Lecito tenere a casa 47 grammi di marijuana

Cade definitivamente l’accusa a carico di un uomo, finito sotto processo alla luce dell’esito della perquisizione effettuata nella sua abitazione dalle forze dell’ordine. Il mero dato ponderale della sostanza non è sufficiente, in assenza di altri elementi indicativi di un’attività di spaccio, a provare che la marijuana sia destinata alla cessione a terzi.

Legittimo tenere a casa 47 grammi di marijuana. Impossibile, alla luce del solo dato quantitativo, ipotizzare che la detenzione della sostanza stupefacente sia finalizzata all’attività criminosa dello spaccio . A finire sotto processo è un uomo. Decisivo il blitz effettuato nella sua casa dalle forze dell’ordine, blitz che ha portato al rinvenimento di ben 47 grammi di marijuana , pari a quasi centottanta dosi. Proprio quest’ultimo dato viene ritenuto sufficiente dai giudici di primo grado per condannare l’uomo per il reato di detenzione illecita di sostanza stupefacente destinata allo spaccio. In particolare, l’uomo viene condannato a dieci mesi di reclusione e 1.400 euro di multa. In secondo grado, però, i giudici ritengono fragilissimo il castello accusatorio e così assolvono l’uomo poiché il fatto non è previsto dalla legge come reato . A confermare la posizione dei giudici d’appello provvede la Cassazione, respingendo le obiezioni proposte dalla Procura. Dato di fatto incontestabile è l’esito della perquisizione effettuata, sulla base di una informazione confidenziale, nella casa dell’uomo ora sotto processo. In sintesi, le forze dell’ordine hanno rinvenuto, all’interno di un contenitore da tabacco, 45 grammi lordi di sostanza stupefacente – del tipo marijuana – ed altri 2 grammi della medesima sostanza all’interno di un taschino in una borsa . Inoltre, si è accertato che dallo stupefacente scoperto nella casa si potevano ricavare centosettantasette dosi . I giudici di secondo grado non hanno ritenuto raggiunta la piena prova della destinazione a terzi del quantitativo di marijuana , ravvisando invece un’ipotesi di detenzione di droga per uso personale . I Giudici di Cassazione ribadiscono che in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga viene effettuata, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto . E in questa prospettiva il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto – e l’eventuale superamento dei limiti indicati dalla norma – non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendosi valutare globalmente, anche sulla base di ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell’azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione . Di conseguenza, i Magistrati di Cassazione ritengono corretta la decisione presa dai giudici di secondo grado, i quali, alla luce di precisi dati fattuali, hanno ritenuto il mero dato ponderale della sostanza rinvenuta nella casa dell’uomo non sufficiente, in assenza di altri elementi indicativi di un’attività di spaccio , a provare che la marijuana fosse destinata alla cessione a terzi .

Presidente Piccialli – Relatore Cirese Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 25 maggio 2022 la Corte d'appello di Bari, in parziale riforma della sentenza con cui il Gup del Tribunale di Foggia aveva ritenuto D.M.R. colpevole del reato di cui al D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, art. 73, comma 5, così riqualificata la condotta originariamente contestata ex art. 73, commi 1 e 4, condannandolo alla pena di mesi dieci di reclusione ed Euro 1400,00 di multa, ha assolto l'imputato poiché il fatto non è previsto dalla legge come reato. La Corte territoriale non ha, invero, ritenuto raggiunta la piena prova della destinazione a terzi del quantitativo di marijuana oggetto di contestazione ravvisando invece un'ipotesi di detenzione di droga per uso personale. 2. Il procedimento traeva origine da una perquisizione effettuata nell'abitazione dell'imputato sulla scorta di una informazione confidenziale. All'interno di un contenitore da tabacco venivano rinvenuti gr. 45 lordi di sostanza stupefacente del tipo marijuana ed altri 2 gr. della medesima sostanza venivano rinvenuti all'interno di un taschino in una borsa. Si accertava inoltre che dallo stupefacente si potevano ricavare n. 177 dosi. 3. Avverso detta sentenza il Procuratore generale presso la Corte d'appello di Bari ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Con il primo deduce l'erronea applicazione della legge penale ex art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. b assumendo che la Corte d'appello nel ritenere non provata la detenzione a fine di cessione a terzi non ha fatto buon governo dei principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in cui si afferma che il mero dato quantitativo può risultare dirimente risultando peraltro la motivazione sul punto manifestamente contraddittoria. Con il secondo motivo deduce la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione ex art. 606 c.p.p. , lett. e . Assume che l'illogicità dell'iter argomentativo emerge dal fatto che la Corte territoriale ha ritenuto 1 che l'imputato fosse un tossicodipendente, circostanza non suffragata da alcuna prova e neppure dichiarata dal medesimo 2 l'inesistenza di somme di denaro a supporto dell'assenza dell'attività di spaccio 3 l'assenza di redditi dell'imputato, ritenuta dalla Corte d'appello circostanza favorevole, costituisce invece un altro indice della destinazione a terzi. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. Va premesso che in materia di stupefacenti, la valutazione in ordine alla destinazione della droga, ogni qualvolta la condotta non appaia indicativa della immediatezza del consumo, viene effettuata dal giudice di merito tenendo conto di tutte le circostanze oggettive e soggettive del fatto, secondo parametri di apprezzamento sindacabili in sede di legittimità soltanto sotto il profilo della mancanza o della manifesta illogicità della motivazione Sez. 6, n. 44419 del 13/11/2008, Perrone, Rv. 241604 . Inoltre va considerato che in tema di sostanze stupefacenti, il solo dato ponderale dello stupefacente rinvenuto - e l'eventuale superamento dei limiti tabellari indicati dal D.P.R. n. 309 del 1990 , art. 73-bis, comma 1, lett. a , - non determina alcuna presunzione di destinazione della droga ad un uso non personale, dovendo il giudice valutare globalmente, anche sulla base degli ulteriori parametri normativi, se, assieme al dato quantitativo che acquista maggiore rilevanza indiziaria al crescere del numero delle dosi ricavabili , le modalità di presentazione e le altre circostanze dell'azione siano tali da escludere una finalità meramente personale della detenzione. Ciò premesso, la Corte territoriale con motivazione logica e scevra da aporie logiche nonché supportata da dati fattuali ha ritenuto che il mero dato ponderale della sostanza rinvenuta, in assenza di altri elementi indicativi di un'attività di spaccio, non sia sufficiente a provare che detta sostanza fosse destinata alla cessione a terzi. Ne consegue il rigetto del ricorso. P.Q.M. rigetta il ricorso. Sentenza a motivazione semplificata.