Condanna confermata per un uomo che ha ripetutamente approcciato, anche a sfondo sessuale, un ragazzino. Decisivo il racconto fornito dalla vittima e confermato dalla sua babysitter e da un carabiniere.
Il fatto che il soggetto vittima di atti persecutori non si autosequestri in casa, ma continui invece ad uscire, non può rendere meno grave l'insopportabile condotta tenuta dallo stalker. A finire sotto processo è un uomo a lui vengono addebitati ripetuti tentativi di approccio – anche dal carattere sessuale – con un ragazzino minorenne a lui sconosciuto. Il quadro probatorio, tracciato dalla giovanissima vittima e confermato dalla sua babysitter e da un carabiniere, è inequivocabile, secondo i giudici di merito, i quali ritengono colpevole, sia in primo che in secondo grado, l'uomo sotto processo e lo sanzionano per il reato di atti persecutori. Col ricorso in Cassazione, però, il legale che difende l'uomo prova a mettere in dubbio la credibilità della versione fornita dalla vittima e in questa ottica sottolinea quelli che, a suo dire, sono elementi significativi, ossia «il travisamento probatorio di elementi processuali dai quali si è desunto un interesse a sfondo sessuale» verso il ragazzino, il carattere non marginale delle «contraddizioni del narrato della vittima, caratterizzato da un progressivo arricchimento», «il carattere non lineare della narrazione» fatta dal ragazzino e, infine, «il carattere meramente episodico degli incontri tra l'uomo e il minorenne». E, ragionando in questa ottica, il legale sostiene anche che si possa catalogare come mere molestie le condotte tenute dal suo cliente, e non certo come atti persecutori. Per i Magistrati di Cassazione, però, come già per i giudici d'Appello, non vi sono appigli per mettere in discussione la veridicità dei racconti fatti dalla giovanissima vittima dello stalker. In sostanza, gli elementi richiamati dalla difesa sono ritenuti non idonei a minare la ricostruzione della vicenda. E ciò vale, aggiungono i Magistrati, anche in merito alle conclusioni relative alla finalità anche a sfondo sessuale delle condotte tenute dall'uomo. Su questo fronte, in particolare, viene richiamata «l'insistenza dell'uomo nel cercare contatti non graditi col minore a lui sconosciuto». In questa prospettiva, poi, «gli indici fattuali valorizzati» tra primo e secondo grado, ossia, in generale, «le richieste di aiuto del ragazzino», confermano, spiegano i magistrati, «le conclusioni comunque raggiungibili sul piano razionale quanto alle conseguenze di insistenti condotte di avvicinamento alla vittima minorenne, persona vulnerabile da parte di un adulto». E «l'insistenza si desume dallo svilupparsi nel tempo delle condotte tenute dall'uomo». Per chiudere il cerchio, infine, i Magistrati sottolineano che «il fatto che la persona offesa continuasse ad uscire non esclude l'evento di danno, posto che il delitto di atti persecutori non richiede affatto, come elemento indefettibile, l'annichilimento della personalità della vittima».
Presidente Catena – Relatore De Marzo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 17 giugno 2022 la Corte d'appello di Roma, salvo ridurre la pena inflitta all'imputato, ha confermato la decisione di primo grado, quanto all'affermazione di responsabilità di G.A., in relazione a delitto di atti persecutori in danno del minore I.L. 2. Nell'interesse dell'imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato ai motivi di seguito enunciati nei limiti richiesti dall'articolo 173 disp. att. c.p.p. 2.1. Con il primo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla riconducibilità all'imputato del fatto, sottolineando che la Corte territoriale aveva aderito acriticamente alle valutazioni espresse dalla sentenza di primo grado, sottraendosi alla verifica richiesta con i motivi di appello, alla luce della prospettata pregressa incidenza, sulla psiche del minore, delle distinte condotte da quest'ultimo attribuite ad un terzo M.M. . In particolare, si lamenta a travisamento probatorio per invenzione di elementi processuali dai quali desumere l'interesse a sfondo sessuale dell'imputato b valutazione apodittica della credibilità intrinseca e della complessiva attendibilità della persona offesa, in relazione al ritenuto carattere marginale delle contraddizioni del suo narrato, caratterizzato ad un progressivo arricchimento c apparenza di motivazione in ordine alla irrilevanza di emergenze processuali relative alla personalità della persona offesa e, in conseguenza, alla sua credibilità, tenuto conto del sottolineato carattere non lineare della narrazione, delle dichiarazioni della teste S. e del carattere meramente episodico degli incontri tra l'imputato e la persona offesa d vizi motivazionali in ordine alla ritenuta sussistenza di elementi di riscontro alle dichiarazioni della persona offesa, anche alla luce dell'invenzione probatoria relativa all'esistenza di video mai acquisiti agli atti. 2.2. Con il secondo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione alla sussistenza degli elementi costitutivi della fattispecie incriminatrice ritenuta, con riguardo, in particolare, alla reiterazione della condotta, al verificarsi di uno degli specifici eventi richiesti dall'articolo 612-bis c.p. e, infine, al nesso di causalità tra gli atti persecutori e questi ultimi, anche alla luce dell'invocata riqualificazione dei fatti, al più, nella contravvenzione di cui all'articolo 660 c.p 2.3. Con il terzo motivo si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, in relazione al diniego delle circostanze attenuanti generiche, per avere, in particolare, la Corte territoriale omesso di apprezzare, a tale fine, quegli stessi elementi l'incensuratezza e il buon comportamento processuale dell'imputato che avevano assunto rilievo ai fini della riduzione del trattamento sanzionatorio. 3. Sono state trasmesse, ai sensi dell'articolo 23, comma 8, D.L. 28/10/2020, numero 137, conv. con L. 18/12/2020, numero 176, le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore generale, Dott. Pasquale Serrao d'Aquino, il quale ha chiesto dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. 4. All'udienza del 9 giugno 2023 si è svolta la discussione orale. Considerato in diritto 1. I primi due motivi possono essere esaminati congiuntamente per la loro stretta connessione logica, dal momento che le conclusioni tratte dai giudici di merito, sul piano della integrazione della fattispecie incriminatrice, criticate nel secondo motivo, traggono alimento dalla ricostruzione fattuale, oggetto delle censure sviluppate nel primo motivo. Ora, sebbene formalmente articolate come critiche alla struttura logica dell'impianto motivazionale, esse, peraltro, attraverso una valorizzazione di singoli frammenti dichiarativi, finiscono per aspirare ad una rivalutazione delle risultanze istruttorie inammissibile in questa sede. Al riguardo, occorre, innanzi tutto, muovere dalla premessa secondo la quale le regole dettate dall'articolo 192, comma 3, c.p.p. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone Sez. U, numero 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214 . In ogni caso, la verifica attraverso indici esterni delle dichiarazioni della persona offesa non si deve tradurre nell'individuazione di prove dotate di autonoma efficacia dimostrativa, dal momento che ciò comporterebbe la vanificazione della rilevanza probatoria delle prime. Alla luce di queste considerazioni, si rileva che la Corte territoriale, oltre a sottolineare il carattere circoscritto delle contraddizioni esaltate in sede di gravame, ha indicato due elementi di conferma della attendibilità delle dichiarazioni tratte da apporti esterni di soggetti disinteressati la deposizione del teste V. e l'annotazione del carabiniere M. sulle quali non si registra una critica specifica e ammissibile in questa sede. Tanto con riferimento alla persona offesa, quanto agli altri apporti narrativi, va ribadito v., di recente, Sez. 5, numero 17568 del 22/03/2021 che è estraneo all'ambito applicativo dell'articolo 606, comma 1, lett. e c.p.p. ogni discorso confutativo sul significato della prova, ovvero di mera contrapposizione dimostrativa, considerato che nessun elemento di prova, per quanto significativo, può essere interpretato per brani nè fuori dal contesto in cui è inserito, sicché gli aspetti del giudizio che consistono nella valutazione e nell'apprezzamento del significato degli elementi acquisiti attengono interamente al merito e non sono rilevanti nel giudizio di legittimità se non quando risulti viziato il discorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa. Sono, pertanto, inammissibili, in sede di legittimità, le censure che siano nella sostanza rivolte a sollecitare soltanto una rivalutazione del risultato probatorio Sez. 5, numero 8094 del 11/01/2007, Ienco, Rv. 236540 conf. ex plurimis, Sez. 5, numero 18542 del 21/01/2011, Carone, Rv. 250168 . Così come sono estranei al sindacato della Corte di cassazione i rilievi in merito al significato della prova ed alla sua capacità dimostrativa Sez. 5, numero 36764 del 24/05/2006, Bevilacqua, Rv. 234605 conf., ex plurimis, Sez. 6, numero 36546 del 03/10/2006, Bruzzese, Rv. 235510 . Pertanto, il vizio di motivazione deducibile in cassazione consente di verificare la conformità allo specifico atto del processo, rilevante e decisivo, della rappresentazione che di esso dà la motivazione del provvedimento impugnato, fermo restando il divieto di rilettura e reinterpretazione nel merito dell'elemento di prova Sez. 1, numero 25117 del 14/07/2006, Stojanovic, Rv. 234167 in altri termini, il vizio di travisamento della prova dichiarativa, per essere deducibile in sede di legittimità, deve avere un oggetto definito e non opinabile, tale da evidenziare la palese e non controvertibile difformità tra il senso intrinseco della singola dichiarazione assunta e quello che il giudice ne abbia inopinatamente tratto ed è pertanto da escludere che integri il suddetto vizio un presunto errore nella valutazione del significato probatorio della dichiarazione medesima Sez. 5, numero 9338 del 12/12/2012, dep. 2013, Maggio, Rv. 255087 conf., ex plurimis, Sez. 5, numero 8188 del 04/12/2017, dep. 2018, Grancini, Rv. 272406 . Alla luce delle superiori considerazioni, s'intende come gli elementi valorizzati in ricorso dalle valutazioni espresse da colei che è stata la baby-sitter del minore che, proprio per questo, sono oggetto, da parte della Corte territoriale, di un apprezzamento che non esibisce alcuna illogicità all'arricchimento nel racconto della persona offesa che, in sé considerato, non denuncia alcuna inattendibilità al dato, assolutamente non circostanziato, del fatto che il minore avesse fatto ricorso alle cure di uno psicoterapeuta alla mancata acquisizione dei video, dal cui contenuto la sentenza di appello dichiara di prescindere, se non per il rilievo che essi sono stati effettuati dal minore a comprova delle sue preoccupazioni per le insistenze dell'imputato appaiono tutti inidonei a scardinare la logicità sia dell'impianto ricostruttivo sia delle conclusioni relative alla finalità anche a sfondo sessuale delle condotte, alla stregua di una massima d'esperienza che riposa sull'insistenza dell'imputato nel cercare contatti non graditi con un minore a lui sconosciuto, in assenza di alcuna ricostruzione alternativa che illumini diversamente una vicenda non altrimenti interpretabile alla stregua della condotta serbata dal G. e non da terzi soggetti. In questa prospettiva, gli indici fattuali valorizzati dai giudici di merito in generale, le richieste di aiuto del minore confermano le conclusioni comunque raggiungibili sul piano razionale quanto alle conseguenze di insistenti condotte di avvicinamento alla vittima, persona vulnerabile da parte di un adulto. L'insistenza si desume non dalla correlazione con le condotte di altro soggetto, ma dal loro svilupparsi nel tempo, secondo quanto rilevato dalla sentenza impugnata, Inoltre, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di atti persecutori, la prova dell'evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura, deve essere ancorata ad elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall'agente ed anche da quest'ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l'evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata Sez. 5, numero 17795 del 02/03/2017, S., Rv. 269621 - 01 . Peraltro, il fatto che la persona offesa continuasse ad uscire non esclude l'evento di danno, posto che il delitto di atti persecutori non richiede affatto, come elemento indefettibile, l'annichilimento della personalità della vittima. Alla luce delle superiori considerazioni, manifestamente infondata è la pretesa di riqualificare il fatto nella fattispecie di cui all'articolo 660 c.p. Infatti, il criterio distintivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all'articolo 660 c.p. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicché si configura il delitto di cui all'articolo 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l'alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all'articolo 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato Sez. 5, numero 15625 del 09/02/2021, R., Rv. 281029 - 01 . 2. Il terzo motivo è inammissibile, dal momento che la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è giustificata, nella sentenza impugnata, con motivazione esente da manifesta illogicità la gravità della condotta desumibile dal numero, dalla connotazione ossessiva anche a sfondo sessuale della condotta per un apprezzabile intensità di tempo, dall'intensità del dolo, anche desumibile dalla violazione delle prescrizioni connesse alla misura non custodiale applicata , che si sottrae, pertanto, al sindacato di questa Corte Sez. 6, numero 42688 del 24/09/2008, Rv. 242419 , anche considerato il principio, espressione della consolidata giurisprudenza di legittimità, secondo cui non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione Sez. 2, numero 3609 del 18/01/2011, Sermone, Rv. 249163 Sez. 6, numero 34364 del 16/06/2010, Giovane, Rv. 248244 . 3. Alla pronuncia di inammissibilità consegue, ex articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché al versamento, in favore della Cassa delle ammende, di una somma che, in ragione delle questioni dedotte, appare equo determinare in Euro 3.000,00. Del pari, il ricorrente va condannato alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, che, in relazione all'attività svolta, vengono liquidate in Euro 5.000,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, che liquida in complessivi Euro cinquemila, oltre accessori di legge. In caso di diffusione del presente provvedimento, si omettano le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell'articolo 52 del D.Lgs. numero 196 del 2003.