Più eredi, un solo avvocato: a chi spetta pagare il compenso professionale?

Nel caso in esame il Tribunale di Fermo ha ordinato, con decreto ingiuntivo, ad alcuni eredi, il pagamento di € 15037,69 in favore dell’avvocato che li ha difesi in un giudizio amministrativo dinanzi al TAR Abruzzo.

L'avvocato in questione ricorre in Cassazione sostenendo che il rapporto professionale era stato costituito per salvaguardare il valore di mercato del bene nell'esercizio dei poteri di amministrazione e di conservazione dei beni ereditari che competevano all'erede beneficiato, sicché l'obbligo di pagare il compenso professionale doveva gravare, quale peso ereditario, anche sugli opponenti , avendo essi accettato l' eredità . Il professionista sottolinea che nella pendenza del giudizio, era stata avviata la liquidazione concorsuale dell'eredità nella quale era stato insinuato il credito professionale, senza che alcuno degli opponenti avesse sollevato eccezioni quest'ultimi avevano, inoltre, accettato l'eredità in data successiva sia all'accettazione con beneficio di inventario da parte di V.C., sia al conferimento del mandato professionale , dovendo rispondere dei debiti ereditari - incluso il compenso professionale - ai sensi dell' art. 511 c.c. - benché l'incarico professionale fosse stato conferito dall'unica erede all'epoca accettante . La doglianza è fondata. La S.C. ricorda che allorquando solo taluni dei chiamati abbiano accettato l'eredità, non è possibile procedere per gli altri alla nomina di un curatore al limitato fine di amministrazione parziale del patrimonio ereditario , per la parte eventualmente spettante al mero e concorrente chiamato all'eredità, non essendo ammessa la giacenza di eredità pro quota Cass. n. 5113/2000 Cass. n. 2611/2001 . Ne consegue che la costituzione del rapporto professionale era necessaria ad avviare le indispensabili iniziative finalizzate alla conservazione del valore dei beni ereditari, nell'esercizio di facoltà che competevano all'unico chiamato accettante nell'interesse anche degli altri artt. 511, 490 n. 2 e 754 c.c. , essendo anche questi ultimi tenuti al pagamento del compenso , per aver successivamente accettato l'eredità, con effetto dall'apertura della successione . Per tutti questi motivi, il Collegio accoglie il ricorso in oggetto.

Presidente D'Ascola – Relatore Fortunato Fatti di causa 1. Con decreto ingiuntivo n. 362/2008, il Tribunale di Fermo ha ordinato a R.V. , R.L. , RI.LU. e R.A.M. , quali eredi beneficiati di F.O. , il pagamento di Euro 15037,69 in favore dell'avv. L.P.R. per la difesa in un giudizio amministrativo dinanzi al Tar Abruzzo avente ad oggetto l'impugnativa di una variante al locale PRG con cui un immobile facente parte dell'asse ereditario, ricompreso in un'area di lottizzazione, era stato privato dell'edificabilità. Avverso l'ingiunzione hanno proposto opposizione LU. e R.L. , titolari della quota ereditaria di un sesto, sostenendo che il mandato professionale era stato conferito dalla sola R.V. , unica chiamata che all'epoca aveva accettato l'eredità con beneficio di inventario , per cui solo quest'ultima doveva rispondere del debito Il Tribunale ha dichiarato l'improcedibilità dell'opposizione per tardiva costituzione degli opponenti, regolando le spese. La sentenza è stata impugnata da L. e RI.LU. , che ne hanno chiesto l'integrale riforma. La Corte anconetana, dichiarata la procedibilità dell'opposizione, ha revocato il decreto ingiuntivo, evidenziando che l'incarico era stato conferito solo da R.V. e che gli opponenti, che solo successivamente avevano accettato l'eredità, erano rimasti estranei al rapporto professionale, affermando che presupposto essenziale ed imprescindibile dell'esistenza di un rapporto di prestazione d'opera professionale, la cui esecuzione sia dedotta dal professionista come titolo del diritto al compenso, è solo l'avvenuto conferimento del relativo incarico. Le argomentazioni di parte appellata secondo cui il conferimento dell'incarico sarebbe avvenuto nell'interesse di tutti gli eredi costituiva la prova evidente che alcun rapporto professionale era mai intervenuto tra l'avv. L. e gli odierni appellanti . Ha posto le spese a carico dell'appellata, con distrazione a favore degli avv.ti F. A. e C.A. , dichiaratisi antistatari. La cassazione della sentenza è chiesta dall'avv. L.P.R. con ricorso affidato a quattro motivi, illustrati con memoria. R.L. , RI.LU. , F. A. e C.A. non hanno depositato atti difensivi. La causa è stata decisa nelle forme di cui all' art. 23, comma 8-bis, D.L. 28 ottobre 2020, n. 137 , convertito con modificazioni dalla L. 18 dicembre 2020, n. 176 . Ragioni della decisione 1. Il primo motivo denuncia la violazione degli artt. 511, 752 e 754 c.c. , sostenendo che l'incarico professionale era stato conferito per impugnare una variante al PRG del Comune di Corropoli con cui era stata mutata la destinazione urbanistica del cespite immobiliare di maggior valore dell'asse, privandolo dell'edificabilità, e che, pertanto, il rapporto professionale era stato costituito per salvaguardare il valore di mercato del bene nell'esercizio dei poteri di amministrazione e di conservazione dei beni ereditari che competevano all'erede beneficiato, sicché l'obbligo di pagare il compenso professionale doveva gravare, quale peso ereditario, anche sugli opponenti, avendo essi accettato l'eredità. Espone la ricorrente che nella pendenza del giudizio, era stata avviata la liquidazione concorsuale dell'eredità nella quale era stato insinuato il credito professionale, senza che alcuno degli opponenti avesse sollevato eccezioni. Il secondo motivo denuncia la violazione dell' art. 111 Cost. e l'omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, per aver la Corte distrettuale omesso di considerare che gli opponenti avevano accettato l'eredità in data successiva sia all'accettazione con beneficio di inventario da parte di R.V. , sia al conferimento del mandato professionale, dovendo rispondere dei debiti ereditari - incluso il compenso professionale - ai sensi dell' art. 511 c.c. - benché l'incarico professionale fosse stato conferito dall'unica erede all'epoca accettante. Il terzo motivo denuncia la violazione degli artt. 91 c.p.c. , 75 disp. att. c.p.c., 5 D.M. n. 55/2014 e 97 Cost., lamentando che la sentenza abbia liquidato, a titolo di spese processuali per l'appello, l'importo di Euro 5200,00 superiore ai massimi tabellari senza dar conto delle ragioni della decisione, trascurando inoltre che il decreto ingiuntivo era stato opposto solo da L. e RI.LU. , tenuti a versare l'importo di Euro 2500,00 ciascuno e che il valore della causa non superava Euro 5200,00. Il quarto motivo denuncia la violazione degli artt. 85-93 c.p.c. , per aver la Corte territoriale disposto la distrazione delle spese processuali in favore dei difensori degli appellanti, che avevano rinunciato al mandato prima della precisazione delle conclusioni. 2. I primi due motivi sono fondati. L'incarico professionale era stato conferito dalla sola R.V. , che all'epoca era l'unica chiamata ad aver accettato con beneficio di inventario l'eredità di R.O. in tale qualità era titolare di poteri di amministrazione e conservazione dell'asse anche nell'interesse degli altri chiamati. Va premesso che, allorquando solo taluni dei chiamati abbiano accettato l'eredità, non è possibile procedere per gli altri alla nomina di un curatore al limitato fine di amministrazione parziale del patrimonio ereditario, per la parte eventualmente spettante al mero e concorrente chiamato all'eredità, non essendo ammessa la giacenza di eredità pro quota Cass. 5113/2000 Cass. 2611/2001 . L'erede accettante succede, quindi, nell'universum ius del de cuius e, avendo diritto di amministrare la sua quota indivisa dell'eredità, non può non coinvolgere nell'esercizio di tale diritto anche la quota degli altri coeredi o di eventuale spettanza di chi sia solo chiamato non accettante Cass. 2611/2001 Cass. 5443/1994 . In effetti, anche il semplice chiamato a succedere ha poteri di amministrazione della massa art. 460 c.c. e può compiere tutti gli atti che non comportino accettazione o che travalichino il semplice mantenimento dello stato di fatto esistente al momento dell'apertura della successione, ad esclusione delle attività che non avrebbe diritto di compiere se non presupponendo di voler far propri i diritti successori art. 460 c.c. Cass. 13738/2005 Cass. 10060/2018 Cass. 14499/2018 . Va perciò considerato che l'iniziativa giudiziale intrapresa da R.V. e il conferimento del mandato professionale rispondevano - in effetti - alla sola esigenza di contestare tempestivamente la legittimità della variante allo strumento urbanistico locale, che aveva privato dell'edificabilità uno dei cespiti più rilevanti dell'asse, non potendosi attendere che gli altri chiamati accettassero l'eredità, occorrendo proporre la domanda dinanzi al g.a. entro un termine perentorio. La costituzione del rapporto professionale era necessaria ad avviare le indispensabili iniziative finalizzate alla conservazione del valore dei beni ereditari, nell'esercizio di facoltà che competevano all'unico chiamato accettante nell'interesse anche degli altri artt. 511, 490 n. 2 e 754 c.c. , essendo anche questi ultimi tenuti al pagamento del compenso, per aver successivamente accettato l'eredità, con effetto dall'apertura della successione La stessa accettazione dell'eredità con beneficio di inventario, da parte di R.V. , le impediva di compiere atti di alienazione dei beni ereditari o comunque atti di amministrazione straordinaria incidenti sulla consistenza dell'asse senza autorizzazione del Tribunale, ma non precludeva l'esercizio dei poteri di conservazione e amministrazione dei beni coerenti con lo scopo di salvaguardare le ragioni dei creditori, essendo indubbio che il deprezzamento del cespite di maggior valore dell'asse avrebbe potuto incidere in misura anche significativa sui risultatati della liquidazione Cass. 5832/1979 Cass. 3294/1968 nel senso che il potere di amministrazione si estende anche alla cosa legata senza che possa diversamente incidere il volere del legatario Cass. 3294/1968 Cass. 5832/1979 Cass. 852/1972, nonché Cass. 3863/1958 secondo cui tra gli atti che l'erede è tenuto a compiere rientra anche l'azione volta a liberare i beni dalle ipoteche iscritte dai creditori dopo l'apertura della successione per l'insussistenza di tale obbligo, data l'inefficacia dell'iscrizione effettuata nel corso della procedura beneficiata Cass. 3863/1970 . La pendenza della liquidazione concorsuale non ostava, infine, alla condanna degli eredi al pagamento del debito, poiché il divieto posto dall' art. 506 c.c. concerne unicamente le azioni esecutive, sicché non impedisce ai creditori ereditari di promuovere nei confronti dell'erede azioni di accertamento e di condanna per procurarsi un titolo giudiziale - accertativo o esecutivo - azionabile per soddisfarsi sul residuo della procedura concorsuale Cass. 4704/2001 , Cass. 8104/2016 Cass. 23398/2022 . In conclusione, sono accolti i primi due motivi di ricorso, con assorbimento delle restanti censure. La sentenza è cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, cui compete anche la regolazione delle spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la regolazione delle spese di legittimità.