Danno biologico e danno patrimoniale sono distinti

Non c’è alcuna corrispondenza esatta tra entità del danno biologico ed entità del danno patrimoniale da esso causato un danno biologico di lieve entità se interessa, ad esempio, un arto decisivo per il lavoro la mano per lo scalpellino ha un’incidenza assai maggiore di una lesione di grave entità che però non incide sulla capacità di lavoro del danneggiato la zoppia per un lavoratore intellettuale , cosi che il criterio si dimostra del tutto inadeguato a garantire l’integralità del risarcimento come imposta dal sistema delle fonti.

Lo sostiene la Corte di Cassazione nella sentenza 26009, depositata il 6 settembre 2023. La fattispecie Un imbianchino veniva incaricato di intonacare le pareti interne ed esterne di un edificio di proprietà di una donna, da un ingegnere, che lo autorizzava ad utilizzare i ponteggi installati su quell’immobile da un’impresa edile. L’imbianchino, mentre stava intonacando una parete esterna, a causa del cedimento del ponteggio, precipitava da oltre sei metri di altezza, rovinando a terra e riportando lesioni gravi, in particolare ai polsi, oltre che su varie parti del corpo, venendo così costretto ad una lunga riabilitazione, con una accertata invalidità permanente del 38%. Sporgeva, quindi querela, a seguito della quale l’ingegnere veniva imputato del reato di lesioni personali colpose , aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Nasceva una intricata vicenda giudiziaria in sede sia civile che penale, che vedeva protagonisti non solo l’imbianchino e l’ingegnere, ma anche gli eredi dell’impresa edile, le rispettive compagnie assicurative e la donna proprietaria dell’edificio, all’esito della quale la Corte di Appello di confermava la responsabilità in solido dell’ingegnere e degli eredi dell’impresa e confermava per il resto l’obbligo delle assicurazioni verso i loro assicurati. Sulla pronuncia del giudice penale non può intervenire quello civile I giudici penali hanno accertato la responsabilità dell’ingegnere per le lesioni subite dall’imbianchino e questo accertamento è diventato definitivo quanto alle statuizioni civili, su cui vi è stata espressa pronuncia del giudice penale. Tuttavia, nel giudizio civile è stato accertato il concorso di colpa del danneggiato , nonostante anche su tale circostanza fosse sceso il giudicato penale sul punto l’imbianchino osserva come i giudici penali, sia in primo che in secondo grado, in realtà sono stati investiti della questione, ed espressamente hanno escluso un suo concorso di colpa e che, quindi, su tale concorso v’è accertamento del giudice penale, con la conseguenza che è impedito a quello civile un accertamento autonomo. In altre parole, il motivo di ricorso è fondato poiché vi è stata pronuncia dei giudici di merito sul concorso di colpa, anche su tale questione si è formato il giudicato, con conseguente preclusione per il giudice civile. Non c’è ossia alcuna corrispondenza esatta tra entità del danno biologico ed entità del danno patrimoniale da esso causato L’imbianchino contesta, inoltre, l’ entità del risarcimento riconosciutogli per la perdita della capacità lavorativa afferma che il reddito non deve per forza considerarsi contratto nella percentuale di invalidità, ossia di danno biologico, ben potendo una invalidità del 38% quella che gli era stata riconosciuta indurre una contrazione dei guadagnai del 50% o comunque in una misura superiore. Anche stavolta la Cassazione dà ragione all’imbianchino e ribadisce che il criterio secondo cui la contrazione di reddito del danneggiato è equivalente alla invalidità subita è artificioso, non ha alcun fondamento, né ovviamente normativo, né logico, ben potendo una invalidità lieve comportare una grossa contrazione dei guadagni, e viceversa, a seconda del tipo di invalidità. La Suprema Corte accoglie, quindi, questi motivi di ricorso e rinvia alla Corte d’Appello.

Presidente Travaglino – Relatore Cricenti Ritenuto che 1.-F.R. è un imbianchino, che, nei mesi di marzo ed aprile del 1997, è stato incaricato di intonacare le pareti interne ed esterne di un edificio di proprietà della signora A.C., dall'ing. B.R., che lo ha altresì autorizzato ad utilizzare i ponteggi installati su quell'immobile dalla impresa di G.A. Il F., mentre stava intonacando una parete esterna, a causa del cedimento del ponteggio, è precipitato da oltre sei metri di altezza, rovinando a terra e riportando lesioni gravi, in particolare ai polsi, oltre che su varie parti del corpo, ed è stato costretto ad una lunga riabilitazione, con una accertata invalidità permanente del 38%. Il F. ha sporto querela, a seguito della quale l'ing. B. è stato imputato del reato di cui all' art. 590 c.p. , aggravato dalla violazione delle norme antinfortunistiche. Il Tribunale penale di Firenze ha riconosciuto la responsabilità del B., condannandolo, tra l'altro, a rifondere i danni al F., sul presupposto che costui, prima di far salire sul ponteggio l'artigiano, avrebbe dovuto assicurarsi che la struttura fosse idonea e non pericolante. In appello la decisione è stata integralmente confermata. L'ing. B.R. ha proposto ricorso per Cassazione, e questa Corte, in sede penale, con sentenza n. 838 del 2005, ha dichiarato estinto il reato per prescrizione, confermando tuttavia le statuizioni civili dei giudici di merito avverso le quali l'imputato aveva pure proposto motivi di impugnazione. 2.-Dopo la chiusura del procedimento penale, con citazione del 21.12.2005, F.R. ha evocato in giudizio l'ing. B. onde ottenere il risarcimento dei danni subiti a causa dell'incidente. L'ing B. si è costituito ed ha eccepito la responsabilità non sua, ma dell'impresa edile G., chiamando dunque in causa gli eredi di G.A., ossia N.M., G.J., e G.V., nonché la sua compagnia di assicurazione. Gli eredi G. si sono costituiti ed hanno chiamato in causa la loro società di assicurazione, contestando di avere responsabilità nell'accaduto. Conseguentemente, anche le due società assicuratrici dell ‘ingegnere e degli eredi G. si sono costituite, eccependo difetto di copertura e comunque di responsabilità dei loro assicurati. 3.-Il Tribunale di Firenze, in primo grado, ha ritenuto responsabili in solido sia gli eredi G. che l'ing. B., e li ha condannati al risarcimento dei danni, ma ha altresì ritenuto un concorso di colpa nella misura del 20% a carico del F. Ha rigettato le domande di quest'ultimo nei confronti della proprietaria dell'immobile, A.C., ed ha accolto le domande di regresso degli eredi G. e del B. nei confronti delle rispettive società di assicurazione. Il F. ha proposto appello sia per contestare l'attribuzione del concorso di colpa, sia per contestare il mancato riconoscimento del danno pensionistico , sia per contestare il mancato riconoscimento del danno da perdita di reddito, che il Tribunale ha ritenuto non provato. Avverso la decisione del Tribunale hanno proposto appello incidentale sia B., per ottenere un maggiore concorso di colpa del danneggiato, sia gli eredi G., al fine di vedere esclusa la loro responsabilità nell'accaduto. Ma si è costituita altresì A.C., non soccombente in primo grado, per chiedere che fosse respinto l'appello del F. e che, in subordine, venisse dichiarato che il B. era obbligato a tenerla indenne. La Corte di Appello di Firenze ha in parte accolto l'appello principale, confermando la responsabilità in solido dell'ing. B. e degli eredi G., respingendo l'appello incidentale di questi ultimi, e confermando per il resto l'obbligo delle assicurazioni verso i loro assicurati. 4.-Contro questa decisione propone ricorso per Cassazione il F. con tre motivi, ricorso incidentale gli eredi G. con tre motivi di censura, la A.C. con un motivo di ricorso, B. con tre. Rispetto ai ricorsi incidentali, il F. ha notificato e depositato controricorso. Ciascuna parte ha poi depositato memoria. Il PG ha chiesto l'accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, del primo e secondo motivo del ricorso incidentale B., dell'unico motivo del ricorso incidentale A., del terzo motivo del ricorso incidentale G. Considerato che 5.- Il ricorso principale. 5.1.-Il primo motivo di ricorso prospetta violazione degli artt. 651, 538 c.p.p. e 2909 c.c. La tesi è la seguente. I giudici penali hanno accertato la responsabilità del B. per le lesioni subite dal F., e questo accertamento è diventato definitivo quanto alle statuizioni civili, su cui vi è stata espressa pronuncia del giudice penale. Con la conseguenza che si applica il principio di diritto affermato da questa Corte secondo cui qualora, in sede penale, sia stata pronunciata in primo o in secondo grado la condanna, anche generica, alle restituzioni e al risarcimento dei danni cagionati dal reato a favore della parte civile, e la Corte di cassazione, nell'annullare senza rinvio la pronuncia per essere il reato estinto per prescrizione, tenga ferme le statuizioni civili, attesa la sentenza di condanna in primo grado e l'assenza di impugnazione sul punto , una tale decisione dà luogo alla formazione del giudicato sulla statuizione resa dal giudice penale, a norma dell' art. 578 c.p.p. , sulla domanda civile portata nella sede penale, come tale vincolante in ogni altro giudizio tra le stesse parti in cui si verta sulle conseguenze, anche diverse dalle restituzioni o dal risarcimento nella specie, l'annullamento di un testamento , derivanti dal fatto” Cass. 11467/2020 . Il che significa che sull'obbligo di risarcimento del B. non si poteva più discutere nel giudizio civile, ed in effetti non si è discusso. Tuttavia, nel giudizio civile è stato però accertato il concorso di colpa del danneggiato, nonostante anche su tale circostanza fosse sceso il giudicato penale, ciò in quanto i giudici penali si erano occupati della questione del ruolo avuto dal F. ed avevano escluso un qualche concorso di colpa di costui. Conseguentemente, il giudice civile, avrebbe dovuto attenersi al seguente principio di diritto secondo nel giudizio civile risarcitorio il giudicato penale di condanna spiega effetto vincolante ai sensi dell' art. 651 c.p.p. in ordine all'accertamento del nucleo oggettivo del reato nella sua materialità fenomenica e delle circostanze di tempo, luogo e modo di svolgimento di esso, ma non preclude al giudice civile l'accertamento dell'apporto causale del danneggiato - il quale, se di regola è inidoneo ad escludere la responsabilità penale, può ridurre la responsabilità civile del danneggiante ai sensi dell' art. 1227, comma 1, c.c. - ove non sia stato considerato dal giudice penale ai fini dell'accertamento a lui demandato”. Cass. 15392/2018 Cass. 21563/2018 . Il ricorrente osserva come i giudici penali, sia in primo che in secondo grado, in realtà sono stati investiti della questione, ed espressamente hanno escluso un suo concorso di colpa, e che quindi su tale concorso v'è accertamento del giudice penale, con la conseguenza che è impedito a quello civile un accertamento autonomo. Il motivo è fondato. Fermo il richiamo ai principi di diritto sopra citati, il ricorrente riproduce i punti delle sentenze dei giudici penali il Tribunale penale, a pagina 13 riportata a pagina 29 del ricorso ha statuito che nessun rimprovero, invece, può essere mosso all'operaio il quale, ha avuto l'ordine di eseguire un lavoro, senza che la persona che lo aveva impartito avesse curato di accertarsi come sarebbe stato realizzato p. 14, riportata alla pagina 33 del ricorso , per cui non possono addossarsi a lui quelle che sono evidenti violazioni di norme antinfortunistiche . La Corte di Appello penale, poi a pagina 14 richiamata a pagina 35 del ricorso ha ritenuto che il fatto che poi il F. avesse ben visto il ponteggio e che lo avesse anche aggiustato, con l'inserimento di alcune tavole mancanti, non elide affatto la responsabilità del B. perché la normativa antinfortunistica è diretta proprio a prevenire gli effetti negativi di una possibile condotta colposa o imprudente dello stesso lavoratore, qualora non sia esorbitante . V'è poi stato, come si è detto, il ricorso per Cassazione avverso la condanna in sede penale, da parte del B. , che ha fatto impugnazione anche sulle statuizioni civili e che è stata rigettata nel merito. Può dunque dirsi che v'è stata pronuncia dei giudici di merito sul concorso di colpa, e che dunque anche su tale questione si è formato il giudicato, con conseguente preclusione per il giudice civile. 6.- Il secondo motivo prospetta violazione della Cost., art. 11 e 115 e 132 c.p.c. , oltre che motivazione apparente e violazione degli artt. 1223 e 2056 c.c. La questione attiene al risarcimento per la perdita della capacità lavorativa. La Corte di Appello ha accertato, su prova del ricorrente, che costui ha contratto i redditi dopo l'incidente, per i successivi 14 anni durante i quali ha ripreso a lavorare. Il giudice ha risarcito tale perdita prendendo come base di calcolo il reddito di 57760,00, considerando che negli anni successivi invece il reddito medio è stato di 17581,35, notevolmente inferiore al 38% di invalidità. La tesi della Corte di Appello è che, poiché l'invalidità permanente è del 38%, essa non può che avere influito sul calo del reddito esattamente in tale percentuale se il reddito è calato di più del 38% è per altre cause non rilevanti ai fini del risarcimento, con la conseguenza che la perdita di guadagno può essere riconosciuta soltanto nella percentuale della invalidità. Conseguentemente, si è ritenuto che la contrazione del reddito non può che essere della misura del 38% di quello iniziale 57760,00 Euro e che dunque al netto dell'invalidità, negli anni successivi, il reddito avrebbe comunque dovuto essere in media di 21948,00 Euro ossia, per l'appunto, il 38% in meno dei 57760,00 . Il ricorrente contesta questo criterio assumendo che è fittizio, ma soprattutto è basato sull'assunto che il reddito deve per forza considerarsi contratto nella percentuale di invalidità, ossia di danno biologico, mentre non necessariamente questa equivalenza è corretta, ben potendo una invalidità del 38% indurre una contrazione dei guadagnai del 50% o comunque in una misura superiore. Il motivo è fondato. Il criterio secondo cui la contrazione di reddito del danneggiato è equivalente alla invalidità subita è artificioso, non ha alcun fondamento, nè ovviamente normativo, nè logico, ben potendo una invalidità lieve comportare una grossa contrazione dei guadagni, e viceversa, a seconda del tipo di invalidità già in tal senso Cass. 2463/2020 , nei motivi . Non c'è ossia alcuna corrispondenza esatta tra entità del danno biologico ed entità del danno patrimoniale da esso causato un danno biologico di lieve entità se interessa, ad esempio, un arto decisivo per il lavoro la mano per lo scalpellino ha un'incidenza assai maggiore di una lesione di grave entità che però non incide sulla capacità di lavoro del danneggiato la zoppia per un lavoratore intellettuale , cosi che il criterio si dimostra del tutto inadeguato a garantire l'integralità del risarcimento come imposta dal sistema delle fonti 1223 e 2056 c.c. . 7.- Il terzo motivo denuncia violazione della Costituzione, art. 111 nonché 115 e 132 c.p.c. La censura riguarda il capo di sentenza che ha negato il danno pensionistico . Il ricorrente contesta di non aver chiesto il rimborso di contributi inutilmente versati per non aver lavorato durante quel periodo , ma di aver dovuto versare, nel periodo successivo all'infortunio, contributi pensionistici inferiori, data la riduzione del reddito e dato l'aggancio di qui contributi al reddito, di quelli che avrebbe dovuto versare se, non essendogli occorso l'incidente, avrebbe guadagnato quanto guadagnava prima in sostanza, di aver lucrato in seguito una pensione inferiore, atteso il guadagno inferiore dovuto alla invalidità e dunque al versamento di contributi a sua volta inferiore. Il motivo è infondato. La Corte, infatti, non ha frainteso il motivo di appello, nel senso ritenuto dal ricorrente piuttosto ha correttamente compreso che la pretesa era ed è quella di vedersi riconosciuto il danno da minore pensione dovuto al minore guadagno. Ma ha giudicato come non provata tale equazione, ossia ha ritenuto che il ricorrente non ha fornito prova di quale fosse l'entità dei contributi da versare in mancanza di infortunio nè di che li avrebbe effettivamente versati. Ora questo è un accertamento in fatto qui non sindacabile, nè che può essere smentito attraverso l'esame della documentazione prodotta a sostegno della tesi della perdita di pensione, che è esame di fatto piuttosto avrebbe potuto osservarsi che un accertamento della perdita poteva effettuarsi per presunzioni, ma non è questione posta qui dal ricorrente. 8.- Sul ricorso incidentale B. 8.1.- Con il primo motivo di ricorso B.R. denuncia omesso esame di un fatto decisivo. Egli contesta la decisone impugnata nel punto in cui ha riconosciuto al F. il danno da perdita della capacità lavorativa specifica, ed osserva che tale perdita è stata ricavata da presunzioni semplici, oltre che dalla consulenza tecnica, basata a sua volta su valutazioni astratte del perito. Per contro, i giudici di merito non hanno tenuto in alcuna considerazione le prove documentale, ed in particolare le video registrazioni fatte da un investigatore privato che dimostrano la ripresa dell'attività lavorativa. Inoltre, alcun rilievo è stato dato alla percezione di una pensione di invalidità Inail. Il motivo è inammissibile quanto alla prima censura, ma fondato quanto alla seconda. È inammissibile nella misura in cui mira a contestare la valutazione probatoria del giudice di merito, rimessa alla discrezionalità di quest'ultimo, ed inoltre perché, lamentando l'omesso esame di un fatto decisivo, non dice alcunché su tale decisività, nel senso che si limita a prospettare l'esistenza di un video e di altri documenti, ma senza illustrare per quale ragione tali prove avrebbero dimostrato una ripresa lavorativa maggiore di quella accertata dai giudici, e dunque guadagni maggiori, anziché attestare ciò che invece lo stesso ricorrente ha assunto di avere, si, ripreso a lavorare, ma di meno. Ma è fondato quanto alla decurtazione dal risarcimento della rendita INAIL. Sostiene il F. nel controricorso che la questione era stata posta sin dal primo grado, ma non decisa dal Tribunale, e che tale omissione non è stata fatta oggetto di appello incidentale da parte dei convenuti in primo grado, e dunque su quel punto deve ritenersi formato il giudicato. Ma questo argomento urta con quanto risulta dalla stessa sentenza di appello, che, nel riprodurre le domande dell'appellante, riporta proprio quella volta a detrarre la rendita e l'acconto Inail dall'ammontare del risarcimento p. 2 della sentenza , con la conseguenza che il giudice di appello avrebbe dovuto provvedere su tale motivo di impugnazione, o comunque, considerata la questione come introdotta nel giudizio di appello, avrebbe dovuto valutarla a prescindere da una specifica impugnazione Cass. 13819/2017 . 8.2.- Il secondo motivo di ricorso incidentale denuncia violazione dell' art. 346 c.p.c. La decisione impugnata p. 23 ha ritenuto di non dover provvedere sulla domanda di regresso di B. verso la sua assicurazione, in quanto non riproposta in appello per l'ipotesi di riforma del primo grado su quella voce di danno. Ritiene il ricorrente che la domanda di regresso non andasse affatto riproposta in quanto egli non era stato soccombente in primo grado su tale domanda anzi, essendo stata accolta la sua domanda volta ad essere tenuto indenne dalla assicurazione, egli, come del resto ha fatto, doveva solo limitarsi a chiederne conferma, e non aveva onere di riproporla. Il motivo è fondato. È principio di diritto che la parte pienamente vittoriosa nel merito in primo grado, non ha l'onere di proporre, in ipotesi di gravame formulato dal soccombente, appello incidentale per richiamare in discussione le eccezioni o le questioni superate o assorbite, difettando di interesse al riguardo, ma è soltanto tenuta a riproporle espressamente, in modo tale da manifestare la volontà di chiederne il riesame, al fine di evitare la presunzione di rinuncia derivante da un comportamento omissivo ai sensi dell' art. 346 c.p.c. Cass. 25840/2021 Cass. 11653/2020 . Dunque, l'onere di riproporre le domande vale solo ove queste siano state dichiarate assorbite o siano state implicitamente respinte, perché in tal caso potrebbe esserci interesse, nel caso di appello del soccombente, a farle nuovamente oggetto di giudizio, e dunque si spiega come la mancata riproposizione può equivalere a rinuncia. Ma, nel caso presente, invece la domanda del B. era stata in primo grado integralmente accolta, ed espressamente, con la conseguenza che egli non aveva alcun onere di riproporla sotto alcuna forma, potendosi limitare a chiedere la conferma della decisione di primo grado. 8.3- Con il terzo motivo si denuncia violazione dell' art. 91 c.p.c. Il ricorrente si duole del fatto che inizialmente le spese di chiamata in causa di A.C. la proprietaria dell'immobile in cui è avvenuto l'incidente sono state poste a carico del F. che l'ha formalmente chiamata in giudizio, ma poi, su istanza dello stesso F., la decisione è stata corretta e le spese di chiamata sono state imputate invece al B., sul presupposto che costui, con la sua attività difensiva, e depositando una scrittura privata, aveva indotto il F. a citare in giudizio l'A. Il ricorrente assume che era stato il F., nell'intento di voler disconoscere quel documento, che proveniva dalla A., a citarla in giudizio l'A., poi costituendosi l'ha disconosciuto davvero , e dunque si è trattato di una sua esclusiva determinazione, non indotta di certo dalla produzione del documento. Il motivo è infondato. Intanto, le spese verso il chiamato possono essere poste a carico non già di chi ha formalmente effettuato la chiamata in giudizio, bensì della parte soccombente che, con le sue eccezioni, abbia indotto il chiamante a farlo Cass. 249/ 1965 , posto che in tal caso è la condotta di costui che ha determinato la chiamata. La questione di quale influenza abbia avuto l'eccezione, o la produzione documentale del B., è da costui evidenziata per poter togliere efficacia a quel documento il F. ha dovuto citare in giudizio il suo autore, che poi di fatto lo ha disconosciuto, con la conseguenza che senza quella produzione, la chiamata non ci sarebbe stata. 9.- Sul ricorso incidentale degli eredi G. 9.1.- Con il primo motivo si denuncia omesso esame di un fatto rilevante. Si assume come illegittima la presunzione di contrazione dei guadagni. Secondo i ricorrenti incidentali, la Corte di Appello ha desunto una incidenza del danno biologico sulla capacità lavorativa da presunzioni semplici o, peggio, dalla stessa esistenza del danno biologico, quando invece il danneggiato avrebbe dovuto provare una effettiva contrazione dei guadagni. Per contro, i giudici di merito non avrebbero tenuto conto delle prove documentali prodotte in atti, compresa la dichiarazione del ricorrente di avere cessato l'attività nel 2003. Il motivo è inammissibile. Intanto, la censura di omesso esame di fatti rilevanti che poi sarebbero prove non indica la decisività del fatto stesso quale cioè sarebbe stata in realtà la rilevanza di quel fatto per dimostrare che non vi era stata alcuna contrazione dei guadagni nel senso che, per essere decisivi, quei documenti avrebbero dovuto dimostrare una piena ripresa lavorativa, come se l'invalidità non avesse avuto incidenza, posto che, invece, la prova di una mera ripresa lavorativa non è sufficiente, dal momento che si discute di una contrazione dei guadagni e dunque il lavoro è certamente ripreso , anche nella prospettazione del danneggiato. Per il resto si tratta di una censura che mira a rivalutare un giudizio di fatto, ossia quello sulla perdita di capacità lavorativa specifica. 9.2.- Il secondo motivo denuncia anche esso omesso esame di un fatto controverso e rilevante. La tesi è la seguente. La Corte di Appello ha preso a base del calcolo della perdita di capacità di guadagno il reddito del 1996, ma senza tener conto che si trattava di quello effettivamente dichiarato dal ricorrente, bensì di quello risultante da una transazione con Agenzia delle Entrate, conseguente al fatto che in realtà il ricorrente aveva dichiarato reddito negativo per quell'anno, e che aveva ricevuto un accertamento del Fisco che invece postulava guadagni. Secondo i ricorrenti, quella somma non è dunque idonea a fungere da base reddituale o meglio da prova del reddito effettivo del ricorrente. Il motivo è inammissibile e comunque infondato. E ‘inammissibile poiché non si dimostra che la questione era stata dibattuta in appello, e dunque il fatto omesso non può ritenersi controverso. Inoltre, è infondato in quanto il reddito risultante da un accordo con il Fisco è ufficiale, frutto cioè di un accertamento dell'amministrazione fiscale e dunque può ben considerarsi come reddito prodotto dal contribuente. Peraltro, sostenere che si trattava di una transazione con il Fisco comporta a rigore l'implicita conseguenza che il reddito effettivo era persino maggiore di quello considerato dai giudici di merito, altrimenti non sarebbe stata una transazione. 9.3.- Il terzo motivo prospetta sia omesso esame che violazione dell' art. 112 c.p.c. Si assume che era agli atti la questione della detrazione della rendita Inail dal risarcimento, ossia della circostanza che, avendo il ricorrente beneficiato della rendita e dell'indennizzo Inail, le somme relative andavano defalcate dal risarcimento. Questione su cui vi sarebbe stata omessa pronuncia. Si rinvia a quanto detto su 8.1- relativamente al primo motivo del ricorso incidentale B., che in sostanza pone la stessa censura. Questo motivo va dunque accolto. 10. Sul ricorso incidentale di A. A.C. è la proprietaria dell'immobile, vincitrice sin dal primo grado. Nei suoi confronti era stata disposta in un primo momento primo grado condanna alle spese a carico del F., che l'aveva chiamata in giudizio. Poi, la Corte di Appello ha ritenuto che a dover subire le spese fosse il B., che aveva, con un suo documento, indotto il F. a citare in giudizio l'A. v. quanto detto già sub 8.3., terzio motivo del ricorso incidentale B. . La ricorrente lamenta violazione dell' art. 91 c.p.c. , in quanto sostiene che, dopo aver ritenuto obbligato alle spese di lite, nei suoi confronti, il B., ha tuttavia compensato le spese tra lei ed il F., e ciò immotivatamente. Il motivo è fondato. Come si è detto, la Corte di merito ha riformato la statuizione di primo grado quanto alle spese dovute ad A., prima poste a carico del F., e poi, per l'appunto, in appello, imposte a B. Come si è altresì detto, in primo grado la A. era stata citata dal F. perché indottovi dal B. Qui si discute, però, della compensazione delle spese di appello. Se è vero che F. in primo grado è stato indotto da B. a chiamare in causa A. , è altresì vero che, come risulta dalle conclusioni riportare nella sentenza di appello, ha proposto impugnazione anche nei confronti della A. nel merito, con la conseguenza che non può ravvisarsi soccombenza reciproca, salvo, come evidenzia la ricorrente incidentale a ritenere che la reciprocità stia nel fatto che la A. è vincitrice nel merito e soccombente quanto alle spese del primo grado verso F. , spese, come si è detto, imputate invece a B. . Ma tutto ciò è privo di una sia pur minima motivazione. Vanno pertanto accolti sia il ricorso principale che quelli incidentali, nei termini di cui in motivazione. P.Q.M. La Corte accoglie il primo ed il secondo motivo del ricorso principale, rigetta il terzo. Accoglie altresì per quanto di ragione il primo motivo del ricorso incidentale di B.R., nonché il secondo motivo, mentre rigetta il terzo. Accoglie il terzo motivo del ricorso incidentale degli eredi G., dichiara inammissibile il primo e rigetta il secondo. Accoglie il ricorso incidentale di A.C. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze, in diversa composizione anche per le spese.