Sul falso in bilancio in caso di fallimento della società

Protagonista della vicenda in esame è un’imputata, accusata del delitto di bancarotta societaria da falso in bilancio, con riguardo alla liquidazione coatta amministrativa di una società cooperativa sociale.

L'accusata ricorre in giudizio lamentandosi dell'erronea applicazione della disciplina normativa prevista per il falso in bilancio , per l'appunto, alla data di consumazione del reato in questione, derivata dalla riforma della l. n. 69/2015 , piuttosto che di quella vigente nel 2011, al momento della presentazione del bilancio falsificato ed incriminato. La doglianza è infondata. La Corte territoriale, richiamando le SS.UU. n. 22474/2017, ha rilevato che le alterazioni esposte in bilancio hanno nascosto il dissesto della società già in atto, con conseguente suo aggravamento, individuando, quindi, nel caso di specie, un'ipotesi di falso rilevante perché riguardante dati informativi essenziali e con capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico . La Cassazione ha chiarito, infatti, che il reato di false comunicazioni sociali , previsto dall' art. 2621 c.c. , modificato dalla l. cit., è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi, se l'agente , in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni. E la falsità è rilevante se riguarda dati informativi essenziali ed ha la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico . Il Collegio sottolinea, inoltre, che ai fini della ricorrenza del reato di bancarotta impropria previsto dall' art. 223 l. fall ., assume peculiare e fondamentale rilevanza il fatto che il reato societario , che costituisce un elemento costitutivo della bancarotta, debba essere causa o concausa del dissesto societario. E per accertare il reato è necessario aver riguardo al periodo successivo alla approvazione dei bilanci stessi, nel senso di accertare se le false dichiarazioni sociali, nascondendo la reale entità delle perdite della società, abbiano determinato o contribuito a determinare il dissesto . Ed è ciò che è accaduto nel caso in esame, in cui la ricorrente ha esposto dati non veritieri nel bilancio, creando le condizioni di fatto per l'aggravamento del dissesto. La Corte d'Appello ha correttamente sottolineato la rilevanza delle differenze contabili di bilancio riscontrate. Ne consegue, quindi, che il legislatore non prende in considerazione il reato di falso in bilancio per punirlo, in caso di fallimento, con pena più elevata, ma considera la condotta consistente nella falsificazione del bilancio societario , per assoggettarla a sanzione penale a titolo di bancarotta fraudolenta , sulla base del principio, insito nella legge fallimentare , che la sopravvenienza del fallimento o della amministrazione controllata qualifica in modo autonomo quei fatti anteriori che, altrimenti, sarebbero inquadrabili in un diverso schema di reato . Pertanto, nel caso in cui al reato di falso in bilancio segua il fallimento della società , non si realizza un'ipotesi aggravata del reato societario, ma un autonomo reato , che si inquadra nel paradigma della bancarotta fraudolenta impropria Cass. n. 12897/1999 .

Presidente Pezzullo – Relatore Cuoco Ritenuto in fatto 1. A.M. ricorre avverso la sentenza della Corte d'Appello di Torino del 10.11.2022 con cui, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, emessa all'esito di rito abbreviato, è stata condannata alla pena do anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre alle pene accessorie previste dall'ultimo comma dell' art. 216 L. Fall . per una durata analoga a quella della pena principale ed al risarcimento del danno alla parte civile costituita, in relazione al delitto di bancarotta societaria da falso in bilancio, con riguardo alla liquidazione coatta amministrativa della società cooperativa sociale omissis . 1.1. Il primo ed unico motivo di ricorso denuncia violazione di legge in relazione all'applicazione della disciplina normativa prevista per il falso in bilancio alla data di consumazione del reato di bancarotta impropria, derivata dalla riforma della L. n. 69 del 2015 , entrata in vigore il 14.6.2015, piuttosto che di quella, differente e collegata a soglie di punibilità, vigente nel 2011, al momento della presentazione del bilancio falsificato. La tesi difensiva è che la bancarotta non sarebbe configurabile perché, essendo collegata al reato di cui all' art. 2621 c.c. dall'art. 223 L. Fall ., andrebbe valutata anzitutto l'insussistenza della condotta di falsità in bilancio, poiché nel 2011 i fatti non rientravano nell'area di punibilità, in quanto non risultano superate le soglie di punibilità all'epoca previste. Secondo il ricorso, non rileva, a tal fine, che nell' art. 223 L. Fall . i falsi in bilancio vengano richiamati come fatti e non come reati . 1.2. La difesa della ricorrente ha depositato conclusioni scritte con le quali ha ribadito le ragioni di ricorso, citando anche ulteriore giurisprudenza di legittimità a sostegno. 2. Il PG ha chiesto il rigetto del ricorso con requisitoria scritta. 3. La parte civile, omissis società cooperativa sociale in liquidazione coatta amministrativa in persona del commissario liquidatore p.t. , con memoria depositata dal difensore di fiducia, ha formulato conclusioni nel senso di confermare la sentenza d'appello, chiedendo genericamente la condanna della ricorrente alla rifusione delle spese del procedimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato. 2. L'imputata è stata ritenuta responsabile del delitto di bancarotta impropria da falso in bilancio, per aver contribuito a cagionare ed aver aggravato il dissesto della Cooperativa omissis - dichiarata insolvente con sentenza del omissis - in qualità di Presidente del C.d.A. , esponendo nel bilancio per l'anno 2011 fatti materiali non rispondenti al vero. La Corte d'Appello, richiamando la giurisprudenza delle Sezioni Unite del 2016 Sez. U, n. 22474 del 31/3/2016, Passarelli, Rv. 266803 , ha rilevato che le alterazioni esposte in bilancio hanno nascosto il dissesto già in atto, con conseguente suo aggravamento, individuando, quindi, nella fattispecie, un'ipotesi di falso rilevante perché riguardante dati informativi essenziali e con capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico. Le Sezioni Unite, infatti, hanno chiarito che il reato di false comunicazioni sociali, previsto dall' art. 2621 c.c. , nel testo modificato dalla L. 27 maggio 2015, n. 69 , è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi, se l'agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, se ne discosti consapevolmente e senza fornire adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni. E la falsità è rilevante se riguarda dati informativi essenziali ed ha la capacità di influire sulle determinazioni dei soci, dei creditori o del pubblico Rv. 266802 . Ai fini della ricorrenza del reato di bancarotta impropria previsto dall' art. 223 L. Fall ., assume peculiare e fondamentale rilevanza il fatto che il reato societario, che costituisce un elemento costitutivo della bancarotta, debba essere causa o concausa del dissesto societario. E per accertare il reato è necessario aver riguardo al periodo successivo alla approvazione dei bilanci stessi, nel senso di accertare se le false dichiarazioni sociali, nascondendo la reale entità delle perdite della società, abbiano determinato o contribuito a determinare il dissesto. Ciò è accaduto nel caso di specie, in cui la ricorrente ha esposto dati non veritieri nel bilancio, creando le condizioni di fatto per l'aggravamento del dissesto. Dunque, seguendo quanto accertato nelle sentenze di merito, ricorrono le condizioni di configurabilità del falso in bilancio ai fini della bancarotta fraudolenta poiché, come noto, integra il reato di bancarotta impropria da reato societario la condotta dell'amministratore che, esponendo nel bilancio dati non corrispondenti al vero, evita che si manifesti la necessità di procedere ad interventi di rifinanziamento o di liquidazione, in tal modo consentendo alla fallita la prosecuzione dell'attività di impresa con accumulo di ulteriori perdite negli esercizi successivi la giurisprudenza è stabilmente orientata in tal senso da ultimo, cfr. Sez. 5, n. 1754 del 20/9/2021, dep. 2022, Bevilacqua, Rv. 282537 Sez. 5, n. 42272 del 13/6/2014, Alfano, Rv. 260394 . La sentenza, peraltro, si è diffusa anche sull'individuazione degli elementi di fatto dai quali desumere il dolo specifico del reato e, a monte, sulla consapevolezza in capo all'imputata che l'obliterazione della reale situazione di insolvenza della cooperativa avrebbe certamente determinato un aggravio del passivo e del dissesto che già affliggeva la società. Il dolo del reato di bancarotta impropria da reato societario presuppone una volontà protesa al dissesto, da intendersi non già quale intenzionalità di insolvenza, bensì quale consapevole rappresentazione della probabile diminuzione della garanzia dei creditori e del connesso squilibrio economico cfr., per tutte, Sez. 5, n. 42257 del 6/5/2014, Solignani, Rv. 260356, in una fattispecie relativa proprio alla esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero circa la situazione economica e finanziaria della società con conseguente dissesto della medesima ed induzione in errore dei creditori . Ancor più si è precisato che, con riguardo al reato di bancarotta impropria da reato societario di falso in bilancio, l'elemento soggettivo presenta una struttura complessa comprendendo il dolo generico avente ad oggetto la rappresentazione del mendacio , il dolo specifico profitto ingiusto ed il dolo intenzionale di inganno dei destinatari, il predetto dolo generico non può ritenersi provato in quanto in re ipsa - nella violazione di norme contabili sulla esposizione delle voci in bilancio, nè può ravvisarsi nello scopo di far vivere artificiosamente la società, dovendo, invece, essere desunto da inequivoci elementi che evidenzino la consapevolezza di un agire abnorme o irragionevole attraverso artifici contabili Sez. 5, n. 46689 del 30/06/2016, Rv. 268673 . 2.1. Nel condurre la verifica concreta sulla contestazione mossa nei confronti della ricorrente, la Corte d'Appello ha sottolineato la rilevanza delle riscontrate distonie contabili del bilancio, focalizzate dal consulente tecnico del pubblico ministero sulla base dell'attuale assetto normativo dettato dall' art. 2621 c.c. , come modificato dalla L. n. 69 del 2015 - entrato in vigore il 14/06/2015 e, quindi, vigente al momento della sentenza di fallimento del 24/09/2015 - imperniato sull'esposizione di fatti materiali non rispondenti al vero e non più sull'indicazione di soglie quantitative di punibilità. Alla base della valutazione compiuta, la contabilizzazione, nel 2011, di non meglio precisate fatture da emettere per l'importo di Euro 45.000 di ricavi da fatturare per Euro 45.000 senza alcuna specificazione cfr. pag. 7 della sentenza impugnata . Proprio con riguardo a tali considerazioni motivazionali della sentenza impugnata, il ricorso ha eccepito vizio di violazione di legge, sostenendo che un reato di bancarotta societaria da falso in bilancio non sarebbe configurabile nel caso di specie perché, essendo la condotta di bancarotta, appunto, collegata, dall' art. 22.3 L. Fall ., al reato di cui all' art. 2621 c.c. , andrebbe valutata, anzitutto, l'insussistenza della condotta di falsità in bilancio, da ancorarsi al 2011, quando i fatti falsificatori non rientravano nell'area di punibilità normativa per il mancato superamento delle allora vigenti soglie quantitative di punibilità, e non già al momento della stabilizzazione del fallimento e della conseguente fissazione del tempus commissi delicti della bancarotta. Il ricorso giunge a tale conclusione sostenendo sia irrilevante che il prisma precettivo dell' art. 223 L. Fall . individui le condotte di falso in bilancio - elementi di tipicità della fattispecie - come fatti e non come reati . 2.2. L'argomento difensivo - unica ragione di ricorso - non ha pregio. Invero, seguendo la traccia della sentenza Sez. 5, n. 30526 del 2021, non massimata, è necessario anzitutto chiarire che il reato di bancarotta impropria da falso in bilancio si struttura come reato di evento, per la configurabilità del quale si richiede l'integrazione di una delle condotte di reato ivi elencati, nel caso di specie il falso in bilancio ex art. 2621 c.c. , nella formulazione precedente alla L. 27 maggio 2015, n. 69 , mentre l'evento corrisponde alla determinazione del dissesto della società, anche nella forma di un suo aggravamento, causalmente collegato al reato Sez. 1, n. 31828 del 15/5/2002, Mazzei, Rv. 222378 . In particolare, il delitto di bancarotta fraudolenta impropria ex art. art. 223, comma 2, n. 1, L. Fall . è strutturato come reato complesso, rispetto al quale un reato societario, tra quelli espressamente previsti dal legislatore ed assunto come elemento costitutivo della fattispecie tipica, deve essere causa o concausa del dissesto societario. Il momento consumativo del reato di bancarotta societaria, tuttavia, è da individuarsi nella dichiarazione di fallimento, che fissa anche il dies a quo da cui decorre la prescrizione Sez. 5, n. 32164 del 15/05/2009, Querci, Rv. 244488 vedi anche Sez. 5, n. 45288 del 11/5/2017, Gianesini, Rv. 271114 . Come ha sottolineato la richiamata pronuncia n. 30526 del 2021, la bancarotta fraudolenta impropria si distingue dal falso in bilancio, che è reato sussidiario punito a prescindere dall'evento fallimentare, qualora ne sussistano le condizioni sicché, verificatosi il fallimento, il fatto di falso in bilancio resta assorbito nell'autonomo e diverso reato di bancarotta fraudolenta impropria. In altre parole, il legislatore non prende in considerazione il reato di falso in bilancio per punirlo, in caso di fallimento, con pena più elevata, ma considera la condotta consistente nella falsificazione del bilancio societario, per assoggettarla a sanzione penale a titolo di bancarotta fraudolenta, sulla base del principio, insito nella legge fallimentare , che la sopravvenienza del fallimento o della amministrazione controllata qualifica in modo autonomo quei fatti anteriori che, altrimenti, sarebbero inquadrabili in un diverso schema di reato. Deve ribadirsi, pertanto, che, nel caso in cui al reato di falso in bilancio segua il fallimento della società, non si realizza un'ipotesi aggravata del reato societario, ma un autonomo reato, che si inquadra nel paradigma della bancarotta fraudolenta impropria Sez. 5, n. 12897 del 06/10/1999, Tassan Din, Rv. 214864 . Tali considerazioni rispondono alle censure della ricorrente, che pretende di applicare la disciplina vigente al momento della realizzazione delle condotte di falso in bilancio, per verificarne l'irrilevanza penale, in quanto non corrispondenti alle soglie di punibilità all'epoca caratterizzanti la disposizione dell' art. 2621 c.c. , e dedurne la conseguente inconfigurabilità del delitto di bancarotta societaria da falso in bilancio, da ritenersi commesso alla data del fallimento, vale a dire il omissis , data successiva comunque all'entrata in vigore della modifica apportata all' art. 2621 c.c. dalla L. n. 69 del 2015 in vigore dal 14 giugno 2015 . 3. Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Non si fa luogo, invece, alla condanna alla rifusione delle spese del grado di giudizio in favore della parte civile costituita, e cioè la società in liquidazione coatta amministrativa, nella persona commissario liquidatore p.t., alla luce della genericità delle argomentazioni spese nelle conclusioni depositate e della approssimazione della stessa richiesta di liquidazione delle spese. La parte civile, infatti, non ha fornito alcun effettivo contributo processuale, essendosi limitata a richiedere la dichiarazione d'inammissibilità del ricorso, con vittoria di spese, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti cfr. Sez. U, n. 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886, in motivazione, con relativi richiami giurisprudenziali . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese alla parte civile.