La “fama criminale” di un’associazione mafiosa armata è di per sé sufficiente per l’applicazione della circostanza aggravante

L’applicazione della circostanza aggravante per l’associazione armata non può prescindere dall’attenta disamina dei profili psicologici in capo all’ intraneus l’accertamento sulla consapevolezza dell’associato in ordine alla disponibilità del clan di armi e munizioni non può rimanere affidata a massime d’esperienza storico-criminali a carattere presuntivo.

La Cassazione segue il solco interpretativo indicato dalle Sezioni Unite Sentenza Modaffari” in tema di effettività e concretezza della partecipazione all'associazione mafiosa da parte dell' intraneus imputato del solo delitto associativo. I giudici di legittimità riconoscono l'applicazione dell'aggravante di cui all' art. 416-bis comma 4 c.p. , basandosi sulla consapevolezza comune ” del carattere armato dell'associazione e prescindendo da valutazioni in ordine all'effettiva conoscenza dell'imputato delle armi detenute dalla cosca criminale. I fatti A seguito di giudizio abbreviato l'imputato veniva condannato dal giudice di prime cure alla pena di anni otto di reclusione per il reato ascrittogli di cui all' art. 416-bis c.p. , commi 1, 2, 4 e 6 c.p. Il compendio probatorio necessario alla configurazione del delitto veniva individuato negli esiti dell'attività captativa nonché nelle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia. Veniva così accertato che l'imputato aveva assunto nel tempo un ruolo egemonico all'interno dell'associazione mediante la pianificazione criminosa della stessa e dell'indirizzo dei sodali nell'esecuzione dei reati-fine della cosca. Avverso la sentenza della Corte d'Appello di Palermo, che confermava il giudizio di condanna di primo grado nella sua interezza, il ricorrente censurava l'erronea applicazione dell' art. 416-bis c.p. e dell'art. 192 c.p.p. rilevando la mancata valutazione del compendio probatorio, ritenuto privo di univocità sia sotto il profilo causale che soggettivo al reato di cui all' art. 416-bis c.p. E inoltre, lamentava il ricorrente l'assenza di evidenze comprovanti la sua effettiva conoscenza della disponibilità di armi in capo al sodalizio. Né doveva ritenersi configurata l'aggravante di cui all' art. 416-bis, comma 6, c.p. non essendo stato provato che le attività economiche dell'imputato fossero strumentali al rimpiego di proventi criminali. La responsabilità dell' intraneus imputato del solo delitto di cui all'art. 416-bis c.p. La Corte di Cassazione, rigettando entrambi i motivi di ricorso, ribadisce l'inammissibilità in sede di giudizio di legittimità di interpretazioni alternative del contenuto delle intercettazioni telefoniche, ricordando la fondamentale distinzione tra la legittima valutazione di un eventuale travisamento probatorio” e l'impossibilità della Corte di Cassazione a pronunciarsi su un travisamento del fatto” che, com'è noto, è riservato ai soli giudizi di merito. Le motivazioni degli Ermellini si sono poi orientate verso il percorso ermeneutico già tracciato dalle Sezioni Unite Modaffari” in tema di partecipazione all'associazione criminale. E invero, per quanto l' intraneus non venga coinvolto nella commissione delle singole attività illecite, la sua responsabilità penale può già fondarsi sul ruolo dinamico e funzionalistico al programma criminoso dell'associazione . Rileva pertanto il contributo dell'associato che si trova fattivamente coinvolto nell'attività di pianificazione e controllo illecito delle aree territoriali. Ciò è sufficiente per ritenere provata la sua messa a disposizione” al perseguimento dei fini criminosi del sodalizio. La presunzione di conoscenza ai fini dell'integrazione della aggravante Non convincono invece le argomentazioni della Suprema Corte sulla sussistenza, nel caso di specie, dell'aggravante di cui al comma 4 che inasprisce le pene nelle ipotesi di associazione mafiosa armata. Secondo i Giudici di legittimità è da ritenersi integrata la suddetta circostanza aggravante tutte quelle volte in cui il sodale agisce in stretto contatto con soggetti che gestiscono armi e munizioni per l'associazione. In siffatta ipotesi la Corte ha ritenuto che non fosse possibile ipotizzare che gli affiliati di una consorteria che godeva di una sicura fama criminale nell'area palermitana, consolidatasi nel corso degli anni grazie al ruolo egemonico svolto nell'area urbana di Resuttana, non fossero a conoscenza della disponibilità di armi . La Corte omette ogni motivazione in ordine ai profili di dolo o colpa grave in capo all' intraneus relativi alla sua conoscenza della presenza di armi e munizioni a disposizione della cosca sulla base di massime d'esperienza storico-criminale a carattere presuntivo . Invero, la pronuncia della Suprema Corte sembra seguire un filone interpretativo non del tutto isolato nella giurisprudenza. Si è ritenuto infatti che, ai fini dell'integrazione in capo all'associato dell'aggravante di cui all' art. 416-bis comma 4 c.p. , assume rilievo anche il fatto notorio della stabile detenzione di tali strumenti di offesa da parte del sodalizio mafioso . Cass. penumero , Sez. II, sent. numero 13949 del 2020 . La necessarietà dell'elemento soggettivo rispetto alla aggravante della c.d. associazione armata” Quanto statuito dalla Corte sembra discostarsi da diverse pronunce più attente ai principi di imputazione soggettiva delle circostanze aggravanti non conosciute ai sensi dell' art. 59, comma 2, c.p. E infatti, solo con l'accertamento di alcuni presupposti oggettivi” e soggettivi” ben delineati potrà dirsi integrata l'aggravante de quo . Nello specifico a con riguardo al profilo soggettivo , ritiene che l'aggravante sia configurabile a carico dei partecipi consapevoli del possesso delle stesse da parte della consorteria criminale o che, per colpa, lo ignorino b con riguardo al profilo oggettivo che, a fronte alla riconosciuta esistenza di un'associazione a struttura federale, formata da cellule locali , per valutare la sussistenza dell'aggravante, è necessario fare riferimento al sodalizio nel suo complesso, prescindendo dallo specifico soggetto o dalla specifica cellula locale che abbia la concreta disponibilità delle armi Sez. 6, numero 32373 del 04/06/2019, Aiello, Rv. 276831 - 02 Sez. 6, numero 44667 del 12/05/2016, Camarda, Rv. 268677 Cass. penumero , Sez. II, sent. 16560, del 18/4/2023 . Sulla scorta di tali fondamentali principi di diritto, anche per ciò che attiene l'applicazione delle circostanze aggravanti, le valutazioni giudiziali non posso prescindere da un'attenta analisi dei profili di dolo e di colpa ascrivili al reo. Rilievi critici La sentenza sembra seguire pedissequamente le indicazioni delle Sezioni Unite Modaffari” riconoscendo l'importanza del contributo causale, concreto, effettivo e consapevole dell' intraneus imputato del solo delitto di associazione mafiosa, e non direttamente coinvolto al compimento dei reati fine. Purtuttavia, in riferimento all'accertamento dell'elemento soggettivo della circostanza aggravante di cui all' art. 416-bis comma 4 c.p. appare ignorare i principi relativi alla sussistenza dell'elemento soggettivo dell' intranes dolo o colpa anche in relazione alla circostanza aggravante. Tale accertamento deve farsi ancor più rigidamente tutte quelle volte in cui il soggetto viene imputato del solo delitto di cui all' art. 416-bis c.p. e non per i relativi reati fine”. Inoltre, ai fini dell'applicazione della stessa aggravante, occorre vincolare l' iter motivazionale del giudice verso i propri accertamenti sui profili di dolo, o colpa, dell'imputato rispetto alla conoscenza di armi e munizioni da parte associazione mafiosa.

Presidente Siani - Relatore Centonze Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa il 13 giugno 2016 il Giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Palermo, procedendo con rito abbreviato, per quanto di interesse ai presenti fini, giudicava G.N. colpevole del reato ascrittogli al capo 1 art. 416-bis c.p., commi 1, 2, 4, 6 , condannando l'imputato, riconosciute le aggravanti contestate ed esclusa la recidiva, alla pena di otto anni di reclusione. L'imputato, inoltre, veniva condannato alle pene accessorie di legge e al pagamento delle spese processuali. L'imputato, infine, veniva condannato al risarcimento dei danni in favore delle parti civili costituite da liquidarsi in separata sede e alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalle stesse parti. 2. Con sentenza emessa l'11 novembre 2021 la Corte di appello di Palermo, per quanto di interesse ai presenti fini, pronunciandosi sull'impugnazione di G.N., confermava la decisione appellata e condannava l'appellante al pagamento delle ulteriori spese processuali. Si disponeva, inoltre, la condanna dell'imputato G.N. alla rifusione delle spese di giudizio sostenute dalle parti civili costituite nel procedimento di secondo grado. 3. Occorre premettere che il nucleo probatorio essenziale del presente procedimento è costituito dagli esiti delle indagini svolte dal Comando provinciale dei Carabinieri di Palermo, coordinate dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo. Tali attività d'indagine traevano origine dalle intercettazioni, telefoniche e ambientali, attivate nel corso delle indagini preliminari con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, che venivano eseguite nei confronti di alcuni esponenti della famiglia mafiosa palermitana di Omissis , facente parte dell'omonimo mandamento, storicamente inserito nel contesto consortile di Omissis . In questa cornice, le attività d'indagine consentivano di accertare la persistente operatività della famiglia mafiosa di Omissis , nella quale G.N. operava in stretto collegamento con F.G., che, nell'arco temporale oggetto di vaglio, aveva assunto un ruolo egemonico, che lo aveva portato al vertice dell'intero mandamento in esame. Si accertava, in questo modo, che le principali attività delinquenziali nelle quali era coinvolto l'imputato erano costituite dal racket delle estorsioni e dalla gestione degli appalti pubblici, coordinate da F.G., in relazione alle quali venivano predisposti uomini, mezzi e strutture, necessari a garantire il controllo del territorio in cui operava la famiglia di Omissis . Tale cellula mafiosa ricavava da questi settori somme cospicue, come, tra l'altro riferito dal collaboratore di giustizia G.V., le cui propalazioni consentivano di ricostruire le dinamiche associative e gli scenari criminali del sodalizio palermitano. Si muovono, del resto, nella stessa direzione probatoria prefigurata da G.V. le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia V.G., T.G. e M.S., che venivano passate in rassegna nella sentenza impugnata. In questa consorteria mafiosa, nell'arco temporale preso in considerazione dalle indagini svolte nel presente procedimento, gravitavano, oltre a G.N., altri affiliati, tra cui B.G., I.G., L.V., P.M. classe Omissis , S.A., S.L., T.A., V.C. e V.G L'assunzione del ruolo egemonico di F.G., al quale era collegato G.N., derivava dalla contingente detenzione di alcuni esponenti storici della famiglia di Omissis , che comportava una modifica degli assetti consortili, indispensabile per fronteggiare le emergenze associative causate dalle richiamate carcerazioni. La consorteria palermitana, che veniva monitorata a partire dal 2011, avvalendosi delle caratteristiche proprie delle organizzazioni mafiose, controllava le attività delittuose che si svolgevano nel suo territorio, imponendo direttive strategiche ai suoi affiliati e intervenendo, laddove necessario, per dirimere le controversie insorte tra i soggetti che gravitavano nel sodalizio. Le indagini condotte dal Comando provinciale dei Carabinieri di Palermo, al contempo, consentivano di accertare che F.G. interveniva frequentemente sugli assetti della famiglia di Omissis , arrivando a rimuovere affiliati dimostratisi inadeguati o inaffidabili. Si accertava, ancora, che il controllo del territorio da parte della famiglia mafiosa derivava dalla disponibilità di armi da parte dei suoi affiliati, che, come appurato nel corso delle indagini preliminari, venivano fornite ai suoi consociati da alcuni soggetti che gravitavano nel sodalizio. Nelle sentenze di merito si evidenziava anche che la consorteria mafiosa palermitana era sorta e si era progressivamente affermata anche in conseguenza della celebrazione di alcuni importanti procedimenti penali, conseguenti a operazioni di polizia che avevano portato all'arresto di numerosi esponenti della criminalità organizzata collegata a Omissis , svolti a partire dalla fine degli anni Novanta del secolo scorso. Queste conclusioni venivano corroborate dalle intercettazioni attivate nel corso delle indagini preliminari, di cui si dava analiticamente conto nelle pagine 13-42 della sentenza impugnata, dalle quali emergeva un elevato numero di contatti tra G., F. e altri affiliati, finalizzati a gestire le attività delittuose consortili. Tali captazioni, innanzitutto, venivano svolte nel parcheggio di Via Omissis , dove si riunivano abitualmente alcuni esponenti della famiglia di Omissis , tra cui B.G., I.G. e C.D., che, in più occasioni, commentavano la gestione della cellula mafiosa da parte di F.G Le intercettazioni, inoltre, venivano registrate all'interno dell'officina meccanica di F.G., dove veniva captate alcune di conversazioni da cui si evinceva che il responsabile della famiglia mafiosa di Omissis impartiva ai suoi sodali le direttive che dovevano essere eseguite nella gestione delle attività illecite consortili. Si consideri, infine, che le operazioni di monitoraggio svolte dai Carabinieri di Palermo consentivano di riscontrare il contenuto delle intercettazioni registrate nel corso delle indagini preliminari, in conseguenza delle verifiche investigative effettuate a seguito delle attività di ascolto delle captazioni da parte degli investigatori palermitani. Sulla scorta di tale ricostruzione degli accadimenti criminosi l'imputato G.N. veniva venivano condannato alle pene di cui in premessa. 4. Avverso la sentenza di appello G.N., a mezzo dell'avv. Gallino Filippo, ha proposto ricorso per cassazione, articolando due censure difensive. Con il primo motivo il ricorrente ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 416-bis c.p. e art. 192 c.p.p. , conseguenti al fatto che la decisione in esame non aveva dato esaustivo conto del compendio probatorio necessario alla configurazione del delitto associativo ascritto a G.N. al capo 1, rispetto alla quale si evidenziava una discrasia argomentativa tra il ruolo attribuito al ricorrente all'interno della famiglia di Omissis e gli elementi probatori acquisiti nei giudizi di merito, che apparivano privi di univocità, sia sotto il profilo del contributo causale dell'imputato sia sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato, anche tenuto conto dell'allontanamento tra il ricorrente e F.G., avvenuto nel corso del 2013. Con il secondo motivo si è censurata la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 416-bis c.p., commi 4 e 6. Con tale doglianza, innanzitutto, si è dedotto che la Corte di merito non aveva dato adeguato conto degli elementi probatori sulla base dei quali si riteneva possibile configurare la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 4, che era stata applicata a G.N. senza tenere conto delle emergenze probatorie, univocamente orientate in senso favorevole al ricorrente, non essendo provato il suo coinvolgimento nella gestione di armi e di munizioni, riconducibili, direttamente o indirettamente, alla famiglia di Omissis . Si è dedotto, al contempo, che la Corte territoriale non aveva dato esaustivo conto degli elementi probatori sulla base dei quali si riteneva possibile configurare la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, che era stata applicata al ricorrente pur non risultando dimostrato che i suoi comportamenti criminosi, quand'anche si ritenessero dimostrati, fossero strumentali al reimpiego dei proventi illeciti acquisiti dal sodalizio mafioso palermitano. Le considerazioni esposte imponevano l'annullamento della sentenza impugnata. Considerato in diritto 1. In via preliminare, occorre soffermarsi sul tema del vizio del travisamento dell'atto ex art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , con specifico riferimento al compendio probatorio costituito dalle intercettazioni, telefoniche e ambientali, acquisite nel corso delle indagini preliminari, su cui si incentrava una parte significativa delle doglianze attinenti al merito della vicenda delittuosa ascritta all'imputato. In tale ambito, occorre concentrarsi sul compendio probatorio costituito dalle intercettazioni attivate nel corso delle indagini preliminari, con il coordinamento della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, che venivano richiamate nella sentenza di secondo grado, mediante citazioni testuali dei passaggi salienti di tali conversazioni, con riferimento alle verifiche processuali svolte in relazione alle varie ipotesi delittuose oggetto di contestazione. Come si è detto, a questi elementi probatori fa riferimento la parte ricorrente, in termini di travisamento del significato attribuito alle captazioni acquisite, imponendo una ricognizione preliminare delle questioni ermeneutiche indispensabili per inquadrare le patologie processuali censurate con l'atto di impugnazione in esame. Osserva, in proposito, il Collegio che il controllo di legittimità sul vizio di manifesta illogicità della motivazione viene esercitato esclusivamente sul fronte della coordinazione delle proposizioni e dei passaggi attraverso i quali si sviluppa il tessuto argomentativo del provvedimento impugnato, senza la possibilità, per il giudice di legittimità, di verificare se i risultati dell'interpretazione delle prove siano effettivamente corrispondenti alle acquisizioni probatorie risultanti dagli atti processuali. Ne consegue che, nella verifica della fondatezza dei motivi di ricorso formulati ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , il giudice di legittimità non deve accertare la plausibilità e l'intrinseca adeguatezza dei risultati dell'interpretazione delle prove, proprie del giudizio di merito, ma soltanto stabilire se i giudici di merito abbiano esaminato tutti gli elementi a loro disposizione e fornito esauriente risposta alle deduzioni delle parti, applicando correttamente le regole processuali. Pertanto, ai fini della denuncia del vizio in esame, è indispensabile dimostrare che il testo del provvedimento impugnato sia manifestamente carente sul piano motivazionale o logico, per cui non può essere ritenuto legittimo opporre alla valutazione dei fatti contenuta nella decisione una diversa e alternativa ricostruzione degli stessi, ancorché altrettanto logica, perché in tal caso verrebbe inevitabilmente invasa l'area degli apprezzamenti riservati al giudice di merito, come affermato dalle Sezioni Unite in un risalente e insuperato arresto giurisprudenziale Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207945 - 01 . Infatti, il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non è funzionale a stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento giurisdizionale tra le altre, Sez. 5, n. 19388 del 26/02/2018, Monagheddu, Rv. 273311 - 01 Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304 - 01 Sez. 4, n. 47891 del 28/09/2004, Mauro, Rv. 230568 - 01 Sez. 4, n. 4842 del 02/12/2003, dep. 2004, Elia, Rv. 229369 - 01 . 1.1. Passando a considerare il tema del vizio di travisamento dell'atto processuale, deve osservarsi che, a seguito delle modifiche dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , da parte della L. 20 febbraio 2006, n. 46, art. 8, mentre non è consentito dedurre il travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la sua valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei sottostanti giudizi, deve ritenersi consentita la deduzione del vizio di travisamento della prova, che ricorre nell'ipotesi in cui il giudice di merito fondi il suo convincimento giurisdizionale su una prova che non esiste o su un risultato probatorio incontestabilmente diverso da quello reale, atteso che, in tal caso, non si tratta di reinterpretare gli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della decisione, ma di verificare se tali elementi sussistano tra le altre, Sez. 3, n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217 - 01 Sez. 6, n. 25255 del 14/02/2012, Minervini, Rv. 253099 - 01 Sez. 2, n. 23419 del 23/05/2007, Vignaroli, Rv. 236893 - 01 Sez. 6, n. 27429 del 04/07/2006, Lobriglio, Rv. 234559 - 01 . In questa cornice ermeneutica, si deve ulteriormente rilevare che, in tema di valutazione del contenuto di intercettazioni telefoniche o ambientali, gli indizi raccolti in tale ambito possono costituire fonte diretta di prova della colpevolezza dell'imputato e non devono necessariamente trovare riscontro in altri elementi esterni, qualora siano gravi, precisi e concordanti, fermo restando che l'interpretazione del linguaggio e del contenuto delle singole conversazioni costituisce una quaestio facti, che è rimessa alla valutazione del giudice di merito, che si sottrae al sindacato di legittimità, se motivata in conformità ai criteri della logica e delle massime di esperienza, alla verifica dei quali il Collegio si deve attenere scrupolosamente tra le altre, Sez. 5, n. 26455 del 09/06/2002, Dos Santos Silva, Rv. 283370 - 01 Sez. 2, n. 50701 del 04/10/2016, D'Andrea, Rv. 268389 - 01 Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Corso, Rv. 258164 - 01 Sez. 4, n. 31346 del 18/06/2013, Lobello, Rv. 256287 - 01 . Ne discende che non è possibile effettuare una reinterpretazione complessiva del contenuto delle intercettazioni in sede di legittimità, essendo una tale operazione di ermeneutica processuale preclusa alla Corte di cassazione, conformemente al seguente principio di diritto In materia di intercettazioni telefoniche, costituisce questione di fatto, rimessa all'esclusiva competenza del giudice di merito, l'interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite Sez. 2, n. 35181 del 22/05/2013, Vecchio, Rv. 257784 - 01 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Gregoli, Rv. 282337 - 01 Sez. 3, n. 35593 del 17/05/2016, Folino, Rv. 267650 - 01 . In questo contesto, occorre ribadire il consolidato principio di diritto secondo cui, a seguito della riformulazione dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , mentre è consentito dedurre con il ricorso per cassazione il vizio di travisamento della prova, non è consentito dedurre il vizio di travisamento del fatto, stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la sua valutazione delle risultanze processuali a quella che è stata compiuta nei giudizi di merito. Se così non fosse, si domanderebbe alla Corte di cassazione il compimento di un'operazione ermeneutica palesemente estranea al giudizio di legittimità, come quella della reinterpretazione degli elementi di prova valutati dal giudice di merito ai fini della formulazione del giudizio di colpevolezza dell'imputato tra le altre, Sez. 6, n. 11794 del 11/02/2013, Melfi, Rv. 254439 01 Sez. 3, n. 39729 del 18/06/2009, Belluccia, Rv. 244623 - 01 Sez. 5, n. 39048 del 25/09/2007, Casavola, Rv. 238215 - 01 Sez. 1, n. 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167 - 01 . Questa posizione ermeneutica è stata ribadita dalle Sezioni Unite, che hanno affermato il principio di diritto, che occorre ulteriormente ribadire, secondo cui In tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l'interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisce questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, si sottrae al sindacato di legittimità Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715 - 01 . 2. Occorre, quindi, passare a considerare le singole censure difensive, prendendo le mosse dal primo motivo, con cui il ricorrente ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 416-bis c.p. e art. 192 c.p.p. , conseguenti al fatto che la decisione in esame non aveva dato esaustivo conto del compendio probatorio necessario alla configurazione del delitto associativo ascritto a G.N. al capo 1, rispetto alla quale si evidenziava una discrasia argomentativa tra il ruolo attribuito al ricorrente all'interno della famiglia di Omissis e gli elementi probatori acquisiti nei giudizi di merito, che apparivano privi di univocità, sia sotto il profilo del contributo causale dell'imputato sia sotto il profilo dell'elemento soggettivo del reato, anche tenuto conto dell'allontanamento tra il ricorrente e F.G., avvenuto nel corso del 2013. Osserva il Collegio che il nucleo essenziale del giudizio di responsabilità formulato nei confronti di G.N. trae origine dalle intercettazioni esaminate nelle pagine 13-42 della sentenza impugnata, che coinvolgevano personalmente il ricorrente, da cui si evinceva il suo ruolo di raccordo tra i vertici della famiglia di Omissis e gli altri affiliati della consorteria mafiosa palermitana. Tra queste captazioni, limitandoci a considerare quelle nelle quali era coinvolto personalmente G.N., seguendo l'ordine di esposizione contenuto nel provvedimento decisorio censurato, si ritiene opportuno richiamare l'intercettazione n. 414 del 17 luglio 2012, citata a pagina 15 l'intercettazione n. 299 del 21 ottobre 2012, citata a pagina 19 l'intercettazione n. 2109 del 7 novembre 2012, citata a pagina 20 l'intercettazione n. 5903 del 25 gennaio 2013, citata a pagina 20. Di queste intercettazioni, che si sviluppavano lungo un arco temporale significativo, la Corte di appello di Palermo forniva un'interpretazione ineccepibile, inserendole in un compendio probatorio che consentiva di ritenere dimostrato il coinvolgimento di G.N. - forte dei suoi rapporti personali con F.G. - nelle attività di pianificazione criminosa e di controllo illecito dell'area resuttanese, delle quali il ricorrente era pienamente consapevole. Da tali captazioni, infatti, emergeva che il ricorrente si relazionava, oltre che con F.G., con altri sodali, intervenendo sulle questioni consortili più rilevanti per la famiglia mafiosa di Omissis . Questi elementi probatori venivano ulteriormente correlati alle dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia G.V., che convergevano nel ritenere G.N. un affiliato della famiglia mafiosa di Omissis , nel cui contesto ricopriva un ruolo di primo piano, forte dei suoi rapporti consortili, dei quali si è detto, con F.G., attestati dalle captazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari elementi probatori, questi, che rendevano prive di rilievo le deduzioni difensive secondo cui, nel corso del 2013, i rapporti tra F.G. e il ricorrente si erano interrotti, con l'allontanamento di quest'ultimo dal sodalizio mafioso. Si muovono, del resto, nella stessa direzione probatoria prefigurata da G.V. le dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia V.G., T.G. e M.S., che, pur senza risultare decisive ai fini della ricostruzione del ruolo consortile svolto dal ricorrente nella famiglia mafiosa di Omissis , convergevano ulteriormente sulla posizione di F.G. e di G.N Ne' è possibile reinterpretare le captazioni acquisite nei confronti di G.N., nella direzione, pur pregevolmente esposta, invocata dal suo difensore, in ragione del fatto che, attraverso tale richiesta, ci si limita a proporre, in termini obiettivamente contrastanti con le emergenze probatorie, un'operazione di ermeneutica processuale non consentita in sede di legittimità, per le ragioni su cui ci si è diffusamente soffermati nei paragrafi 1 e 1.1., cui occorre rinviare Sez. U, n. 22741 del 26/02/2015, Sebbar, cit. Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, cit. . 2.1. Ricostruito in questi termini il ruolo consortile svolto da G.N. all'interno del sodalizio mafiosa di cui al capo 1, appaiono pienamente condivisibili le conclusioni alle quali perveniva la Corte di appello di Palermo, che, nel passaggio motivazionale esplicitato a pagina 42 della sentenza impugnata, evidenziava che l'imputato prestando in modo continuativo il suo apporto, peraltro, non limitato a singole attività illecite, si è rapportato al sodalizio come un intraneus ossia con la coscienza e volontà di contribuire attivamente alla realizzazione dell'accordo e del programma delittuoso in modo stabile e permanente . Le conclusioni formulate dalla Corte di appello di Palermo a proposito della posizione associativa di G.N., pertanto, appaiono pienamente rispettose del compendio probatorio acquisito nei suoi confronti e conformi alla giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui il partecipe di un'organizzazione mafiosa deve essere definito, in senso dinamico e funzionale, come colui che, risultando inserito stabilmente e organicamente nella struttura organizzativa dell'associazione mafiosa, non solo e' ma fa parte della . stessa locuzione questa da intendersi non in senso statico, come mera acquisizione di uno status, bensì in senso dinamico e funzionalistico, con riferimento all'effettivo ruolo in cui si è immessi e ai compiti che si è vincolati a svolgere perché l'associazione raggiunga i suoi scopi, restando a disposizione per le attività organizzate della medesima Sez. U, n. 33478 del 12/07/2005, Mannino, Rv. 231671 - 01 . Si tratta, dunque, di ribadire che, sul ruolo associativo svolto da G. all'interno della famiglia mafiosa di Omissis , nell'arco temporale compreso tra il 2011 e il 2013, che gli veniva correttamente contestato al capo 1, il percorso argomentativo seguito dal provvedimento impugnato appare ineccepibile e conforme alla giurisprudenza di legittimità consolidata, da ultimo ribadita dalle Sezioni Unite, secondo cui La condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso si caratterizza per lo stabile inserimento dell'agente nella struttura organizzativa dell'associazione, idoneo, per le specifiche caratteristiche del caso concreto, ad attestare la sua messa a disposizione in favore del sodalizio per il perseguimento dei comuni fini criminosi Sez. U, n. 36958 del 27/05/2021, Modaffari, Rv. 281889 - 02 . 2.2. Le considerazioni esposte impongono di ritenere infondato il primo motivo di ricorso. 3. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso per il secondo motivo con cui si è censurata la violazione di legge e il vizio di motivazione della sentenza impugnata, in riferimento all'art. 416-bis c.p., commi 4 e 6. Tale doglianza veniva articolata in due distinte censure difensive, di cui ci si deve occupare partitamente. 3.1. Deve, innanzitutto, ritenersi infondata la doglianza con cui si è dedotto che la Corte di merito non aveva dato adeguato conto degli elementi probatori sulla base dei quali si riteneva possibile configurare la circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 4, che era stata applicata a G. senza tenere conto delle emergenze probatorie, univocamente orientate in senso favorevole al ricorrente, non essendo provato il suo coinvolgimento nella gestione di armi e di munizioni, riconducibili, direttamente o indirettamente, alla famiglia di Omissis . Osserva, in proposito, il Collegio che, nel caso di specie, la sussistenza degli elementi costitutivi dell'aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 4, derivava dall'accertata disponibilità di armi da parte del sodalizio mafioso di cui G. faceva parte, che si traeva da numerose sentenze definitive, correttamente richiamate nella sentenza impugnata. Ne' era possibile ipotizzare che gli affiliati di una consorteria che godeva di una sicura fama criminale nell'area palermitana, consolidatasi nel corso degli anni grazie al ruolo egemonico svolto nell'area urbana di Omissis , non fossero a conoscenza della disponibilità di armi, peraltro indispensabile ad assicurare il perseguimento degli obiettivi illeciti tipici di tale sodalizio, collegato a Omissis . Non può, in ogni caso, non rilevarsi che la sussistenza degli elementi costitutivi della circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 4, discendeva dall'accertata disponibilità di armi da parte del sodalizio mafioso egemonizzato da F.G., resa evidente dalle conversazioni acquisite nel corso delle indagini preliminari nei confronti di diversi esponenti del sodalizio palermitano. Il riconoscimento della circostanza aggravante in questione, dunque, si fondava sulla disponibilità di armi in capo a una pluralità di affiliati della famiglia di Omissis , tra i quali occorreva comprendere alcuni soggetti con cui il ricorrente interagiva abitualmente. Questi elementi probatori, con specifico riferimento alla posizione di G.N., venivano ulteriormente corroborati dalle dichiarazioni accusatorie rese dal collaboratore di giustizia G.V., che indicava il ricorrente come uno dei collaboratori più stretti di F.G., al quale era stata affidata la responsabilità del mandamento di Omissis , per effetto della quale gestiva una parte delle armi di cui disponeva il sodalizio palermitano. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza della doglianza in esame. 3.2. Analogo giudizio di infondatezza deve essere espresso per la correlata doglianza, con cui si è dedotto che la Corte territoriale non aveva dato esaustivo conto degli elementi probatori sulla base dei quali si riteneva possibile configurare l'aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, che era stata applicata nei confronti di G. senza tenere conto delle emergenze probatorie, non risultando dimostrato che le attività consortili svolte dall'imputato, quand'anche si ritenessero dimostrate, fosse strumentali al reimpiego dei proventi illeciti acquisiti dalla famiglia di Omissis . Non può, in proposito, non rilevarsi che la ricostruzione del ruolo consortile attribuito a G.N., su cui ci si è soffermati nei paragrafi 2.1. e 2.2., consente di ritenere dimostrata la sussistenza degli elementi costitutivi dell'aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, risultando provato che l'attività delittuosa contestata al capo 1 era posta in essere dal ricorrente in stretto collegamento con l'operatività della consorteria mafiosa egemonizzata da F.G., con cui l'imputato operava sinergicamente, soprattutto nel tessuto produttivo palermitano, dove il sodalizio resuttanese era radicato. In questa, univoca, cornice, il riconoscimento della circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, che presenta connotazioni oggettive, essendo collegata alla sfera di operatività della famiglia mafiosa di Omissis , appare rispettoso delle emergenze probatorie e conforme alla giurisprudenza di legittimità consolidata, secondo cui Ai fini della configurabilità dell'aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, che ricorre quando gli associati intendano assumere il controllo di attività economiche, finanziando l'iniziativa, in tutto o in parte, con il prezzo, il prodotto o il profitto di delitti e che ha natura oggettiva dovendo essere riferita all'attività dell'associazione e non alla condotta del singolo partecipe - occorre sia un intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre strutture che offrono gli stessi beni o servizi, sia che l'apporto di capitale corrisponda a un reinvestimento delle utilità procurate dalle azioni criminose, essendo proprio il collegamento tra azioni delittuose e intenti antisociali a richiedere un più efficace intervento repressivo Sez. 5, n. 9108 del 21/10/2019, dep. 2020, Stucci, Rv. 278796 - 01 si vedano, in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 5, n. 12251 del 25/01/2012, Monti, Rv. 252172 - 01 Sez. 6, n. 42385 del 15/10/2009, Ganci, Rv. 244904 - 01 Sez. 6, n. 856 del 14/12/1999, dep. 2000, Campanella, Rv. 216656 - 01 . D'altra parte, la circostanza aggravante prevista dall'art. 416-bis c.p., comma 6, che è certamente applicabile nel caso di specie, ricorre in tutte quelle ipotesi in cui l'attività economica finanziata con il provento dei delitti esecutivi del programma del sodalizio non sia limitata a singole operazioni commerciali o alla gestione di singoli esercizi, ma si concreti nell'intervento in strutture produttive dirette a prevalere, nel territorio di insediamento, sulle altre che offrano beni o servizi analoghi Sez. 5, n. 49334 del 05/11/2019, Corcione, Rv. 277653 - 01 . In altri termini, per la configurazione della circostanza aggravante di cui all'art. 416-bis c.p., comma 6, occorre accertare una peculiare dimensione economica della consorteria criminale, che non deve essere identificata in singole operazioni commerciali, ma in un intervento seriale sul tessuto produttivo del territorio di riferimento, costituito nel caso di specie dall'area controllata dalla famiglia di Omissis , idoneo a determinare un vero e proprio sistema di condizionamento illecito dei segmenti economici oggetto dell'interesse strategico del sodalizio. La natura sistematica del condizionamento mafioso del tessuto produttivo, al contempo, deve essere conseguente al fatto che i capitali impiegati dalla consorteria, di volta in volta considerata, corrispondono a un reinvestimento delle utilità procurate dalle condotte illecite poste in essere, essendo proprio questa spirale sinergica di azioni delittuose e di intenti consortili antisociali - tale da dare vita a un milieu criminale radicato in una determinata area geografica - a richiedere un più efficace intervento repressivo, di cui il riconoscimento dell'aggravante prevista dall'art. 416-bis c.p., comma 6, è espressione. Queste ragioni impongono di ritenere infondata la doglianza in esame. 3.3. Le considerazioni esposte impongono di ribadire l'infondatezza del secondo motivo di ricorso. 4. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto da G.N., con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Consegue, inoltre, a tali statuizioni la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili - Omissis , Associazione Omissis , Sicindustria, Solidaria SCS Onlus e Omissis - che liquida in complessivi 3.600,00 Euro per le prime tre e in complessivi 3.100,00 Euro per le ultime due, oltre, per tutte, accessori di legge. Devono, infine, essere rigettate le richieste di rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Confcommercio di Omissis e Confesercenti di Omissis , risultando le relative istanze depositate tardivamente, essendo state trasmesse, a mezzo PEC, il 3 luglio 2013, senza l'osservanza dei termini prescritti dal D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, convertito, con modificazioni, dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 . P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili Omissis , Associazione Comitato Addiopizzo, Sicindustria, Solidaria SCS Onlus e Omissis - che liquida in complessivi Euro 3.600,00, ciascuna, per le prime tre e in complessivi Euro 3.100,00, ciascuna, per le ultime due, oltre per tutte accessori di legge. Dichiara inammissibili le richieste delle parti civili Confesercenti e Confcommercio Imprese per l'Italia Omissis .