Convivenza di breve durata: sono maltrattamenti le prevaricazioni ai danni del familiare

Respinta la tesi difensiva secondo cui non potrebbero avere rilievo condotte aggressive ma sporadiche. I giudici chiariscono che l’abitualità nel delitto di maltrattamenti può essere integrata anche nel caso in cui il compimento di più fatti delittuosi, che determinano sofferenze fisiche o morali, avvenga in un lasso di tempo non necessariamente prolungato ma comunque idoneo a dar luogo ad uno stato di soggezione dei familiari conviventi vittime del reato.

Le prevaricazioni compiute ai danni del congiunto convivente sono sufficienti per parlare di maltrattamenti in famiglia, pur a fronte di una coabitazione di breve durata. Scenario della vicenda oggetto del processo è la provincia romana nella quale un uomo finisce sotto processo per avere maltrattato un familiare con lui convivente. Per i giudici di merito sono sufficienti le dichiarazioni fornite dalla vittima che ritengono l’imputato colpevole di maltrattamenti in famiglia, lesioni e rapina. Col ricorso in Cassazione, però, l’avvocato difensore contesta la valutazione effettuata dai giudici d’appello sostenendo che non si possa ipotizzare il delitto di maltrattamenti, «in assenza del requisito dell’abitualità», cioè a fronte di «una convivenza di durata limitata con la persona offesa». Secondo il legale, quindi, non possono avere rilievo le condotte «aggressive ma sporadiche» tenute dal suo cliente. Per quanto concerne, poi, il reato di rapina, concretizzatosi nella sottrazione del cellulare della persona offesa, il legale pone in evidenza «l’avvenuta restituzione del telefono» al legittimo proprietario e sostiene si possa parlare di furto con strappo e non di rapina aggravata dall'uso di un’arma, poiché non è provato, osserva, che il suo cliente abbia utilizzato il taser in suo possesso nei confronti della persona per impossessarsi della borsa contenente portafoglio, carta di identità e telefono della vittima. Per i Giudici di Cassazione, però, le obiezioni difensive sono fragilissime. Per quanto concerne il reato di maltrattamenti in famiglia, viene ritenuta corretta la linea seguita in appello, ossia la valorizzazione delle dichiarazioni rese dalla persona offesa, la quale ha riferito di «plurime condotte di violenza e prevaricazione poste in essere con continuità in suo danno». Logico parlare di maltrattamenti in famiglia, dovendosi rimarcare, precisano i Giudici di Cassazione, che «l’abitualità nel delitto di maltrattamenti può essere integrata anche nel caso in cui il compimento di più fatti delittuosi, che determinano sofferenze fisiche o morali, avvenga in un lasso di tempo non necessariamente prolungato ma comunque idoneo a dar luogo ad uno stato di soggezione dei familiari conviventi vittime del reato». I magistrati aggiungono poi che «nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, atti cioè che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, senza che assuma rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalità e che siano stati, a volte, cagionati da motivi contingenti, poiché l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venir meno l'esistenza dell'illecito». I Giudici aggiungono ancora che nella categoria del reato di maltrattamenti in famiglia vanno inclusi «anche di atti di sopraffazione sistematica tali da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza», con «l'elemento psichico che si concretizza in una grave intenzione di avvilire e sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale della vittima». Inoltre, per l'elemento soggettivo del reato «non è necessario che l’autore dei maltrattamenti abbia perseguito particolari finalità, né il proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre la vittima a tali sofferenze in modo continuo ed abituale». Per quanto concerne, infine, il reato di rapina, aggravato dall’uso di un’arma, il Collegio ritiene inequivocabile, come già sostenuto dai giudici d’appello, l’utilizzo del taser, rinvenuto nella disponibilità del ricorrente, per impossessarsi del portafoglio e della carta di identità della vittima. Irrilevante, chiariscono i giudici, il fatto che sul corpo della persona offesa non fossero visibili gli esiti della violenza, poiché «il delitto di rapina può essere integrato anche dalla minaccia, essendo solo necessario che sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo».

Presidente Petruzzellis Relatore Aielli Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in datali/11/2022, la Corte d'appello di Roma, riformando la sentenza del Tribunale di Roma con la quale l'odierno ricorrente era stato condannato alla pena di anni quattro e mesi due di reclusione, oltre alla multa, per i reati di rapina aggravata maltrattamenti in famiglia, lesioni aggravate e danneggiamento a lui ascritti, riconosceva all'imputato le attenuanti generiche, riducendo la pena. 2. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l'imputato deducendo illogicità della motivazione e violazione di legge in relazione all'articolo 572 c.p. La Corte d'appello avrebbe ritenuto integrato il delitto di maltrattamenti, in assenza del requisito dell'abitualità infatti, a fronte di una convivenza con la p.o., di durata limitata, non avrebbero rilievo condotte del B.  aggressive, ma del tutto sporadiche. Sul punto, come pure sulla denunciata carenza dell'elemento soggettivo, la Corte di merito non avrebbe fornito risposta. 3. Con il secondo motivo il ricorrente lamenta il vizio di motivazione non avendo la Corte d'appello risposto alle censure difensive riguardanti l'affermazione di responsabilità per il delitto di rapina in danno della p.o., M.  , fondata sulle dichiarazioni della stessa, non sottoposta al dovuto vaglio di attendibilità lamenta, altresì il ricorrente, il mancato riconoscimento della circostanza attenuante comune di cui all'articolo 62 numero 6 c.p., posto che, nel caso in esame, la restituzione de telefono cellulare al M.  avvenne volontariamente. 4. Con il terzo motivo ci si duole della mancata riqualificazione del fatto di cui al capo c rapina aggravata dall'uso dell'arma in furto con strappo posto che non sarebbe provato che il ricorrente avesse utilizzato il taser nei confronti della p.o. per impossessarsi della borsa, avendo piuttosto usato violenza nei confronti della res. Considerato in diritto 1.I motivi tutti sono inammissibili perché reiterativi di doglianze prospettate in appello adeguatamente superate dal giudice di secondo grado oltre che manifestamente infondati. 2.Nella sentenza impugnata non è ravvisabile alcuna violazione di legge, nè sussistono i denunciati vizi della motivazione. 3. Il ricorrente ha, in larga parte riproposto, anche testualmente, i motivi di appello, disattesi dalla Corte territoriale con corretti argomenti giuridici, in esito ad una incensurabile ricostruzione del fatto operata da entrambi i giudici di merito, peraltro sulla base di alcune pacifiche e non contestate circostanze. 4.In primo luogo la Corte d'appello, valorizzando ponderatamente le dichiarazioni della p.o. che aveva riferito di plurime condotte di violenza e prevaricazione poste in essere con continuità da B.  in suo danno, correttamente ha ritenuto integrata la fattispecie di reato cui all'articolo 572 c.p., dovendosi in proposito rimarcare che l'abitualità nel delitto di maltrattamenti può essere integrata anche nel caso in cui il compimento di più fatti delittuosi che determinano sofferenze fisiche o morali, avvenga in un lasso di tempo non necessariamente prolungato ma comunque idoneo a dar luogo ad uno stato di soggezione dei familiari conviventi vittime del reato Sez.6, numero 21087 del 10/05/2022, Rv. 283271 Sez. 3, numero 6724 del 22/11/2017,Rv. 272452 . Va ricordato che nello schema del delitto di maltrattamenti in famiglia non rientrano soltanto le percosse, le lesioni, le ingiurie, le minacce e le privazioni e le umiliazioni imposte alla vittima, ma anche gli atti di disprezzo e di offesa alla sua dignità, che si risolvano in vere e proprie sofferenze morali, senza che assuma rilievo il fatto che gli atti lesivi si siano alternati con periodi di normalità e che siano stati, a volte, cagionati da motivi contingenti, poiché, data la natura abituale del delitto, l'intervallo di tempo tra una serie e l'altra di episodi lesivi non fa venir meno l'esistenza dell'illecito. Si è parlato anche di atti di sopraffazione sistematica tali da rendere particolarmente dolorosa la stessa convivenza l'elemento psichico, poi si concretizza in modo unitario ed uniforme che deve evidenziare nell'agente una grave intenzione di avviliree sopraffare la vittima e deve ricondurre ad unità i vari episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima, pur non rilevando, data la natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo Sez. 3, numero 6724 del 22/11/2017, Rv. 272452 Sez. 6, numero 25183 del 19/06/2012, Rv. 253041 . Quanto all'elemento soggettivo del reato la giurisprudenza è costante nel senso che per la sussistenza dell'elemenl o soggettivo del reato di cui all'articolo 572 c.p., non è necessario che l'agente abbia perseguito particolari finalità, nè il pravo proposito di infliggere alla vittima sofferenze fisiche o morali senza plausibile motivo, essendo invece sufficiente il dolo generico cioè la coscienza e volontà di sottoporre il soggetto passivo a tali sofferenze in modo continuo ed abituale Sez. 6, numero 25183 del 19/06/2012, Rv. 253042 Sez. 6, 3 luglio 1990, Soru . 5.Quanto al secondo motivo anch'esso è destituito di fondamento, la Corte d'appello ha attentamente vagliato l'attendibilità del M.  , p.o. del reato di cui al capo g , da cui ha tratto la prova dell'uso del coltello da parte del B.  . Scevra da censure si appalesa la decisione di non riconoscere l'attenuante di cui all'articolo 62 numero 6, in presenza di una restituzione del telefono da parte del B.  , al M.  , avvenuta non già volontariamente ma da questi sollecitata. La Corte d'appello, infatti, ha evidenziato che fu la p.o. a recarsi presso l'abitazione dell'imputato per recuperare il bene sottrattogli pag. 13 della sentenza . Si tratta di motivazione congrua, logica ed adeguata rispetto agli indicati elementi fattuali, conforme ai principi costantemente affermati da questa Corte di legittimità Sez. 2, numero 29715 del 21/06/2022, Rv. 283684 Sez. 2, numero 46588 del 29/11/2011, Rv. 251222 . 6. Inammissibile perché manifestamente infondato è, poi, l'ultimo motivo di ricorso. La Corte d'appello ha ritenuto integrato, a fronte dell'utilizzo del 1 aser che pacificamente costituisce arma Sez. 1, numero 8991 del 16/09/2022, Rv. 284379 Sez. 2, numero 49325 del 25/10/2016, Rv. 268364 , riferito dalla p.o. e rinvenuto nella disponibilità del prevenuto per impossessarsi del portafoglio e della carta di identità della vittima, il delitto di rapina a nulla rilevando che sul corpo della persona offesa non fossero visibili gli esiti della violenza, poiché il delitto di rapina può essere integrato anche dalla minaccia, essendo solo necessario che sia idonea a incutere timore e a coartare la volontà del soggetto passivo, in relazione alle circostanze concrete, alla personalità dell'agente Sez. 2, numero 27649 del 09/03/2021, Rv. 281467 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.