Nessun risarcimento per l’alunna che urtata dal compagno si spacca il polso contro la lavagna

Una coppia di genitori ricorreva in giudizio per ottenere il risarcimento danni in quanto, la propria figlia, frequentante la quarta elementare, durante una lezione di lingua tedesca, nel correre velocemente verso la lavagna per scrivere per prima un vocabolo richiesto dalla docente, era stata spinta da un compagno e si era fratturata il polso sbattendo sulla stessa.

È interessante analizzare la dinamica del sinistro , in quanto secondo la testimonianza resa in giudizio dal compagno di classe della minore, consentirebbe di escludere che le lesioni patite dalla ragazzina fossero causalmente connesse all'espletamento dell'attività didattica ritenuta pericolosa. Infatti, il bambino avrebbe affermato che l' urto con la compagna sarebbe stata causato dal fatto che egli aveva perso l'equilibrio per la presenza di una matita per terra . Secondo il Tribunale di prime cure, tale evento si sarebbe potuto verificare in occasione di qualsiasi altra attività didattica, senza poter, quindi, imputare ai convenuti la lesione subita dall'alunna. Secondo i genitori, invece, il Tribunale avrebbe errato nel ritenere, inoltre, l' attività didattica praticata in quel preciso momento priva di rischi . Essa, infatti, richiederebbe la massima diligenza da parte dell'insegnante al fine di evitare cadute e si sarebbe dovuta evitare o regolamentare diversamente, non avendo l'insegnante liberato l'accesso alla lavagna da presunti ostacoli, compresa una matita abbandonata per terra. La doglianza però è inammissibile , poiché i ricorrenti hanno omesso di censurare il capo della sentenza impugnata secondo il quale la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere rigettata /anche perché non era stata raggiunta la prova in merito alla quantificazione dei danni. La S.C. dichiara inammissibile il ricorso in oggetto.

Presidente Travaglino – Relatore Pellecchia Rilevato che 1. Nel 2016, I.F. e T.B. , in qualità di genitori e legali rappresentanti della minore I.E. , convennero in giudizio, innanzi al Giudice di Pace di Trento, l'insegnante elementare C. , il responsabile didattico T. e la Provincia Autonoma di Trento, deducendo che la minore, alunna di quarta elementare nella scuola dove operavano i convenuti, nell'ambito di una lezione di lingua tedesca denominata OMISSIS , consistente nel correre velocemente alla lavagna per scrivere per primo il vocabolo richiesto dalla docente, era stata spinta da un compagno e aveva sbattuto violentemente la mano contro la lavagna, riportando una frattura al polso destro che, trasportata al pronto soccorso, le era stata diagnosticata una frattura lievemente scomposta in sede diafiso - metafisaria di radio e ulna, oltre a danni minori che la bambina, rimasta assente tre giorni da scuola, aveva portato il gesso per tutto il mese di aprile che l'aula dove si era svolto il gioco didattico non era un ambiente collaudato a tali attività che la consulenza medico-legale prodotta stimava un danno permanente del 3%. Chiesero quindi che, accertata e dichiarata la responsabilità dell'evento in capo al personale didattico dipendente, i convenuti venissero condannati, in solido fra loro, al pagamento del risarcimento dei danni, contenuto nel valore massimo di competenza del Giudice di Pace al fine di ottenere un giudizio più spedito. Si costituirono i convenuti, chiedendo il rigetto della domanda attorea stante l'assenza di responsabilità in capo all'insegnante e al dirigente scolastico. In particolare, i convenuti contestarono la dinamica dell'incidente, in quanto la minore era stata spinta da un compagno in maniera del tutto fortuita, imprevedibile ed improvvisa, ed affermarono che il personale della scuola aveva adottato preventivamente tutte le misure disciplinari ed organizzative idonee ad evitare una situazione di pericolo. La C. e il T. eccepirono inoltre, in via preliminare, il difetto di legittimazione passiva ex L. n. 312 del 1980, art. 61 comma 2. Il Giudice di Pace di Trento, con la sentenza n. 228/2018, accolse la domanda attorea, condannando i convenuti in solido al risarcimento dei danni. Il primo giudice ritenne che l'attività posta in essere fosse pericolosa, che l'evento fosse facilmente prevedibile e che i convenuti non avessero fornito la prova di aver adottato tutte le misure idonee, sia sotto il profilo organizzativo che disciplinare, ad evitare il sorgere di situazioni di pericolo tali da determinare la serie causale che aveva prodotto il danno, ravvisando quindi i presupposti della responsabilità di cui all' art. 2048, comma 2, c.c. , in base al quale gli insegnanti rispondono del danno causato dal fatto illecito degli allievi per il tempo in cui si trovano sotto la loro vigilanza e sorveglianza. Quanto alla misura del danno, il Giudice di Pace osservò che la somma richiesta sulla base della consulenza di parte prodotta in atti fosse ragionevole, rendendo superfluo un accertamento di ufficio, anche per ragioni di economia e speditezza processuale. 2. Il Tribunale di Trento, con la sentenza n. 142/2020, depositata il 20 febbraio 2020, ha riformato la sentenza, dichiarando in via preliminare il difetto di legittimazione passiva dell'insegnante e del responsabile didattico e, nel merito, rigettando la domanda risarcitoria. In particolare, con riferimento alla legittimazione della C. e del T. , il giudice dell'appello ha osservato che, nei giudizi risarcitori aventi ad oggetto i danni causati agli alunni imputabili al personale docente dipendente dell'amministrazione statale o provinciale, legittimata passiva è la stessa amministrazione, in virtù del rapporto organico che lega il docente con quest'ultima. Il Tribunale ha poi ritenuto che il giudice di prime cure avesse omesso di valutare le testimonianze rese, dalle quali sarebbe emersa l'adozione, da parte dei convenuti, di misure organizzative e disciplinari idonee a prevenire il fatto, in quanto, prima dell'espletamento dell'attività didattica denominata OMISSIS venivano specificamente imposte agli alunni regole comportamentali ed organizzative, anche mediante la formazione di file ordinate di scolari l'attività veniva presentata durante i corsi di aggiornamento e riportata sui manuali didattici al fine di evitare pregiudizi per gli alunni, venivano rimossi i banchi ed eventuali ostacoli dal percorso la C. aveva partecipato a corsi di formazione in ordine alla prevenzione di infortuni scolastici. Quanto alla dinamica del sinistro, il Tribunale ha affermato che la testimonianza resa in giudizio dal compagno di classe della I. consentiva di escludere che le lesioni patite dalla minore fossero causalmente connesse all'espletamento dell'attività didattica ritenuta pericolosa. Infatti il bambino aveva affermato che l'urto con la compagna sarebbe stata causata dal fatto che egli aveva perso l'equilibrio per la presenza di una matita per terra. Tale evento, secondo il Tribunale, avrebbe potuto verificarsi in occasione di qualsiasi altra attività didattica, anche senza la corsa prevista per il OMISSIS . Pertanto, la lesione non poteva essere imputabile ai convenuti, trattandosi di un evento determinato da causa imprevedibile ed inevitabile, tale da non consentire un efficace intervento, stante la sua repentinità. Infine, il giudice di secondo grado ha ritenuto che il Giudice di pace fosse incorso in errore nel non disporre la CTU medico-legale volta alla valutazione dei danni patiti dalla minore per aver considerato non contestata quanto alla liquidazione del danno la perizia di parte prodotta degli attori in primo grado, stante l'espressa contestazione, da parte dei convenuti, del contenuto della stessa, ivi compresa la quantificazione del danno, in quanto formata in assenza di contraddittorio. Pertanto, secondo il Tribunale, non essendo stata raggiunta la prova in ordine alla quantificazione dei danni, la domanda attorea sul punto avrebbe dovuto essere necessariamente rigettata. 3. Avverso tale sentenza propongono ricorso per cassazione, sulla base di due motivi, i signori I.F. e T.B. . Resistono, con unico controricorso, la Provincia Autonoma di Trento, C. e il Dott. T. . Considerato che 4.1. Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano la violazione ed errata applicazione della normativa di cui L. n. 312 del 1980, art. 61 in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3 . Il Tribunale avrebbe erroneamente dichiarato il difetto di legittimazione passiva dei dipendenti scolastici sulla base della mera esistenza di un rapporto organico tra questi ultimi e la Provincia autonoma di Trento. A differenza di quanto avviene per i dipendenti statali, per i quali la L. n. 312 del 1980, art. 61 prevede la surroga dello Stato per la responsabilità civile, salvo rivalsa in caso di dolo e colpa grave, per i dipendenti della Provincia autonoma di Trento l'esistenza di un rapporto organico non precluderebbe al danneggiato di avviare l'azione risarcitoria anche nei confronti del personale ritenuto civilmente responsabile, in base al principio stabilito dalla Costituzione, art. 28 . La Legge provinciale sulla scuola L.P. 7 agosto 2006, n. 45 , infatti, non avrebbe recepito il principio della surroga, facendo espressamente salva la responsabilità civile stabilita dalle norme vigenti. 4.2. Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano l' infondato richiamo alle norme sul caso fortuito ex art. 2048 c.c. ed insufficiente/contraddittoria motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all' art. 360 c.p.c. , nn. 3 e 5 . Il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che l'attività didattica praticata fosse da considerarsi un'attività ordinaria, scevra da rischi e nell'escludere che le lesioni patite dalla minore fossero causalmente connesse all'espletamento dell'attività didattica, ritenendo l'evento determinato da caso fortuito. L'attività didattica del OMISSIS , al contrario, sarebbe stata pericolosa, richiedendo perciò la massima diligenza da parte dell'insegnante, al fine di evitare cadute. Trattandosi di attività svolta in un'aula di lezione e non in una palestra senza ostacoli, la corsa avrebbe dovuto essere impedita o diversamente regolamentata, con la conseguenza che l'averla ammessa avrebbe senz'altro integrato gli estremi della condotta di per sé gravemente imprudente e negligente. La negligenza sarebbe consistita in ogni caso nel fatto che l'insegnante non aveva controllato la libertà da ostacoli del corridoio di accesso alla lavagna, quale ad esempio la presenza di una matita abbandonata a terra, che avrebbe dovuto essere individuata e raccolta. Inoltre, non sarebbe condivisibile l'assunto del Tribunale secondo cui la perdita di equilibrio da parte del compagno di classe della I. , determinata dalla presenza terra di una matita, avrebbe potuto verificarsi in occasione di qualsiasi altra e diversa attività didattica. Infatti, per esperienza comune, se non vi fosse stata la circostanza della corsa veloce alla lavagna insieme ad altri alunni, la minore non sarebbe scivolata sulla matita. Il Tribunale aveva, pertanto, omesso di considerare che la valutazione dello stato di sicurezza dei luoghi da parte dell'insegnante avrebbe consentito di eliminare la matita per terra, causa ultima della caduta e dell'infortunio. 5.1. Occorre rilevare preliminarmente l'inammissibilità del ricorso per difetto di interesse. I ricorrenti omettono di censurare il capo della sentenza impugnata secondo il quale la domanda risarcitoria avrebbe dovuto essere rigettata anche perché non era stata raggiunta la prova in merito alla quantificazione dei danni. Pertanto, laddove dovessero essere ritenute fondate le censure svolte nei motivi di ricorso, relative alla legittimazione passiva dell'insegnante e del direttore didattico, nonché alla sussistenza della colpa e del nesso di causalità con l'evento dannoso, non potrebbe comunque essere riconosciuto il risarcimento richiesto. 5.1. Tanto esime il collegio dalla valutazione del primo motivo di ricorso, che risulterebbe, peraltro, manifestamente infondato e pertanto destinato al rigetto cfr. Cass. civ. 07/11/2000, n. 14484 e C. Cost., 5 febbraio 1992 n. 64 , al pari del secondo motivo, con il quale i ricorrenti lamentano, del tutto inammissibilmente, un vizio di insufficiente/contraddittoria motivazione , non più censurabile in sede di legittimità. 6. In conclusione il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Le spese del giudizio di legittimità possono essere compensate in considerazione dell'esito alterno dei giudizi di merito. P.Q.M. la Corte dichiara inammissibile il ricorso. Spese compensate. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis del citato art. 13.