Prelevano di forza la porta della casa cantoniera in disuso: condanna più severa per i due ladri

Impossibile mettere in dubbio la consumazione del furto. Riconosciuta anche l'aggravante della esposizione, per necessità, del bene alla pubblica fede. Irrilevante l'abbandono della casa cantoniera.

Fermati dalle forze dell'ordine subito dopo avere caricato sul tetto della loro vettura una porta in ferro sottratta da una casa cantoniera ormai in disuso da anni. Legittimo parlare di furto portato a termine. E condanna severa per i due ladri, poiché hanno preso di mira un bene esposto alla pubblica fede. Scenario dell'episodio è la provincia di Foggia. In quel contesto due uomini vengono fermati da alcuni agenti di Polizia mentre sono intenti ad assicurare, con alcune corde, al tetto della loro vettura una porta in ferro precedentemente sottratta da una casa cantoniera in disuso. Il quadro fornito dagli uomini delle forze dell'ordine che hanno sorpreso i due uomini è ritenuto inequivocabile dai giudici di merito. Ciò comporta la condanna dei due uomini, ritenuti colpevoli di furto – aggravato dalla violenza sulle cose e dall'avere riguardato cose esposte per necessità alla pubblica fede – e sanzionati con otto mesi di reclusione e 400 euro di multa a testa. Col ricorso in Cassazione, però, i legali che difendono i due uomini sostengono si possa parlare di mero tentativo di furto, poiché l'azione delittuosa non era giunta a consumazione allorquando sono intervenuti gli agenti . In sostanza, i due uomini erano intenti a sistemare la porta in ferro sul tetto della loro vettura e quindi, secondo la difesa, non ebbero modo di conseguire il possesso della refurtiva, neppure per un istante , anche perché l'azione di sottrazione è avvenuta sotto la vigilanza del personale di Polizia, che ha osservato i due uomini mentre erano intenti ad assicurarsi il possesso della res . Allo stesso tempo, la difesa sostiene che la porta di ingresso di un edificio non può considerarsi esposta per necessità alla pubblica fede, trattandosi di parte dell'edificio stesso , mentre per la configurazione dell'aggravante prevista in caso di esposizione del bene alla pubblica fede è necessario che sia puntualmente accertata in concreto la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze che abbiano impedito alla persona offesa di portare con sé o custodire più adeguatamente la res furtiva . Per i Giudici di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono fragilissime. Di conseguenza, viene confermata in via definitiva la condanna dei due uomini, così come decisa in Appello . Innanzitutto, la ricostruzione dell'episodio oggetto del processo ha evidenziato come i due uomini avessero asportato la res dalla sua sede, venendo essi sorpresi nell'atto di assicurare tramite delle corde la porta al tetto della loro vettura . Ciò significa che all'atto dell'intervento delle forze dell'ordine i due uomini si erano già impossessati della porta della casa cantoniera in disuso. Per quanto concerne l'aggravante prevista in caso di bene esposto per necessità alla pubblica fede , i Magistrati osservano che il furto ha riguardato una parte amovibile dell'edificio, lasciata nella sua sede naturale per necessità e suscettibile di appropriazione mediante l'azione violenta del danneggiamento . Irrilevante, aggiungono i Giudici, il fatto che la casa cantoniera fosse in disuso. Ciò alla luce del principio secondo cui si deve parlare di furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede a fronte della condotta di colui che si appropria dei beni mobili presenti in un edificio pubblico in disuso, in quanto il bene – indipendentemente dalla sua utilizzazione – resta di proprietà dello Stato fino a che non venga dismesso nelle forme di legge .

Presidente Piccialli – Relatore Bruno Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 4/10/2021, la Corte di appello di Bari, in parziale riforma della pronuncia emessa dal Tribunale di Foggia a carico di Z.G. e C.F., ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di cui all' art. 4 L. n. 110 del 1975 ed ha rideterminato la pena inflitta per il residuo reato di cui agli artt. 624, 625, comma 1, n. 2 e 7 c.p. , con le già concesse circostanze attenuanti generiche equivalenti alle ritenute aggravanti e, per il solo Z. anche alla recidiva, in quella di mesi 8 di reclusione ed Euro 400,00 di multa ciascuno. La Corte di merito ha derubricato l'originaria contestazione di furto in abitazione nel reato di furto aggravato dalla violenza sulle cose e dall'essere stato il fatto commesso su cose esposte per necessità alla pubblica fede, essendosi gli imputati impossessati della porta di ingresso di una casa cantoniera, scardinando l'infisso dalla sua sede. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, articolando i seguenti motivi di doglianza Per C.F. I Violazione o errata interpretazione e applicazione della legge penale in relazione al mancato riconoscimento del tentativo di furto ex art. 56 c.p. L'azione delittuosa, lamenta la difesa, non era giunta a consumazione allorquando sono intervenuti gli operanti. L'unico teste escusso ha confermato come il C., unitamente a Z., fosse intento a sistemare la porta in ferro sul tetto di una vettura. I precetti della giurisprudenza di legittimità applicati al caso in esame non consentono di ritenere dimostrata la ricorrenza del delitto di furto consumato. Invero, l'imputato non ha conseguito il possesso della refurtiva neppure per un istante. L'azione di sottrazione è avvenuta sotto la vigilanza del personale di Polizia, che ha osservato il ricorrente mentre era intento ad assicurarsi il possesso della res, il quale, vistosi scoperto, si allontanava repentinamente. II Violazione o errata interpretazione dell'art. 625, comma 1, n. 7 c.p. Secondo la difesa la porta di ingresso di un edificio non può considerarsi esposta per necessità alla pubblica fede, trattandosi di parte dell'edificio stesso. La giurisprudenza di legittimità, ai fini della configurazione dell'aggravante, richiede che sia puntualmente accertata in concreto la sussistenza di una situazione determinata da impellenti e non differibili esigenze che abbiano impedito alla persona offesa di portare con sé o custodire più adeguatamente la res furtiva. I motivi di ricorso proposti nell'interesse di Z.G. ricalcano quelli avanzati dal coimputato. Il P.G. presso la Corte di Cassazione, con requisitoria scritta ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. Considerato in diritto 1. I motivi di doglianza sono manifestamente infondati, pertanto i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. 2. La prospettata necessità di una riqualificazione della condotta serbata dagli imputati ai sensi dell' art. 56 c.p. non ha fondamento. L'assunto della difesa stride con la ricostruzione offerta dai giudici di merito che hanno evidenziato come i due imputati avessero asportato la res dalla sua sede, venendo sorpresi nell'atto di assicurarla con delle corde al tetto della vettura. Ha correttamente osservato la Corte di appello come i due imputati, all'atto dell'intervento della P.G., si fossero già impossessati della porta. Che l'azione tutta sia avvenuta sotto la vigilanza e la diretta osservazione dei militari è elemento introdotto dai difensori sulla base di una diversa ricostruzione dei fatti, motivatamente respinta dalla Corte di appello attraverso il puntuale richiamo alle risultanze in atti verbale di arresto riportato in motivazione . I giudici di merito hanno fatto dunque buon governo dei principi stabiliti dalle Sezioni Unite Prevete Sez. U, n. 52117 del 17/07/2014 , Rv. 261186 , escludendo, in modo coerente rispetto alle emergenze processuali, che i militari avessero assistito a tutta l'azione furtiva, motivatamente argomentando in ordine al conseguimento, sia pure momentaneo, della disponibilità della refurtiva. Del pari inammissibile è il secondo motivo di ricorso, essendosi il furto realizzato su una parte amovibile dell'edificio, lasciata nella sua sede naturale per necessità, suscettibile di appropriazione mediante l'azione violenta del danneggiamento. Deve aggiungersi, per completezza argomentativa, che risulta irrilevante ai fini della esclusione dell'aggravante il fatto che la casa cantoniera fosse in disuso cfr. al riguardo Sez. 5, n. 40036 del 18/06/2019 , Lunardi, Rv. 277530, così massimata Integra il reato di furto aggravato dall'esposizione della cosa alla pubblica fede la condotta di colui che si appropria dei beni mobili presenti in un edificio pubblico in disuso, in quanto il bene - indipendentemente dalla sua utilizzazione - resta di proprietà dello Stato fino a che non venga dismesso nelle forme di legge . 5. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte Costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che i ricorrenti abbiano proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, segue, a norma dell' art. 616 c.p.p. , l'onere del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, determinata nella misura di euro tremila per ciascun ricorrente. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e ciascuno al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.