L’obbligazione del custode giudiziario e la rilevanza dell’interesse creditorio

Con la sentenza n. 25917/2023, nel delineare il contenuto dell'obbligazione del custode giudiziario, la Corte di Cassazione ha precisato che l'interesse creditorio come elemento costitutivo dell'obbligazione rileva sia quale criterio di determinazione della prestazione da eseguire sia quale criterio di valutazione della prestazione eseguita.

Il caso Bello avere una Porsche Carrera 911 , brutto saperla in custodia giudiziaria all'aperto per ben sei anni, terribile constatare che proprio in quel periodo l'autovettura è stata irreversibilmente danneggiata da alcune infiltrazioni d'acqua. Esiste qualcosa di ancora peggio? Ebbene sì proporre nei confronti degli eredi del custode giudiziario e del Ministero della Giustizia una domanda risarcitoria per i danni patiti e vedersela rigettare non già per l'assenza di nesso causale tra il pregiudizio lamentato e la condotta contestata, bensì per l'asserita assenza di antigiuridicità di quest'ultima. È questa la soluzione per cui opta la Corte d'Appello di Torino, riformando la decisione del Tribunale secondo i giudici d'appello, dalle norme giuridiche deputate alla disciplina della custodia giudiziale dei veicoli a motore i.e. art. 59, D.P.R. 115/2002 e D.M. 265/2006 è desumibile quale contenuto naturale” della prestazione dovuta dal custode giudiziario la custodia in luogo aperto, purché recinto, salvo che in due ipotesi peculiari non ravvisabili nella fattispecie concreta, ossia il caso di mezzi di particolare pregio e valore il caso di mezzi la cui configurazione esterna non ne permette una adeguata protezione dalle precipitazioni atmosferiche. La proprietaria del veicolo, però, non si rassegna e ricorre per Cassazione, censurando soprattutto il modo in cui la sentenza aveva delineato il contenuto dell'obbligazione del custode giudiziario. La posizione della Cassazione Con la pronuncia in esame, la Cassazione accoglie la prospettazione della ricorrente, ravvisando l'antigiuridicità della condotta contestata pertanto, cassa la sentenza impugnata e condanna in solido gli eredi del custode giudiziario e il Ministero della Giustizia a risarcire i danni arrecati all'autovettura. Questi i punti principali su cui si fonda l'argomentazione della Suprema Corte l' art. 59 del D.P.R. 115/2002 e il D.M. 265/2006 regolano esclusivamente il compenso del custode dei beni sottoposti a sequestro, senza incidere sulla disciplina delle sue obbligazioni. Invece, l'obbligazione del custode giudiziario , quale ausiliario del giudice che ha disposto il sequestro penale, ha fonte nell' art. 259 c.p.p. la norma prevede lo specifico obbligo di conservazione funzionale alla presentazione della cosa a richiesta dell'autorità giudiziaria e alla sua riconsegna all'avente diritto alla cessazione del vincolo dall' art. 259 c.p.p. deriva un'obbligazione positiva, avente ad oggetto una prestazione specifica , il cui inadempimento determina responsabilità contrattuale ai sensi dell' art. 1218 c.c. v. Cass. civ., 15 febbraio 2023, n. 4738 la prestazione che costituisce oggetto dell'obbligazione positiva derivante dall' art. 259 c.p.p. , oltre ad avere il contenuto tipico di cui all' art. 1177 c.c. i.e. conservazione della cosa funzionale alla successiva riconsegna , è soggetta ai criteri legali di cui agli artt. 1175 c.c. i.e. buona fede e 1176 c.c. i.e. diligenza che ne conformano il contenuto per adeguarla all'interesse creditorio a cui deve corrispondere ai sensi dell' art. 1174 c.c. l'interesse creditorio – che, tanto più a seguito dell'emersione del concetto di causa concreta” v. Cass. civ., Sez. Un., 17 febbraio 2017, n. 4224 Cass. civ., 8 maggio 2006, n. 10490 , deve essere individuato appunto in concreto – costituisce il parametro sia per determinare l'esatto contenuto dell'obbligazione sia per formulare il giudizio di esatto adempimento per un verso, la prestazione si determina secondo lo sforzo diligente normalmente adeguato a soddisfare l'interesse del creditore per altro verso, la prestazione deve considerarsi liberatoria quando abbia comunque conseguito il soddisfacimento di tale interesse, pur non essendo esattamente conforme al previsto per la presenza di irrilevanti inesattezze qualitative o quantitative. Nel delineato quadro di riferimento, ponendo l'attenzione sul caso in esame, la Cassazione conclude che stante l'interesse creditorio dell'avente diritto, l'obbligo del custode si specificava nel dovere di conservare l'autovettura nello stato in cui si trovava al momento del deposito, restituendola con la medesima pregressa funzionalità, salvo il normale logorio correlato al trascorrere del tempo l'obbligazione del custode non era stata adempiuta, in quanto l'autovettura sequestrata aveva subito danni da infiltrazioni d'acqua nel periodo in cui era rimasta in custodia. Di qui, viene configurata la responsabilità risarcitoria solidale degli eredi del custode giudiziario, nonché, ai sensi dell' art. 1228 c.c. , del Ministero della Giustizia.

Presidente Spirito – Relatore Spaziani Fatti di causa 1. La Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale della stessa città, disattesa l'eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal Ministero della Giustizia, ha tuttavia rigettato la domanda risarcitoria proposta da T.V. nei confronti degli eredi di C.F. e del Ministero medesimo, avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivati alla sua autovettura omissis per le infiltrazioni d'acqua che ne avevano compromesso la funzionalità verificatesi nel periodo tra il 2005 e il 2011, allorché il mezzo era rimasto in custodia giudiziaria presso l'autofficina del omissis in base ad un provvedimento di sequestro penale emesso dal Tribunale di Torino. 2. La Corte di merito, pur non ponendo in discussione l'accertamento in fatto compiuto dal primo giudice il quale, attraverso una CTU, aveva accertato che effettivamente l'autovettura in sequestro aveva riportato danni da infiltrazioni d'acqua, liquidabili nell'importo di Euro 6.235,90, durante il periodo in cui era stata custodita presso l'autofficina del omissis , ha tuttavia escluso che essi pregiudizi fossero imputabili ad una condotta antigiuridica tenuta dal custode del bene in questione nel corso del sessennio in cui lo ebbe in deposito e sostanziatasi in una non diligente id est non conforme alla ratio delle disposizioni normative di settore e scriteriata conservazione cioè sistemazione divergente dagli usuali scrupoli dell'autovettura della T. . A tale conclusione la Corte territoriale è pervenuta sul rilievo che dalle norme giuridiche deputate alla disciplina della custodia giudiziale dei veicoli a motore in particolare, il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59 e il D.M. n. 265 del 2006 era desumibile la regola generale secondo la quale la custodia in luogo aperto, purché recinto, costituirebbe il naturale contenuto della prestazione dovuta dal custode giudiziario dei veicoli sequestrati, salvo che si tratti di veicoli a motore di particolare pregio e valore o di veicoli la cui configurazione esterna - come nel caso dei motocicli o delle automobili prive di copertura - non ne permetta una adeguata protezione dalle precipitazioni atmosferiche. Pertanto, poiché, nel caso di specie, non ricorrevano tali eccezionali ipotesi l'autovettura in custodia, immatricolata nel 1996, non priva di copertura esterna, oltre che deprezzata e di contenuto valore per vetustà decennale, recava altresì preesistenti danni da graffi e striature, nonché da incrinatura di uno dei fari posteriori , il custode aveva esattamente adempiuto alla sua obbligazione collocandola e mantenendola in luogo aperto, senza che potesse essere chiamato a rispondere dei danni eventualmente conseguiti a tale collocazione. 3. Propone ricorso per cassazione T.V. sulla base di sette motivi. Non svolgono difese gli eredi di C.F. che restano intimati. Risponde invece con controricorso - proponendo altresì ricorso incidentale condizionato, sorretto da un unico motivo - il Ministero della Giustizia. Fissata la pubblica udienza, il ricorso è stato trattato in camera di consiglio, ai sensi del D.L. n. 137 del 2020, art. 23, comma 8 bis, inserito dalla legge di conversione n. 176 del 2020 norma la cui operatività è stata prorogata dal D.L. 29 dicembre 2022, n. 198, art. 8, comma 8, convertito, con modificazioni, dalla L. 24 febbraio 2023, n. 14 , senza l'intervento del Procuratore Generale e dei difensori delle parti, non avendo nessuno degli interessati fatto richiesta di discussione orale. Il Procuratore Generale ha depositato conclusioni scritte, chiedendo l'accoglimento del ricorso principale, con particolare riferimento al sesto e settimo motivo , e il rigetto di quello incidentale condizionato. Sia la parte ricorrente che il Ministero controricorrente e ricorrente incidentale hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 1.1. Con il primo motivo del ricorso principale proposto da T.V., viene denunciato omesso esame di fatto decisivo e controverso, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 5. Secondo la ricorrente, la sentenza impugnata non avrebbe considerato il fatto storico, da lei dedotto nei propri atti difensivi, nonché oggetto di discussione tra le parti ed avente rilevanza decisiva, che il veicolo era stato tenuto in custodia per sei anni all'aperto con i vetri dei finestrini abbassati. 1.2. Con il secondo motivo, viene denunciata la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. , nonché dell' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 4. La ricorrente sostiene che il fatto storico che per l'intera durata del sequestro il custode aveva tenuto la vettura con i finestrini aperti, oltre che come fatto risultante dagli atti assertivi di parte attrice, sarebbe emerso anche come fatto provato risultante dall'istruttoria pertanto, non dandone atto, la Corte di appello avrebbe violato sia gli artt. 115 e 116 c.p.c. , sia l'obbligo di motivazione costituzionalmente rilevante. 1.3. Con il terzo motivo del ricorso principale, viene denunciata la violazione dell' art. 116 c.p.c. , in correlazione con l' art. 2700 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 4. La sentenza impugnata è censurata per avere fondato la decisione su fatti contrari a quelli risultanti dal verbale di ricognizione redatto il omissis dagli Ufficiali di Polizia Giudiziaria del Centro Operativo di omissis della Direzione Investigativa Antimafia, nel quale si era dato atto che il veicolo, al momento della consegna al custode in seguito al sequestro, era funzionante e in buone condizioni generali, aveva percorso solo 60.000 km circa, recava irrilevanti danni da graffi e striature, nonché da incrinatura di un faro posteriore, ed era dotato di ruotino di scorta e di kit di pronto soccorso pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice di appello, non era affatto deprezzato e di contenuto valore commerciale. 1.4. Con il quarto motivo viene denunciata la nullità della sentenza per violazione dell'art. 115, comma 1, ultima parte, c.p.c., ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 4. Secondo la ricorrente principale, la sentenza impugnata sarebbe ulteriormente viziata per violazione del principio di non contestazione, dal momento che non era stata contestata dai convenuti la circostanza - da lei debitamente allegata già con l'atto di citazione originario e ribadita con la memoria ex art. 183, comma 6, n. 2, c.p.c. che la vettura, al momento della consegna al custode, era funzionante e in buono stato manutentivo. 1.5. Con il quinto motivo del ricorso principale viene denunciata la violazione o falsa applicazione del combinato disposto del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 59 e del D.M. n. 2 settembre 2006 n. 265 , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3. La decisione impugnata è censurata per avere indebitamente tratto dalle disposizioni appena sopra citate - deputate a dettare, non già la disciplina degli obblighi gravanti sul custode giudiziario, ma unicamente quella relativa alla determinazione dell'indennità di custodia dei beni sequestrati - la regola secondo la quale la prestazione che forma oggetto dell'obbligazione del custode di tali beni si sostanzierebbe e si esaurirebbe nella custodia in luogo aperto e recinto e per avere conseguentemente ritenuto che, nel praticare tale modalità di custodia nel caso concreto, il custode giudiziario non avesse tenuto alcuna condotta antigiuridica . 1.6. Con il sesto motivo, T.V. denuncia la violazione o falsa applicazione dell'art. 12 delle disp. gen., ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3, giacché dalla sopra illustrata, erronea interpretazione del combinato disposto del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59 e del D.M. n. 265 del 2006 , la Corte di appello torinese avrebbe tratto, in contrasto con i canoni esegetici prescritti dal citato art. 12 preleggi, implicazioni non prevedute da tali norme. Secondo la ricorrente principale, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte territoriale, il contenuto dell'obbligazione del custode giudiziario avrebbe dovuto essere ricostruito applicando analogicamente all'obbligazione custodiale derivante da sequestro penale, oltre alle regole di cui agli artt. 1176 e 2043 c.c. , quelle di cui agli artt. 1177 e 1768 c.c. dettate per l'obbligazione di custodire derivante da contratto di deposito o da altro rapporto giuridico civilistico , in base alle quali il custode avrebbe dovuto conservare il bene sottoposto a sequestro - mantenendolo nello stato in cui si trovava al momento in cui lo aveva ricevuto e predisponendo tutti i mezzi necessari per impedirne la perdita, il perimento o il deterioramento - sino alla consegna all'avente diritto alla restituzione, usando nella custodia la diligenza del buon padre di famiglia. Avuto riguardo a tali prescrizioni, la Corte territoriale avrebbe dovuto quindi accertare, nella fattispecie, l'inesatto adempimento dell'obbligazione custodiale e, per conseguenza, la responsabilità del custode per i danni subìti, in seguito ad esso, dalla autovettura custodita, salva la prova liberatoria - peraltro, nel caso concreto non fornita dal debitore - che tale inadempimento fosse stato determinato da causa a lui non imputabile, ai sensi dell' art. 1218 c.c. 1.7. Con il settimo motivo del ricorso principale viene denunciata la violazione degli artt. 1176,1177,1218 e 2043 c.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , n. 3. La ricorrente ribadisce che la sentenza impugnata sarebbe incorsa in plurimi errores in iudicando, ricostruendo il contenuto dell'obbligazione del custode giudiziario e formulando il giudizio di esatto adempimento di tale obbligazione nel caso concreto, unicamente sulla base delle norme di cui al Testo Unico in materia di spese di giustizia e al Regolamento recante le tabelle per la determinazione dell'indennità spettante al custode di beni sequestrati, omettendo, per un verso, di considerare che egli è gravato dagli specifici obblighi contemplati dagli artt. 1177 e 1768 c.c. nonché dal dovere generale di neminem laedere di cui all' art. 2043 c.c. , e, per l'altro, di tenere conto delle conseguenze dell'inesatto adempimento previste dall' art. 1218 c.c. . 2. Vanno esaminati preliminarmente - nonché congiuntamente per ragioni di evidente connessione - i motivi dal quinto al settimo, che denunciano un vizio di violazione di legge. Essi sono fondati e dal loro accoglimento restano assorbiti i primi quattro motivi. 2.a. Il D.P.R. n. 115 del 2002, art. 59 nel rinviare alla fonte regolamentare l'approvazione delle tabelle per la determinazione dell'indennità di custodia e il D.M. n. 2 settembre 2006, n. 265 nel prevedere, in attuazione della norma primaria, le tariffe in base alle quali computare la predetta indennità regolano esclusivamente il compenso del custode dei beni sottoposti a sequestro, senza incidere sulla disciplina delle sue obbligazioni. Invece, l'obbligazione del custode giudiziario, quale ausiliario del giudice che ha disposto il sequestro penale, trova la sua fonte nell' art. 259 c.p.p. , che prevede lo specifico obbligo di conservazione, funzionale a quello di presentazione della cosa a richiesta dell'autorità giudiziaria e alla sua riconsegna all'avente diritto alla cessazione del vincolo. 2.b. Da questa norma deriva una obbligazione positiva che, pur in assenza di contratto, si distingue dall'obbligazione generica negativa di neminem laedere che regola la vita di relazione, la cui violazione espone a responsabilità extracontrattuale ex art. 2043 c.c. viene in considerazione, invece, una obbligazione avente ad oggetto una prestazione specifica, il cui inadempimento determina responsabilità contrattuale, ai sensi dell' art. 1218 c.c. Cass. 15 febbraio 2023, n. 4738 . 2.c. La prestazione che forma oggetto di questa obbligazione, oltre ad avere il contenuto tipico dell'obbligazione di custodia predeterminato dalla legge il quale contempla l'obbligo di conservazione, funzionale a quello successivo della consegna art. 1177 c.c. , è altresì soggetta ai criteri legali di determinazione della prestazione, in particolare a quello della buona fede art. 1175 c.c. e a quello della diligenza art. 1176 c.c. , che ne conformano il contenuto, in funzione di adeguarla all'interesse creditorio cui essa deve corrispondere art. 1174 c.c. interesse che va individuato in concreto, quale elemento che nella disciplina generale dell'obbligazione svolge la medesima funzione svolta dalla causa nella disciplina del contratto. 2.d. La rilevanza dell'interesse creditorio, quale interesse specifico che assume connotati diversi da caso a caso, pur nell'ambito di una medesima tipologia di obbligazioni o di obbligazioni che hanno ad oggetto la medesima tipologia di prestazioni, è aumentata con l'emersione del concetto di causa concreta, che esprime la sintesi degli interessi concretamente perseguiti attraverso l'operazione contrattuale, e cioè il suo scopo pratico, dando rilevanza all'interesse individuale delle parti Cass. 8 maggio 2006, n. 10490 Cass., Sez. un., 17 febbraio 2017, n. 4224 . Vi è, infatti, una relazione biunivoca tra la causa del contratto e l'interesse creditorio quando l'obbligazione ha titolo in un rapporto contrattuale, da un lato la causa concreta del contratto consente di determinare l'interesse creditorio dall'altro lato, l'interesse creditorio concorre ad integrare la predetta causa concreta del contratto e, quindi, a determinarne gli effetti naturali Cass. 28 maggio 2020, n. 9997 . 2.e. Quando l'obbligazione non ha titolo in un contratto ma direttamente nella legge, manca ovviamente l'elemento della causa, ma resta quello dell'interesse creditorio dal punto di vista della disciplina generale dell'obbligazione, infatti, poiché la prestazione che forma oggetto del rapporto obbligatorio deve corrispondere all'interesse del creditore art. 1174 c.c. , è a quest'ultimo che occorre guardare per determinarne l'esatto contenuto e per formulare il giudizio di esatto adempimento. 2.f. L'interesse creditorio, dunque, quale elemento costitutivo del rapporto obbligatorio, oltre che come condizione di esistenza dell'obbligazione, nonché come parametro di accertamento della gravità dell'inadempimento art. 1455 c.c. , rileva sia quale criterio di determinazione della prestazione da eseguire sia quale criterio di valutazione della prestazione eseguita per un verso, la prestazione si determina secondo la sforzo diligente normalmente adeguato a soddisfare l'interesse del creditore per altro verso, la prestazione deve considerarsi liberatoria quando essa abbia comunque conseguito il soddisfacimento di tale interesse, pur non essendo esattamente conforme al previsto per la presenza di irrilevanti inesattezze qualitative o quantitative. 2.g. Nel caso di specie, avuto riguardo all'interesse creditorio dell'avente diritto alla riconsegna al momento della cessazione del vincolo penale imposto dal provvedimento di sequestro, l'obbligo del custode si specificava nel dovere di conservare la cosa, per quanto possibile nello stato in cui si trovava al momento del deposito, restituendola all'avente diritto con la medesima pregressa funzionalità, salvo il normale logorio derivante dal tempo. Tale obbligazione non è stata adempiuta, in quanto il giudice del merito ha accertato che l'autovettura sequestrata aveva subito nel periodo in cui era rimasta in custodia danni da infiltrazioni d'acqua che ne avevano compromesso la preesistente funzionalità e che erano quantificabili nella somma di Euro 6.235,90. Come si è già evidenziato, questo accertamento, effettuato dal giudice di primo grado, non è stato messo in dubbio dal giudice di appello che ha escluso la responsabilità del custode sulla base di una erronea ricognizione in iure del contenuto della prestazione che formava oggetto della sua obbligazione. Peraltro, una volta chiarito, in diritto, che il custode era tenuto all'obbligo di ben custodire la cosa in vista della riconsegna, sarebbe spettato al debitore dare la prova della causa non imputabile che aveva determinato l'impossibilità del suo esatto adempimento art. 1218 c.c. Cass. 15 febbraio 2023, n. 4738 , cit. . Devono dunque essere accolti il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale proposto da T.V 3. Tale accoglimento, se da un lato comporta l'assorbimento dei primi quattro motivi del ricorso principale, dall'altro impone l'esame del ricorso incidentale condizionato proposto dal Ministero della Giustizia. 3.1. Con l'unico motivo di questo ricorso, il Ministero denuncia la violazione e/o falsa applicazione della Cost., art. 28, in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3. La sentenza impugnata è censurata per avere rigettato l'eccezione di difetto di legittimazione passiva sollevata dal Ministero medesimo. Il ricorrente incidentale deduce che la responsabilità tratteggiata dalla Cost., art. 28 sarebbe limitata ai funzionari e ai dipendenti dello Stato e degli enti pubblici e pertanto non sarebbe estensibile al custode, quale privato investito, per legge o per nomina del giudice cui deve seguire accettazione , di un pubblico ufficio temporaneo da esercitare sotto il controllo del giudice, di cui è ausiliario . 4. Il motivo è infondato. Il giudice del merito, nel rigettare l'eccezione di difetto di legittimazione passiva del Ministero già condannato in solido con il custode al risarcimento del danno in favore dell'attrice nel giudizio di primo grado , non ha fatto applicazione dell' art. 28 Cost. , ma degli artt. 1229 recte 1228 e 2049 c.c. , reputati applicabili quanto meno in via analogica p.VIII della sentenza impugnata . Sotto tale profilo, la sentenza è corretta in iure, con la precisazione che, vertendosi in tema di responsabilità contrattuale, trova applicazione l' art. 1228 c.c. infatti il custode, oltre a essere debitore diretto dell'avente diritto alla riconsegna del bene ex art. 259 c.p.p. Cass. 15 febbraio 2023, 4738 , cit. , è anche ausiliare dello Stato, che è a sua volta legato da un rapporto obbligatorio privatistico nei confronti dell'avente diritto alla restituzione del bene in sequestro obbligazione che adempie a mezzo del suo ausiliario, del cui operato doloso o colposo risponde. 5. In definitiva, vanno accolti il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale, assorbiti i primi quattro e rigettato il ricorso incidentale condizionato. La sentenza impugnata va cassata in relazione ai motivi accolti. 6. Poiché non sono necessari ulteriori accertamenti in fatto, questa Corte può decidere la causa nel merito art. 384, comma 2, c.p.c. , ripristinando la condanna emessa dal primo giudice, avuto riguardo all'accertamento di merito da esso compiuto, che non è stato posto in discussione dal giudice di appello. Gli eredi di C.F. e il Ministero della Giustizia vanno pertanto condannati, in solido tra loro, a pagare a T.V. la somma di Euro 6.235,94. Questa somma, vertendosi in materia di obbligazione risarcitoria, avente natura di debito di valore, deve essere annualmente rivalutata, secondo gli indici Istat, dal momento dell'inadempimento 30 maggio 2011 sino alla data di pubblicazione della presente sentenza e deve essere accresciuta degli interessi, nella misura legale, da calcolarsi sulla somma capitale annualmente rivalutata sino al saldo v. già Cass., Sez. Un., 17/02/1995, n. 1712 successivamente, Cass. 18/07/2011, n. 15709 Cass. 17/09/2015, n. 18243 . 6.1. Con particolare riguardo al carattere solidale dell'obbligazione degli eredi di C.F., già correttamente affermato dal giudice di primo grado, è appena il caso di evidenziare che trova applicazione, nella fattispecie, il consolidato principio secondo cui il coerede convenuto per il pagamento di un debito ereditario ha l'onere di indicare al creditore questa sua condizione di coobbligato passivo, entro i limiti della propria quota Cass. 05/05/1997 n. 7216 Cass. 12/07/2007 n. 15592 Cass. 31/03/2015 n. 6431 Cass. 13/08/2020, n. 17122 . L'onere di formulare tale dichiarazione, che integra gli estremi dell'istituto processuale dell'eccezione propria con la conseguenza che la sua mancata proposizione consente al creditore di chiedere legittimamente il pagamento per l'intero , sussiste, infatti, allorché - come nella fattispecie in esame - il creditore abbia agito direttamente nei confronti del coerede chiedendone la condanna al pagamento di un debito o peso ereditario, nel qual caso costituiscono fatti impeditivi della pretesa del creditore che il convenuto ha l'onere di dedurre tempestivamente sollevando la relativa eccezione le circostanze relative all'esistenza di altri coeredi e alla divisione pro quota del debito ereditario Cass. 03/02/2023, n. 3391 . Il predetto onere, invece, non sussiste nella diversa ipotesi in cui la qualità di erede e la conseguente legittimazione a stare in giudizio in tale qualità siano sopravvenute all'inizio del processo introdotto nei confronti del titolare originario della situazione soggettiva passiva oggetto di successiva vicenda successoria, nel qual caso, a seguito della prosecuzione, in confronto della pluralità di eredi, del processo iniziato verso il de cuius, si instaura tra di essi una condizione di litisconsorzio processuale necessario, il cui fondamento sostanziale si rinviene nell'opposto principio nomina et debita hereditaria ipso iure dividuntur Cass. 16/12/1971, n. 3681 Cass. 22/11/2016, n. 23705 , in base al quale ciascun erede è tenuto a soddisfare il debito ereditario esclusivamente in ragione della quota attiva in cui succede, e, pertanto, non può essere condannato in solido con i coeredi al pagamento del debito stesso. Nel caso di specie, ricorrendo la prima delle due ipotesi appena considerate, gli eredi di C.F., i quali, restando intimati, non hanno né dedotto né dimostrato di avere sollevato la predetta eccezione in senso proprio, devono essere condannati in via solidale. 7. Le spese dell'intero giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 8. Sussistono i presupposti processuali di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto Cass., Sez. Un., 20/02/2020, n. 4315 . P.Q.M. La Corte accoglie il quinto, il sesto e il settimo motivo del ricorso principale, dichiara assorbiti i primi quattro e rigetta il ricorso incidentale condizionato. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel merito, condanna B.M., C.L., C.G., C.R., quali eredi di C.F., nonché il Ministero della Giustizia, in solido tra loro, a pagare a T. la somma di Euro 6.235,94, da rivalutare annualmente secondo gli indici ISTAT fino alla data di pubblicazione della sentenza e da accrescere degli interessi legali da calcolarsi sulla somma annualmente rivalutata sino al saldo. Condanna B.M., C.L., C.G., C.R., quali eredi di C.F., nonché il Ministero della Giustizia, in solido tra loro, a rimborsare a T.V. le spese del giudizio, che liquida per il primo grado, in Euro 3.600,00 per compensi, oltre gli esborsi liquidati Euro 323,80, le spese generali e gli accessori di legge per il secondo grado, in Euro 3.700,00 per compensi, oltre le spese generali e gli accessori di legge e, per il grado di legittimità, in Euro 3.800,00, oltre le spese generali e gli accessori di legge Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis del citato art. 13, se dovuto.