Sì all’assegno sociale per il lavoratore che ha rinunciato ad ogni pretesa nei confronti della moglie in sede di separazione

I Giudici sottolineano che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale prevede come unico requisito lo stato di bisogno. Invece, la mancata richiesta, da parte del soggetto che mira ad ottenere l’assegno sociale, dell’importo dovuto dall’ex coniuge a titolo di assegno divorzile non può avere rilevanza.

Tirata d’orecchie, da parte dei giudici, per l’INPS illogico negare a l’assegno sociale a un lavoratore solo perché quest’ultimo ha rinunciato ad ogni assegno in sede di separazione dalla moglie. A ritenere legittima la linea seguita dall’istituto previdenziale sono stati, a sorpresa, i giudici di merito, i quali hanno respinto, sia in primo che in secondo grado, le proteste di un lavoratore che, ritenuto non in stato di bisogno poiché aveva rinunciato ad ogni assegno in sede di separazione dalla moglie , si è visto negare l’assegno sociale . Per i giudici di merito è corretta la valutazione compiuta dall’INPS in merito alla posizione economica del lavoratore. Pronta la replica dell’avvocato che rappresenta il lavoratore. Nello specifico, l’avvocato propone ricorso in Cassazione e osserva che in appello non sono stati considerati, come invece richiesto dalla normativa, solo i redditi effettivamente percepiti dal suo cliente. In aggiunta, poi, il legale osserva che la moglie del suo cliente era comunque incapiente , cioè era in possesso di un reddito così basso che un’eventuale disposizione di mantenimento a suo carico sarebbe stata ineseguibile , con buona pace dell’eventuale pretesa avanzata dal suo cliente. Per i magistrati di Cassazione le obiezioni proposte dall’avvocato sono solidissime. Difatti, il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, stato desunto dall’assenza di redditi o dall’insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall’assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all’assenza di uno stato di bisogno , chiariscono i Giudici. Per chiudere il cerchio, infine, viene anche sottolineato che la mancata richiesta, da parte del soggetto che mira ad ottenere l’assegno sociale, dell’importo dovuto dall’ex coniuge a titolo di assegno divorzile non può avere rilevanza, poiché non è previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole . Di questi chiarimenti dovranno tenere conto i giudici d’Appello, chiamati a prendere nuovamente in esame l’istanza avanzata dal lavoratore e a valutare la posizione assunta dall’istituto previdenziale.

Presidente Esposito – Relatore Buffa Ritenuto che Con sentenza del 31/5/18 la corte d'appello di Firenze ha confermato la sentenza del 5/9/17 del tribunale di Grosseto, che aveva rigettato il ricorso volto ad ottenere l'assegno sociale promosso dal lavoratore in epigrafe, in quanto lo stesso era da ritenersi non in stato di bisogno economico, posto che aveva rinunciato ad ogni assegno in sede di separazione dalla moglie. Avverso tale sentenza ricorre il lavoratore per due motivi, cui resiste l'INPS con controricorso. Il Collegio, all'esito della camera di consiglio, si è riservato il termine di giorni sessanta per il deposito del provvedimento. Considerato che Con il primo motivo si deduce violazione della L. n. 335 del 1995, art. 3 per non avere la corte territoriale considerato i redditi effettivamente percepiti e solo essi come richiesto dalla detta norma e per aver trascurato che il coniuge era comunque incapiente, sicché ineseguibile. Con il secondo motivo si deduce violazione della medesima norma dell' art. 3 e dell'art. 420 c.p.c. , per avere la corte territoriale trascurato che lo stato di bisogno del lavoratore e l'incapienza del patrimonio del coniuge erano nel caso pacifici, nonché per non aver fatto uso dei poteri ufficiosi per acquisire le dichiarazioni fiscali del contribuente. Il primo motivo di ricorso è fondato. Questa Corte ha infatti già affermato Sez. 6 - L, Ordinanza n. 14513 del 09/07/2020, Rv. 658800 - 01 che il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dall'assenza di redditi o dall'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, restando irrilevanti eventuali altri indici di autosufficienza economica o redditi potenziali, quali quelli derivanti dall'assegno di mantenimento che il titolare abbia omesso di richiedere al coniuge separato, e senza che tale mancata richiesta possa essere equiparata all'assenza di uno stato di bisogno. Nel medesimo senso, più di recente si è affermato Sez. L, Sentenza n. 24954 del 15/09/2021, Rv. 662269 - 01 che il diritto alla corresponsione dell'assegno sociale L. n. 335 del 1995, ex art. 3, comma 6, prevede come unico requisito lo stato di bisogno effettivo del titolare, desunto dalla condizione oggettiva dell'assenza di redditi o dell'insufficienza di quelli percepiti in misura inferiore al limite massimo stabilito dalla legge, senza che assuma rilevanza la mancata richiesta, da parte dell'assistito, dell'importo dovuto dall'ex coniuge a titolo di assegno divorzile, non essendo previsto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole. Ne consegue l'accoglimento del primo motivo di ricorso, con assorbimento del secondo. La sentenza impugnata, che non si è attenuta ai suddetti principi, deve essere cassata. La causa va rinviata alla medesima corte d'appello in diversa composizione per un nuovo esame, ed anche per le spese del presente giudizio. P.Q.M. Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla stessa corte d'appello in diversa composizione per un nuovo esame ed anche per le spese di lite.