione in cui si sarebbe trovato se l'atto revocato non fosse stato compiuto. E se nel caso di specie la non avesse compiuto l'operazione sopra descritta, nel suo patrimonio non sarebbe entrato il capannone ad essa concesso in leasing dalla . La motivazione della sentenza impugnata avrebbe dovuto pertanto, per attingere quel minimo costituzionale sopra ricordato, spiegare per quali ragioni e sulla base di quali elementi di fatto, se la non avesse riscattato il capannone dalla e non l'avesse venduto alla , quel capannone sarebbe comunque entrato nel suo patrimonio. 2.4.4. In quarto luogo, quel che più rileva, la sentenza non spiega per quale ragione un'operazione economica in teoria finalizzata a dare ossigeno all'impresa, possa reputarsi nociva per i creditori di questa. I creditori dell'imprenditore commerciale, infatti, sono garantiti non solo dalle proprietà del debitore, ma prima ancora dalla vitalità dell'impresa sul mercato. E questa Corte da molti anni viene ripetendo che il sale and lease back è un contratto inteso a soddisfare la specifica esigenza di potenziare i fattori produttivi di natura finanziaria ottenendo immediatezza liquidità, mediante l'alienazione di un suo bene strumentale - e quindi, di norma, funzionale da un determinato assetto produttivo e pertanto non agevolmente collocabile sul mercato Sez. 3, Sentenza n. 6969 del 22/03/2007, in motivazione , e dunque un contratto almeno idealmente inteso a sostenere l'attività d'impresa, piuttosto che depauperarla. 3. I restanti motivi. I motivi restanti restano assorbiti dall'accoglimento del quarto motivo di ricorso. 4. La sentenza va dunque cassata con rinvio alla Corte d'appello di Bari, affinché riesamini l'appello proposto dalla omissis , colmando le lacune e le aporie rilevate supra, ai §§ 4.4 e ss. , ed in particolare - dando conto sulla base delle prove già raccolte se i crediti a tutela dei quali fu proposta l'azione revocatoria fossero anteriori o posteriori al fallimento - traendone le debite conseguenze in punto di accertamento dell'elemento soggettivo - esponendo le ragioni per le quali, nel caso di specie, si debbano o non si debbano ritenere scindibili gli effetti del collegamento negoziale tra il riscatto del contratto di leasing stipulato dalla con la , e la stipula del contratto di lease and sale back stipulato dalla con la - esponendo le ragioni per le quali nel caso concreto si debba o non si debba ritenere nociva per i creditori della una operazione finalizzata al finanziamento dell'impresa ed alla prosecuzione della sua attività. 5. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio. Per questi motivi la Corte di cassazione - accoglie il quarto motivo di ricorso dichiara assorbiti gli altri cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bari, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.