La complessa ricostruzione del danno da perdita di capacità lavorativa

La Cassazione tratta il tema del danno da perdita di capacità lavorativa generica e specifica, nonché del risarcimento del danno riflesso ai congiunti della vittima, tracciando le coordinate generali per la prova e la liquidazione del danno.

La Suprema Corte ripercorre alcune tematiche del risarcimento del danno, in specie da concorso di colpa in un sinistro stradale, di decisa utilità, offrendo una ricostruzione dello stato dell'arte” in materia. In un caso di sinistro stradale in concorso di colpa, la Cassazione si pronunzia, in modo articolato e a tratti eccessivo nella lettura, su una questione rilevante la liquidazione del danno da perdita di capacità lavorativa generica e specifica , nonché i danni riflessi ai congiunti della vittima. Ma prima di vedere tale aspetto, giova ricordare altre due questioni minori” affrontate dalla sentenza della Suprema Corte, in quanto di utilità pratica l'accertamento dl nesso di causa e del concorso di colpa fattispecie relativa a scontro tra autoveicoli, ove entrambi i conducenti avevano violato il limite di velocità e CTU – percipiente – che aveva rilevato che se anche il danneggiato avesse rispettato il limite, non avrebbe potuto evitare l'urto . Il giudice di merito deve operare una valutazione complessiva dei fatti e dell'efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili, per cui non è viziata la motivazione che ascrive proporzionalmente la colpa ad entrambi i conducenti in relazione alla situazione contingente di tempo e di luogo notte, pioggia, strada dissestata, etc. il risarcimento del danno da fatto illecito costituisce debito di valore e sulla somma riconosciuta al danneggiato per equivalente occorre considerare la svalutazione con funzione di ripristino della situazione patrimoniale del danneggiato e il nocumento finanziario lucro cessante, a causa della mancata tempestiva disponibilità della somma dovuta a titolo di risarcimento . Quando il danno è liquidato con la tecnica degli interessi, questi vanno calcolati né sulla somma originaria, né sulla rivoluzione al momento della liquidazione, ma devono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno, oppure sulla somma rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza dal giorno dell'evento dannoso, applicando un saggio di interessi scelto in via equitativa oppure sula semisomma o media tra credito rivalutato alla data della liquidazione e lo stesso credito espresso in moneta all'epoca dell'illecito, oppure sul credito espresso in moneta all'epoca del fatto e poi rivalutato anno per anno nel caso di specie il giudice di merito aveva calcolato gli interessi anno per anno sui singoli scaglioni rivalutati secondo l'indice ISTAT, previo ricorso a titolo meramente parametrite al saggio del 4% annuo pari al rendimento medio dei titoli di Stato, sul valore medio della moneta del periodo, ottenuto dalla semisomma degli importi così indicizzati. Le questioni principali, però, sono due il danno da lucro cessante e del danno non patrimoniale sofferto dai congiunti della vittima , per la compromissione del rapporto col famigliare, per lo stravolgimento delle abitudini di vita e per la sofferenza e lo stato d'ansia patito. soprattutto il riconoscimento del danno patrimoniale da riduzione e/o perdita della capacità lavorativa specifica futura , oltre alla capacità lavorativa generica. La Cassazione fissa i punti, richiamando i precedenti e principi individuati in materia a il danno non patrimoniale iure proprio subito dai congiunti e in particolare dai genitori e dai fratelli della vittima non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d'animo o in una perdita vera e propria della salute. Tale pregiudizio va dai prossimi congiunti allegato, ma può essere provato anche a mezzo di presunzioni semplici e massime di comune esperienza, in quanto l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite, ferma restando la possibilità, per la controparte, di dedurre e dimostrare l'assenza di un legame affettivo, perché la sussistenza del predetto pregiudizio, in quanto solo presunto, può essere esclusa dalla prova contraria. b con riferimento alla riduzione della capacità lavorativa generica , questa non attiene alla produzione del reddito, ma si sostanzia in un danno alla persona, in quanto lesione di un'attitudine o di un modo d'essere del soggetto in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico. Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica è viceversa generalmente ricondotto nell'ambito non del danno biologico, bensì del danno patrimoniale, precisandosi peraltro che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso provare , in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso. c La circostanza che i postumi permanenti di lieve entità rientrino nel danno biologico come menomazione della salute psicofisica della persona non significa lo stesso assorba anche la menomazione della generale attitudine al lavoro, giacché al danno alla salute resta pur sempre estranea la considerazione di esiti pregiudizievoli sotto il profilo dell'attitudine a produrre guadagni attraverso l'impiego di attività lavorativa, sicché gli effetti pregiudizievoli della lesione della salute del soggetto leso possono pertanto consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante laddove vengano ad eliminare o a ridurre la capacità di produrre reddito. Al danneggiato vanno risarciti non solo i danni patrimoniali da incapacità lavorativa specifica, ma anche i danni eventuali patrimoniali ulteriori, derivanti dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa generica , allorquando il grado di invalidità, affettante il danneggiato non consenta al medesimo la possibilità di attendere anche ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, idonei alla produzione di fonti di reddito. In tale ipotesi l'invalidità si riflette comunque in una riduzione o perdita della capacità di guadagno, da risarcirsi sotto il profilo del lucro cessante. Va, dunque, escluso che il danno da incapacità lavorativa generica non attenga mai alla produzione del reddito e si sostanzi sempre e comunque in una menomazione dell'integrità psicofisica risarcibile quale danno biologico, costituendo una lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto. d La lesione della capacità lavorativa generica, consistente nella idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio ma confacente alle proprie attitudini, può invero costituire anche un danno patrimoniale, non ricompreso nel danno biologico. e Il grado di invalidità personale determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza. f Dunque, nel caso in cui la persona che abbia subito una lesione dell'integrità fisica già eserciti un'attività lavorativa e il grado d'invalidità permanente sia tuttavia di scarsa entità c.d. micropermanenti , un danno da lucro cessante derivante dalla riduzione della capacità lavorativa in tanto è configurabile in quanto sussistano elementi per ritenere che, a causa dei postumi, il soggetto effettivamente ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro, essendo ogni ulteriore o diverso pregiudizio risarcibile a titolo di danno non patrimoniale. g Tale danno deve riconoscersi non solo in favore di soggetto già percettore di reddito da lavoro, ma anche a chi non lo sia mai stato o non sia ancora in età non lavorativa , ovvero versi in concreto in una condizione lavorativa caratterizzata da carattere saltuario o al momento del sinistro sia disoccupato e perciò senza reddito, potendo in tal caso escludersi il danno da invalidità temporanea, ma non anche il danno collegato all'invalidità permanente che proiettandosi nel futuro verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima. h Mentre la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima, in difetto di prova rigorosa del reddito effettivamente perduto o non ancora goduto dalla vittima può applicarsi il criterio del triplo della pensione sociale, oggi assegno sociale. i Nel caso di invalidità generica integrante ipotesi di c.d. macropermanente ricorre la lesione non solo di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto danneggiato rientrante nell'aspetto o voce del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico , sicché la relativa liquidazione non può essere pertanto in questo ricompreso, ma anche sotto il differente profilo dell'eventuale ulteriore danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica , in quanto per la sua entità l'invalidità non consente al danneggiato la possibilità di attendere anche ad altri lavori confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali ed idonei alla produzione di fonti di reddito, oltre a quello specificamente prestato al momento del sinistro. In tale ipotesi, si tratta di un aspetto del danno da lucro cessante, concernente la capacità di produzione di reddito futuro, o, più precisamente, della perdita di chance , che può produrre un danno risarcibile da considerarsi non già futuro, bensì danno certo ed attuale in proiezione futura. Tale danno va provato anche in via presuntiva, stimato con valutazione necessariamente equitativa . j Avverte la Cassazione che il riconoscimento di tale voce di danno non realizza duplicazione nemmeno rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, il quale attiene al risarcimento del diverso pregiudizio che al danneggiato patisce in relazione al differente aspetto dell'impossibilità di attendere alla specifica attività lavorativa in essere al momento del sinistro. Quanto al danno patrimoniale subito dai congiunti di persona deceduta o lesa a causa dell'altrui fatto illecito, la Suprema Corte ribadisce che il diritto al relativo risarcimento ai medesimi iure proprio spettante ex art. 2043 c.c. richiede l'accertamento che risultino in conseguenza dello stesso in effetti privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui avrebbero presumibilmente continuato a fruire o goduto in futuro. Tale danno deve essere liquidato sulla base di una valutazione equitativa circostanziata, rimessa al giudice di merito, che tenga conto della rilevanza del legame di solidarietà familiare e delle prospettive di reddito. Si è al riguardo precisato che il danno patrimoniale da mancato guadagno derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all'attività lavorativa della vittima configura un danno futuro , da valutarsi con criteri probabilistici in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto, e da liquidarsi in via necessariamente equitativa. Ai fini della prova presuntiva, la prova del fatto base essere desunta da elementi obiettivi acquisiti al compendio probatorio, essendo al riguardo sufficiente addirittura la relativa mera allegazione, in presenza di non contestazione della controparte. La sentenza in esame ricorda poi il principio dell'integralità del ristoro , comprensivo delle spese mediche, anche se effettuate all'estero o in clinica privata, comprensive delle spese per sopportare i viaggia per l'effettuazione delle cure, purché sussistenti e provate. Nel caso di specie la decisione di merito è stata cassata perché, in difformità ai principi ricordati aveva ritenuto ha escluso la possibilità di fare riferimento al triplo della pensione sociale, poiché la vittima non svolgeva alcuna attività lavorativa la vittima frequentava l'Università a Medicina e non vi erano elementi sufficiente a far ritenere che avrebbe poi svolto la professione medica le spese mediche con ricevute austriache erano espresse in lingua e valuta di tale Stato, per cui il CTU non era stato in grado di stimarne la congruità i viaggi dettagliatamente indicati in CTU, sono state ritenute voci di danno solo genericamente allegate.

Presidente Scarano – Relatore Rossello Svolgimento del processo 1. Il sig. R.E., proprietario e conducente dell'autovettura Omissis , e il sig. D.T.D., passeggero trasportato sulla detta autovettura, convennero in giudizio avanti al Tribunale di Frosinone i sigg.ri T.F. e T.G. nonché la società Toro Assicurazioni s.p.a. -nella rispettiva qualità di conducente, proprietario e assicuratrice per la r.c.a. dell'autovettura Omissis tg. Omissis per ivi sentirli condannare al pagamento, in solido, di somme a titolo di risarcimento di tutti i danni rispettivamente subiti in conseguenza del sinistro stradale avvenuto lungo la Omissis , nella tratta di accesso al centro urbano della cittadina di Omissis per asserita esclusiva responsabilità del T.F. 2. Con separato atto di citazione i sigg. T.F. e T.G., nonché i sigg. N.M.L. madre del T.F. , L. e T.M.P. fratello e sorella del T.F. convenivano i sigg. R.E. ed altresì la società Levante Norditalia Assicurazioni s.p.a. ed il Comune di Omissis avanti al Tribunale di Frosinone per ivi sentirli condannare al pagamento di somme a titolo di risarcimento di tutti i danni rispettivamente subiti in conseguenza del suindicato sinistro stradale asseritamente avvenuto per fatto e colpa dell' R.E., nonché a causa del manto stradale dissestato. 3. Riuniti i giudizi, con sentenza del 15/5/2012 il Tribunale di Frosinone ha ascritto il sinistro all'esclusiva responsabilità del T.F. nella causazione del sinistro d quo, accogliendo le domande del R. e del D.T., e rigettando quelle dei T 4. Successivamente, in parziale riforma della sentenza del giudice di prime cure con sentenza del 16/11/2018 la Corte d'Appello di Roma ha ascritto il sinistro alla concorrente responsabilità del T. nella misura del 70% e del R. nella misura del 30% , riducendo l'ammontare del danno liquidato dal giudice di prime cure in favore del R. e determinando quello spettante ai T 5. Avverso la suindicata sentenza della corte di merito la società Omissis s.p.a. nuova denominazione assunta da Omissis s.p.a., già Omissis s.p.a. propone ora ricorso per cassazione, affidato a tre motivi illustrati da memoria. 6. Resistono con controricorso i sigg. T.F. ed altri, che spiegano altresì ricorso incidentale sulla base di 5 motivi, illustrati da memoria, cui resistono con separati controricorsi il Comune di Omissis e la società Omissis s.p.a. ora HDI Italia s.p.a. . 7. Gli altri intimati non hanno svolto attività difensiva. Motivi della decisione Con il primo motivo la ricorrente in via principale società Omissis s.p.a. ora HDI Italia s.p.a. denunzia Nullità ai sensi dell' art. 132, n. 4, c.p.c. della sentenza pronunciata dalla Corte d'Appello di Roma per avere la stessa reso una motivazione soltanto apparente a fondamento della propria decisione di attribuire al signor R. un concorso di colpa del 30% nella causazione dell'incidente del 15.11.1998 art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. , per avere la Corte territoriale reso una motivazione apparente a fondamento della propria decisione di attribuire ad R.E. un concorso di colpa del 30% nella causazione del sinistro. Il motivo è infondato. A pagg. 8 e 9 dell'impugnata sentenza la corte di merito ha dato invero conto delle ragioni poste a base della raggiunta conclusione in ordine alla ascrizione del sinistro alla concorrente responsabilità dei due conducenti delle autovetture coinvolte v. infra , in termini senz'altro non deponenti per una motivazione non assurgente al c.d. minimo costituzionale e pertanto meramente apparente e quindi inesistente , laddove non è più censurabile la mera insufficienza della motivazione ex art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , e, conformemente, da ultimo, Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34476 e Cass., Sez. Un., 30/7/2021, n. 21973 . Con il secondo motivo la ricorrente in via principale denunzia Violazione e/o falsa applicazione de li artt. 2054 c.c. , 40 e 41 c.p. e 115 e 116 c.p.c. nonché nullità della sentenza e vizio motivazionale per avere la Corte d'Appello ritenuto sussistente il concorso di colpa del Sig. R., nella misura del 30%, nella causazione dell'incidente stradale del 15.11.1998 travisando le prove acquisite in giudizio Art. 360 comma 1 nn. 3 , 4 5 c.p.c. . Si duole che, erroneamente valutando le emergenze processuali e probatorie, la corte di merito abbia erroneamente ascritto il sinistro anche alla concorrente responsabilità del R., laddove nell'espletata CTU è stata esclusa la rilevanza causale della condotta di quest'ultimo, affermandosi che anche mantenendo la velocità nei limiti ammessi di 50 Km/h il sinistro si sarebbe egualmente verificato. Con il terzo motivo la ricorrente in via principale denunzia violazione dell' art. 112 c.p.c. , in riferimento all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Lamenta che nell'impugnata sentenza la corte di merito ha pronunciato oltre le pretese attoree liquidando sulle somme riconosciute a titolo di risarcimento gli interessi nella misura superiore al tasso legale domandato in giudizio dai Sig.ri T Con il primo motivo i ricorrenti in via incidentale denunziano Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 40 e 41 c.p. e 2043 e 2051 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c. , per avere la corte territoriale escluso la sussistenza di responsabilità del Comune di Omissis nella causazione del sinistro e rigettato l'appello nei suoi confronti. Si dolgono dell'erronea valutazione delle emergenze processuali e probatorie. I suindicati motivi del ricorso principale e incidentale, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono in parte inammissibili e in parte infondati. Giusta principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità l'accertamento del nesso di causalità e del concorso di colpa costituiscono apprezzamenti di fatto spettanti al giudice del merito, e l'eventuale errore nell'individuazione delle conseguenze derivanti dall'illecito, alla luce della regola giuridica applicata, costituisce una valutazione di fatto, come tale sottratta al sindacato di legittimità se adeguatamente motivata cfr. Cass., 30/6/2021, n. 18509 Cass., 10/04/2019, n. 9985 Cass., 14/2/2018, n. 3629 . E già Cass., 12/6/2001, n. 7935 . Per altro verso, come questa Corte ha già avuto più volte modo di porre in rilievo, allorquando non abbia le cognizioni tecnico-scientifiche necessarie ed idonee a ricostruire e comprendere la fattispecie concreta in esame nella sua meccanicistica determinazione ed evoluzione, il giudice deve fare invero ricorso a una consulenza tecnica di tipo percipiente, quale fonte oggettiva di prova cfr. Cass., 22/2/2016, n. 3428 Cass., 30/9/2014, n. 20548 Cass., 27/8/2014, n. 18307 Cass., 26/2/2013, n. 4792 Cass., 13/3/2009, n. 6155 Cass., 19/1/2006, n. 1020 , sulla base delle cui risultanze è tenuto a dare atto dei risultati conseguiti e di quelli viceversa non conseguiti o non conseguibili quale peritus peritorum ben può peraltro discostarsene, argomentando su basi tecnico scientifiche e logiche cfr. Cass., 26/2/2013, n. 4792 Cass., 13/3/2009, n. 6155 Cass., 19/1/2006, n. 1020 e motivando in ordine agli elementi di valutazione adottati e agli elementi probatori utilizzati per addivenire all'assunta decisione cfr. Cass., 3/3/2011, n. 5148 , specificando le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dalle conclusioni del CTU cfr. Cass., 26/8/2013, n. 19572 Cass., 7/8/2014, n. 17747 e, da ultimo, Cass., 11/1/2021, n. 200 Cass., 25/11/2021, n. 36638 . Orbene, nella specie in ossequio ai suindicati principi nell'impugnata sentenza la corte di merito ha effettuato un'autonoma valutazione complessiva dei fatti e dell'efficienza causale del comportamento colposo di ciascuno dei corresponsabili rileva peraltro la Corte che non può farsi a meno di considerare che entrambi i conducenti hanno violato sia il limite di velocità di 50 km orari stabilito dall'art. 142 comma 1 CDS per le strade nei centri abitati, sia il disposto dell'art. 141 CDS richiamato dall'art. 142 comma 5 , secondo cui la velocità deve essere in ogni caso regolata in relazione alle caratteristiche ed allo stato della strada e del traffico. Infatti, le due vetture percorrevano il tratto in questione provenienti da opposta direzioni l'una la Omissis a velocità non inferiore a 80-85 km. orari e l'altra -la rover alla velocità di 65 km orari. Il CTU ha rilevato che tra la deviazione conclamata della Omissis e l'urto è intercorso un tempo di meno di 2 per cui conducente della Omissis può avere appena toccato i freni e ove pure avesse tenuto la velocità di 50 km orari non avrebbe potuto evitare l'urto. Ritiene peraltro la Corte che la velocità di 50 km orari sarebbe stata comunque non sufficientemente moderata in relazione alla situazione contingente di tempo e di luogo era notte, pioveva, la strada era bagnata, lievemente dissestata e presentava una pendenza nella direzione Omissis Omissis del 6,3%. In queste condizioni R.E. conducente della Omissis avrebbe dovuto limitare la velocità a 30-40 km orari comportamento che gli avrebbe consentito, se non di evitare l'urto, di ridurre notevolmente la velocità dello scontro e le conseguenze di esso. Per contro, R. pervenne all'urto con la Omissis ad una velocità di 60-65 km orari, mentre la Omissis in imbardata aveva una velocità finale di circa 25 km orari quest'ultimo dato è stato modificato nei chiarimenti, nei quali il CTU ha considerato possibile che la Omissis fosse ancora animata da una velocità di 61 km orari ma non in senso trasversale al veicolo, come già specificato nella CTU in atti . Per questi motivi la Corte ritiene di affermare il concorso di responsabilità per colpa dello stesso R., che si ritiene di quantificare nella misura del 30% del totale, considerata l'assoluta preponderanza del comportamento del conducente della Omissis nella determinazione dell'evento , all'esito della quale è pervenuta ad ascrivere la causazione del sinistro al concorso di colpa di entrambi i conducenti dei veicoli coinvolti, ravvisando la prevalente responsabilità del T. nella misura del 70% rispetto a quella del R. stimata nel restante 30% . Risulta a tale stregua dal giudice di merito assolto anche l'obbligo della motivazione circa la maggiore o uguale gravità dell'una o dell'altra colpa, e poiché l'accertamento in termini percentuali del concorso di colpa della vittima nella causazione del danno costituisce il frutto di un procedimento logico e non matematico v. Cass., 24/3/2011, n. 6752 , l'operato apprezzamento si sottrae invero al sindacato di legittimità cfr., da ultimo, con riferimento a differente fattispecie, Cass., 2/4/2021, n. 9200 . Emerge evidente, a tale stregua, come le deduzioni dei ricorrenti oltre a risultare quelle dei ricorrenti incidentali formulate secondo un modello difforme da quello delineato all'art. 366,1 co. n. 6, c.p.c. là dove pongono a base delle mosse censure atti e documenti del giudizio di merito in violazione del requisito a pena d'inammissibilità ivi prescritto in realtà inammissibilmente prospettino una rivalutazione del merito della vicenda comportante accertamenti di fatto invero preclusi a questa Corte di legittimità, nonché una rivalutazione delle emergenze probatorie, laddove solamente al giudice di merito spetta individuare le fonti del proprio convincimento e a tale fine valutare le prove, controllarne la attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare prevalenza all'uno o all'altro mezzo di prova, non potendo in sede di legittimità riesaminarsi il merito dell'intera vicenda processuale, atteso il fermo principio di questa Corte secondo cui il giudizio di legittimità non è un giudizio di merito di terzo grado nel quale possano sottoporsi alla attenzione della Corte Suprema di Cassazione elementi di fatto già considerati dai giudici del merito al fine di pervenire ad un diverso apprezzamento dei medesimi cfr., da ultimo, Cass., Sez. Un., 26/2/2021, n. 5442 Cass., 8/3/2022, n. 7523 Cass., 1/7/2021, n. 18695 . Ne' può sotto altro profilo sottacersi come al di là della formale intestazione dei motivi i ricorrenti in particolare la ricorrente principale deducano in realtà doglianze anche di vizio di motivazione al di là dei limiti consentiti dalla vigente formulazione dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5 v. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , nel caso ratione temporis applicabile, sostanziantesi nel mero omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che sia stato oggetto di discussione tra le parti, dovendo riguardare un fatto inteso nella sua accezione storico-fenomenica, e non anche come nella specie vizi della motivazione ovvero l'omessa e a fortiori l'erronea valutazione di determinate emergenze probatorie cfr. Cass., Sez. Un., 7/4/2014, n. 8053 , e, conformemente, Cass., 29/9/2016, n. 19312 . Deve pertanto ribadirsi che compito della Corte Suprema di Cassazione non è quello di condividere o non condividere la ricostruzione dei fatti contenuta nella decisione impugnata, né quello di procedere a una rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, al fine di sovrapporre la propria valutazione delle prove a quella compiuta dai giudici del merito, bensì di controllare se costoro abbiano dato conto delle ragioni della loro decisione e se il ragionamento probatorio, da essi reso manifesto nella motivazione del provvedimento impugnato, si sia come nella specie mantenuto entro i limiti del ragionevole e del plausibile v. Cass., 8/3/2022, n. 7523 . Con particolare riferimento al 3 motivo va ulteriormente posto in rilievo che, come questa Corte ha già avuto modo di osservare, integrando il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale un tipico debito di valore v. Cass., 10/3/2006, n. 5234 , sulla somma riconosciuta al danneggiato a titolo di risarcimento per equivalente , con riferimento, cioè, al valore del bene perduto dal danneggiato all'epoca del fatto illecito, e tale valore venga poi espresso in termini monetari, oltre alla svalutazione che ha la funzione di ripristinare la situazione patrimoniale del danneggiato antecedente alla consumazione dell'illecito c.d. danno emergente , anche il nocumento finanziario lucro cessante subito a causa della mancata, tempestiva disponibilità della somma di denaro dovuta a titolo di risarcimento somma che, se tempestivamente corrisposta, avrebbe potuto essere investita per lucrarne un vantaggio finanziario . Qualora tale danno sia liquidato con la tecnica degli interessi, questi non vanno calcolati né sulla somma originaria, né sulla rivalutazione al momento della liquidazione, ma debbono computarsi o sulla somma originaria via via rivalutata anno per anno o sulla somma originaria rivalutata in base ad un indice medio, con decorrenza a differenza che nell'ipotesi di responsabilità contrattuale dal giorno in cui si è verificato l'evento dannoso v. Cass., 10/4/2018, n. 8766 Cass., 3/8/2010, n. 18028 Cass., 3/3/2009, n. 5054 Cass., 10/3/2006, n. 5234 Cass., 25/1/2002, n. 883 . Cfr. altresì Cass., 4/5/2009, n. 10236 Cass., Cass., 24/2/2006, n. 4184 . E già Cass., Sez. Un., 17/2/1995, n. 1712 , applicando un saggio di interessi scelto in via equitativa dal giudice o sulla semisomma e cioè la media tra il credito rivalutato alla data della liquidazione e lo stesso credito espresso in moneta all'epoca dell'illecito, ovvero per l'identità di risultato sul credito espresso in moneta all'epoca del fatto e poi rivalutato anno per anno v. Cass., Sez. Un., 17/2/1995, n. 1712 , e conformemente, Cass., 17/9/2015, n. 18243 Cass., 10/10/2014, n. 21396 Cass., 20/4/2017, n. 9950 Cass., 24/10/2017, n. 25091 . Orbene, dei suindicati principi la corte di merito ha fatto invero pinea e corretta applicazione. Dopo aver ravvisato dovuti gli interessi a titolo di danno a titolo di danno da lucro cessante ex art. 2056 c.c. , secondo il più accreditato orientamento giurisprudenziale v. Cass. Sez. Un. 1712/95 per il mancato godimento della somma equivalente al danno subito , lo ha liquidato calcolando gli interessi anno per anno sui singoli scaglioni rivalutati secondo l'indice medio ISTAT, previo ricorso a titolo puramente parametrale al saggio del 4% annuo rendimento medio dei titoli di Stato sul valore medio della moneta nel periodo, ottenuto dalla semisomma degli importi sopra indicati . Nel muovere la doglianza in esame per essere stata la pronunzia sul punto emessa in asserita ultrapetizione, la ricorrente d'altro canto non muove censura -al riguardo prospettando vizio di motivazione in ordine all'erronea interpretazione da parte del giudice della domanda di controparte v., da ultimo, Cass., 7/5/2021, n. 12159 . E già Cass. 9/3/2004, n. 4754 né per altro verso prospetta che la medesima abbia inteso limitare l'ammontare del danno da lucro cessante in argomento in deroga ai suindicati normali criteri di relativo accertamento cfr. Cass., 7/5/2021, n. 12159 Cass., 27/9/2012, n. 16540 Cass., 25/2/2011, n. 10528 Cass., 13/2/2002, n. 2078 . Con il secondo motivo i ricorrenti in via incidentale denunziano Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1223,1226,1227,2043 e 2059 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c. . Si dolgono del mancato accoglimento della domanda di risarcimento del danno da lucro cessante e del danno non patrimoniale sofferto dai fratelli F. e M.P. per aver subito una evidente compromissione del rapporto con il loro congiunto all'interno del nucleo familiare, avendo dovuto di fatto riorganizzare le loro abitudini di vita, in ragione della sofferenza e dello stato di ansia patito per le condizioni del familiare , in quanto la M.P. fu costretta a sottoporsi a sedute mediche presso specialisti in quanto affetta da sindrome ansioso-depressiva, precisando che la stessa seguì materialmente il fratello F. durante il lungo e doloroso percorso rieducativo a cui si sottopose il ragazzo . abbandonando tutte le sue attività per circa un anno e trasferendosi sia all'estero Austria che in Piemonte dove gli prestò assistenza quotidiana , e non si è sposata ma è rimasta a vivere ancora a casa con il fratello , condividendo tutti i vari tentativi di migliorare la situazione psico-fisica di quest'ultimo nella speranza di recuperare una accettabile condizione di vita . Lamentano non essersi considerato che il danno riflesso subito dai congiunti di persona lesa può essere provato anche soltanto in via presuntiva . Si dolgono non essersi dalla corte di merito ritenuto provato il danno morale patito dai fratelli del sig. T.F. quanto meno quello subito dalla sorella M.P. particolarmente legata affettivamente al fratello F., con cui convive sulla base del notorio e delle presunzioni semplici, inferendo dalla dimostrata gravità delle lesioni riportate dal fratello la prova presuntiva del danno subito dai familiari , non avendo in alcun modo dato rilievo ad elementi costitutivi chiari, univoci e dimostrati quali 1. La convivenza del sig. T.F. con la sorella T.M.P. 2. La gravità delle lesioni riportate dal sig. T.F. a seguito del sinistro per cui è causa da cui residuavano postumi invalidanti quantificati in misura non inferiore ad IP 80%, che ebbero a ripercuotersi sul naturale rapporto affettivo che legava e lega i germani , nonché alla necessità di assistenza quotidiana per il sig. T.F. in concomitanza del primo intervento di microchirurgia presso il Omissis ed in occasione delle successive cure di recupero e neuroabilitazione in Austria, in Svizzera, in Piemonte e nel successivo quotidiano, a cui la sorella T.M.P. ha attivamente partecipato . Con il terzo motivo denunziano Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1223,1226,1227,2043,2056 e 2059 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma 1, nn. 3 e 5 c.p.c. . Si dolgono che la corte di merito abbia ritenuto di provvedere soltanto alla personalizzazione seppur in percentuale prossima al massimo del risarcimento del danno non patrimoniale in relazione alla lesione della capacità lavorativa generica subita dal sig. T.F., non riconoscendo il richiesto danno patrimoniale da riduzione e/o perdita della capacità lavorativa specifica futura . Lamentano che a fronte della certezza del danno alla capacità lavorativa subito dal sig. T.F. , la corte di merito ha erroneamente ritenuto non trovare applicazione . il riferimento al triplo della pensione sociale , criterio invero dalla giurisprudenza di legittimità ritenuto applicabile ove come nella specie la vittima non avesse alcun reddito da lavoro al momento del sinistro . Con il quarto motivo denunziano Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione agli artt. 1223,1226,1227,2043,2056 e 2059 c.c. ed omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio ex art. 360 comma 1 nn. 3 e 5 c.p.c. . Si dolgono che la Corte territoriale abbia erroneamente liquidato le spese mediche sostenute e le erogazioni per viaggi di cure , né riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale emergente e da lucro cessante subito dai genitori del sig. T.F. , e in particolare del danno patrimoniale futuro consistente nella impossibilità per gli stessi di poter in futuro contare sul possibile aiuto economico del congiunto, in conseguenza della perduta o gravemente ridotta capacità dello stesso di produrre reddito . I motivi, che possono congiuntamente esaminarsi in quanto connessi, sono fondati e vanno accolti nei termini e limiti di seguito indicati. Come questa Corte ha già avuto modo di affermare in tema di lesioni conseguenti a sinistro stradale, il danno non patrimoniale iure proprio subito dai congiunti e in particolare dai genitori e dai fratelli della vittima ovvero di persona come nella specie lesa in modo non lieve dall'altrui illecito non è limitato al solo totale sconvolgimento delle loro abitudini di vita, potendo anche consistere in un patimento d'animo o in una perdita vera e propria della salute. Tale pregiudizio va dai prossimi congiunti allegato, ma può essere provato anche a mezzo di presunzioni semplici e massime di comune esperienza, in quanto l'esistenza stessa del rapporto di parentela fa presumere la sofferenza del familiare superstite, ferma restando la possibilità, per la controparte, di dedurre e dimostrare l'assenza di un legame affettivo, perché la sussistenza del predetto pregiudizio, in quanto solo presunto, può essere esclusa dalla prova contraria v. Cass., 30/8/2022, n. 25541 Cass., 8/4/2020, n. 7748 Cass., 11/07/2017, n. 17058 . Sotto altro profilo, con riferimento alla riduzione della capacità lavorativa generica, si è da questa Corte posto in rilievo che essa non attiene alla produzione del reddito ma si sostanzia in un danno alla persona, in quanto lesione di un'attitudine o di un modo d'essere del soggetto in una menomazione dell'integrità psico-fisica risarcibile quale danno biologico v. Cass., 25/8/2014, n. 18161 Cass., 6/8/2004, n. 15187 . Il danno da riduzione della capacità lavorativa specifica è viceversa generalmente ricondotto nell'ambito non già del danno biologico bensì del danno patrimoniale cfr. in particolare Cass., 9/8/2007, n. 17464 e Cass., 27/1/2011, n. 1879 , precisandosi peraltro al riguardo che l'accertamento dell'esistenza di postumi permanenti incidenti sulla capacità lavorativa specifica non comporta l'automatico obbligo di risarcimento del danno patrimoniale da parte del danneggiante, dovendo comunque il soggetto leso dimostrare, in concreto, lo svolgimento di un'attività produttiva di reddito e la diminuzione o il mancato conseguimento di questo in conseguenza del fatto dannoso v. Cass., 25/8/2006, n. 18489 , Cass., 8/8/2007, n. 17397 , e Cass., 21/4/2010, n. 9444 . Recentemente si è da questa Corte peraltro precisato come la circostanza che i postumi permanenti di lieve entità rientrino nel danno biologico come menomazione della salute psicofisica della persona non significa lo stesso assorba anche la menomazione della generale attitudine al lavoro, giacché al danno alla salute resta pur sempre estranea la considerazione di esiti pregiudizievoli sotto il profilo dell'attitudine a produrre guadagni attraverso l'impiego di attività lavorativa, sicché gli effetti pregiudizievoli della lesione della salute del soggetto leso possono pertanto consistere in un danno patrimoniale da lucro cessante laddove vengano ad eliminare o a ridurre la capacità di produrre reddito cfr. Cass., 24/2/2011, n. 4493 . A tale stregua, vanno al danneggiato risarciti non solo i danni patrimoniali subiti in ragione della derivata incapacità di continuare ad esercitare l'attività lavorativa prestata all'epoca del verificarsi del medesimo danni da incapacità lavorativa specifica ma anche i danni gli eventuali danni patrimoniali ulteriori, derivanti dalla perdita o dalla riduzione della capacità lavorativa generica, allorquando il grado di invalidità, affettante il danneggiato non consenta al medesimo la possibilità di attendere anche ad altri lavori, confacenti alle attitudini e condizioni personali ed ambientali dell'infortunato, idonei alla produzione di fonti di reddito. In tale ipotesi l'invalidità subita dal danneggiato in conseguenza del danno evento lesivo si riflette infatti comunque in una riduzione o perdita della sua capacità di guadagno, da risarcirsi sotto il profilo del lucro cessante. Va pertanto escluso che il danno da incapacità lavorativa generica non attenga mai alla produzione del reddito e si sostanzi sempre e comunque in una menomazione dell'integrità psicofisica risarcibile quale danno biologico, costituendo una lesione di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto cfr. Cass., 16/1/2013, n. 908 . La lesione della capacità lavorativa generica, consistente nella idoneità a svolgere un lavoro anche diverso dal proprio ma confacente alle proprie attitudini, può invero costituire anche un danno patrimoniale, non ricompreso nel danno biologico, la cui sussistenza va accertata caso per caso dal giudice di merito, il quale non può escluderlo per il solo fatto che le lesioni patite dalla vittima abbiano inciso o meno sulla sua capacità lavorativa specifica cfr. Cass., 16/1/2013, n. 908 . Il grado di invalidità personale determinato dai postumi permanenti di una lesione all'integrità psico-fisica non si riflette infatti automaticamente sulla riduzione percentuale della capacità lavorativa specifica e, quindi, di guadagno, spettando al giudice del merito valutarne in concreto l'incidenza. A tale stregua, nel caso in cui la persona che abbia subito una lesione dell'integrità fisica già eserciti un'attività lavorativa e il grado d'invalidità permanente sia tuttavia di scarsa entità c.d. micropermanenti , un danno da lucro cessante derivante dalla riduzione della capacità lavorativa in tanto è configurabile in quanto sussistano elementi per ritenere che, a causa dei postumi, il soggetto effettivamente ricaverà minori guadagni dal proprio lavoro, essendo ogni ulteriore o diverso pregiudizio risarcibile a titolo di danno non patrimoniale v. Cass., 18/9/2007, n. 19357 Cass., 7/8/2001, n. 10905 . Si è altresì precisato che l'invalidità di gravità tale da non consentire alla vittima la possibilità di attendere neppure a lavori diversi da quello specificamente prestato al momento del sinistro, e comunque confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, integra non già lesione di un modo di essere del soggetto, rientrante nell'aspetto del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, quanto un danno patrimoniale attuale in proiezione futura da perdita di chance, ulteriore e distinto rispetto al danno da incapacità lavorativa specifica, e piuttosto derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, il cui accertamento spetta al giudice di merito in base a valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. v. Cass., 12/6/2015, n. 12211 . Tale danno deve allora se del caso riconoscersi non solo in favore di soggetto già percettore di reddito da lavoro, ma anche a chi non lo sia mai stato es., casalinga cfr. Cass., 12/9/2005, n. 18092 o non sia ancora in età non lavorativa v., con riferimento al minore, Cass., 17/1/2003, n. 608 , ovvero versi in concreto in una condizione lavorativa caratterizzata da carattere saltuario v. Cass., 25/8/2020, n. 17690 o al momento del sinistro sia disoccupato e perciò senza reddito v. Cass., 7/8/2001, 8n. 10905 , potendo in tal caso escludersi il danno da invalidità temporanea ma non anche il danno collegato all'invalidità permanente che proiettandosi nel futuro verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima. A tale stregua, un danno anche patrimoniale risarcibile può essere legittimamente riconosciuto anche a favore di persona che, subita una lesione, si trovi al momento del sinistro senza un'occupazione lavorativa e, perciò, senza reddito, in quanto tale condizione può escludere il danno da invalidità temporanea, ma non anche il danno futuro collegato all'invalidità permanente che proiettandosi appunto per il futuro verrà ad incidere sulla capacità di guadagno della vittima al momento in cui questa inizierà a svolgere un'attività remunerata, in ragione della riduzione della capacità lavorativa conseguente alla grave menomazione cagionata dalla lesione patita, da liquidarsi in via equitativa, tenuto conto dell'età della vittima stessa, del suo ambiente sociale e della sua vita di relazione v. Cass., 30/11/2005, n. 26081 Cass., 18/5/1999, n. 4801 . E, da ultimo, Cass., 27/10/2015, n. 21782 Cass., 4/11/2020, n. 24481 . Mentre la liquidazione del danno patrimoniale da incapacità lavorativa patito in conseguenza di un sinistro stradale da un soggetto percettore di reddito da lavoro deve avvenire ponendo a base del calcolo il reddito effettivamente perduto dalla vittima v., da ultimo, Cass., 12/10/2018, n. 25370 , in difetto di prova rigorosa del reddito effettivamente perduto o non ancora goduto dalla vittima può applicarsi il criterio del triplo della pensione sociale, oggi assegno sociale v. Cass., 25/8/2020, n. 17690 Cass., 12/10/2018, n. 25370 , ove si fa richiamo all' art. 137 cod. ass. Cass., 27/11/2015, n. 24210 Cass., 17/1/2003, n. 608 . Emerge pertanto evidente che trattandosi di invalidità generica come nella specie integrante ipotesi di c.d. macropermanente dell'80% rimane invero integrata la lesione non solo di un'attitudine o di un modo di essere del soggetto danneggiato rientrante nell'aspetto o voce del danno non patrimoniale costituito dal danno biologico, sicché la relativa liquidazione non può essere pertanto in questo ricompreso v. Cass., 27/10/2015, n. 21782 Cass., 12/6/2015, n. 12211 ma anche sotto il differente profilo dell'eventuale ulteriore danno patrimoniale derivante dalla riduzione della capacità lavorativa generica, in quanto per la sua entità l'invalidità non consente al danneggiato la possibilità di attendere anche ad altri lavori confacenti alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali ed idonei alla produzione di fonti di reddito, oltre a quello specificamente prestato al momento del sinistro. Si tratta, in quest'ultima ipotesi, di un aspetto del danno da lucro cessante cfr. Cass., 13/7/2011, n. 15385 di cui si compendia la categoria generale del danno patrimoniale, concernente la capacità di produzione di reddito futuro, o, più precisamente, della perdita di chance, da questa Corte intesa quale entità patrimoniale giuridicamente ed economicamente valutabile, la cui perdita produce un risarcibile danno da considerarsi non già futuro nel qual senso v. peraltro, da ultimo, Cass., 12/2/2015, n. 2737 Cass., 17/4/2008, n. 10111 bensì danno certo ed attuale in proiezione futura nella specie, ad esempio la perdita di un'occasione favorevole di prestare altro e diverso lavoro confacente alle attitudini e condizioni personali ed ambientali del danneggiato idoneo alla produzione di fonte di reddito . Danno che, ove dal giudice di merito individuato ed accertato, con adeguata verifica dell'assolvimento del relativo onere probatorio incombente sul danneggiato il quale può al riguardo avvalersi anche della prova presuntiva v. Cass., 13/7/2011, n. 15385 Cass., 11/5/2010, n. 11353 Cass., 19/2/2009, n. 4052 Cass., 30/1/2003, n. 1443 , va stimato con valutazione necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. cfr. Cass., 17/4/2008, n. 10111 , e, da ultimo, Cass., 12/2/2015, n. 2737 . La sua attribuzione, se dal giudice del merito riconosciuta come dovuta non realizza invero duplicazione alcuna nemmeno in presenza del riconoscimento e liquidazione del danno da incapacità lavorativa specifica, il quale attiene invero a1risarcimento del diverso pregiudizio che al danneggiato consegua in relazione al differente aspetto dell'impossibilità di attendere alla specifica attività lavorativa in essere al momento del sinistro v. Cass., 12/6/2015, n. 12211 . Quanto al danno patrimoniale subito dai congiunti di persona deceduta o lesa a causa dell'altrui fatto illecito va sotto altro profilo ribadito che il diritto al relativo risarcimento ai medesimi iure proprio spettante ex art. 2043 c.c. richiede l'accertamento che risultino in conseguenza dello stesso in effetti privati di utilità economiche di cui già beneficiavano e di cui avrebbero presumibilmente continuato a fruire o goduto in futuro v. Cass., 20/3/2017, n. 7054 Cass. civ. Sez. III, 06/02/2007, n. 2546 . Tale danno deve essere liquidato sulla base di una valutazione equitativa circostanziata, rimessa al giudice di merito, che tenga conto della rilevanza del legame di solidarietà familiare e delle prospettive di reddito v. Cass. civ. Sez. III, 13/03/2012, n. 3966 . Si è al riguardo precisato che il danno patrimoniale da mancato guadagno derivante al congiunto dalla perdita della fonte di reddito collegata all'attività lavorativa della vittima configura un danno futuro, da valutarsi con criteri probabilistici in via presuntiva e con equo apprezzamento del caso concreto, e da liquidarsi in via necessariamente equitativa v. Cass., 20/11/2018, n. 29830 . Ai fini della prova presuntiva, ben può la prova del fatto base essere desunta da elementi obiettivi acquisiti al compendio probatorio cfr. Cass., 11/5/2010, n. 11353 , essendo al riguardo invero sufficiente addirittura la relativa mera allegazione, in presenza di non contestazione della controparte cfr. Cass., 24/11/2010, n. 23816 Cass., 2/11/2009, n. 23142 Cass., 1/8/2001, n. 10482 . E già Cass., 13/11/1976, n. 4200 . Atteso che la presunzione solleva la parte ex art. 2697 c.c. onerata di provare il fatto previsto v. Cass., 12/6/2006, n. 13546 , allorquando ammessa essa -in assenza di prova contraria impone infatti al giudice di ritenere il medesimo provato v. Cass., 12/6/2006, n. 13546 . Provato presuntivamente a fortiori in mancanza come nella specie di elementi anche solo indiziari di segno contrario dedotti dalla parte a cui svantaggio opera la presunzione l'an del danno patrimoniale da lucro cessante cfr. Cass., 16/5/2013, n. 11968 Cass., 11/11/1996, n. 9835 , il quantum va quindi liquidato in via necessariamente equitativa ex art. 1226 c.c. cfr. Cass., 17/4/2008, n. 10111 , e, più recentemente, Cass.,12/2/2015, n. 2737 Cass., 12/6/2015, n. 12211 . Quanto alle spese mediche, va osservato come risponda ad orientamento consolidato nella giurisprudenza di legittimità che in quanto si tratti di cure e interventi medici effettuati in conseguenza del sinistro, allo stesso connesse quali conseguenze ulteriori o aggravamento del danno evento esse rimangono a carico del danneggiante, anche se effettuate all'estero cfr. Cass., 27/10/2015, n. 21782 o in clinica privata cfr. Cass., 28/2/2019, n. 5801 . Così come per il danno non patrimoniale con riferimento al quale cfr., da ultimo, Cass., 23/4/2013, n. 9770 Cass., 17/4/2013, n. 9231 Cass., 7/6/2011, n. 12273 Cass., 9/5/2011, n. 10108 , anche per il danno patrimoniale, attesa la diversità ontologica degli aspetti o voci di cui anche tale categoria generale si compendia, è infatti necessario che essi, in quanto sussistenti e provati, vengano tutti risarciti, e nessuno sia lasciato privo di ristoro cfr., da ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 . Nel liquidare l'ammontare dovuto a titolo di danno patrimoniale il giudice deve allora garantire che risulti sostanzialmente osservato il principio dell'integralità del ristoro nei suesposti termini, sia sotto il profilo della necessaria considerazione di tutti gli aspetti o voci in cui la categoria del danno patrimoniale si scandisce nel singolo caso concreto v., da ultimo, Cass., 12/6/2015, n. 12211 sia avuto riguardo alla congruità della relativa quantificazione. Nella giurisprudenza di legittimità si è sottolineato che il principio della integralità del ristoro subito dal danneggiato/creditore non si pone invero in termini antitetici bensì trova correlazione con il principio in base al quale il danneggiante/debitore è tenuto al ristoro solamente dei danni arrecati con il fatto illecito o l'inadempimento a lui causalmente ascrivibile, l'esigenza della cui tutela impone anche di evitarsi duplicazioni risarcitorie, che si configurano solo allorquando lo stesso aspetto o voce viene computato due o più volte, sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni, laddove non sussistono in presenza della liquidazione dei molteplici e diversi aspetti negativi causalmente derivanti dal fatto illecito o dall'inadempimento e incidenti sulla persona del danneggiato/creditore. In ordine alle spese per sopportate per i viaggi per l'effettuazione delle cure, questa Corte ha già avuto più volte modo di affermare che ai fini del relativo risarcimento il giudice, in presenza di sinistri che abbiano costretto il leso ed i suoi familiari a numerosi e ripetuti ricoveri, purché questi ultimi siano documentati, può liquidare ex art. 1226 c.c. il pregiudizio consistito nelle erogazioni per viaggi di cura e spese mediche anche in assenza della prova dei relativi esborsi v. Cass., 27/3/2019, n. 8442 Cass., 19/1/2010, n. 712 Cass., 1/12/1999, n. 13358 . Orbene, i suindicati principi sono stati dalla corte di merito invero disattesi nell'impugnata sentenza. In particolare, là dove ha rigettato la domanda di risarcimento dei danni lamentati da L. e T.M.P. in termini del tutto apodittici affermando non essere stata dai medesimi offerta alcuna dimostrazione concreta a relativo supporto . Nella parte in cui, quanto al preteso danno patrimoniale , ha escluso la possibilità di fare riferimento al triplo della pensione sociale in quanto nella fattispecie non risulta che T.F. svolgesse alcuna lavorativa o produttiva di reddito , e quanto al fatto che frequentasse l'Università e in particolare fosse iscritto al terzo anno di medicina . l'aver sostenuto gli esami del primo anno del corso di laurea ma nell'ultimo anno prima dell'incidente aveva sostenuto soltanto un esame di inglese e il fatto che gli studi di medicina appartenessero alla tradizione familiare non sono elementi sufficienti per affermare che con elevata probabilità T.F. avrebbe svolto la professione di medico, per cui gli elementi di valutazione del probabile reddito futuro sono del tutto carenti e per tale motivo si è soltanto personalizzato -come detto in percentuale prossima al massimo il risarcimento del danno non patrimoniale in relazione alla lesione della capacità lavorativa generica . Là dove, con riferimento alle spese mediche, ha affermato che ulteriori spese non si riconoscono, dato che le altre ricevute esaminate dal CTU sono della clinica di Omissis o di altre aziende austriache ed espresse in lingua tedesca nonché in valuta di tale Stato e per tale motivo il CTU non è stato in grado di stimarne la congruità . Nella parte in cui, con riferimento ai viaggi di cura, dopo aver dato espressamente atto dei numerosi prolungati ricoveri del T. dettagliatamente indicati nella consulenza tecnica d'ufficio è pervenuta ad escludere nella specie la relativa risarcibilità in quanto tutte le altre voci di danno sono genericamente allegate nell'atto di citazione di primo grado . Dell'impugnata sentenza s'impone pertanto, assorbiti ogni altra questione e diverso profilo nonché il 5 motivo del ricorso incidentale con il quale i ricorrenti denunziano Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 90,91 e 92 c.p.c. ex art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c. e nullità della sentenza ex art. 132 n. 4 c.p.c. ex art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c. , la cassazione in relazione, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, che in diversa composizione procederà a nuovo esame, facendo dei suindicati disattesi principi applicazione. Il giudice del rinvio provvederà anche in ordine alle spese del giudizio di cassazione. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso incidentale nei termini di cui in motivazione, rigetta il ricorso principale. Cassa in relazione l'impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese del giudizio di cassazione, alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione.