Vi è frazionamento abusivo del credito se l’attività svolta dal difensore ha carattere unitario

Le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi, ancorché diversi, si iscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia [ ]

[ ] A meno che l'attore non abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad esercitare l'azione solo per uno o alcuni dei predetti crediti. E' quanto affermato dalla Corte di Cassazione nell'ordinanza n. 25480 depositata il 31 agosto 2023. Con distinti ricorsi un avvocato conveniva innanzi al Tribunale ritenuto territorialmente competente una s.r.l. sua cliente al fine di sentirla condannare al pagamento di compensi professionali. In particolare, l'attore allegava di aver svolto attività professionale nell'interesse della convenuta in un procedimento monitorio, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e in un giudizio di opposizione a precetto. Nel costituirsi in giudizio la società convenuta eccepiva preliminarmente l'improcedibilità della domanda, argomentando che l'attività professionale aveva carattere unitario poiché i tre processi in relazione ai quali era stata svolta erano stati istaurati sulla base di uno stesso titolo esecutivo. Di conseguenza, le distinte iniziative giudiziali per la liquidazione del compenso, nella specie, avevano determinato un frazionamento abusivo di un credito unitario. Disposta la riunione dei ricorsi, il Tribunale adito dichiarava improcedibile la domanda nell'uno e accoglieva la domanda nell'altro. Rilevato il carattere unitario dell'attività professionale, il Tribunale accertava l'abusivo frazionamento del credito. Ricorreva per Cassazione l'avvocato con un unico motivo di ricorso cui resisteva con controricorso la società convenuta. Gli ermellini hanno ritenuto infondato l'unico motivo di ricorso proposto dal ricorrente con il quale quest'ultimo censurava la pronuncia di improcedibilità emessa dal giudice di prime cure sul presupposto che la proposizione delle domande giudiziali di compenso professionale distinte per diverse prestazioni professionali costituisse un caso di frazionamento abusivo del credito. Nella specie, i Giudici di legittimità, hanno evidenziato la correttezza dei presupposti svolti dal Tribunale che partiva dall'orientamento di legittimità spiegato da Cass. S.U. n. 23726/2007 secondo cui ove vi fosse un unico rapporto obbligatorio, il principio di correttezza e buona fede e la garanzia del giusto processo impediscono per il creditore pecuniario di frazionare il credito in più domande giudiziali di adempimento nemmeno scaglionate nel tempo . Per poi arrivare al 2017 quando le Sezioni Unite con due sentenze gemelle cfr. Cass. S.U. 4090 e 4091/2017 hanno impresso una svolta al percorso che è poi stata eseguita dalla giurisprudenza successiva. Tali pronunce in materia di diritto del lavoro hanno pensato al rapporto di lavoro come esempio tipico di rapporto complesso e parlano preferibilmente di rapporto di durata. Con riferimento a tali rapporti complessi e/o di durata si potrebbe parlare di durata complessiva o complessità durevole riconoscono che la disciplina giuridica è intesa a consentire, ove possibile, la trattazione unitaria … e comunque ad attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi . Ne segue l'elaborazione di un complesso principio di diritto che si origina dalla presa d'atto che distinti diritti di credito, benché relativi ad un unico rapporto tra le parti, possono essere tratti ad oggetto di domande in processi distinti. Si introduce però una limitazione fondamentale ove tali pretese creditorie, oltre che far capo ad un medesimo rapporto, rientrino anche in un unico oggettivo di un potenziale giudicato o comunque si fondino sul medesimo fatto costitutivo le relative domande possono proporsi in più processi solo se il creditore dimostri di avere un interesse oggettivamente valutabile ex art. 100 c.p.c. a tali distinte iniziative di tutela giurisdizionale, si da rendere tollerabile il costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente diseconomia nella duplice cognizione di un'identica vicenda sostanziale. Gli ermellini concludono, quindi, affermando che, con riguardo al caso di specie, il rapporto complesso cui sono riferibili i più crediti al compenso professionale oggetto dei distinti ricorsi è quella unica o unitaria vicenda sostanziale valendosi sempre della terminologia di Cass S.U. 4090/2017 in occasione della quale l'avvocato ha prestato la sua attività professionale. Infatti, la nozione di unico rapporto complesso ben si presta a coprire anche le ipotesi di più crediti professionali concernenti l'attività svolta nell'interesse di un cliente nell'ambito di una relazione economica durevole nel tempo che egli intrattenga con altre persone. Rispetto a tali crediti ben si può dimostrare di avere un interesse oggettivamente valutabile alla loro deduzione in distinti processi scaglionati nel tempo secondo il progredire della vicenda o finanche coevi, sebbene ciò si riveli a prima vista più difficile occorre però dimostrarlo in modo persuasivo, ciò che nel caso di specie è mancato anche se il ricorrente era ben consapevole che avrebbe dovuto dimostralo poiché nel proprio ricorso egli stesso richiama l'interesse oggettivamente valutabile.

Presidente Orilia – Relatore Caponi Fatti di causa Con distinti ricorsi l'avv. B.E.A. conveniva dinanzi al Tribunale di Patti omissis s.r.l. per la condanna al pagamento di compensi professionali. L'attore allegava di aver svolto attività professionale nell'interesse della convenuta in un procedimento monitorio, in un giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo e in un giudizio di opposizione a precetto. Nel costituirsi in giudizio la convenuta eccepiva preliminarmente l'improcedibilità della domanda, argomentando che l'attività professionale ha carattere unitario, poiché i tre processi in relazione ai quali è stata svolta sono stati instaurati sulla base di uno stesso titolo esecutivo. Di conseguenza, le distinte iniziative giudiziali per la liquidazione del compenso determinano un frazionamento abusivo di un credito unitario. Disposta la riunione dei ricorsi, il Tribunale dichiara improcedibile la domanda nell'uno e accoglie la domanda nell'altro. Rilevando il carattere unitario dell'attività professionale, il Tribunale ha accertato l'abusivo frazionamento del credito. Ricorre in cassazione l'avv. B. con un unico motivo, illustrato da memoria. Resiste omissis s.r.l. con controricorso. Ragioni della decisione 1. - Con l'unico motivo di ricorso si censura che il Tribunale abbia dichiarato improcedibile uno dei ricorsi per la liquidazione di compenso professionale, poiché ha considerato che la proposizione di domande giudiziali di compenso professionale distinte per diverse prestazioni professionali costituisca un caso di frazionamento abusivo del credito. Si deduce violazione degli artt. 24 Cost. , 2907 c.c., 100 e 112 c.p.c., nonché 1704, 1708, 1709 c.c., 83 c.p.c., 2233 c.c., 13 l. 247/2012, 2 e 4 D.M. n. 55/2014. L'esame nel merito del ricorso non incontra ostacolo nell'eccezione d'inammissibilità del ricorso in quanto notificato a mezzo p.e.c. in formato.pdf non nativo. In ogni caso si applica la sanatoria per conseguimento dello scopo cfr. Cass. SU 7665/2016 . 2. - Il motivo non è fondato. Corretta è la mossa di partenza del Tribunale il confronto con la giurisprudenza delle Sezioni Unite sul frazionamento processuale dei crediti a partire da Cass. SU 23726/2007 , passando poi per Cass. SU 4090 e 4091/2017 . Mutando l'orientamento precedente, Cass. SU 23726/2007 statuirono che, ove vi sia un unico rapporto obbligatorio, il principio di correttezza e buona fede e la garanzia del giusto processo impediscono che il creditore pecuniario possa frazionare il credito in più domande giudiziali di adempimento nemmeno scaglionate nel tempo . Tale parcellizzazione si risolve infatti in abuso degli strumenti processuali. Nell'intervenire con un nuovo grand arrêt nel 2017 anzi con due sentenze gemelle , le Sezioni Unite hanno impresso una svolta al percorso, che è poi stata seguita dalla giurisprudenza successiva. Dopo aver premesso che l'indirizzo inaugurato da Cass. SU 23726/2007 ha sempre fatto riferimento ad un singolo credito, le Sezioni Unite del 2017 hanno inteso estendere l'orientamento ai casi di pluralità di crediti facenti capo a ovvero ve riferibili a ovvero ve relativi a un rapporto complesso. Cass. SU 4090/2017 e 4091/2017 si sono pronunciate in materia di diritto del lavoro, hanno pensato al rapporto di lavoro come esempio tipico di rapporto complesso e parlano preferibilmente di rapporto di durata. Nondimeno l'esordio e l'intera struttura argomentativa abbracciano il rapporto complesso o comunque ascrivono come, d'altra parte, è difficilmente evitabile al termine rapporto di durata un significato ampio e indeterminato. Con riferimento a tali rapporti complessi e/o di durata si potrebbe parlare anche di durata complessa o complessità durevole , Cass. SU 4090 e 4091/2017 riconoscono che la disciplina giuridica è intesa a consentire, ove possibile, la trattazione unitaria e comunque ad attenuare o elidere gli inconvenienti della proposizione e trattazione separata dei medesimi . Illuminano gli esempi Di tale esigenza si è espressamente fatta carico la giurisprudenza di queste Sezioni unite cfr. in particolare Cass. SU 12310/2015 in materia di modificabilità della domanda ex art. 183 c.p.c. , nonché Cass. SU 26242/2014 in materia di patologia negoziale , nella consapevolezza che la trattazione dinanzi a giudici diversi, in contrasto con il principio di economia processuale, di una medesima vicenda ‘esistenziale' presenta risvolti negativi, che secondo le Sezioni unite incidono particolarmente a sulla ‘giustizia' sostanziale della decisione che può essere meglio assicurata veicolando nello stesso processo tutti i diversi aspetti e le possibili ricadute della stessa vicenda, evitando di fornire al giudice la conoscenza parziale di una realtà artificiosamente frammentata b sulla durata ragionevole dei processi in relazione alla possibile duplicazione di attività istruttoria e decisionale c sulla stabilità dei rapporti in relazione al rischio di giudicati contrastanti . Ne segue l'elaborazione di un complesso principio di diritto. Esso si origina dalla presa d'atto che distinti diritti di credito, benché relativi ad un unico rapporto tra le parti, possono essere tratti ad oggetto di domande in processi distinti. Si introduce però una limitazione fondamentale ove tali pretese creditorie, oltre che far capo ad un medesimo rapporto, rientrino anche in un unico ambito oggettivo di un potenziale giudicato o comunque si fondino sul medesimo fatto costitutivo, le relative domande possono proporsi in più processi solo se il creditore dimostri di avere un interesse oggettivamente valutabile ex art. 100 c.p.c. a tali distinte iniziative di tutela giurisdizionale, sì da rendere tollerabile il costo di una duplicazione di attività istruttoria e di una conseguente diseconomia nella duplice cognizione di un'identica vicenda sostanziale. Come si può constatare, ciascuna delle proposizioni che compongono il principio è provvista di parole indeterminate o elastiche, protese ad arginare per le ragioni indicate indietro, nel penultimo capoverso l'ambito in cui è possibile frammentare in più processi la cognizione di una identica vicenda sostanziale . In primo luogo, a proposito di quest'ultima, è da notare che le Sezioni Unite si erano lasciate sfuggire in precedenza un aggettivo poco frequentato nelle argomentazioni giuridiche hanno parlato di vicenda esistenziale , quasi a incorporare, in questa parola comune, poco compromessa da usi pregressi del linguaggio specialistico della giurisprudenza di legittimità, l'apertura di un senso nuovo. Un'apertura di senso presaga altresì di dover affidare la propria consistenza al lavorio della giurisprudenza successiva, al cospetto di vicende della vita mai del tutto identiche tra di loro. In secondo luogo, si parla di più diritti che fanno capo a , sono relativi a o anche sono riferibili a un unico rapporto tra le parti. Il solo aspetto certo del significato di questi termini è negativo essi non indicano necessariamente una connessione fra diritti per identità comunanza di fatto costitutivo. Infatti, tale seconda ipotesi di collegamento è rilevata partitamente o comunque si fondino sul medesimo fatto costitutivo . In terzo luogo, si aggiunge il riferimento ad un unico ambito oggettivo di un potenziale giudicato . È superfluo ricordare la generosa nozione dell'ambito oggettivo del giudicato propria di questa Corte ma si ripensi di nuovo a Cass. SU 26242/20149 per riconoscere che anche tale elemento risponde alla funzione di arginamento menzionata per tacere della flessibilità della locuzione impiegata dalle Sezioni Unite distinti diritti di credito relativi a un medesimo rapporto di durata tra le parti che siano anche, in proiezione, inscrivibili nel medesimo ambito di un possibile giudicato . In quarto luogo, con l'espressione interesse oggettivamente valutabile si tocca il colmo dell'elasticità. Di oggettivamente valutabile in questa espressione vi è soprattutto la sua studiata indeterminatezza. Nè aiuta il caso di specie sul quale Cass. SU 4090 e 4091/2017 si sono pronunciate, poiché hanno rilevato che la parte ben poteva proporre le domande in diversi processi, senza neppure la necessità di verificare la sussistenza di un interesse oggettivamente valutabile a tale separata proposizione . Concretamente, si trattava di un lavoratore che aveva domandato giudizialmente il ricalcolo del premio fedeltà con inclusione dello straordinario prestato a titolo continuativo, dopo aver proposto in precedenza ma sempre dopo la cessazione del rapporto di lavoro una domanda di rideterminazione del trattamento di fine rapporto tenendo conto di alcune voci retributive percepite in via continuativa. A sostegno le Sezioni Unite adducono che gli istituti del TFR e del premio fedeltà hanno diversa fonte legale l'uno e pattizia l'altro , nonché differenti presupposti e finalità, cosicché non risulta che il credito azionato in relazione al premio fedeltà sia inscrivibile nel medesimo ambito oggettivo del giudicato ipotizzabile in relazione alla precedente domanda riguardante la rideterminazione del TFR, nè che i due crediti siano fondati sul medesimo fatto costitutivo. Cass. SU 4090 e 4091/2017 individuano solo due orli dell'ambito di occorrenza di interessi oggettivamente valutabili non si tratta di valutare ‘caso per caso' in relazione al bilanciamento degli interessi di ricorrente e resistente l'azionabilità separata dei diversi crediti, nè tanto meno si tratta di accertare eventuali intenti emulativi o di indagare i comportamenti processuali del creditore agente sul versante psico-soggettivistico. Quel che rileva è che il creditore abbia un interesse oggettivamente valutabile alla proposizione separata di azioni relative a crediti riferibili al medesimo rapporto di durata ed inscrivibili nel medesimo ambito oggettivo di un ipotizzabile giudicato, ovvero fondati sul medesimo fatto costitutivo . In conclusione, molto dipende evidentemente dal senso che la persona interpretante è chiamata ad ascrivere a ciascuno dei giunti elastici contenuti nel principio di diritto enunciato da Cass. SU 4090 e 4091/2017, nonché alla loro combinazione sotto la pressione che può essere anche un'illuminazione del caso da decidere. 3. - Ed allora si rivolge lo sguardo al caso di specie, assumendo ipoteticamente in questo paragrafo la posizione del ricorrente e cercando di esporre la sua tesi nel modo migliore. Il menzionato orientamento delle Sezioni Unite non può essere invocato persuasivamente a fondamento della pronuncia impugnata. Infatti, esso vale allorché le diverse domande traggano origine da un ‘unico rapporto obbligatorio ovvero tendano all'adempimento di una ‘singola obbligazionè, suscettibile di ‘un'unica soluzionè se, invece, come nel caso di specie i crediti sono fondati su diversi fatti costitutivi e se il rapporto obbligatorio non è unitario, non sussiste alcun frazionamento del credito, nè abuso del processo . Infatti, l'attività professionale dell'avvocato nei confronti del cliente rinviene la propria fonte nel contratto di patrocinio che è una specie del mandato ex art. 1703 c.c. In quanto tale, esso non richiede la forma scritta, che è invece richiesta ex art. 83 comma 2 c.p.c. per la procura alle liti. Il conferimento di quest'ultima, congiunto alla redazione scritta di atti processuali ad opera dell'avvocato in rappresentanza della parte, configura altresì di regola il perfezionarsi di un correlativo contratto di patrocinio, che rispetta altresì la forma scritta richiesta ad substantiam quando l'incarico professionale è conferito dalla p.a. cfr. in questo senso, tra le altre Cass. 13963/2006 , 2266/2012 , 3721/2015 . Più in generale, cioè con formulazione non specificamente focalizzata sulla necessità di ravvedere una forma scritta anche per il contratto di patrocinio, si è argomentato Quando la procura, rilasciata per iscritto dal cliente ai sensi dell' art. 83 c.p.c. , venga accettata dal legale attraverso il concreto esercizio del potere rappresentativo emergente dalla sottoscrizione degli atti difensivi , il collegamento necessario, funzionale e di contenuto, tra questi ultimi e la prima consente di ritenere concluso il contratto di patrocinio, sussistendone tutti i requisiti, dall'incontro di volontà tra le parti alla funzione economico-sociale del negozio, all'oggetto ed alla forma che rende possibile l'assoggettamento al controllo così Cass. 3721/2015 , 2266/2012 , cit. . In questo senso sono da interpretare le osservazioni che la procura ad litem è atto geneticamente sostanziale con rilevanza processuale così, espressamente, Cass. 11326/2004 , ma si veda anche Cass. 21924/2006 , 1419/2011 , 20047/2011 . Consonanti affermazioni si riscontrano in dottrina. Pertanto, il diritto del difensore al compenso professionale rinviene nella procura alle liti la propria fonte autonoma. Ne segue che distinte procure alle liti rilasciate per diversi processi o diversi gradi di processo costituiscono fonti ex art. 1173 c.c. di altrettante obbligazioni da distinti contratti di patrocinio. Ciò esclude appunto la rilevanza nel caso di specie dell'orientamento giurisprudenziale sui limiti del frazionamento giudiziale di crediti unitari sul piano sostanziale, riferito nel paragrafo precedente 2. . Infatti, quell'orientamento muove dal presupposto di un rapporto obbligatorio unitario, che non si dà invece nel caso di specie. L'argomentazione del provvedimento impugnato presenta poi autonomi aspetti di debolezza, poiché invoca a proprio fondamento pronunce giurisprudenziali coerenti con questa impostazione, tra le quali, in particolare, Cass. 26060/2013 , che sottende un caso del seguente tenore. Il cliente aveva rilasciato una procura alle liti congiuntamente a due difensori e uno dei due aveva ottenuto nei confronti dell'altro difensore un decreto ingiuntivo di pagamento del correlativo compenso professionale, avendo allegato lo svolgimento di attività professionale su incarico e per conto dell'altro avvocato. Accogliendo il ricorso per cassazione proposto da quest'ultimo, Cass. 26060/2013 ha argomentato che la distinzione tra rapporto endoprocessuale nascente dalla procura ad litem e rapporto di patrocinio in virtù del quale si è ritenuto possibile nella giurisprudenza di questa Corte individuare come cliente, e cioè obbligato al pagamento del compenso nei confronti dell'avvocato, un soggetto diverso da colui che ha rilasciato la procura non esclude la necessità di provare il conferimento dell'incarico da parte del terzo, dovendosi, in difetto, presumere che il cliente è colui che ha rilasciato la procura ossia, nel caso di specie la società che aveva conferito la procura alle liti congiunta e non l'avvocato destinatario dell'ingiunzione di pagamento. Il corsivo sottolinea come tale dictum presuppone logicamente l'impostazione, poc'anzi richiamata, che la procura alle liti rilasciata dalla parte al difensore configura altresì, di regola, la stipulazione di un contratto di patrocinio tra avvocato e cliente. Il contratto di patrocinio acquista un rilievo autonomo rispetto alla procura alle liti nelle ipotesi in cui l'avvocato chiede il pagamento del compenso professionale a chi non gli ha rilasciato la procura alle liti. Cfr. anche Cass. 4959/2012 , secondo la quale obbligato a corrispondere il compenso professionale al difensore può ben essere una persona diversa da chi gli ha rilasciato la procura alle liti, ma in tal caso chi agisce per il compenso ha l'onere di provare il conferimento dell'incarico da parte del terzo e che quindi il rapporto di patrocinio è sorto con quest'ultimo , mentre in difetto di tale prova si deve presumere che il cliente sia chi ha rilasciato la procura alle liti. Un ulteriore sostegno argomentativo alla tesi del ricorrente può provenire dall' art. 83 ult. co. c.p.c. La procura si presume conferita soltanto per un determinato grado del processo, quando nell'atto non è espressa volontà diversa . Da ciò può desumersi che la configurazione sostanziale normale che il nostro ordinamento ha impresso alla procura speciale alle liti e quindi al sottostante contratto di patrocinio è quella di una limitazione ad un determinato grado del processo. Ciò può significare che l'avvocato che agisce in giudizio per il diritto al compenso in maniera distinta e ripartita secondo le procure alle liti che ha ricevuto, non frammenta indebitamente a livello processuale un credito che il diritto sostanziale ha concepito come unitario, ma agisce in linea con la configurazione sostanziale che l'ordinamento ha dato alla procura alle liti, al contratto di patrocinio e quindi al diritto al compenso dell'avvocato. Ne può seguire che l'avvocato non è onerato di indicare alcun specifico interesse che giustifichi la deduzione frazionata in giudizio, proprio perché non fraziona alcunché, ma proietta a livello processuale una manifestazione di autonomia negoziale, indicata dall'ordinamento come scelta di default cioè la procura si commisura normalmente al grado di giudizio . In altre parole, l' art. 83 ult. co. c.p.c. costringe a prendere atto che la necessità di tutelare giurisdizional-mente, in più gradi del processo, un pur unitario rapporto obbligatorio di credito può far germinare una pluralità di diritti al compenso per l'attività dell'avvocato o degli avvocati, pluralità che si commisura al numero delle procure. A sua volta la pluralità delle procure alle liti può avere ragioni, che il nostro ordinamento dà per scontate laddove richiede una esplicita manifestazione di volontà per una procura alle liti che si estenda al di là di un determinato grado del processo. 4.- Pur collocata nella migliore luce che a questo Collegio è parsa possibile in tutto l'arco del precedente paragrafo 3 , la tesi del ricorrente non convince. Essa non convince perché, a parere del Collegio, che qui applica l' art. 360-bis n. 1 c.p.c. , l'argomentazione del ricorso non offre elementi per mutare l'orientamento di questa Corte, quale si è delineato in precedenza paragrafo 2 . Tuttavia, il ricorso non è inammissibile, ma va rigettato nel merito, poiché ha offerto comunque argomenti per corroborare tale orientamento cfr. sempre l' art. 360-bis, n. 1 c.p.c. . Infatti, come si è già tratteggiato, la tesi del ricorrente ha offerto l'occa-sione di ritornare a mettere a fuoco il senso dell'operazione compiuta dalle pronunce delle Sezioni Unite del 2017 Cass. SU 4090 e 4091/2017 rispetto a Cass. SU 23726/2007 . Se è vero infatti che le pronunce gemelle del 2017 si collocano sulla scia del leading case del 2007, è ancora di più vero che esse hanno illuminato il percorso con una luce propria, che il ricorrente non ha voluto cogliere, dal momento che ha praticamente appiattito il senso delle pronunce del 2017 su quello della pronuncia del 2007. Indizio preciso di ciò è l'insistenza, che percorre tutto il ricorso, sull'argomento che il conferimento di distinte procure per diversi giudizi ed il conseguente svolgimento di distinte attività professionali esclude in radice l'unitarietà del rapporto e quindi la possibilità di applicare l'orientamento giurisprudenziale sull'abusivo frazionamento del credito, che presuppone l'unicità del rapporto obbligatorio. Con ciò, il ricorrente manifesta di non aver colto a sufficienza che, con le pronunce delle Sezioni Unite del 2017, è cambiato lo spartito. Il fulcro non è più tanto l'unità dell'obbligazione e l'abusivo frazionamento processuale del credito da essa sorto termini che infatti ricorrono frequentemente nella parte espositiva dello stato dell'arte, ma quasi mai nella parte ricostruttiva di quelle sentenze . Già il fatto che la raffigurazione del rapporto obbligatorio unico è colorata dal riferimento ad un rapporto di durata del tutto peculiare come il rapporto di lavoro, a sua volta aggregato di rapporti obbligatori più semplici impianto tanto complesso e peculiare dall'aver generato un tempo una nuova partizione del diritto induce a cogliere che le Sezioni Unite del 2017 hanno spostato l'asse del ragionamento. È l'immagine del rapporto di lavoro, tenuta costantemente presente dalle Sezioni Unite del 2017 che consente di circoscrivere un ambito di significati a termini altrimenti difficilmente afferrabili nella loro vaghezza, come pluralità di diritti che fanno capo a , sono relativi a o anche sono riferibili a un rapporto complesso tra le parti. Dopo aver così esteso la nozione del rapporto obbligatorio unico, per rimanere sulla scia di fondo aperta da Cass. SU 23726/2007 senza urtare contro la garanzia costituzionale del diritto di azione art. 24 comma 1 Cost. , Cass. SU 4090 e 4091/2017 hanno riscoperto il punto di equilibrio, che dal 1942 è chiamato a svolgere questa funzione l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. Infatti, dopo aver ricordato che l'interesse ad agire esprime il rapporto di utilità tra la lesione lamentata e la specifica tutela richiesta , le Sezioni Unite chiamano la classica condizione dell'azione a svolgere anche qui un compito nella prospettiva di un esercizio responsabile del diritto di azione , cosicché l'interesse ad agire ex art. 100 c.p.c. condiziona non solo l'an, ma anche - ove si tratti di una domanda giudiziale che investa una parte o un frammento di una più ampia vicenda sostanziale - anche il quomodo, cioè l' estensione oggettiva della tutela le parole tra virgolette sono tratte da Cass. SU 4090/2017 , p. 11 . Tale è appunto il compito affidato al concetto di interesse oggettivamente valutabile cfr. indietro, paragrafo 2 , che diventa il fulcro dell'orientamento giurisprudenziale cui qui s'intende dare continuità e che offre il punto di vista dal quale rileggere gli altri elementi elastici che compongono il principio di diritto espresso da Cass. SU 4090 e 4091/2017, a partire dalla stessa nozione di unico rapporto complesso cui fanno capo i più crediti, che sono da dedurre congiuntamente in giudizio, salvo che l'attore dimostri di avere un interesse oggettivamente valutabile a dedurli in distinti processi. In questa prospettiva, significativo e comprensibile è il lavorio inteso ad estendere ragionevolmente le nozioni di medesimo rapporto complesso o medesimo rapporto di durata e di medesimo fatto costitutivo ad opera delle pronunce che si sono poste sulla scia di Cass. SU 4090 e 4091/2017. Tra le molte, significativa è per esempio Cass. 24371/2021 , ove si è affermato che le domande relative a diritti di credito analoghi per oggetto e per titolo non possono essere proposte in giudizi diversi quando i relativi fatti costitutivi, ancorché diversi, si inscrivano nell'ambito di una relazione unitaria tra le parti, anche di mero fatto, caratterizzante la concreta vicenda da cui deriva la controversia, a meno che l'attore non abbia un interesse oggettivo, il cui accertamento compete al giudice di merito, ad esercitare l'azione solo per uno o alcuni dei predetti crediti. Nel caso di specie, Cass. 24371/2021 ha cassato la pronuncia di merito che - dando esclusivo rilievo all'inesistenza di un unico incarico professionale - aveva escluso la parcellizzazione del credito in un'ipotesi in cui un avvocato aveva ottenuto una pluralità di decreti ingiuntivi, tutti uguali tra loro perché fondati su identici riconoscimenti di debito, emessi a fronte dell'attività professionale svolta in maniera seriale e continuativa nell'ambito di un unico rapporto pluriennale. Cass. 24371/2021 precisa infine che l'improponibilità della domanda non esplica autorità di cosa giudicata sostanziale ex art. 2909 c.c. e quindi non preclude al creditore la facoltà di riproporre la stessa in giudizio, in cumulo oggettivo ex art. 104 c.p.c. con tutte le altre relative agli analoghi crediti sorti nell'ambito della menzionata relazione unitaria tra le parti. In conclusione, con lo sguardo rivolto al caso di specie, il rapporto complesso cui sono riferibili i più crediti al compenso professionale oggetto dei distinti ricorsi è quella unica o unitaria vicenda sostanziale valendosi sempre della terminologia di Cass. SU 4090/2017 in occasione della quale l'avvocato ha prestato la sua attività professionale. Infatti, la nozione di unico rapporto complesso come si è visto nel capoverso precedente ben si presta a coprire anche le ipotesi di più crediti professionali concernenti l'attività svolta nell'interesse di un cliente nell'ambito di una relazione economica durevole nel tempo che egli intrattenga con altre persone. Rispetto a tali crediti ben si può dimostrare di avere un interesse oggettivamente valutabile alla loro deduzione in distinti processi scaglionati nel tempo secondo il progredire della vicenda o finanche coevi, sebbene ciò si riveli a prima vista più difficile . Occorre però dimostrarlo in modo persuasivo. Nel caso di specie tale dimostrazione è mancata ed il ricorrente era ben consapevole di doverla dare, poiché egli stesso richiama l'interesse oggettivamente valutabile a p. 7 del ricorso . Va da sé che questa pronuncia - come si è già parzialmente visto - dà continuità agli specifici precedenti su fattispecie similari, emanati da questa Corte sulla scia di Cass. SU 4090 e 4091/2017. Hanno dato seguito a tale indirizzo, riscontrando il difetto di interesse a promuovere più giudizi, tra le altre, le pronunce seguenti. Cass. 31012/2017 , 17893/2018 un perito assicurativo aveva svolto più perizie per conto una compagnia di assicurazioni, emesso più fatture e promosso distinti giudizi evocando un generico rischio di prescrizione. Cass. 6591/2019 improponibili domande di risarcimento del danno da lucro cessante nei confronti dell'Agenzia delle Dogane e Monopoli per dismissione di apparecchi da gioco risultati poi irregolari dopo l'iniziale nullaosta della convenuta infatti le società attrici avevano domandato il risarcimento del danno emergente in un precedente giudizio. Cass. 31308/2019 negato l'interesse al frazionamento dei crediti professionali di un avvocato che aveva assistito una banca in una serie di relazioni con una medesima controparte. Cass. 337/2020 non meritevole di tutela la scelta dell'attore di frazionare il suo credito al fine di adire il giudice di pace, così da ottenere una decisione più rapida. Cass. 24371/2021 è stata già citata in precedenza. Da ultimo, cfr. Cass. 24657/2023 ed altre 8 discusse all'adunanza camerale dell'8/3/2020 della Seconda Sezione Civile centinaia di decreti ingiuntivi relativi al pagamento di prestazioni professionali legali relativi ad incarichi che si inserivano in un'unica convenzione tra le parti. 5. - Il ricorso è rigettato. Le spese seguono la soccombenza. Ai sensi dell' art. 13 comma 1-quater D.P.R. n. 115 del 2002 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna la parte ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio in favore della parte controricorrente, che liquida in Euro 4.000,00 oltre a Euro 200,00 per esborsi, alle spese generali, pari al 15% sui compensi, e agli accessori di legge. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista per il ricorso a titolo di contributo unificato, se dovuto.