Risoluzione contrattuale e fallimento: quando le domande svolte in sede ordinaria sono improcedibili?

In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza funzionale inderogabile del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile anche per ragioni di connessione. Ne deriva che nell’opposizione a decreto ingiuntivo, il fallimento del creditore opposto non determina l’improcedibilità dell’opposizione.

Anche in una fattispecie anteriore l'entrata in vigore dell' art. 72, comma 5, l. fall . come modificato dal d.lgs. 169/2007 la domanda di risoluzione contrattuale svolta nei confronti della controparte contrattuale poi fallita può legittimamente proseguire in sede ordinaria solo se proposta anteriormente la dichiarazione di fallimento e trascritta prima della sentenza dichiarativa di fallimento, ferma la necessità di svolgere in sede fallimentare ex art. 93 e seguenti, l. fall. eventuali pretese restitutorie e/o risarcitorie. Nella vicenda in esame, una signora aveva stipulato con una s.r.l. un contratto per la fornitura di arredamento di un bar. Il contratto prevedeva il versamento di un acconto regolarmente corrisposto dall'acquirente e il saldo mediante leasing con una società finanziaria di fiducia della stessa s.r.l. La fornitura degli arredi risultava però viziata ed incompleta ed il finanziamento non veniva accettato. La signora agiva quindi in giudizio per ottenere la risoluzione del contratto con la s.r.l., la restituzione dell'acconto e il risarcimento del danno. Di contro la s.r.l. – rimasta contumace nel giudizio – otteneva decreto ingiuntivo per il saldo prezzo. L'acquirente svolgeva allora opposizione a decreto ingiuntivo e i due giudizi venivano riuniti. Nel frattempo, la s.r.l. falliva e la signora riassumeva il giudizio insistendo solo per la domanda di risoluzione con rinuncia a tutte le pretese che avrebbero comportato condanna per la controparte. Per tali voci svolgeva quindi – per tali voci – domanda di insinuazione nel passivo del fallimento della s.r.l. Il Tribunale in primo grado revocava il decreto ingiuntivo e dichiarava la risoluzione del contratto con conseguente condanna della s.r.l. alla restituzione del pagamento parziale inizialmente ricevuto, oltre interessi e spese legali. La curatela fallimentare proponeva appello e la Corte d'Appello riformava la sentenza impugnata. Le domande di restituzione e di opposizione a decreto ingiuntivo venivano dichiarate improcedibili sulla base del fatto che la signora nei propri atti dichiarava sì di rinunciare alle domande che avrebbero comportato una condanna per la controparte, ma poi in realtà le riproponeva in sede di precisazione delle conclusioni determinandone così la reviviscenza”. La signora ricorre quindi in Cassazione. Con il primo motivo di ricorso la signora lamenta il fatto che la Corte d'Appello abbia giudicato improcedibili le domande svolte in via ordinaria comportanti condanna della s.r.l. pur avendo la parte rinunciato alle medesime. In realtà, come descritto sopra, la signora aveva dichiarato di rinunciare a tali pretese negli atti di causa, ma alla fine le ha riproposte in sede di precisazione delle conclusioni. In altri termini, spiega la Cassazione, l'acquirente aveva correttamente coltivato la domanda di risoluzione contrattuale introdotta prima del fallimento che, come dispone l' art. 72, comma 5, l. fall . nel caso di specie l'articolo applicabile ratione temporis era quello nella versione ante d.lgs. 169/2007 , ma la giurisprudenza era giunta già ad approdi e orientamenti conformi alla successiva modifica legislativa , può proseguire legittimamente nonostante l'intervenuto fallimento se introdotta e trascritta prima della procedura concorsuale Cass. 3953/2016 Analoga corsia” però non è concessa alle pretese relative ad eventuali effetti restitutori e/o risarcitori collegati, giacché questi sono assoggettati alle regole del concorso e devono quindi farsi valere con domanda di insinuazione al passivo . In sostanza rimane di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria solo la domanda di risoluzione contrattuale per finalità estranee alla partecipazione al concorso come la liberazione da obblighi contrattuali o l'escussione di una garanzia di terzi . A nulla rileva sostenere che il risarcimento del danno e/o la restituzione di acconti versati sono conseguenze automatiche” per legge della risoluzione contrattuale. Ricordano infatti gli Ermellini che tali statuizioni non possono essere assunte d'ufficio dal giudice perché sono nella disponibilità delle parti che devono svolgere specifiche domande sul punto. In questo senso non sussiste quindi alcun automatismo” . Con il secondo motivo la ricorrente ha censurato la decisione della Corte d'Appello nella parte in cui era stata giudicata improcedibile anche la domanda di risoluzione contrattuale sebbene introdotta prima del fallimento. Come sopra indicato, la prosecuzione in sede ordinaria della risoluzione contrattuale è possibile solo se la domanda relativa è stata introdotta e trascritta prima del fallimento della parte convenuta e solo se mossa da finalità estranee al concorso. La Suprema Corte ricorda che simile approdo è conforme anche pronunce recenti riferite all'attuale versione dell' art. 72, comma 5, l. fall . Cass. civ. n. 2990/2020 ha stabilito infatti che la domanda di risoluzione proposta prima della dichiarazione di fallimento, se diretta in via esclusiva a far valere le consequenziali pretese risarcitorie e/o restitutorie in sede concorsuale, non può mai proseguire in sede ordinaria, dovendo essere proposta con le forme previste dall' art. 93, l. fall . in sede fallimentare. In ogni caso, al di fuori della trascrizione della domanda giudiziale prima del fallimento, deve essere sempre esaminata dal Tribunale fallimentare la richiesta di risoluzione contrattuale che costituisca antecedente logico giuridico della pretesa di risarcimento e/o restituzione così Cass. civ. n. 5368/2022 . Nel caso di specie però la signora non aveva trascritto la propria domanda e la richiesta di risoluzione era volta solo ad ottenere la restituzione dell'acconto e il risarcimento danni. La Corte d'Appello pertanto ha correttamente dichiarato improcedibile anche simile pretesa ritenendola attratta alla competenza del Tribunale fallimentare. Il terzo motivo invece merita accoglimento. Come sopra anticipato, la Corte d'Appello nella dichiarazione di improcedibilità aveva incluso anche la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla ricorrente, ma simile conclusione non è corretta. In tale ipotesi infatti la competenza funzionale del giudice che ha emesso il decreto ingiuntivo è e rimane inderogabile. Pertanto il fallimento del creditore opposto non comporta l'improcedibilità dell'opposizione . Nel caso la parte svolgesse con l'opposizione anche domanda riconvenzionale cosa non avvenuta nella fattispecie in esame allora il giudice ordinario rimarrebbe competente per l'opposizione, mentre al giudice fallimentare verrebbe dirottata” la sola riconvenzionale. Sotto altro profilo, osserva la Cassazione, nel procedimento in questione era stato il Curatore fallimentare a richiedere il decreto ingiuntivo. A tale riguardo, per principio generale, le controversie proposte dal fallimento non rientrano nella vis attractiva del giudice fallimentare dato che in esse il curatore non agisce come terzo rispetto alle parti, bensì come avente causa del fallito facendo valere diritti preesistenti al fallimento stesso.

Presidente Di Virgilio– Relatore Poletti Fatti di causa 1. Con atto di citazione del 23/08/1990, G.G. conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Reggio Calabria la soc. […] srl, premettendo di avere con essa stipulato, in data 16/05/1990, un contratto avente ad oggetto la fornitura completa di un arredamento per bar, per il quale era stato versato un acconto di lire 13.090.000, mentre per la rimanenza del prezzo veniva pattuito il pagamento in 59 rate di lire 1.371.177, con approvazione leasing . Premetteva altresì che all'atto della sottoscrizione del contratto la ditta fornitrice garantiva la copertura mediante leasing dell'intera operazione che la stessa si impegnava a procurare presso una società di propria fiducia. Aggiungeva l'attrice che, ricevuta medio tempo la disponibilità della merce, avendo riscontrato vizi qualitativi e quantitativi, provvedeva a sollevare le dovute contestazioni che venivano respinte dalla […] Srl, la quale richiedeva il pagamento immediato in un'unica soluzione dell'importo di lire 54.592.000, riportando in fattura anche la merce di cui G.G. lamentava la mancata consegna, in quanto la società di leasing non aveva accolto la pratica di finanziamento. Chiedeva pertanto la risoluzione del contratto oltre al risarcimento del danno. 2. Nelle more del giudizio, svoltosi in contumacia della società convenuta, all'attrice veniva notificato ad istanza di questa un decreto ingiuntivo emesso dallo stesso Tribunale per il pagamento della predetta somma, cui la stessa si opponeva. 3. Dopo la riunione dei due giudizi, il procuratore della convenuta […] Srl dava atto dell'avvenuta dichiarazione di fallimento della società sua assistita. Riassunto il processo interrotto, si costituiva in giudizio la Curatela. Alla successiva udienza l'attrice-opponente dichiarava di rinunciare alle domande contenute nell'atto di citazione comportanti la condanna della convenuta dichiarata fallita, avendo già proposto, per le somme di cui trattasi, richiesta di inserimento allo stato passivo e insisteva sulla sola richiesta di risoluzione contrattuale. 4. Con sentenza n. 535/2004, il Tribunale di Reggio Calabria dichiarava la risoluzione del contratto di fornitura stipulato tra le parti e il diritto dell'attrice alla restituzione delle somme versate in acconto con gli interessi legali fino alla dichiarazione di fallimento revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava la Curatela del fallimento […] al pagamento delle spese di lite. 5. Avverso tale decisione proponeva appello la Curatela del fallimento […] srl, rilevando in particolare l'inosservanza da parte del primo giudice della competenza funzionale e inderogabile del giudice fallimentare, cui la causa avrebbe dovuto essere rimessa. 6. Con sentenza n. 28/2017, la Corte di Appello di Reggio Calabria accoglieva l'appello e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava improcedibili le domande di risoluzione contrattuale e di opposizione al decreto ingiuntivo proposte da G.G. nei giudizi riuniti, condannandola al pagamento delle spese di entrambe di entrambi i gradi. Il giudice di seconde cure affermava in particolare che nel corso del giudizio di primo grado l'attrice G. aveva dichiarato di rinunciare a tutte le domande contenute nell'atto di citazione che avrebbero comportato una condanna per la fallita […] Srl, insistendo per la mera dichiarazione di risoluzione contrattuale, ma in sede di precisazione delle conclusioni, le pretese restitutorie e risarcitorie precedentemente rinunciate risultavano riproposte, determinando in questo modo la reviviscenza della questione di rito oggetto della censura sottoposta al suo esame. 7. Nei confronti di tale decisione G.G. ha proposto ricorso per cassazione affidato a tre motivi. 8. La Curatela del fallimento […] Srl non ha svolto difese in questa sede. Ragioni della decisione 1.- Il primo motivo è così rubricato Nullità della sentenza impugnata in relazione all'art. 360 co 1, n. 4, con violazione degli artt. 184 c.p.c. nel testo vigente anteriormente alla novella di cui alla L. 353/90 e 112 c.p.c., per avere il giudice di merito ritenuta la riproposizione da parte dell'attrice in sede di precisazione delle conclusioni del giudizio di primo grado delle domande di condanna alla restituzione dell'acconto versato e del risarcimento del danno, ciò nonostante vi fosse stata espressa rinuncia alle domande stesse da parte del procuratore che non le ha in effetti riproposte e per avere accolto l'eccezione di improcedibilità sollevata dalla Curatela del fallimento della società, estendendola indistintamente a tutte le domande proposte dalla G., sebbene l'eccezione fosse riferita alla sola domanda di risoluzione contrattuale e non anche a quella di opposizione a decreto ingiuntivo . Sostiene la ricorrente che la Corte di Appello di Reggio Calabria abbia errato nel ritenere come riproposte le domande restitutorie e di condanna al risarcimento del danno, posto che il suo procuratore, nel riformulare le conclusioni, si era limitato ad insistere nella richiesta di risoluzione contrattuale chiedendo che venisse dichiarato il diritto al rimborso e al risarcimento del danno quale conseguenza automatica della declaratoria di risoluzione del contratto. Inoltre, il giudice di appello avrebbe pronunciato oltre i limiti della domanda, posto che la Curatela appellante non ha articolato tra i motivi di gravame la richiesta di improcedibilità in sede ordinaria della domanda di opposizione a decreto ingiuntivo, travolta invece anch'essa dalla sentenza impugnata. 2.- Con il secondo motivo la ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell' art. 72 comma 5 della legge fallimentare come novellato dal D.Lgs. n. 169/2007 in luogo del combinato disposto degli artt. 24, 52 e 93 della legge fallimentare vigente all'epoca della dichiarazione di fallimento della società […] srl, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3., nella parte in cui la Corte di Appello di Reggio Calabria ha considerato soggetta all' art. 72 comma 5, L. FALL . la domanda di risoluzione contrattuale proposta prima del fallimento e per l'effetto ha dichiarato l'improcedibilità dell'azione di risoluzione proposta dinanzi al giudice ordinario, in quanto la stessa - ad avviso del giudice di secondo grado - risultava proposta unitamente alla consequenziale domanda restitutoria e di condanna. Applicando erroneamente al caso di specie l' art. 72 comma 5 della legge fallimentare , come introdotto dal d. lgs. n. 169/2007 , in luogo dell' art. 24 della legge fallimentare , che attrae alla competenza del tribunale che ha dichiarato il fallimento tutte le azioni che ne derivano, la Corte di appello, secondo la ricorrente, non ha tenuto conto dell'orientamento della giurisprudenza di legittimità, che ha escluso da queste azioni quelle esperite nei confronti della curatela fallimentare ai fini della risoluzione contrattuale che il contraente in bonis ha iniziato prima della dichiarazione di fallimento. 3.- Il terzo motivo è volto a censurare la violazione e/o falsa applicazione dell' art. 72 comma 5 della legge fallimentare d. lgs. 169/2007 in luogo del combinato disposto degli artt. 24, 52, 93 LF vigente all'epoca della dichiarazione di fallimento - violazione e falsa applicazione dell' art. 645 c.p.c. - falsa applicazione degli artt. 24, 52, 93 LF - per avere dichiarato, applicando erroneamente l' art. 72 co 5 della legge fallimentare testo novellato, in relazione all' art. 360 co 1 n. 3 c.p.c. , l'improcedibilità della domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta davanti al giudice ordinario dalla odierna ricorrente sig.ra G. nei confronti della […] Srl, riassunta nei confronti della curatela del fallimento della società opposta sempre dinanzi al giudice ordinario . Riproponendo argomentazioni già contenute nel primo motivo di ricorso in ordine alla inapplicabilità al caso di specie, ratione temporis, dell' art. 72 comma 5, L. FALL ., la ricorrente deduce, quanto al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo dichiarato anch'esso improcedibile, che la Corte distrettuale sarebbe incorsa nella violazione dell' art. 645 c.p.c. e nella falsa applicazione degli artt. 24 e 93 della legge fallimentare , nella falsa applicazione del novellato art. 72 comma 5 della legge fallimentare , posto che la competenza del giudice ordinario deve anche pronunziarsi in ordine al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo proposto nei confronti del fallimento, in nulla differendo tale giudizio da una causa di accertamento e condanna per un credito del fallito, per la quale non ricorre ipotesi di competenza del tribunale fallimentare. 4.- Preliminarmente il Collegio rileva che la ricorrente ha dichiarato di avere notificato la sentenza alla parte personalmente, senza specificare la data di questo adempimento e senza allegare al fascicolo copia della sentenza notificata. La precisazione non assume rilevanza ai fini della procedibilità del ricorso per cassazione. La notifica alla parte non è infatti idonea a fare decorrere il termine breve per l'impugnazione tra le tante Cass. n. 455/2022 e il ricorso per cassazione in oggetto risulta ritualmente notificato alla Curatela del Fallimento […] S.r.l., in persona del curatore, entro il termine di un anno oltre al periodo connesso alla sospensione feriale dei termini processuali , trattandosi di procedimento instaurato in primo grado in epoca anteriore al 2009 cfr. art. 58 L. n. 69 del 2009 . 5.- Ciò precisato, si può procedere allo scrutinio dei motivi del ricorso, che verte sul tema della competenza del tribunale fallimentare in presenza di una domanda risolutoria proposta prima della dichiarazione di fallimento. Il primo motivo è privo di fondamento. È la stessa ricorrente a precisare che il suo procuratore, dopo avere rinunziato - alla udienza del 4.03.1998 - alle domande contenute nell'atto di citazione comportanti la condanna della convenuta dichiarata fallita, ossia quelle concernenti il rimborso delle somme corrisposte a titolo di anticipo e al risarcimento del danno, rassegnava le conclusioni all'udienza del 30/06/2004 chiedendo l'accertamento dell'inadempimento della ditta […] in ordine al contratto di cui è causa e quindi la pronuncia di risoluzione del suddetto contratto e conseguentemente la dichiarazione che G.G. ha diritto alla restituzione della somma di lire 13.090.000 dalla stessa corrisposta alla ditta […] srl a titolo di acconto, maggiorata degli interessi e rivalutazione monetaria nonché al risarcimento del danno . Secondo la giurisprudenza di questa Corte, formatasi già prima dell'art. 72 comma 5 come introdotto dal D.Lgs. n. 169/2007 effettivamente inapplicabile al caso di specie, dato che la dichiarazione di fallimento di […] risale all'anno 1997 , solo le domande principali prodromiche di risoluzione contrattuale trascritte anteriormente alla dichiarazione di fallimento della parte convenuta in giudizio tale non essendo il caso in esame, in cui è questione di fornitura di beni mobili possono proseguire legittimamente con il rito ordinario, attesa l'opponibilità della relativa sentenza alla massa dei creditori in ragione dell'effetto prenotativo della trascrizione, mentre le pretese, accessorie, di restituzione e risarcimento del danno devono necessariamente procedere, previa separazione dalle prime, nelle forme degli art. 93 e ss. L. Fall ., in quanto assoggettate alla regola del concorso e non suscettibili di sopravvivere in sede ordinaria v. Cass. n. 3953/2016 . La domanda di risoluzione di un contratto di compravendita per inadempimento dell'acquirente non trova quindi ostacolo nella sopravvenienza del fallimento del convenuto, quando però risulti quesita prima della sentenza dichiarativa del fallimento attraverso la trascrizione della relativa domanda giudiziale. Gli effetti restitutori conseguenti alla risoluzione e l'eventuale domanda di accertamento del diritto al risarcimento del danno, avendo ad oggetto una pretesa necessariamente assoggettata alla regola del concorso, non possono per converso sopravvivere in sede ordinaria e devono essere fatte valere previa separazione delle cause e tramite le forme previste per la verifica dei crediti. La riforma della legge fallimentare ha sostanzialmente confermato tali principi. Resta pertanto di competenza dell'autorità giudiziaria ordinaria a tacere delle domande di dichiarazione dell'avvenuta risoluzione di diritto intervenuta prima della sentenza di fallimento, posto il richiamo contenuto nell'art. 72 all' azione di risoluzione , profilo qui non rilevante , solo la domanda di risoluzione diretta a conseguire finalità estranee alla partecipazione al concorso come la liberazione della parte in bonis dagli obblighi contrattuali o l'escussione di una garanzia di terzi . A dispetto di quanto rilevato dalla ricorrente, tale ultima situazione non ricorre nel caso di specie, a nulla valendo l'affermazione che il diritto alla restituzione del prezzo e al risarcimento del danno, richiesti all'atto della precisazione delle conclusioni dalla parte costituita erano conseguenza automatica, come per legge, della declaratoria di risoluzione del contratto . La declaratoria di risoluzione del contratto, pur comportando, per il suo effetto retroattivo espressamente sancito dall' art. 1458 c.c. , l'obbligo di ciascuno dei contraenti di restituire la prestazione ricevuta, non autorizza il giudice ad emettere i relativi provvedimenti restitutori, in assenza di domanda della parte interessata. Rientra, infatti, nell'autonomia delle parti disporre delle conseguenze della risoluzione e, pertanto, chiedere, o no, la restituzione della prestazione eseguita in base al contratto risolto e rimasta senza causa Cass. n. 2439/2006 . La Corte territoriale ha quindi correttamente ritenuto che la riproposizione delle domande restitutorie e risarcitorie precedentemente rinunciate determinasse la vis attractiva del giudice fallimentare, con conseguente improcedibilità della domanda avanti al giudice ordinario. La parte del motivo che lamenta l'erronea pronunzia in rito riguardo alla domanda di opposizione a decreto ingiuntivo viene rinviata dalla ricorrente ai motivi secondo e terzo in realtà, a quest'ultimo motivo e verrà quindi trattata infra. 6.- Anche il secondo motivo è infondato. Necessita di un preventivo chiarimento la deduzione della ricorrente, secondo la quale la Corte di Appello di Reggio Calabria avrebbe trascurato di considerare l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, che - nella previgenza dell' art. 72 comma 5, L. FALL . come introdotto dal D.Lgs. n. 169/2007 - ha escluso dalle azioni attratte dalla competenza del tribunale fallimentare quelle esperite nei confronti della curatela ai fini della risoluzione contrattuale che il contraente in bonis ha iniziato prima della dichiarazione di fallimento, perché in tal caso il contraente adempiente ha già acquisito il diritto alla risoluzione antecedentemente all'ammissione del debitore alla procedura concorsuale, mediante la proposizione della domanda giudiziale in tempo anteriore allo stesso evento. Tale affermazione è corretta solo di fronte alle domande giudiziali di risoluzione non solo proposte - ma anche trascritte - prima della dichiarazione di fallimento. Solo queste possono infatti proseguire legittimamente con il rito ordinario, attesa l'opponibilità della relativa sentenza alla massa dei creditori in ragione dell'effetto prenotativo della trascrizione. Come già precisato, siffatte enunciazioni sono proprie della giurisprudenza di legittimità anche in epoca antecedente alla riforma della legge fallimentare operata dal D.Lgs. n. 169/2007 . Si veda, al riguardo, a titolo esemplificativo, Cass. n. 2439/2006 , citata in ricorso va rilevato che i precedenti indicati dalla G. in ricorso a sostegno dei suoi assunti riguardano proprio la proposizione di domande di risoluzione contrattuale antecedenti la dichiarazione di fallimento soggette a trascrizione . Più di recente è stato precisato che l' art. 72, comma 5, secondo periodo, L. FALL . postula - anche alla luce dei principi di specializzazione, concentrazione e speditezza sottesi agli artt. 24 e 52 L.fall. , nonché del contraddittorio incrociato tipico del procedimento di accertamento del passivo - che la domanda di risoluzione proposta prima della declaratoria fallimentare, se diretta in via esclusiva a far valere le consequenziali pretese risarcitorie o restitutorie in sede concorsuale, non possa mai proseguire in sede di cognizione ordinaria, dovendo essere interamente proposta secondo il rito speciale disciplinato dagli artt. 93 e ss. L. Fall . Cass. n. 2990/2020 . Al di fuori della trascrizione della domanda giudiziale eseguita prima della dichiarazione di fallimento, come affermato da successivo precedente di questo Giudice, è del tutto pacifico che deve essere sempre e comunque esaminata e decisa dal giudice fallimentare la domanda di risoluzione che, non trascritta, costituisca l'antecedente logico-giuridico della domanda di risarcimento o restituzione Cass. n. 5368/2022 , tanto che l'apparente divergenza tra i due orientamenti quello espresso da sentenze come Cass. n. 3953/2016 , cit., e quello fatto proprio da Cass. n. 2990/2020 , cit. viene in questione solo ove si tratti di domanda di risoluzione trascritta prima del fallimento, in relazione alla possibilità di prosecuzione del giudizio di risoluzione nella sede propria anziché - come affermato dall'indirizzo più recente - in quella di verifica dei crediti cfr. ancora Cass. n. 5368/2022 , cit. . Nel giudizio de quo è assodato che la domanda di risoluzione, come più volte affermato a non era soggetta a trascrizione per avere ad oggetto beni mobili b non era stata formulata per conseguire finalità estranee alla partecipazione al concorso come la liberazione della parte in bonis dagli obblighi contrattuali o l'escussione di una garanzia di terzi , giusta le conclusioni precisate dal procuratore di parte ricorrente, per quanto già precisato in ordine al rigetto del primo motivo. Alla luce di quanto precisato, la decisione assunta dalla Corte distrettuale non si pone affatto in netta violazione degli artt. 24 e 52 della, L. FALL ., nè opera una falsa applicazione di queste norme, come sostenuto dalla difesa della ricorrente, ma - a contrario - fa corretto impiego dei principi affermati da questa Suprema Corte in materia. 7.- Il terzo motivo merita invece accoglimento. La Corte distrettuale ha errato nella parte in cui ha dichiarato improcedibile anche la domanda di opposizione a decreto ingiuntivo proposta dalla ricorrente. In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, la competenza funzionale del giudice che ha emesso il provvedimento è inderogabile ed immodificabile, anche per ragioni di connessione così Cass. 8693/2022 35661/2022 . Ne deriva che nell'opposizione a decreto ingiuntivo, il fallimento del creditore opposto - come nella specie - non determina l'improcedibilità dell'opposizione per l'affermazione che solo qualora venga proposta dall'opponente domanda riconvenzionale, il Tribunale ordinario rimane competente per l'opposizione mentre al Tribunale fallimentare, previa separazione dei giudizi, deve essere rimessa esclusivamente la domanda riconvenzionale, in ordine alla quale soltanto sussiste, dunque, la competenza funzionale ed inderogabile di tale organo giudiziale cfr. Cass. 26993/2020 . Nel caso di specie, il decreto ingiuntivo è stato peraltro richiesto dalla curatela fallimentare riguardo alle controversie proposte dal fallimento, costituisce principio generale che le stesse non rientrano nella vis attractiva del giudice fallimentare, posto che in esse il curatore si pone quale semplice avente causa del fallito, facendo valere diritti preesistenti al fallimento. 8.- In conclusione, la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto, con rinvio per un nuovo esame alla medesima Corte di Appello, in diversa composizione, la quale provvederà anche sulle spese del giudizio svoltosi in questa sede di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigetta i primi due motivi, cassa - in relazione al motivo accolto - la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Reggio Calabria in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio di legittimità.