Tutela della genitorialità e avvicinamento alla sede lavorativa dell’altro genitore anche per i secondogeniti

L’art. 42- bis d.lgs. n. 151/2001 testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità , laddove individua in tre anni il termine massimo di durata dell’assegnazione temporanea per avvicinarsi alla sede di lavoro dell’altro genitore, va interpretato nel senso che l’assegnazione possa essere estesa anche ai figli successivi al primo.

Lo ha chiarito il Consiglio di Stato pronunciandosi definitivamente sulla vicenda giudiziaria che vedeva coinvolto un agente della Polizia di Stato che si era visto rigettare la richiesta di conferma dell'assegnazione provvisoria di cui fruiva nella qualità di genitore di un figlio minore di anni 3 presso un Commissariato vicino alla sede di lavoro della moglie. L'assegnazione provvisoria era infatti stata inizialmente concessa ai sensi dell'art. 42- bis d.lgs. n. 151/2001 in occasione della nascita del primo figlio ma, a seguito della nascita del secondogenito, l'Amministrazione negava la conferma dell'assegnazione. Il TAR adito dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo. È dunque giunta all'attenzione del Consiglio di Stato la questione relativa all'esatta lettura dell'art. 42- bis d.lgs. n. 151/2001, recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità , laddove consente al dipendente pubblico che abbia un figlio di non oltre tre anni , l'assegnazione temporanea, per un periodo egualmente individuato in tre anni, presso una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa. La disposizione è stata inserita nel richiamato Testo unico dalla legge 24 dicembre 2003, n. 350 , e successivamente novellata, mediante l'inserimento dell'inciso finale che limita la possibilità di diniego a casi o esigenze eccezionali , dall' art. 14, comma 7, l. n. 124/2015 . Secondo la difesa erariale, il provvedimento impugnato avrebbero correttamente invocato la consumazione” del tempo massimo di concedibilità del beneficio previsto dalla norma a favore del figlio primogenito, in quanto l'utilizzo dell'avverbio complessivamente a delimitare il periodo, anche frazionato, dell'assegnazione temporanea, non potrebbe che fare riferimento all'intera durata della vita lavorativa del dipendente, seppure genitore di più figli, come precisato nell'incipit della norma medesima . Il ricorso risulta infondato. Fermo restando che la formulazione letterale del Testo unico in parola è frutto di una stratificazione nel tempo di molteplici interventi normativi, il Consiglio di Stato sottolinea l'importanza di un'ottica di massima accentuazione delle potenzialità di sostegno alla genitorialità condivisa che connotano le disposizioni a tutela dei figli, per giunta in una fascia di età così delicata e tenuto conto altresì della nota scarsità di strutture pubbliche di sostegno adeguate alle reali esigenze dell'infanzia con una lettura costituzionalmente e eurounitariamente orientata. Deve dunque essere preferita una ricostruzione della norma coerente con quella fornita dalle altre disposizioni collocate nel medesimo contesto del Testo unico, che si riferiscono inequivocabilmente a ciascun figlio , non limitando la tutela solo ad uno di essi. In conclusione, l'art. 42- bis d.lgs. n. 151/2001, recante il testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, laddove individua in tre anni il termine massimo di durata dell'assegnazione temporanea per avvicinarsi alla sede di lavoro dell'altro genitore, va interpretato nel senso che l'assegnazione possa essere estesa anche ai figli successivi al primo.

Presidente Frigida – Estensore Manzione Fatto 1. Con ricorso innanzi al T.a.r. per la Lombardia il signor -OMISSIS-, agente della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di -OMISSIS e in forza al Commissariato di -OMISSIS-, chiedeva l'annullamento del provvedimento ministeriale del 28 settembre 2020 di rigetto della sua istanza del 16 giugno 2020, tesa ad ottenere la conferma dell'assegnazione provvisoria, di cui già fruiva nella qualità di genitore di un figlio minore di anni tre, al Commissariato di -OMISSIS-, in scadenza il 4 settembre 2020, per la cura del secondogenito, nato il 5 marzo 2020. Con successivi motivi aggiunti impugnava altresì il provvedimento ministeriale del 12 marzo 2021, confermativo del precedente diniego, adottato per dare esecuzione all'ordinanza cautelare numero -OMISSIS del medesimo T.a.r 1.1. In fatto, occorre ancora precisare che la prima assegnazione provvisoria ex art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 gli era stata concessa in data 4 settembre 2017, ed era egualmente motivata dalla necessità di avvicinare la propria sede di lavoro a quella della moglie, addetta alle vendite per conto della Società Ralph Lauren s.r.l. presso il negozio ubicato all'interno del complesso commerciale denominato -OMISSIS-” di -OMISSIS-. 1.2. L'Amministrazione motivava il diniego originario sull'assunto che il dipendente aveva già fruito per il primo figlio dell'intero periodo massimo concedibile consentito dalla normativa tre anni , essendo stato assegnato al Commissariato di -OMISSIS dal 4 settembre 2017 al 4 settembre 2020. Nel secondo diniego, integrava ridetta ribadita motivazione con riferimento alle carenze di organico della Questura di -OMISSIS-, anche in ragione della richiesta di fruizione dello stesso istituto da parte di altri sette operatori con altrettante domande in istruttoria , che costituirebbe fattore di aggravamento delle difficoltà di un ufficio che opera in un contesto territoriale ad alta densità di popolazione e gravato da innumerevoli e complesse esigenze operative . 2. Nella resistenza dell'Amministrazione intimata, il Tribunale adìto dichiarava improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse il ricorso introduttivo e accoglieva i motivi aggiunti, compensando tra le parti le spese di lite. 2.1. In particolare, riteneva assorbente la seconda censura mossa all'atto sopravvenuto, rispetto ai dedotti vizi procedurali pure denunciati, richiamando la propria giurisprudenza conforme T.a.r Lombardia, -OMISSIS-, sez. III, 10 aprile 2018, numero 962 e altra di prime cure T.a.r. Trento, 18 febbraio 2020, numero 28 , nel senso che il beneficio dell'assegnazione temporanea viene riconosciuto dal citato articolo 42-bis del d. lgs. numero 151/2001 per ciascun figlio, per cui la nascita del secondo figlio può giustificare un'ulteriore assegnazione temporanea […] . A supporto di tale interpretazione citava anche l'art. 45, comma 2-bis, della medesima legge numero 151 del 2001, che in relazione alle adozioni e agli affidi si riferisce in maniera esplicita all'entrata del singolo minore nella famiglia, con ciò chiaramente consentendo la reiterazione della fruizione dell'assegnazione temporanea in ragione di ciascuno di essi, per cui sarebbe discriminatorio fornire una lettura diversa e meno garantista nei confronti dei figli naturali . D'altro canto, la disciplina degli altri istituti a tutela della genitorialità contenuta nel Capo VI del d.lgs. numero 151 del 2001 fa chiaramente riferimento a ogni bambino, per cui l'interpretazione sistematica più corretta spinge a ritenere applicabile lo stesso metro all'assegnazione temporanea dei lavoratori dipendenti alle amministrazioni pubbliche di cui all'art. 42-bis . 2.2. Escludeva infine che il provvedimento fosse adeguatamente motivato sotto il profilo delle ragioni organizzative, giusta la genericità del riferimento alle stesse e la mancanza di qualsivoglia elemento di essenzialità” della presenza del dipendente nell'ufficio, ove svolgeva mansioni di archivista presso la Segreteria Affari generali – Gestione Risorse umane e strumentali”. 3. Avverso tale pronuncia il Ministero dell'Interno ha interposto appello, articolando un unico complesso motivo di gravame, in cui lamenta violazione e falsa applicazione dell' art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 . La norma, infatti, diversamente da quanto opinato dal primo giudice, nel necessario raccordo tra l'incipit, che individua i potenziali beneficiari nei genitori con figli minori fino a tre anni di età , utilizzando il plurale, e la declinazione dell'istituto, che comunque può essere concesso per un periodo complessivamente non superiore a tre anni , deve necessariamente riferirsi all'intero lasso della carriera del dipendente. Ciò troverebbe conferma nel parere numero 192 del 2004 del Dipartimento della Funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri e sarebbe l'unico modo per evitare indebite discriminazioni tra più soggetti aventi egualmente diritto, che si vedrebbero sempre postergati a colleghi che hanno già fruito almeno una volta del relativo beneficio. 3.1. Del resto, laddove il legislatore ha voluto estendere un istituto a tutti i figli, lo ha detto espressamente, come accaduto con il comma 5-bis dell'art. 42 del medesimo decreto, che peraltro precede sul piano sistematico la norma in controversia, prevedendo che il congedo retribuito ivi declinato spetti per l'assistenza di ciascuna persona portatrice dell'handicap , seppure ferma restando la durata complessiva di due anni, riferiti chiaramente all' arco della vita lavorativa v. anche i chiarimenti forniti al riguardo nella circolare INPS numero 32 del 6 marzo 2012 . Diversamente opinando, verrebbe snaturata” la finalità dell'istituto, trasformando un trasferimento temporaneo in definitivo di fatto, con quanto ne conseguirebbe in termini di impatto sull'organizzazione. 3.2. Egualmente errata sarebbe la parte della sentenza che ravvisa carenza di motivazione sulle problematiche organizzative, stante che al contrario l'atto sarebbe sufficientemente esplicito nella misura in cui ciò è richiesto per gli appartenenti alle Forze di Polizia dopo la novella introdotta dal d.lgs. numero 172 del 2019 . 4. In data 28 luglio 2021 il signor -OMISSIS si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell'avverso gravame. 5. Con l'ordinanza numero -OMISSIS-, segnata in epigrafe, la Sezione ha respinto la domanda cautelare presentata in via incidentale dall'Amministrazione appellante, non ritenendola sostenuta da adeguato fumus boni juris, e non ravvisando altresì alcun periculum in mora, stante che medio tempore l'appellato ha continuato ad essere assegnato al Commissariato di -OMISSIS-, a comprova della non essenzialità” della sua presenza presso l'ufficio di -OMISSIS-. 6. La causa, chiamata per la discussione all'udienza dell'11 luglio 2023, è stata trattenuta in decisione. Diritto 7. L'appello è infondato. 8. Punto essenziale della controversia è l'esatta lettura da dare all' art. 42-bis del d.lgs. 30 marzo 2001, numero 151 , recante il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, laddove consente al dipendente pubblico che abbia un figlio di non oltre tre anni, l'assegnazione temporanea, per un periodo egualmente individuato in tre anni, presso una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa. 9. La disposizione è stata inserita nel richiamato Testo unico dalla legge 24 dicembre 2003, numero 350 , e successivamente novellata, mediante l'inserimento dell'inciso finale che limita la possibilità di diniego a casi o esigenze eccezionali , dall' art. 14, comma 7, della legge 7 agosto 2015, numero 124 . 10. La portata generale e prioritaria degli interessi sottesi alla cura del figlio ha orientato da subito la giurisprudenza nel senso di ritenere l'istituto de quo applicabile anche agli appartenenti alle Forze di Polizia ovvero ai dipendenti del Ministero della Difesa. Superando in via pretoria le resistenze di tali Amministrazioni, preoccupate dell'impatto della disposizione sulle peculiarità ordinamentali che le connotano, il Consiglio di Stato ha dunque ravvisato nell' art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 una norma ad ampio spettro, riferita cioè al personale dipendente delle Pubbliche Amministrazioni nella massima estensione della relativa categoria, giusta il riferimento specifico in essa contenuto ai fini della delimitazione del suo ambito di operatività, all' art. 1, comma 2, del d.lgs. numero 165 del 2001 v. Cons. Stato, sez. III, 16 dicembre 2013 numero 6016 sez. II, 26 agosto 2019 numero 5872 sez. IV, 7 febbraio 2020, numero 961 id., 15 febbraio 2021, numero 1366, 30 ottobre 2017 numero 4993 e 14 ottobre 2016 numero 4257 sez. VI, 1 ottobre 2019, numero 6577 . 11. Successivamente l'art. 40, comma 1, lett. q , del d.lgs. 27 dicembre 2019, numero 172, ha aggiunto il comma 31-bis all' art. 45 del d.lgs. 29 maggio 2017, numero 95 , recante Disposizioni in materia di revisione dei ruoli delle Forze di polizia, ai sensi dell' articolo 8, comma 1, lettera a, della L. 7 agosto 2015, numero 124 , in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche , così risolvendo definitivamente la questione mediante la esplicita positivizzazione del relativo principio. La norma, pertanto, prevede ora che Al fine di assicurare la piena funzionalità delle amministrazioni di cui al presente decreto legislativo, le disposizioni di cui all' articolo 42-bis, comma 1, del D.Lgs. 26 marzo 2001, numero 151 , si applicano esclusivamente in caso di istanza di assegnazione presso uffici della stessa Forza di polizia di appartenenza del richiedente, ovvero, per gli appartenenti all'Amministrazione della difesa, presso uffici della medesima . Per salvaguardare, tuttavia, le specificità delle Amministrazioni de quibus, connotate da un'organizzazione di tipo gerarchico e comprensibilmente meno flessibile in quanto funzionale a servizi di tutela del territorio lato sensu intesi, ha ritenuto di individuare nelle motivate esigenze organiche o di servizio il punto di equilibrio fra le contrapposte esigenze, datoriali e familiari, così declinando in concreto quei casi o esigenze eccezionali cui continua a fare riferimento la norma generale. 12. Va da subito chiarito che tale innovativa e speciale indicazione non va intesa come svincolo dell'Amministrazione da un obbligo motivazionale preciso sulle ragioni ritenute ostative all'accoglimento delle richieste dei lavoratori. A ben guardare, infatti, la differenza più rilevante tra le due disposizioni non sta tanto nel richiamo alle esigenze organizzative o di servizio, che comunque già rientravano in quei casi o esigenze eccezionali previsti in precedenza, quanto nella mancata riproduzione dell'aggettivazione eccezionali , appunto , a valorizzare la potenziale ordinarietà della prevalenza dell'interesse dell'Amministrazione su quello del privato, per giunta rafforzata dall'uso della disgiuntiva o tra le une e le altre motivazioni, sì da renderle alternativamente sufficienti a supportare il diniego. 12.1 Anche a tale riguardo va ricordato l'essenziale ruolo propulsivo e conformativo svolto dalla giurisprudenza amministrativa in direzione di una lettura costituzionalmente orientata della novella –nell'accezione meglio chiarita nel prosieguo – ponendo l'accento su quell'obbligo di motivazione, comunque rimarcato dal legislatore per imporre che sia le une ragioni organizzative che le altre ragioni di servizio vengano adeguatamente esplicitate e documentate. Non si è dunque consentito che le stesse si risolvano in mere formule di stile circa la carenza di organico, che peraltro connota in maniera generalizzata il settore, ovvero in altrettanto generici richiami alle criticità di un particolare contesto territoriale, a maggior ragione ove enunciato in termini assolutistici e non comparativi rispetto alla sede di assegnazione temporanea. Pur senza attingere più alle percentuali predeterminate che si era cercato di individuare in passato, proprio allo scopo di arginare una discrezionalità diversamente difficilmente controllabile, che rischiava di vanificare la portata innovativa dell'istituto si allude in particolare alla individuazione nel 40 % della soglia da superare per potersi parlare di carenza” di organico rilevante a fini funzionali, individuata nella c.d. sentenza pilota” del Consiglio di Stato, già citata supra, numero 961 del 2020 , i giudici amministrativi hanno comunque preteso che alla base dei dinieghi delle Amministrazioni vi siano istruttorie serie e non preconcette, destinate a sfociare in valutazioni effettive e accurate, riferite sia agli uffici di appartenenza e di destinazione che alla fungibilità o meno della professionalità del richiedente, di cui ci si vede costretti a privarsi, seppure temporaneamente. Costituisce pertanto principio consolidato quello in forza del quale la norma del 2019 non spinge il favor per le esigenze di servizio dell'Amministrazione al punto di consentire una motivazione generica inerente alle ragioni di servizio che faccia riferimento alle scoperture di organico, senza che queste ultime risultino particolarmente gravi, o in generale si richiami alle funzioni svolte dal reparto di attuale assegnazione del dipendente, senza evidenziare specifiche ragioni, anche legate ai compiti svolti dal richiedente il trasferimento temporaneo cfr. ex multis Cons. Stato Sez. II, 5 ottobre 2022, numero 8527 . Ciò proprio in considerazione delle esigenze di tutela di valori aventi rilievo costituzionale, che deve trovare un necessario bilanciamento, anche in sede motivazionale, con le esigenze di servizio dell'Amministrazione delle Forze di polizia v. ancora Cons. Stato, sez. II, 7 novembre 2022, numero 9708 id., 27 luglio 2022, numero 6622 . 13. Secondo la difesa erariale, dunque, il provvedimento impugnato recte, i provvedimenti, stante che sul punto il successivo ha semplicemente ribadito l'argomentazione contenuta nel precedente avrebbero correttamente invocato la consumazione” del tempo massimo di concedibilità del beneficio previsto dalla norma, nel caso di specie a favore del figlio primogenito. Ciò in quanto l'utilizzo dell'avverbio complessivamente a delimitare il periodo, anche frazionato, dell'assegnazione temporanea, non potrebbe che fare riferimento all'intera durata della vita lavorativa del dipendente, seppure genitore di più figli, come precisato nell'incipit della norma medesima. Da un punto di vista sistematico, come chiarito nella parte in fatto, ciò troverebbe conferma nella ben diversa formulazione del precedente art. 42, che al comma 5-bis, chiarisce inequivocabilmente che la fruizione dei congedi straordinari ivi previsti non può superare i due anni nella vita lavorativa, ancorché in tal caso avuto riguardo a ciascuna persona portatrice di handicap . 14. In senso diametralmente opposto il T.a.r. per la Lombardia ha basato la propria ricostruzione, tra l'altro, sul raffronto con la formulazione letterale dell'art. 45, comma 2-bis, del medesimo Testo unico, che nell'estendere l'applicazione dell'art. 42-bis ai figli adottivi o ai minori in affidamento, fa riferimento, al singolare, all'ingresso del minore nella famiglia , peraltro indipendentemente dall'età, con ciò sottintendendo la possibilità di fruizione per ciascuno di essi, e non per uno soltanto. 15. Il Collegio ritiene in primo luogo di sgombrare il campo dalle possibili suggestioni rivenienti da una disamina analitica e parcellizzata delle obiettive differenze di formulazione delle varie norme contenute nel d.lgs. numero 151 del 2001 . Esse paiono ascrivibili piuttosto alla formazione stratificata dell'attuale articolato normativo, che ad una precisa scelta del legislatore. Il Testo unico, infatti, ha subito nel tempo e da subito molteplici interpolazioni all'evidente scopo di elevare progressivamente il livello delle tutele adeguandolo ad una visione sempre più moderna e paritaria del ruolo genitoriale. Emblematiche, al riguardo, le modifiche conseguite all'attuazione della legge delega numero 183 del 2014 sulla riforma del mercato del lavoro, nota con il nome di jobs act” v. per quanto di specifico interesse, il d.lgs. 15 giugno 2015, numero 80 , gli adeguamenti del quadro di riferimento alla disciplina delle unioni civili l. 20 maggio 2016, numero 76 , nonché, più di recente, quelli conseguiti al recepimento della Direttiva europea numero 2019/1158. 16. Non a caso, lo stesso art. 42-bis, come comprova la relativa numerazione, non figurava nella stesura originaria del decreto, ma vi è stato introdotto quasi subito, ovvero dalla legge 24 dicembre 2003, numero 350 salvo venire successivamente integrato in maniera determinante dall' art. 14 della l. numero 124 del 2015 . 17. A loro volta, sia il comma 5-bis dell'art. 41, che il comma 2-bis dell'art. 45 sono frutto di una delle tante successive novelle, vale a dire il d.lgs. 18 luglio 2011, numero 119 , di attuazione della delega conferita con l' articolo 23 della legge 4 novembre 2010, numero 183 , avente ad oggetto il riordino della normativa in materia di congedi, aspettative e permessi. 18. Né a diverse conclusioni circa l'effettiva portata testuale della formulazione dell' art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 conduce il parere rilasciato proprio al Ministero dell'Interno, che ne aveva fatto richiesta, dal Dipartimento della Funzione pubblica sulla corretta lettura da dare all'istituto, nell'immediatezza della sua introduzione nota del 17 maggio 2004, numero 192 . In tale occasione, anzi, gettando le basi per un'interpretazione, oggi definitivamente acquisita, che sembrava spingersi ben oltre la stessa volontà originaria del legislatore, si afferma che il riferimento al compimento del terzo anno di età del figlio minore delinea l'ambito temporale per poter chiedere il beneficio, ovvero va inteso come requisito soggettivo che deve sussistere al momento della formulazione dell'istanza e non limite entro cui deve necessariamente concludersi l'assegnazione provvisoria. In tal modo, dunque, si consente di proiettare la tutela ben oltre i tre anni di età del bambino, purché tuttavia nel rispetto del periodo complessivo non superiore a tre anni , che viene semplicemente ricordato come durata massima dell'agevolazione, senza alcun riferimento alla unicità della fruizione nell'arco della carriera, come sostenuto da parte appellante. A ben guardare, pertanto, proprio il fatto che tale interpretazione non appaia in perfetta sintonia con il dato letterale della norma, che, verosimilmente, intendeva circoscrivere il beneficio e dunque la tutela del nucleo familiare ad un periodo di tre anni comunque coincidenti con i primi tre anni di vita del bambino, è significativa dell'approccio estensivo alla materia, in un'ottica di massima accentuazione delle potenzialità di sostegno alla genitorialità condivisa che connotano le disposizioni a tutela dei figli, per giunta in una fascia di età così delicata e tenuto conto altresì della nota scarsità di strutture pubbliche di sostegno adeguate alle reali esigenze dell'infanzia. 19. Ancor più inconferente appare il riferimento alla circolare INPS numero 32 del 6 marzo 2012 , avente ad oggetto in generale le modifiche apportate al Testo unico dal d.lgs. numero 119 del 2011 , tra le quali rientra, come sopra detto, la riforma dei congedi straordinari per l'assistenza a soggetto affetto da grave forma di handicap. Per la parte di interesse, infatti, di non agevole lettura ove strumentalmente stralciata dal contesto, l'INPS si preoccupa del rapporto tra ridetto istituto e le altre forme di congedo straordinario pure previste dalla normativa, alla luce in particolare del principio del referente unico” che approda nel Testo unico dopo essere stato introdotto dall' art. 24 della legge numero 183/2010 per i permessi ex lege numero 104/92. Avuto riguardo, dunque, al congedo straordinario riconducibile più genericamente a gravi e documentati motivi familiari di cui all' art. 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, numero 53 , operando una -in verità opinabile reductio ad unum ai fini del computo dei due anni quale tempistica massima fruibile nella vita lavorativa, introduce una serie di esempi alla stregua dei quali effettuare i calcoli, tenuto conto che solo per i genitori di minore disabile la normativa consente, seppure in maniera alternativa, la fruizione ad entrambi. 19.1. Reca dunque la circolare Il novellato comma 5-bis dell' art. 42 del decreto legislativo numero 151/2001 precisa che il congedo fruito ai sensi del comma 5 non può superare la durata complessiva di due anni per ciascuna persona portatrice di handicap e nell'arco della vita lavorativa”. Destinatario della norma in esame è la persona disabile in situazione di gravità questi ha diritto a due anni di assistenza a titolo di congedo straordinario da parte dei familiari individuati dalla legge. Al riguardo si deve tener conto, altresì, che i dipendenti di datori di lavoro pubblici o privati possono richiedere, per gravi e documentati motivi familiari, un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore a due anni” art. 4, comma 2, della legge 8 marzo 2000, numero 53 . Pertanto, dovendosi considerare il congedo straordinario compreso nell'ambito massimo di due anni nell'arco della vita lavorativa, si chiarisce, a titolo esemplificativo, che utilizzati i due anni, ad esempio per il primo figlio, il genitore avrà esaurito anche il limite individuale per gravi e documentati motivi familiari”. In tale caso il congedo straordinario potrà essere fruito, oltre che dall'altro genitore, anche, nei casi previsti dalla legge, dal coniuge, dai figli o dai fratelli del soggetto con handicap grave es. il secondo figlio disabile , naturalmente con decurtazione di eventuali periodi dagli stessi utilizzati a titolo di congedo per gravi e documentati motivi familiari . 20. È di tutta evidenza la non sovrapponibilità delle affermazioni alla materia delle assegnazioni temporanee, ma, soprattutto, la totale eterogeneità delle materie, tanto più che nel caso di specie la disciplina dei congedi per i genitori di minori affetti da grave disabilità ne altre, egualmente mirate al pieno sviluppo dell'inserimento dello stesso nel contesto sociale e familiare di riferimento. 21. Il Collegio ritiene invece di condividere le argomentazioni che il primo giudice ha inteso trarre dalla sistematica del Testo unico, le cui norme, singolarmente e complessivamente, necessitano di una lettura costituzionalmente e eurounitariamente orientata, omogenea tra di loro. 22. L'art. 42-bis, come detto, è stato inserito nel Capo VI del d.lgs. numero 151 del 2001 , dedicato a Riposi, permessi e congedi , dalla legge numero 350 del 2003 , c.d. legge finanziaria del 2004. La disposizione, che fu definita per l'epoca rivoluzionaria” in quanto andava ad impattare direttamente sulle scelte organizzative delle Amministrazioni, imponendo loro adeguamenti ben maggiori dei singoli aggiustamenti gestionali riferiti ad un'assenza o all'esonero da un certo tipo di turno di servizio, appare prima facie eterogenea al contesto nel quale è stata calata. Essa, infatti, non si identifica in una qualche forma di assenza giustificata dal servizio, quali tutte le altre richiamate in rubrica, concretizzandosi in una specifica modalità di mobilità, seppure a durata temporalmente limitata. 23. Ritiene il Collegio che proprio tale collocazione, solo in apparenza poco felice, evidenzi invece pienamente la chiara volontà del legislatore di legare indissolubilmente l'istituto di cui è causa al regime delle agevolazioni di orario o di presenza, andando a colmare una lacuna per così dire pregiudiziale allo stesso, nel senso che per quanto ampie siano le possibilità di assentarsi dal lavoro per la cura dei propri figli, ove non venga garantita la vicinanza delle sedi dei genitori esse rischiano di rimanere lettera morta. È considerazione di intuitiva consistenza, infatti, quella in forza della quale qualsivoglia garanzia di parità nell'accudimento dei figli non può trovare effettiva esplicazione se il nucleo familiare è diviso e distante per esigenze lavorative dei genitori. In tale ottica, agevolare l'avvicinamento delle sedi di lavoro costituisce l'antecedente logico, prima che giuridico, di tutto il sistema delle tutele, vero e proprio presupposto logistico” delle stesse, in assenza del quale esse finiscono per gravare” tale divenendo a quel punto l'espressione più consona esclusivamente su quello tra i genitori che ha la possibilità fisica” di prendersi cura dei figli, in linea di massima e per connaturale impostazione del sistema, la donna. 24. La creazione di una dimensione familiare equilibrata e ispirata all'eguaglianza di genere in senso sostanziale, superando il modello del cosiddetto male breadwinner”, oramai inadeguato anche sotto il profilo economico, d'altro canto, costituisce un modo per garantire anche indirettamente maggiori probabilità per la madre di accedere o conservare il lavoro extradomestico. Da qui la necessità, anche sotto tale profilo, di agevolare ogni misura che consenta il possibile affiancamento alla stessa del padre del minore. 25. Non è casuale, dunque, che la maggiore attenzione che nell'ambito delle riforme del lavoro, sia pubblico che privato si veda la intitolazione del già ricordato d.lgs. numero 80 del 2015 , che reca Misure per la conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro, in attuazione dell' articolo 1, commi 8 e 9, della legge 10 dicembre 2014, numero 183 , si è inteso dare al bene tempo”, sta alla base anche della più volte ricordata modifica dell' art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 . La scelta di integrare l'obbligo motivazionale del diniego con il riferimento a casi o esigenze eccezionali , infatti, consegue ad una delle poche disposizioni immediatamente precettive contenute nella delega numero 124 del 2015, che all'art. 14, esso pure rubricato, non a caso, Promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche , mira ad incentivare ridetta promozione, seppure demandandola ad atti organizzativi, piuttosto che normativi. 25.1. L'impostazione conferma quale dato ormai acquisito di qualsivoglia teorica organizzativa che accanto alla valorizzazione delle competenze, alla premialità del merito, nonché, su altro fronte, alla semplificazione e trasparenza delle scelte, elemento essenziale del buon andamento di una struttura è la positività del clima lavorativo, che si consegue anche agevolando tutto ciò che, senza pregiudicare il servizio, favorisce lo sviluppo della rete affettiva e relazionale del dipendente. 25.2. L'art. 14 della l. numero 124 del 2015, dunque, proprio con la sua significativa rubrica, traccia il definitivo trait d'union tra la disposizione che va a novellare l' art. 42-bis del d.lgs. numero 151 del 2001 e la cornice nella quale si era da subito scelta di inserirla, ponendola sotto l'egida delle medesime finalità che stanno alla base degli altri istituti compresi nel medesimo Capo del Testo unico, cui rimane indissolubilmente legata anche nei successivi sviluppi teleologicamente orientati ad affinarne le potenzialità. 26. Merita pertanto condivisione, per tutto quanto sopra detto, la ricostruzione del primo giudice che vuole una lettura della norma di cui è causa necessariamente coerente con quella fornita dalle altre disposizioni collocate nel medesimo contesto del Testo unico, che si riferiscono inequivocabilmente a ciascun figlio, non limitando la tutela solo ad uno di essi. 27. La Sezione peraltro ha già avuto modo di ripercorrere l'evoluzione, anche nell'ambito del diritto europeo, delle tematiche de quibus, avuto riguardo sia alla necessità di agevolare in ogni modo la conciliazione della vita lavorativa con quella personale e affettiva, sia con riferimento all'importanza della condivisione delle responsabilità genitoriali, quale indiretto strumento per il raggiungimento di un'effettiva parità di genere, ma anche di riconoscimento come diritto di quello del padre ad essere soggetto attivo nella formazione dei propri figli, fin dai primissimi anni della loro vita v. Cons. Stato, sez. II, ordinanza 11 aprile 2022, numero 2649 , con la quale è stata rimessa all'Adunanza plenaria, che ne ha condiviso la ricostruzione con la decisione del 28 dicembre 2022, numero 17, l'applicabilità degli artt. 39 e 40 del d.lgs. numero 151 del 2001 quando la madre è casalinga . 28. Va in proposito come già con la decisione del 16 luglio 2015, numero C-222/14 , la Corte europea aveva interpretato l'Accordo quadro di cui alla direttiva 96/34/CE nel senso che un genitore non può essere privato del diritto al congedo parentale e che pertanto la situazione professionale del coniuge non può ostare all'esercizio di tale diritto. La successiva direttiva 2010/18/EU, contenente il nuovo accordo quadro in materia di congedi parentali, al considerando numero 8 ricorda come le politiche familiari dovrebbero contribuire al conseguimento della parità di genere e che andrebbero considerate alla luce dell'evoluzione demografica, delle conseguenze dell'invecchiamento della popolazione, del superamento del divario generazionale, della promozione della partecipazione delle donne al mondo del lavoro e della ripartizione delle responsabilità familiari tra donne e uomini al numero 12 rileva come in numerosi Stati membri l'invito agli uomini ad accettare un'equa ripartizione delle responsabilità familiari non ha apportato risultati sufficienti e che pertanto andrebbero prese misure più efficaci per incoraggiare una più equa ripartizione delle responsabilità familiari tra uomini e donne . Nell'accordo quadro iniziale, un considerando analogo evocava la necessità di incoraggiare gli uomini ad assumere maggiori responsabilità familiari, in particolare con il ricorso al congedo parentale, e che tale incoraggiamento” poteva avvenire tramite campagne di sensibilizzazione. 29. In termini ancor più generali la già ricordata direttiva numero 2019/1158 del Parlamento europeo e del Consiglio, relativa all'equilibrio tra attività professionale e vita familiare per i genitori e i prestatori di assistenza, c.d. Work-life Balance”, che abroga la precedente direttiva 2018/18/UE, nel disciplinare il congedo di paternità obbligatorio, mette a fuoco titolarità e modalità di fruizione dello stesso e degli strumenti per assicurarne il godimento effettivo, ivi compresa la maggior copertura economica, con la finalità di incentivarne l'uso anche da parte dei padri, nel contempo riconoscendo il diritto di richiedere formule flessibili del tempo e del rapporto di lavoro. 30. In recepimento di tale direttiva è stato adottato il decreto legislativo 30 giugno 2022, numero 105, che prevede appunto disposizioni per migliorare la conciliazione tra attività lavorativa e vita privata per i genitori e i prestatori di assistenza, e per meglio conseguire la condivisione delle responsabilità di cura tra uomini e donne e la parità di genere in ambito lavorativo e familiare specifiche disposizioni riguardano nuovamente il congedo obbligatorio di paternità e la definizione delle modalità di fruizione, compreso il trattamento economico e normativo, in quanto evidentemente sentito come momento centrale dell'ambito delle tutele in materia infine, sono previste norme sulle priorità di accesso allo smart working” o lavoro agile, essi pure strumenti di potenziale miglioramento della qualità del lavoro del dipendente pubblico. 31. Infine, uno dei principali profili, insieme a quello relativo all'indispensabile presenza dei servizi pubblici di sostegno alle diverse attività di care da assumere come priorità nella gestione dei fondi concessi nell'ambito del tanto enfatizzato Next Generation EU”, riguarda proprio la necessità di sviluppare politiche di effettiva condivisione dei compiti di cura anche all'interno della coppia fin dalla nascita o dall'adozione o affidamento del minore. 32. Da altra angolazione, non può ritenersi neutra rispetto alla materia in controversia l'evoluzione nell'interpretazione dell'art. 37, comma 1, della Costituzione, laddove declina la essenziale funzione familiare . In essa si sublima la convergenza tra ricerca del giusto equilibrio vita/lavoro del dipendente, quale esigenza di sviluppo della personalità del singolo, in ambito anche familiare, e il nuovo fil rouge” che sta alla base di tutti gli istituti a tutela della maternità, ovvero, in senso più ampio, della genitorialità, ovvero la tutela dell'interesse del minore. L'evoluzione di tale peculiare profilo del diritto di famiglia è andata infatti sempre più nel senso della valorizzazione di tale prevalente interesse del bambino, e in tale ottica del conseguente riconoscimento di paritetici diritti-doveri di entrambi i coniugi e della loro reciproca integrazione nella cura dello sviluppo psico-fisico del figlio. È stato così progressivamente riconosciuto in via generale che anche il padre è idoneo e quindi tenuto a prestare assistenza materiale e supporto affettivo al minore. In tale prospettiva va ricordata la sentenza della Corte Costituzionale numero 1 del 14 gennaio 1987, che nell'estendere il diritto ai riposi giornalieri retribuiti al padre lavoratore nel caso che era quello esaminato dalla Corte in cui l'assistenza della madre al minore fosse diventata impossibile per decesso o grave infermità, ne ha chiarito la finalità non di solo soddisfacimento delle esigenze biologiche del neonato, ma di possibilità di prestare qualsiasi forma di assistenza del bambino nel primo anno di vita. Nella stessa scia si pone la successiva sentenza della Corte Costituzionale del 2 aprile 1993, numero 179 , che, riesaminando la questione in termini più generali, ha ritenuto ormai superata la concezione di una rigida distinzione dei ruoli fra i genitori nell'assistenza del bambino, dichiarando incostituzionale l' art. 7 della legge numero 903/1977 nella ulteriore parte in cui non estendeva in ogni ipotesi e non in limitati casi al padre lavoratore, in alternativa alla madre lavoratrice, purché consenziente, il diritto ai riposi giornalieri per assistere il figlio nel suo primo anno di vita secondo il giudice delle leggi, i due genitori nello spirito di leale collaborazione e sempre nell'esclusivo interesse del figlio devono di volta in volta decidere quale di essi, assentandosi dal lavoro, possa meglio provvedere alla sua assistenza. 33. In tale quadro sistematico, dunque, coerente con la prospettiva europea e la cornice costituzionale, non vi è alcuna ragione per limitare la fruibilità dell'assegnazione provvisoria solo ad un figlio, quanto meno laddove si sia esaurito il tempo massimo accordato al riguardo dal legislatore. 34. Né a tale ricostruzione ostano le paventate conseguenze discriminatorie che la reiterata concessione del beneficio nel corso della vita del dipendente finirebbero per generare rispetto alle analoghe richieste dei colleghi, in quanto asseritamente destinate ad essere disattese. 35. Nessuna disposizione, infatti, prevede la postergazione di una nuova istanza ad una conferma, ovvero alla reiterazione di un'istanza precedente. Le regole da applicare sia a livello generale, che per quanto qui di interesse al personale delle Forze di Polizia restano immutate e non implicano alcuna prelazione di una domanda rispetto ad altra. Essa dovrà infatti pur sempre essere vagliata alla luce delle ragioni eccezionali che ne giustificano il diniego, ovvero delle motivazioni organizzative o di servizio, che ben potrebbero essere mutate rispetto al momento dell'istruttoria della richiesta originaria, proprio in ragione, ad esempio, di carenze sopravvenute di organico astrattamente riconducibili alla concessa fruizione del medesimo beneficio normativo. Trattasi tuttavia di valutazioni rimesse alla concretezza dell'istruttoria del caso singolo, meglio ancora se in applicazione di criteri generali predeterminati che consentano di individuare a priori le modalità di scrutinio della eventuale pluralità di domande contestualmente pervenute, ovvero connotate da elementi oggettivi di diversificazione che l'Amministrazione intenda preventivamente valorizzare. Finanche la probabile difficoltà di motivare con esigenze di servizio un diniego a un dipendente già fuori sede in assegnazione provvisoria per un altro figlio, potrebbe essere superata dalle sopravvenienze, come accade ad esempio laddove sia venuto meno medio tempore il dipendente che ha sopperito alle sue specificità professionali. 35.1. In sintesi, la possibilità – recte, doverosità – di vagliare comunque all'attualità le esigenze organizzative o di servizio di ogni successiva istanza di assegnazione temporanea esclude alla radice qualsivoglia possibile conseguenza discriminatoria tra dipendenti. Per contro, eventuali profili di illegittimità costituzionali paiono piuttosto ravvisabili proprio in una lettura della norma che imponga di scegliere quale figlio accudire, di fatto limitando la tutela al primogenito o al primo per il quale venga avanzata la relativa richiesta, con palese svantaggio per tutti gli altri. 36. Infine, alla luce della giurisprudenza già richiamata al § 12.1, deve essere respinto anche il secondo motivo di appello il mero richiamo alla criticità del contesto territoriale, genericamente evocato, nonché alla avvenuta presentazione di ulteriori domande di fruizione della medesima assegnazione temporanea, nulla dice in ordine alle difficoltà organizzative concrete, a maggior ragione stante che in esse si fa espresso riferimento alla Questura di -OMISSIS-, anziché all'ufficio di -OMISSIS-, cui era assegnato l'appellato. Lo stesso è a dire per la generica descrizione delle criticità del contesto, alla risoluzione delle quali neppure appare chiaro come l'interessato, svolgendo mansioni di archivista, potesse contribuire in maniera risolutiva. 37. Per tutto quanto sopra detto, l'appello deve essere respinto e per l'effetto deve essere confermata la sentenza del T.a.r. per la Lombardia numero -OMISSIS-, con le integrazioni motivazionali sopra illustrate. 37.1. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale Sezione Seconda , definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge. Condanna il Ministero dell'Interno al pagamento delle spese del grado di giudizio, che liquida in euro 3.000/00 tremila/00 , oltre accessori di legge, se dovuti, a favore del signor -OMISSIS-. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all 'articolo 52, commi 1, 2 e 5, del decreto legislativo 30 giugno 2003, numero 19 6 e all'articolo 6, paragrafo 1, lettera f , del Regolamento UE 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di riproduzione e diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità del minore, dei soggetti esercenti la responsabilità genitoriale o la tutela e di ogni altro dato idoneo ad identificare i medesimi interessati ivi citati.