La signora che cade in una buca nascosta nel marciapiede ha diritto al risarcimento del danno

La vicenda in esame, approdata dinnanzi alla Corte d’appello di Firenze, disegna la cornice giuridica all’interno della quale si profila il concetto di responsabilità oggettiva con fortuito oggettivo” e con l’eventuale autocorrettivo di cui all’art. 1227, comma 1, c.c., in attuazione del principio di autoresponsabilità”.

La vicenda nasce da un sinistro occorso a una donna, all’epoca 75enne, che cadeva rovinosamente a terra mentre percorreva un marciapiede piastrellato senza rendersi conto del dislivello creatosi nel manto . A seguito della caduta, riportava fratture di gravità tale da necessitare l’immediato trasporto in ospedale con conseguente intervento chirurgico. La donna citava quindi in giudizio il Comune, nella sua qualità di proprietario del marciapiede, chiedendo il risarcimento del danno patrimoniale e non ex art. 2043 c.c. e art. 2051 c.c. Il giudice di prime cure rigettava la domanda. Secondo la ricostruzione logico-giuridica offerta dal Tribunale la donna, con la propria incauta condotta , avrebbe determinato da sola l’evento dannoso e pertanto nessuna responsabilità fosse da imputare al Comune. La donna ricorre in appello, impugnando la sentenza resa in primo grado. Il Collegio, nell’attenzionare la vicenda, si riporta ad un consolidato indirizzo di legittimità che accoglie la tesi della responsabilità oggettiva come fortuito oggettivo” per cui, provato dal danneggiato il nesso tra la res e il danno , il custode dovrà dimostrare che vi è stata una interruzione del nesso eziologico da parte di un fattore esterno, identificabile anche nel fatto del terzo o del danneggiato Cass. civ. n. 11096/2020 . Ad avviso della Corte d’appello, per le ipotesi di danno dovuto a cattiva manutenzione di cose in custodia , molteplici ragioni supportano l’applicazione di tale orientamento, ossia una regola di responsabilità oggettiva con l’eventuale correttivo dell’art. 1127, comma 1, c.c. in attuazione del principio di autoresponsabilità. Secondo l’orientamento in parola, la prova dell’anomalia incombe sul danneggiato che dovrà provare il nesso eziologico tra il danno e la cosa alterata. La responsabilità del custode può essere esclusa solo per fatto fortuito . Ha dunque errato il giudice di prime cure nell’aderire al concetto di caso fortuito” come colpa della vittima ” senza invece tener conto della necessità di verificare se detta cosa presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e prevenibilità da parte del custode. Inoltre, ad avviso della Corte, l’esclusione della responsabilità del custode esige un duplice accertamento rappresentato sia dalla condotta non negligente della vittima , sia dal fatto che tale condotta non fosse prevedibile. La mera disattenzione della vittima, quindi, non necessariamente integra il caso fortuito ex art. 2051 c.c. in quanto il custode deve superare la presunzione di colpa a proprio carico ed è tenuto a dimostrare di aver adottato tutte le misure necessarie per prevenire i danni derivanti dalla cosa Cass. civ. n. 13222/2016 . La Corte quindi censura le conclusioni rassegnate dal Tribunale nella parte in cui respinge la domanda attorea sulla base del mero rilievo di una condotta colposa della danneggiata, astrattamente idonea a interrompere il nesso causale , essendo manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla interazione fra la condizione pericolosa e della cosa e l’agire umano . La Corte accoglie il ricorso, condannando il Comune al risarcimento del danno patito dalla ricorrente.

Giudice Conte Svolgimento del processo Con atto di citazione del 17/06/2020, regolarmente notificato, omissis conveniva davanti alla Corte di Appello di Firenze il Comune di omissis in persona del omissis pro tempore, proponendo appello avverso la sentenza n. 498/2020, emessa dal Tribunale di omissis e pubblicata l'11/05/2020, che aveva respinto la sua domanda di risarcimento danni nei confronti dell'ente, a seguito di lesioni fisiche subite per una caduta nelle vie cittadine per la presenza di una insidia sul marciapiede. In primo grado omissis aveva citato in giudizio, davanti al Tribunale di omissis il Comune di omissis per ivi sentirlo condannare al risarcimento di tutti i danni materiali, biologici e morali da lei subiti in seguito al sinistro occorsole in data 03/04/2013 intorno alle 20.30 circa, mentre percorreva a piedi il marciapiede piastrellato lungo la omissis in omissis direzione omissis Aveva esposto che, omissis all'incrocio con omissis all'altezza del numero civico 53, aveva messo il piede destro all'interno di un dislivello creatosi nel marciapiede ed era caduta a terra subendo lesioni fisiche tali da essere trasportata al omissis dell' omissis di omissis dove veniva ricoverata e sottoposta a un intervento chirurgico di impianto endoprotesi di spalla cementata”. omissis vi era da rilevare la condotta omissiva e negligente del Comune di omissis ente proprietario della strada descritta e tenuto quindi alla manutenzione della stessa, in quanto, dopo l'asportazione dei lastroni, non aveva provveduto a riparare la buca formatasi sul marciapiede, per di più di una via principale, in modo tale da non recare pregiudizi alla pubblica incolumità. omissis evidenziava altresì come la buca presentasse i requisiti della non visibilità” e non prevedibilità”, considerato che essa non conosceva lo stato dei luoghi e stava percorrendo per la prima volta quel tratto di strada, né poteva prevedere l'esistenza dell'insidia, anche in considerazione della scarsa visibilità, stante l'orario serale detta insidia tra l'altro, secondo omissis non si era manifestata improvvisamente in modo tale da non consentire ragionevolmente al Comune di poter riparare tempestivamente la buca. Il Comune di omissis si costituiva dopo la I udienza del 29/10/2015 ed entro il termine della I memoria ex articolo 183 VI comma c.p.c. con comparsa di risposta nella quale contestava tutto quanto dedotto dall'attrice e chiedendo il rigetto della domanda proposta. Terminata l'istruttoria veniva escusso il teste figlio dell'attrice, che confermava lo stato dei luoghi e il fatto storico allegato in citazione relativo alla modalità della caduta ed espletata CTU medicolegale richiesta dall'attrice la causa veniva trattenuta in decisione e si concludeva con la sentenza n. 498/2020 qui impugnata, ove il Tribunale riteneva di rigettare la domanda di risarcimento per assenza di cautela della omissis compensando però le spese di lite del grado , in quanto riteneva che lo stato dei luoghi consentiva alla omissis di vedere, anche per la presenza di luce, le sconnessioni e di dovere vedere e prevedere la presenza di un cantiere come situazione tipica dei centri storici”. L'appellante principale lamentava che la sentenza impugnata era ingiusta per i seguenti motivi 1 errore del Tribunale che ha erroneamente posto a fondamento della propria decisione circostanze non corrette e, in particolare, l'assenza di buio per la concomitante stagione primaverile e la presenza di un cantiere facilmente prevedibile e avvistabile, tutte circostanze prive di pregio e rilevanza che non possono giustificare il rigetto della domanda 2 errore del Tribunale che ha stravolto gli esiti dell'istruttoria e ha erroneamente valutato le risultanze probatorie in atti testimoni e foto prodotte 3 errore del Tribunale che non ha considerato i doveri di legge in carico agli enti pubblici di custodire diligentemente, manutenere e segnalare eventuali anomalie delle strade di proprietà 4 errore del Tribunale nell'avere considerato, nel caso di specie, l'esistenza del caso fortuito”, come fatto del terzo vittima non essendo emersa alcuna omissione delle normali cautele del pedone e comunque per non avere considerato, in via subordinata, la responsabilità del comune ex art. 2043 c.c. L'appellante chiedeva quindi che la Corte, in riforma della impugnata sentenza, accogliesse le conclusioni come in epigrafe trascritte. Radicatosi il contraddittorio, il Comune di omissis contrastava l'impugnazione avversaria, chiedendone il rigetto e svolgeva appello incidentale per il seguente motivo 1 errore del Tribunale che, pur rigettando integralmente la domanda di parte attrice, ha compensato le spese di lite. Acquisito il fascicolo di ufficio del procedimento di primo grado, la causa veniva trattenuta in decisione dopo l'udienza collegiale del 02/02/2023, tenutasi con trattazione scritta, con concessione alle parti dei termini di cui all' art. 190 c.p.c. per memorie e repliche. Motivi della decisione L'appello principale è solo parzialmente fondato per le argomentazioni che di seguito si espongono. I motivi di gravame possono, essendo tutti intimamente connessi e in parte sovrapponibili in ordine alle questioni di diritto e di fatto evidenziate, essere esaminati congiuntamente perché connessi. Il Tribunale, come già precedentemente esposto, ha, di fatto, respinto integralmente la domanda di risarcimento della omissis per fatto della stessa danneggiata sua esclusiva colpa ritenendo che la sua incauta condotta sia stata la sola causa idonea a produrre l'evento e a integrare appunto gli estremi del caso fortuito”. Tali ragioni non possono essere condivise per i motivi che seguono. L'indirizzo giurisprudenziale di legittimità più recente ormai unanime , accoglie la tesi della responsabilità oggettiva come fortuito oggettivo” per cui, provato dal danneggiato il nesso tra la res e il danno, il custode dovrà dimostrare che vi è stata un'interruzione del nesso eziologico da parte di un fattore esterno, identificabile anche nel fatto del terzo o del danneggiato, ex multis Cass. Civ. 11096/20 . Questa Corte di merito ritiene che, per le ipotesi di danni dovuti a cattiva manutenzione di cose in custodia, molteplici ragioni supportano l'applicazione di questo orientamento, ossia di una regola di responsabilità oggettiva con fortuito oggettivo” e con l'eventuale correttivo” dell' art. 1227, comma 1, c.c. , in attuazione del principio di autoresponsabilità”. L'orientamento giurisprudenziale de quo, in altre parole, ritiene che la prova dell'anomalia incomba sul danneggiato, il quale dovrà provare l'evento di danno e il nesso di causalità con la cosa alterata o anomala. La responsabilità del custode può essere esclusa solo dal fortuito, che, oggetto di prova da parte del custode, può consistere anche in un contegno del danneggiato, se così anomalo da divenire esso stesso causa assorbente del danno Nel caso concreto, si deve evidenziare come il Tribunale abbia, una volta ritenuto che era stata provata la relazione tra il danno e la cosa, cioè il fatto storico allegato in atti, erroneamente aderito a una nozione di caso fortuito, inteso come colpa della vittima”, senza tener conto della necessità di verificare se detta condotta presentasse anche i requisiti della non prevedibilità e non prevenibilità da parte del custode. La giurisprudenza di legittimità maggioritaria richiamata, alla quale, come detto, questa Corte intende aderire ancora di recente, in motivazione Cass. Civ. n. 11152/23 , ha evidenziato che la condotta della vittima del danno causato da una cosa in custodia può escludere la colpa del custode, solo ove sia colposa e imprevedibile ex multis, in motivazione, Cass. Civ. n. 13222/16 , 18317/15 , 25837/17 , ossia quando essa, rivelandosi come autonoma, eccezionale, imprevedibile e inevitabile, risulti dotata di una efficacia causale da definirsi esclusiva” nella produzione dell'evento lesivo. In altre parole l'idoneità a interrompere il nesso causale può essere riconosciuta solo a un fattore estraneo, come detto, avente carattere di imprevedibilità ed eccezionalità” ancora sul punto Cass. Civ. 2660/13 . Non va poi dimenticato altra circostanza non tenuta in debita considerazione dal Tribunale che il comportamento del danneggiato da valutare anche d'ufficio ex art. 1227, co. 1° c.c. può assumere incidenza causale tale da interrompere il nesso eziologico tra la cosa e il danno, ma ciò può avvenire solo quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un evento ragionevole o accettabile , secondo un criterio probabilistico di regolarità causale sul punto Cass. Civ. n. 2480/18 e Cass. Civ. n. 9315/19 . Quindi, quando il danno consegua alla interazione fra la cosa in custodia e l'agire umano, per escludere il nesso causale fra la cosa e il danno, è necessario preventivamente verificare se la condotta colposa del danneggiato si connoti, per oggettive caratteristiche di imprevedibilità e imprevenibilità che valgano a determinare una definitiva cesura nella serie causale riconducibile alla cosa, di una condotta eccezionale, inconsueta, inattesa da una persona media. L'esclusione della responsabilità del custode, pertanto, quando viene eccepita da quest'ultimo la colpa della vittima, esige un duplice accertamento, cioè che la vittima abbia tenuto una condotta non meramente negligente, ma abnorme, e che quella condotta non fosse prevedibile. La mera disattenzione della vittima quindi non necessariamente integra il caso fortuito, per i fini di cui all' art. 2051 c.c. , in quanto il custode, per superare la presunzione di colpa a proprio carico, è tenuto a dimostrare di avere adottato tutte le misure idonee a prevenire i danni derivanti dalla cosa sul punto, Cass. Civ. n. 13222/16 . Fermi questi principi di diritto dai quali questa Corte non intende discostarsi, il Tribunale quindi avrebbe dovuto, in concreto, accertato il fatto storico allegato in atti tramite il teste escusso, verificare se la condotta della vittima fosse prevedibile o imprevedibile nei modi indicati e non limitarsi a prendere in esame solo la natura colposa della condotta della vittima, le sue condizioni di salute difficoltà di vista e la circostanza che ci fosse in loco un cantiere, tutte circostanze invece da valutare ex art. 1227 c.c. Nel caso specifico che ci occupa infatti la caduta della omissis a causa di una insidia presente nel marciapiede non può ritenersi imprevedibile rientrando nel notorio che tale insidia possa determinare la caduta del passante, insidia che, a prescindere da chi e come potesse essere creata, era dovere del custode evitare anche con delle limitazioni o chiusure di parte della strada , e imprevenibile sussistendo, di norma, la possibilità e il dovere di rimuovere l'insidia o, almeno, di segnalarla adeguatamente, soprattutto in una zona trafficata” quotidianamente da pedoni . Il Tribunale ha quindi errato nel respingere la domanda sulla base del mero rilievo di una condotta colposa della danneggiata, astrattamente idoneo a interrompere il nesso causale, essendo manifestamente insito nel fatto stesso che la caduta sia originata dalla prevedibile e prevenibile interazione fra la condizione pericolosa della cosa e l'agire umano. Ciò non significa, tuttavia, che, nel caso di specie, la colpa della vittima - ancorché inidonea a integrare il caso fortuito - non possa avere rilevanza ai fini risarcitori, ma ciò deve avvenire sotto il diverso profilo dell'accertamento del concorso colposo del danneggiato, valutabile - ai sensi dell' art. 1227 c.c. - nel senso di una possibile riduzione del risarcimento, secondo però solo la gravità della colpa del danneggiato e le conseguenze che ne sono derivate non avendo usato una ordinaria diligenza. Nello specifico, costituisce un contegno, peraltro solo moderatamente, colposo il fatto che, non essendo ancora completamente buio il giorno del fatto il sole tramontava intorno alle 19,46, quindi alle ore 20,30 la visibilità era ridotta, ma non completamente esclusa non era buio pesto” , l'appellante principale non abbia avvistato la buca, che, avendo ampie dimensioni e un colore diverso dal resto del marciapiede, avrebbe potuto essere da lei veduta, prestando attenzione. Si tratta, tuttavia, di una colpa decisamente inferiore a quella dell'amministrazione, che non ha posto rimedio al cedimento del piano di calpestio del marciapiede, ovvero di un passaggio strettamente deputato al camminamento. Venendo al calcolo del risarcimento dovuto possono essere prese in considerazione le conclusioni del c.t.u. medico nominato nel primo grado di giudizio, conclusioni che paiono corrette e immuni da vizi logici. Rilevato che la omissis al momento del sinistro aveva anni 75 e che il c.t.u. di primo grado ha concluso per il nesso causale tra lesioni ed evento, riconoscendo una I.P. del 15%, una temporanea a scalare di giorni 150 e nessuna spese mediche esaminata perché non prodotta, né esibita in sede di operazioni peritali, si arriva, in base alle ultime tabelle milanesi in vigore essendo applicabili quelle operanti al momento della decisione, ex multis, Cass. Civ. 25485/16 ai seguenti conteggi Danno non patrimoniale da omissis 15% €. 34.206,00 Invalidità temporanea €. 99,00 al dì I.T.T. al 100% gg. 30 €. 2970,00 I.T.P. al 50% gg. 60 €. 2970,00 I.T.P. al 25% gg. 60 €. 1485,00 TOTALE €. 41.631,00 All' 80% ,così per complessive €. 33.304,80 A tale importo devono essere aggiunte le spese di c.t.u. pagate dall'appellante, oltre interessi legali dal dì del pagamento al saldo. Le somme riconosciute per danno non patrimoniale non possono subire ulteriore maggiorazione, sia in ordine a personalizzazione che a danno morale, non essendo provate quelle circostanze eccezionali” che giustifichino un aumento del risarcimento considerato che già la tabella milanese riconosce, congiuntamente al danno biologico, un incremento per danno morale da sofferenza soggettiva . Se è pur vero che all'interno della categoria del danno non patrimoniale bisogna distinguere il danno biologico o dinamico relazionale, accertabile sotto il profilo medico-legale, da tutti quei pregiudizi che non hanno base organica e quindi estranei alla determinazione medico-legale del grado di percentuale di invalidità permanente v. Cass. Civ. ord. 7513/18 2788/19 28988/19 è anche vero che, sulla base di recenti sentenze della Suprema Corte ex multis n. 25164/2020 e n. 1045/21 la personalizzazione del danno deve trovare giustificazione nel positivo accertamento di specifiche conseguenze eccezionali, ulteriori rispetto a quelle ordinariamente conseguenti alla menomazione e tali da incidere, in maniera rilevante, su specifici aspetti dinamico-relazionai personali documentati e obiettivamente accertati. Ciò posto e fermi questi principi dai quali questa Corte non intende discostarsi, nel caso di specie, come detto, non risulta provata dall'appellante alcuna peculiare situazione che non rientri in quelle di misura standard, cioè non è stato provato che i postumi hanno inciso sulla vita quotidiana della vittima in misura differente e maggiore rispetto a quelli di altre persone, della stessa età e stesso sesso, che abbiano sofferto postumi di identica misura. Parte appellante principale richiede infatti una personalizzazione del danno, allegando genericamente senza neppure indicare sintomi o problemi specifici relativi al caso concreto che ella, a seguito delle lesioni subite dalla caduta, ha subito la menomazione delle sue abitudini di vita e aggravato in maniera significativa il suo stato d'animo e psicologico, trovandosi in un letto d'ospedale per motivi diversi da quelli originariamente programmati in atti è allegato che la omissis si trovasse a omissis per effettuare una visita specialistica per poi eseguire eventualmente una operazione . Tali generiche e astratte allegazioni, rimaste tra l'altro sfornite di prove, non possono quindi essere prese in considerazione da questa Corte di merito neppure per una valutazione presuntiva della voce di danno richiesta In definitiva mancano anche quegli elementi obiettivi, dotati di un sufficiente grado di specificità, alla stregua dei quali poter inferire un concreto peggioramento ulteriore, anche affettivo e di relazione, a seguito delle lesioni subite nel sinistro per cui è causa. Per quel che riguarda il danno biologico riconosciuto, tale somma dovrà essere devalutata alla data dell'evento e, sulla somma annualmente rivalutata, andranno calcolati gli interessi legali fino alla data della pubblicazione della presente sentenza. Sulla somma risultante a tale data dovranno essere calcolati gli interessi legali fino al saldo. L' accoglimento, seppur parziale, dell'appello principale, impone la rivisitazione” delle spese legali dell'intero giudizio Cass. Civ. n 5865/21 ,da liquidarsi in base all'esito complessivo della lite Cass. Civ. n 21172/19 .A ciò consegue l'assorbimento dell'appello incidentale del Comune. Le spese legali di entrambi i gradi di giudizio seguono la soccombenza, ma, alla luce del parziale accoglimento della domanda, dovranno essere compensate, tra l'appellante e il Comune di omissis nella misura di un quinto, rimanendo a carico di quest'ultimo i residui 4/5 spese che si liquidano, nella loro totalità, per il primo grado in complessivi €. 8040,00 di cui €. 786,00 per esborsi e €. 7.254,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario 15%, IVA e CNA come per legge, e per il secondo grado in complessivi €. 7.750,00, di cui €. 804,00 per esborsi ed €. 6.946,00, sulla base del compenso per gli avvocati in ambito civile, come stabilito dal D.M. 147/22 , considerato il valore decisum della controversia accertato entro €. 52.000,00 e l'impegno difensivo medio prestato, oltre rimborso forfettario del 15%, CAP e omissis come per legge. Le spese di c.t.u., ben potendo essere regolamentate diversamente dalla liquidazione delle spese legali in motivazione Cass. Civ. 16074/23 , rimangono invece a totale carico di parte appellata, essendo il mezzo di prova risultato necessario per l'accertamento dei danni fisici risarciti Cass. Civ. 11068/20 e funzionale all'esame della pretesa della vittima. P.Q.M. La Corte di Appello di Firenze, definitivamente pronunciando, sull'appello principale proposto da omissis e sull'appello incidentale del Comune di omissis in persona del omissis pro tempore, avverso la sentenza n. 498/2020 emessa dal Tribunal e di omissis così provvede - in parziale accoglimento dell'appello principale e in riforma della sentenza impugnata, dichiara la responsabilità del Comune di omissis nella misura del 80%, nell'evento per cui è causa - condanna il Comune di omissis in persona del omissis pro tempore, al risarcimento dei danni, in favore di omissis di €. 33.304,80, oltre rivalutazione e interessi legali, come in parte motiva -dichiara assorbito l'appello incidentale - compensa tra le parti, nella misura di un quinto, le spese legali di entrambi i gradi di giudizio - condanna il Comune di omissis al pagamento dei residui 4/5 di spese legali, di entrambi i gradi di giudizio, di omissis spese che liquida, nella loro totalità, per il primo grado di giudizio in complessivi €. 8040,00 di cui €. 786,00 per esborsi e €. 7254,00 per compensi, oltre il rimborso forfettario 15%, IVA e CPA come per legge e, per il secondo grado, in complessivi €. 7750,00 di cui €. 804,00 per esborsi ed €. 6.946,00 per compensi di avvocato, oltre rimborso forfettario del 15%, CAP e omissis come per legge - pone definitivamente a carico del Comune di omissis le spese di c.t.u. medica di primo grado.