Molluschi con carica microbica non consentita: ristoratore colpevole per i mancati controlli

Nessuna giustificazione, chiariscono i giudici, a fronte della mancata disponibilità di strumenti idonei a misurare la contaminazione batterica dei molluschi.

Colpevole il titolare del ristorante che ha in frigo molluschi che, destinati ad essere consumati dai clienti, presentano una carica microbica non consentita. Nessuna giustificazione a fronte della mancata disponibilità di strumenti idonei a misurare la contaminazione batterica dei molluschi. Mitili contaminati. A finire sotto processo è un ristoratore che, a seguito di un controllo nel suo locale, si vede addebitata una condotta precisa, ossia l'avere impiegato per la preparazione di alcuni piatti sostanze alimentari – mitili, per la precisione – con cariche microbiche superiori ai limiti consentiti. Il quadro probatorio è ritenuto sufficiente dai giudici del Tribunale, i quali condannano il ristoratore a pagare 1.000 euro di ammenda. Per il legale che difende il titolare del ristorante, però, la decisione del Tribunale rappresenta una forzatura, poiché non si è considerato che «egli non disponeva né poteva disporre di strumenti per verificare la presenza di cariche microbiche superiori ai limiti nei mitili» oggetto di processo. Impossibile, quindi, secondo il legale, ipotizzare la colpevolezza del ristoratore, anche tenendo presente che «il prodotto ittico sequestrato era ben conservato in una ‘cella frigo' e» per giunta «era stato acquistato lo stesso giorno dell'accertamento». Controlli. Per ribattere alle obiezioni difensive i magistrati di Cassazione ribadiscono, normativa alla mano, che «la disciplina in materia di tutela della genuinità dei prodotti alimentari posti in commercio prevede una speciale disposizione atta ad esentare chi, come il ristoratore, sia semplicemente il soggetto che pone in commercio il prodotto alimentare che presenti caratteristiche» sanzionabili a livello penale. In sostanza, il ristoratore è escluso dal raggio di applicazione della normativa in quanto tratti prodotti in confezioni originali. E tale indicazione va interpretata, aggiungono i giudici, nel senso che «per confezione originale si intende ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l'integrità della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione ed ad essere aperto esclusivamente dal consumatore», col corollario che «quando i prodotti non sono confezionati in involucri o recipienti sigillati, che non ne consentono l'analisi senza il loro deterioramento o la loro distruzione, il commerciante risponde a titolo di colpa della non corrispondenza del prodotto alimentare alla norma di legge». Ciò posto, non risultando che i prodotti alimentari, costituiti da mitili, rinvenuti presso il ristorante, mostrassero tali caratteristiche di impacchettamento, «è sicuramente fattore inidoneo a elidere la colpa del ristorante la circostanza che egli abbia personalmente conservato correttamente i prodotti in questione e che non fosse in grado di svolgere degli accurati controlli sulla contaminazione batterica presente o meno sui prodotti», dovendosi ritenere che «chi intenda esercitare un determinato commercio debba dotarsi dei mezzi idonei acciocché quest'ultimo venga esercitato lecitamente, essendo colposo, quantomeno per imprudenza, il comportamento del titolare del ristorante che, non essendo in grado di svolgere opportuni controlli, si assuma il rischio di acquistare per la rivendita prodotti alimentari contaminati», concludono i magistrati.

Presidente Marini – Relatore Gentili Ritenuto in fatto In data 4 aprile 2022, con sentenza del Tribunale di Civitavecchia. C.A. , imputato, in qualità di rappresentante legale de omissis Srl , del reato previsto dagli articolo 5, comma 1, lett. c , e 6 L. numero 283 del 1962, è stato condannato alla pena di Euro 1.000, 00 di ammenda. La sentenza di primo grado è stata impugnata dal difensore di fiducia del C. , con lo strumento dell'appello, avendo quello formulato tre motivi di doglianza. Con il primo attinente alla affermazione della responsabilità penale del ricorrente, è stata dedotta la contraddittorietà ed incongruenza logica della motivazione resa in ordine alla ritenuta sussistenza della colpevolezza deiìimputato in particolare, ii Tribunaie di Civitavecchia non avrebbe considerato come i venditore del prodotto alimentare non disponga ne possa disporre di strumenti per verificare la presenza in esso di cariche microbiche superiori ai limiti richiamati dall'articolo 5, comma 1, lett. c della L. numero 283 del 2000 dai che discenderebbe l'impossibilità di ritenere la colpevolezza della dell'imputato In particolare, il tribunale di Civitavecchia non avrebbe considerato come il venditore del prodotto alimentare non disponga ne possa disporre di strumenti per verificare la presenza in esso di cariche microbiche superiori ai limiti di legge chiamati dalla L.numero 283 del 2000 articolo 5 comma 1 lettera c Dal che discenderebbe l'impossibilità di ritenere la colpevolezza della condotta del C. . Nella specie, dalle risultanze dibattimentali sarebbe emerso che il prodotto ittico sequestrato era ben conservato in una cella frigo ed era stato acquistato lo stesso giorno dell'accertamento. Col secondo motivo di ricorso, è stata invocata l'applicazione dell'articolo 131-bis c.p., ricorrendone ritiene il ricorrente tutti i presupposti. Col terzo motivo, la difesa del C. ha lamentato che la pena, a suo avviso eccessiva, sarebbe stata motivata dal Tribunale di Civitavecchia solo con ricorso a clausole di stile, ne ha, perciò, chiesto la rideterminazione nei minimi edittali. Con memoria del 13 marzo 2023, la difesa del ricorrente ha ulteriormente illustrato le proprie lagnanze, insistendo per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Deve, preliminarmente, darsi atto che, essendo stato il C. condannato esclusivamente alla pena dell'ammenda, la sentenza emessa a suo carico non è suscettibile di essere gravata di appello pertanto, la impugnazione presentala & lila difesa deiniriputato neiia forma dei gravame, deve essere convertita in ricorso per rnccn7ione, essendo, tuttavia, la stessa soggetta ai limiti contenutistici previsti per tale forma di impugnazione. Il ricorso proposto è inammissibile e, pertanto, lo stesso per tale deve essere dichiarato. Come è noto la disciplina in materia di tutela della genuinità dei prodotti alimentari posti in commercio, dettata specificamente dalla L. numero 283 del 1962 e sue successive modificazioni, prevede, all'articolo 19 di detta legge, una speciale disposizione atta ad esentare chi, come l'attuale ricorrente, sia semplicemente il suuuetto che pone in commercio il prodotto alimentare che presenti le caratteristiche che la citata disciplina sanziona penalmente questi, infatti, e escluso dal raggio di applicazione della normativa in questione in quanto tratti, in tal modo volendo intendere le varie condotte considerate dalle disposizioni incriminatrici prodotti in confezioni originali tale indicazione normativa è stata interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte regolatrice nel senso che per confezione originale si intende ogni recipiente o contenitore chiuso, destinato a garantire l'integrità originaria della sostanza alimentare da qualsiasi manomissione eri ad essere aperto esclusivamente dai consumatore, con il corollario che, quando i prodotti alimentari non sono confezionati in involucri o recipienti sigillati, che non ne consentono l'analisi senza il loro deterioramento o la loro distruzione, il commerciante risponde a titolo di colpa della non corrispondenza del prodotto alimentare alla norma di legge Corte di cassazione, Sezione III penale, 7 febbraio 2013, numero 5975 . Ciò posto, non risultando che i prodotti alimentari, costituiti da mitili, rinvenuti presso l'esercizio commerciale gestito dalla società della quale il C. è legale rappresentante mostrassero tali caratteristiche di impacchettamento, la doglianza in ordine all'insussistenza del fatto dedotta dal ricorrente come primo motivo di ricorso non ha ragion d'essere, essendo fattore sicuramente inidoneo a eiidere la colpa dello stesso la circostanza che egli abbia personalmente conservato correttamente i prodotti in questione che non fosse in grado di svolgere degli accurati controlli sulla contaminazione batterica presente o meno suoli stessi, dovendosi ritenere che, chi intenda esercitare un determinato commercio, debba dotarsi dei mezzi idonei acciocché quest'ultimo meglio esercitato lecitamente essendo colposo quantomeno per imprudenza il comportamento di chi, non essendo in grado di svolgere opportuni controlli si assuma il rischio di acquistare per la rivendita prodotti alimentari contaminati. Quanto al secondo motivo di impugnazione, coi quale il ricorrente si è doluto della mancata qualificazione del fatto nell'ambito della fattispecie non punibile per effetto dell'articolo 131-bis c.p., si rile-va che la doglianza è, in questa sede di legittimità, inammissibile. Deve, infatti, rilevarsi che la questione ora dedotta, e presentata all'attenzione dell'organo giudicante in conformità dello strumento processuale deiìappeiio, erroneamente, prescelto dalla difesa dei ricorrente onde insorgere contro la sentenza di primo grado, non era stato assolutamente posto all'esame del Tribunale fatta questa premessa deve altresì rilevarsi che astratta ammissibilità della causa di non punibilità non ha in alcun modo inciso la non trascurabile modifica che all'istituto della non punibilità per la particolare tenuità dei fatto è stata apportata per effetto dell'entrata in vigore del DLGS numero 150 del 2022 sulla base di tali considerazioni deve escludersi che i ricorrente abbia potuto porre all'attenzione dell'attuale giudicante la questione solo in quanto la stessa P divenuta attuale per effetto della innovazione normativa. Tanto rilevato, va detto che, secondo un certo, recentissimo, orientamento giurisprudenziale che, solo ad una prima lettura, parrebbe contrapporsi a guanto in passato ebbero a sostenere anche le Sezioni unite di questa Corte, le quali limitarono l'ambito della primaria deducibilità dei tenia di fronte a questa Corte, nei solo caso in Citi id disciplina di cui l 131 -bis c.p. fosse sopravvenuta alla pronunzia della sentenza oggetto di ricorso in sede di legittimità Corte di Sezioni unite penali, 6 aprile 2016, numero 13681, e, nello stesso senso, fra ie altre, anche Corte di cassazione, Sezione V penale 10 febbraio 2022, numero 4835 – l'applicabilità della causa di non punibilità di cui all'articolo 131-bis c.p., come novellato dall'articolo 1, comma 1, lett. c , numero 1, del dl numero 150 del 2022, in ragione della natura sostanziale dell'istituto, oltre ad essere questione deducibile per la prima volta nei aiudizio di legittimità in quanto non proponibile ifi precedenza, può essere rilevata dalla Corte anche di ufficio ex articolo 609, comma 2, c.p.p., Pur in caso di ricorso inammissibile Corte di cassazione, Sezione IV penale, 7 marzo 2023, numero 9466 . Ma, ritiene questo Collegio, la corretta interpretazione anche del riportato precedente, ricavabile dal chiaro testo della decisione ricordata, deve essere nel senso che la questione avente ad oggetto l'applicabilità dell'articolo 131-bis c.p., solo ove non proponibiie con il gravame o nei corso dei giudizio di appello, sarà deducibile e rilevabile d'ufficio ai sensi dell'articolo 609 c.2 c.p.p. anche di fronte alla Corte rii cassazione volendo con cin intendersi che ciffatta deducibilità od anche rilevabilità di ufficio sarà riscontrabile esclusivamente nei casi in cui l'esistenza di una condizione astrattamente ostativa alla riconducibilità della fattispecie nell'alveo dell'articolo 131 bis c.p. sia venuta meno per effetto dell'entrata in vigore del di lq0 del 2022, nella pòrte in cui esso ha innovato l'ambito operativo della disposizione citata. Poiché, nel caso di specie, siffatta condizione non si è avverata, la questione avente ad oggetto la particolare tenuità del fatto non è deducibile, per la prima volta, di fronte a questa Corte di legittimità. Quanto al terzo ed ultimo motivo di doglianza, afferente al preteso mancato rispetto dei criteri prefissati dal legislatore ai fini della determinazione della sanzione, si rileva che, indubbiamente quella irrogata a carico del C. è una pena legale, essendo stata la stessa indicata nell'ambito della forcella edittale stabilita in via astratta dai legislatore per la repressione delle condotte del tipo di quella contestata all'odierno ricorrente quanto all'adombrato vizi0 di motivazione nella sua dosimetria, si rileva che, essendo stata concretamente applicata la sola pena pecuniaria, in un reato che prevede l'astratta comminatoria della pena alternativa, Ii giudice non è tenuto ad esporre diffusamente le ragioni in base alle quali ha applicato la sanzione pecuniaria, perché, avendo l'imputato beneficiato di un trattamento obiettivamente i.,id favorevole rispetto all'altra più rigorosa indicazione della norma, è sufficiente che dalla motivazione sui punto risulti come nei caso di specie, essendo stata indicata la pena irrogata come pena congrua la considerazione conclusiva e determinante in base a cui è stata adottata la decisione, ben potendo esaurirsi tale motivazione nell'accenno all'equità quale criterio adeguato e sufficiente Corte di cassazione, Sezione III penale, 18 settembre 2015, numero 37867 . Alla luce degli elementi sopra indicati, non essendo all'evidenza risultata viziata la sentenza impugnata, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile ed il ricorrente deve essere condannato, visto l'articolo 616 c.p.p., al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. PQM Dichiara inammissibile ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000.00 in favore della Cassa delle Ammende.