Bimba si siede su una ringhiera, perde l’equilibrio e cade sul tubo della condotta idrica comunale: colpevoli i genitori

Respinta definitivamente l’istanza risarcitoria avanzata nei confronti del Comune. A venti anni di distanza dall’incidente, i giudici inchiodano i genitori della bambina alle loro responsabilità per non avere adeguatamente vigilato sulla figlioletta.

Bambina cade rovinosamente su una conduttura idrica comunale e si ferisce in modo serio. Colpevoli i genitori la loro disattenzione nel monitorare la figlia esclude ogni possibile responsabilità del Comune. Scenario del fattaccio è un piccolo paese in Campania. Ricostruito facilmente nei dettagli l'incidente la bambina – di 8 anni, all'epoca – si è seduta su una ringhiera, tenendo una posizione precaria, e da lì è caduta , finendo pesantemente sul sottostante tubo della condotta idrica comunale. Per i genitori della bambina non ci sono dubbi l'incidente capitato alla loro figlioletta è addebitabile alla responsabilità del Comune , visto il contesto. E questa tesi viene accolta dai giudici del Tribunale, i quali condannano l'ente locale a risarcire adeguatamente madre e padre della piccola vittima della caduta. Di parere opposto, però, sono i giudici di Appello, i quali ritengono colpevoli , invece, i genitori della bambina, addebitando loro la responsabilità per omessa vigilanza della figlia . Ciò significa, ovviamente, nessun addebito a carico del Comune e niente risarcimento per madre e padre della bimba. A chiudere il caso provvedono i giudici di Cassazione, respingendo le obiezioni proposte dai genitori della bambina – divenuta, intanto, maggiorenne – e confermandone, invece, la responsabilità per l' incidente verificatosi nel maggio del 2003. Per i magistrati è corretto parlare di caso fortuito , o, meglio, di fatto colpevole del terzo , dotato di efficacia causale assorbente ed equiparabile al caso fortuito, sia pur soltanto sul piano funzionale , a fronte della disattenzione dei genitori nella sorveglianza della loro figlioletta. Anche tenendo presente la prevedibilità che la bambina, all'età di 8 anni, potesse farsi male, se non vigilata , essendosi ella seduta su una ringhiera sotto cui vi era un elemento pericoloso, cioè un tubo della condotta idrica, tubo che difatti l'ha ferita , concludono i giudici di terzo grado.

Presidente Travaglino – Relatore Graziosi Premesso in fatto che G.G. e P.G. , in proprio e quali legali rappresentanti della figlia minorenne P.A. , convenivano s.p.a. davanti al Tribunale di Salerno per ottenerne il risarcimento dei danni che avrebbe cagionato alla figlia la caduta su un tubo della condotta idrica il 28 maggio 2003 in . La convenuta si costituiva, eccependo difetto di legittimazione passiva per essere la condotta di proprietà del Comune di . Gli attori ottenevano l'autorizzazione a chiamare il Comune suddetto, proponendo nei suoi confronti la stessa domanda risarcitoria in subordine. Il Comune restava contumace. Il Tribunale, con sentenza n. 908/2013 , qualificata la fattispecie come riconducibile all' art. 2051 c.c. , riteneva responsabile e conseguentemente condannava al risarcimento il Comune, condannandolo anche a rifondere le spese, e compensava invece le spese tra gli attori e la società . Il Comune proponeva appello, cui resistevano i G. /P. , con appello incidentale chiedendo la condanna anche della società quest'ultima si costituiva resistendo. La Corte d'appello di Salerno, con sentenza n. 235/2020, rigettava ogni domanda dei G. /P. , ritenendo questi ultimi responsabili per omessa vigilanza della figlia che all'epoca aveva quasi otto anni quale caso fortuito ex art. 2051 c.c. , e confermava il difetto di legittimazione passiva della società compensava le spese tra i G. /P. con la società e li condannava invece a rifondere al Comune le spese di primo grado nonché, previa compensazione per la metà, le residue spese d'appello. Hanno presentato ricorso, composto in tre motivi e illustrato anche con memoria, P.M. , P.G. e G.G. . Si sono difesi con rispettivo controricorso il Comune e la società. Considerato che 1.1 Il primo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 115, 183, comma 6, e 345, comma 3, c.p.c. e omessa pronuncia. Il Comune, costituendosi, aveva prodotto documenti che avrebbe dovuto produrre, pena la decadenza, dinanzi al Tribunale ai sensi dell' art. 183, comma 6, c.p.c. Il giudice d'appello, errando, non li avrebbe esclusi, nè li avrebbe dichiarati inutilizzabili. 1.2 Non si indica quale interesse sorregga questa censura di rito ed è ben noto che i motivi di rito devono essere sorretti da uno specifico interesse del ricorrente, a pena di inammissibilità. 2.1 Il secondo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 2051, 1218, 2697 c.c. , 115 e 116 c.p.c., omesso esame e mancanza di motivazione. Sarebbe giudicato interno la qualifica della domanda come fondata sull' art. 2051 c.c. Si argomenta ampiamente per sostenere, in sintesi, che la corte territoriale non avrebbe accertato eccezionalità e imprevedibilità del caso fortuito, da identificarsi nella omessa vigilanza della figlia - sedutasi sulla ringhiera da cui poi cadde - da parte dei genitori, la quale sarebbe stata invece prevedibile. Il giudice d'appello, per rigettare, avrebbe anche dovuto dimostrare provata la colpa in vigilando dei genitori e la prevedibilità del conseguente evento. Su entrambi i profili si ricostruisce ricorso, pagine 12 ss. la vicenda e si adduce di che cosa la corte territoriale avrebbe dovuto tener conto. Si conclude che la corte avrebbe commesso errore di diritto nel non avere escluso la prevedibilità dell'evento . 2.2 Si tratta di un motivo in cui le argomentazioni versate dai ricorrenti tentano di coprirne la natura direttamente fattuale la corte territoriale ha individuato il caso fortuito rectius, il fatto colpevole del terzo, dotato di efficacia causale assorbente, ed equiparabile al fortuito sia pur soltanto sul piano funzionale, ma non anche morfologico Cass. 11152/2023 nella disattenzione dei genitori alla bambina quel che nel motivo si descrive implica peraltro logicamente la prevedibilità che la bambina, alla sua età, se non era vigilata, poteva farsi male, dato che sedeva su una ringhiera sotto la quale vi era un elemento pericoloso - il tubo della condotta idrica - che in effetti l'ha poi ferita. Il motivo deve pertanto qualificarsi inammissibile. 3.1 Il terzo motivo denuncia, ex art. 360 c.p.c. , comma 1, nn. 3 e 5, violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. nonché vizio motivazionale. Il giudice d'appello ha condannato il ricorrente a rifondere le spese del primo grado, inclusa la CTU, al Comune, che vi era stato contumace. 3.2 La CTU per soccombenza deve essere pagata dagli attuali ricorrenti. Qui però il motivo ha il suo fulcro nella condanna di questi ultimi a rifondere le spese processuali di primo grado al Comune, che non ne aveva sostenute essendo rimasto in quel grado contumace. Il motivo è dunque fondato e infatti nel controricorso il Comune ne tace , ed è evidentemente possibile decidere nel merito eliminando la condanna delle parti attualmente ricorrenti a rifondere al Comune spese processuali di primo grado. 4. In conclusione, disattesi i primi due motivi, il terzo deve essere accolto, decidendo nel merito ut supra. Si compensano le spese con il Comune per la reciproca parziale soccombenza, e si compensano altresì le spese tra i ricorrenti e la società perché questa ictu oculi non aveva alcun interesse a difendersi dal presente ricorso essendo tutti i motivi attinenti alla posizione del Comune, e ciò per quanto solo formalmente il ricorso figuri essere proposto anche contro la società. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo del ricorso, disattesi gli altri, e decidendo nel merito cassa la condanna degli attuali ricorrenti a rifondere le spese del primo grado al Comune di compensa le spese processuali del giudizio di cassazione.