La S.C. in tema di associazione a delinquere finalizzata all’ingresso irregolare di stranieri

La partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata a procurare l’ingresso irregolare di stranieri nel territorio dello Stato può essere ritenuta anche in base alla commissione di un’unica ipotesi di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, purché essa sia dimostrativa, con portata concludente, della sussistenza del vincolo associativo.

In questo senso si è espressa la I sez. della Corte di Cassazione nella sentenza in commento, disponendo l'annullamento con rinvio della sentenza della Corte d'Appello di Cagliari per un nuovo esame e il rigetto del ricorso nel resto. Il Tribunale di Cagliari, in rito abbreviato, aveva condannato l'imputato alla pena di anni 4 ed 8 mesi di reclusione ed euro 118.000 di multa per il reato di cui all'art. 12, comma 3, lett. a e commi 3- bis e 3- ter , lett. b , d.lgs. numero 286/1998 perché, quale falso datore di lavoro che avrebbe dovuto assumerli, in cambio di imprecisate somme di denaro, compiva atti idonei a procurare l'ingresso in Italia di alcuni cittadini extracomunitari in violazione delle disposizioni contenute nel decreto legislativo. Con la stessa sentenza il Tribunale di Cagliari condannava il coimputato alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione ed euro 36.000 di multa per i reati di associazione a delinquere finalizzata a procurare l'ingresso di cittadini extracomunitari nel territorio dello stato in violazioni delle disposizioni contenute nel d.lgs. 286/1998 e per i reati fine di cui all'art. 12 comma 3, lett. d e comma 3- bis e comma 3- ter . La Corte d'Appello di Cagliari confermava la sentenza di primo grado per l'imputato e dichiarava prescritto il reato di cui all' art. 5 d.lgs. numero 109/2012 per il coimputato, rideterminando la pena inflitta in suo danno in 4 anni e 7 mesi e 10 giorni di reclusione e 35.334 di multa. Avverso la sentenza de qua proponevano ricorso gli imputati per il tramite dei loro difensori articolando tutta una serie di motivi che vanno dall'erronea applicazione della legge penale, alla qualificazione di reati, alla qualificazione giuridica dei fatti contestati. La Suprema Corte ha accolto il motivo di ricorso del secondo imputato limitatamente alle circostanze attenuanti e alla rideterminazione della pena e ha rigettato il ricorso per gli altri motivi addotti da entrambi i ricorrenti. In merito alle responsabilità penale del primo imputato il Supremo Consesso ha osservato come il comportamento dell'imputato era con valutazione ex ante idoneo al raggiungimento dello scopo perché le domande stesse erano state inviate all'autorità amministrativa competente a riceverle, con le modalità previste dalla normativa di settore, da un soggetto che si presentava come legittimato ad avanzarle, a nulla rilevando che esse a posteriori fossero risultate inaccoglibili, in quanto l'art. 12 punisce chi compie anche soltanto atti diretti a favorire l'immigrazione clandestina, e non richiede che l'immigrazione effettivamente avvenga, sicchè il reato ivi previsto ha la struttura di un reato di attentato e come tale non può ammettere il tentativo . La Corte di Cassazione ribadisce sul punto quanto osservato dalla Corte d'Appello in merito alla irrilevanza dell'esito negativo della procedura di amministrativa richiamando la giurisprudenza di legittimità secondo la quale il delitto di cui all' art. 12 d.lgs. 25 luglio 1998, numero 286 , per la sua natura di reato di pericolo , si perfeziona per il solo fatto che l'agente pone in essere, con la sua condotta, una condizione anche non necessaria, teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato ed indipendentemente dal verificarsi dell'evento Cass. penumero numero 28819/2014 , Pacini, Rv.259915 Cass. penumero numero 40624/2014 , Scarano . In merito alla responsabilità del coimputato per il reato associativo osserva la Corte di Cassazione come il motivo sia da ritenersi inammissibile in quanto anche la presentazione di un'unica domanda di ingresso può essere sufficiente a dimostrare l' esistenza di un vincolo associativo Cass. penumero sentenza del 15.7. 2011, Racariu Rv 251171 la partecipazione ad un'associazione a delinquere finalizzata a procurare l'ingresso irregolare di stranieri nel territorio dello Stato può essere ritenuta anche in base alla commissione di un'unica ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, purché essa sia dimostrativa, con portata concludente, della sussistenza del vincolo associativo Sez 1, sentenza numero 6308 del 20.01.2010, Ahmed, Rv.246115 e nel caso in esame al ricorrente erano state contestate tre domande ivi comprese quella oggetto di reato dichiarato prescritto in appello . Sulla base di tali considerazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha annullato la sentenza impugnata relativamente alla posizione del coimputato in relazione alle circostanze generiche e alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Cagliari. Rigettava il ricorso per il resto dei motivi e rigettava il ricorso per il primo imputato condannandolo al pagamento delle spese processuali.

Presidente Mancuso – Relatore Russo Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23 luglio 2020 il Tribunale di Cagliari, in rito abbreviato, ha condannato P.P. alla pena di 4 anni ed 8 mesi di reclusione ed Euro 118.000 di multa per il reato di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, comma 3, lett. a e d , e commi 3-bis e 3-ter, lett. b , perché, quale falso datore di lavoro che avrebbe dovuto assumerli, in cambio di imprecisate somme di denaro, compiva atti idonei a procurare l'ingresso in Italia di alcuni cittadini extracomunitari in violazione delle disposizioni contenute nello stesso decreto legislativo. Con la stessa sentenza il Tribunale di Cagliari ha condannato G.A. alla pena di 4 anni e 8 mesi di reclusione ed Euro 36.000 di multa per i reati di associazione a delinquere finalizzata a procurare l'ingresso di cittadini extracomunitari nel territorio dello Stato in violazione delle disposizioni contenute nel D.Lgs. n. 286 del 1998 e per i reati fine di cui all'art. 12, comma 3, lett. d , e comma 3-bis e comma 3-ter perché presentava apposita istanza per l'assunzione di lavoratori extracomunitari attestando falsamente che sarebbero stati assunti dalla sua ditta e del D.Lgs. 16 luglio 2012, n. 109, art. 5, comma 15, perché nell'ambito della procedura prevista per l'emersione del lavoro nero espletato dai cittadini stranieri regolarmente soggiornati in talia, in cambio di denaro, attestava falsamente di voler regolarizzare la posizione lavorativa di un cittadino nigeriano. Con sentenza del 28 gennaio 2022 la Corte di appello di Cagliari ha confermato la sentenza di primo grado per P., e, dichiarato prescritto il reato di cui al D.Lgs. n. 109 del 2012, art. 5, per G., rideterminato la pena inflitta in suo danno in 4 anni 7 mesi e 10 giorni di reclusione ed Euro 35.334 di multa. 2. Avverso il predetto provvedimento han proposto ricorso gli imputati, per il tramite dei difensori, con i seguenti motivi di seguito descritti nei limiti strettamente necessari ex art. 173 disp. att. c.p.p. . 2.1. Ricorso P. Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale perché la sola presentazione dell'istanza telematica di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso senza l'adempimento successivo della presentazione fisica del datore di lavoro, previa convocazione, presso gli sportelli degli uffici preposti. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione perché la sola presentazione della domanda di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso degli stranieri, perché, per due di essi non era stata presentata la documentazione integrativa e per altri tre J., M. e Z. , perché le domande telematiche erano in realtà doppioni di altre già proposte per gli stessi, e quindi di per sé nulle. Con il terzo motivo deduce vizio di motivazione in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato, perché la Corte d'appello non ha attribuito rilievo alla circostanza che l'indirizzo IP del computer da cui le domande erano state inviate era stato individuato nella disponibilità di S.M.R., e non dell'imputato. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione perché con riferimento alle domande di ingresso indicate nel capo 12 dell'imputazione non è stata considerata la inidoneità della condotta a determinare l'ingresso degli stranieri che rendeva l'ipotesi non punibile ai sensi dell' art. 49 c.p. , comma 2. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alle condotte contestate al capo 13 dell'imputazione in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato perché la Corte ha ritenuto che i dati della ditta del padre dell'imputato fossero nella disponibilità di quest'ultimo mentre emergeva dagli atti che il nominativo è stato utilizzato esclusivamente da tale A.S., a nome della quale risulta una falsa delega, come emerge pacificamente dalle dichiarazioni di S.M.G Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione in relazione all'individuazione della responsabilità per il reato di cui al capo 13 dell'imputazione, ritenuto reato fotocopia di altro già giudicato separatamente a carico dell'imputato, e per cui lo stesso ha concordato applicazione pena, senza interporre una doverosa valutazione delle motivazioni contenute nella prima sentenza di patteggiamento. Con il settimo motivo deduce vizio di motivazione in punto di responsabilità dell'imputato per i reati di cui ai capi 12 e 1 3 in particolare con riferimento alle prove della sussistenza del concorso di persone con A.S., G.S., e con il coimputato assolto K.H., nonostante dagli atti non emerga alcun accordo criminoso tra il ricorrente e gli altri coimputati. Con l'ottavo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al giudizio di responsabilità anche per le aggravanti del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, perché la Corte d'appello si è limitata a dichiarare il motivo d'appello inammissibile senza prenderlo in considerazione nel merito. Con il nono motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti che, anziché nel D.L.gs. n. 286 del 1998, art. 12, andavano sussunti nell' art. 640 c.p. , in quanto la totale inidoneità della condotta comportava, in realtà, che nei fatti potesse essere giudicata esistente una truffa in danno dei soggetti extracomunitari interessati all'ingresso in Italia. Con il decimo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, non essendo stato tenuto in conto in senso favorevole all'imputato delle dichiarazioni rese dallo stesso in forma scritta e depositate all'udienza del 28 gennaio 2022, dove egli spiega di essersi fidato di sua moglie, di averle dato i suoi documenti, di aver preferito accettare un patteggiamento in passato, e di non aver presentato alcuna domanda di ingresso, nonché sotto il profilo della motivazione scelta dalla Corte d'appello che ha ritenuto il precedente patteggiamento come un precedente specifico quando si tratta, in realtà, della stessa condotta giudicata separatamente. Con l'undicesimo motivo deduce inosservanza della norma penale, in quanto l'aggravante di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, lett. d , è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale 10 marzo 2022 n. 63 . 2 . 2 . Ricorso G. Con il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, perché la mera presentazione delle istanze telematiche di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato senza il rispetto degli ulteriori passaggi procedurali previsti dal decreto flussi. Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla mancata valutazione della impossibilità del reato ai sensi dell' art. 49 c.p. , comma 2, perché le istanze presentate erano irricevibili, come si evince chiaramente dalla conversazione intercettata n. 4137 del Omissis , in cui l'impiegata della direzione del lavoro chiama lo studio del c ommercialista e gli dice che le domande presentate da G. erano irricevibili il motivo dell'irricevibilità è che il settore della ditta del ricorrente pulizie non rientrava in quello agricoltura per cui era previsto il decreto flussi. Con il terzo motivo deduce inosservanza della norma penale sempre per mancata valutazione del reato impossibile di cui all' art. 49 c.p. , comma 2, per gli stessi argomenti esposti nel motivo precedente sotto il diverso profilo del vizio di motivazione. Con il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento all'affermazione della responsabilità dell'imputato, in quanto la sentenza impugnata ha ritenuto che la ditta Puliservice fosse stata creata dall'imputato con lo specifico scopo di eludere la normativa nazionale in materia di ingresso nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari, mentre nella conversazione n. 368 intercettata il Omissis G., parlando con G., manifesta intenzioni lecite in ordine alla creazione della ditta, in particolare pronunciando frasi quali sì tanto lo ci stavo già pensando di metter su un'attività di pulizie e prender qualche contratto magari c'e' da lavorare anche per i figli , e perché non è stato valutato che è stata prodotta una fattura regolarmente incassata dalla Puliservice che dimostra l'effettivo esercizio di attività lavorativa da parte della stessa. Con il quinto motivo deduce vizio di motivazione in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato per il reato associativo perché la Corte d'appello ha ritenuto erroneamente di ritenere la responsabilità dell'imputato per tutto il periodo contestato in imputazione fra settembre 2009 e ottobre 2014 quando vi sono prove dell'esistenza dei rapporti con gli altri imputati solo a partire dal gennaio 2014 in poi. Con il sesto motivo deduce vizio di motivazione per la mancata valutazione di prova decisiva, la conversazione n. 368 del 4 gennaio 2014 già citata in uno dei motivi precedenti. Con il settimo motivo deduce mancata riqualificazione del reato di cui all'art. 12, comma 3, in quello di cui al D.Lgs. n. 109 del 2012, art. 5 o in quello di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12 comma 5, perché i due stranieri oggetto dell'istanza erano in tutta evidenza già presenti sul territorio dello Stato. Con l'ottavo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed all'eccessività del trattamento sanzionatorio nel motivo ci si duole in particolare della mancata risposta del giudice di secondo grado all'analogo motivo di appello. Con il nono motivo deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento all'intervenuta dichiarazione di incostituzionalità di cui all'art. 12 comma 3, lett. d , n. 286 del 1998 per effetto della sentenza Corte Costituzionale 10 marzo 2022 n. 63 . 3 . Con requisitoria scritta il Procuratore generale della Cassazione, Dott. Piero Gaeta, ha concluso per l'accoglimento del ricorso G. limitatamente al trattamento sanzionatorio, e la inammissibilità nel resto, e per l'inammissibilità del ricorso P Con nota di conclusioni scritte l'avv. Iaconi Loredana, difensore di P., ha controdedotto alle conclusioni del Procuratore generale ed insistito per l'accoglimento del ricorso. Con nota di conclusioni scritte l'avv. Piras Marco, difensore di G., ha controdedotto alle conclusioni del Procuratore generale ed insistito per l'accoglimento del ricorso. Considerato in diritto Il ricorso di P. è infondato il ricorso di G. e', invece, parzialmente fondato. 1. Ricorso P. 1.1. Il primo, il secondo ed il quarto motivo, che possono essere affrontati congiuntamente, attengono tutti al giudizio di responsabilità dell'imputato e deducono che la condotta da lui posta in essere fosse inidonea a determinare l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato. Nel primo motivo si sostiene che la sola presentazione dell'istanza telematica di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso senza l'adempimento successivo della presentazione fisica, previa convocazione, presso gli sportelli preposti del datore di lavoro. Nel secondo motivo si sostiene che la sola presentazione della domanda di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso dello straniero senza la presentazione dello straniero presso lo sportello preposto perché, per due stranieri Siimi e Diop , non era stata seguita dalla documentazione richiesta a corredo, e, per altri tre stranieri J., M. e Z. , perché le domande telematiche erano in realtà doppioni di altre già proposte per gli stessi. Nel quarto motivo si sostiene, con riferimento alle domande di ingresso indicate nel capo 12 dell'imputazione, che non è stato considerato che la inidoneità della condotta a determinare l'ingresso degli stranieri rendeva l'ipotesi non punibile ai sensi dell' art. 49 c.p. , comma 2. La sentenza di d'appello ha risposto a queste deduzioni difensive rilevando che il comportamento dell'imputato era con valutazione ex ante idoneo al raggiungimento dello scopo perché le domande stesse erano state inviate all'autorità amministrativa competente a riceverle, con le modalità previste dalla normativa di settore, da un soggetto che si presentava come legittimato ad avanzarle, a nulla rilevando che esse a posteriori fossero risull ate inaccoglibili, in quanto l'art. 12 punisce chi compie anche soltanto atti diretti a favorire l'immigrazione clandestina, e non richiede che l'immigrazione effettivamente avvenga, sicché il reato ivi previsto ha la struttura di un reato di attentato, e come tale non può ammettere il tentativo . La soluzione della Corte d'appello della irrilevanza della valutazione ex post dell'esito negativo della procedura amministrativa è conforme alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di disciplina dell'immigrazione, il delitto di cui al D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286, art. 12, per la sua natura di reato di pericolo, si perfeziona per il solo fatto che l'agente pone in essere, con la sua condotta, una condizione, anche non necessaria, teleoloqicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato, ed indipendentemente dal verificarsi dell'evento Sez. 1, Sentenza n. 28819 del 22/05/2014, Pancini, Rv. 259915 Sez. 1, Sentenza n. 40624 del 25/03/2014, Scarano in tema di disciplina dell'immigrazione, così come modificata dalla Legge del 30 luglio 2002 n. 189 , integrano il delitto di cui al D.Lgs. n. 286 del 25 luglio 1998, art. 12, comma 1, gli atti diretti a procurare l'ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato e, quindi, anche quelle attività che, finalisticamente ed univocamente orientate a conseguire tale scopo, non siano riuscite a realizzarlo . Non è illogico, quindi, sia stato giudicato irrilevante il mancato perfezionamento della procedura amministrativa perché il datore di lavoro non si è presentato per la sottoscrizione del contratto di lavoro primo motivo , o perché non è stata ottemperata la richiesta di documentazione aggiuntiva secondo motivo, prima parte , perché la condotta posta in essere era comunque una condizione teleologicamente connessa al potenziale ingresso illegale dello straniero nel territorio dello Stato. Non è illogico, inoltre, non sia stata ritenuta esistente nellla irricevibilità della domanda relativa ad alcuni degli stranieri secondo motivo, seconda parte quarto motivo una ipotesi di reato impossibile ex art. 49 c.p. Posto, infatti, che, come precisato sopra, l'art. 12 è una fattispecie penale strutturata nelle forme del reato tentato essendo sufficienti per la sua integrazione gli atti idonei a procurare l'ingresso la distinzione tra essa ed il reato impossibile va condotta in base alle regole della distinzione tra tentativo idoneo e reato impossibile secondo cui l'idoneità degli atti non va valutata con riferimento ad un criterio probabilistico di realizzazione dell'intento delittuoso, bensì in relazione alla possibilità che alla condotta consegua lo scopo che l'agente si propone, configurandosi invece un reato impossibile per inidoneità degli atti, ai sensi dell' art. 49 c.p. , in presenza di un'inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato che sia assoluta e indipendente da cause estranee ed estrinseche Sez. 6, Sentenza n. 17988 del 06/02/2018, Mileto, Rv. 272810 Sez. 1, Sentenza n. 36726 del 02/07/2015, L., Rv. 264567 . L'inefficienza strutturale e strumentale del mezzo usato e', come è stato ritenuto in altro precedente giurisprudenziale di legittimità, quella che non consente neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso Sez. 5, Sentenza n. 9254 del 15/10/2014, dep. 2015, Semeraro, Rv. 263058 , e, come rilevato correttamente dal giudice d'appello, una domanda presentata nei termini all'amministrazione competente a riceverla è tutt'altro che uno strumento che non consente neppure in via eccezionale l'attuazione del proposito criminoso , ma anzi è uno strumento idoneo ex ante ad ottenere lo scopo, pur se la successiva istruttoria della stessa ha condotto ad accertare l'esistenza di preclusioni all'accoglimento, perché non su tutte le procedure amministrative l'amministrazione può garantire sempre un controllo accurato che individui l'esistenza delle cause ostative all'accoglimento. 1.2. Il terzo motivo deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato sotto diverso profilo, ovvero perché la Corte d'appello non ha attribuito rilievo alla circostanza che l'indirizzo IP del computer da cui le domande erano state inviate era stato individuato nella disponibilità di S.M.R., e non dell'imputato. Il motivo è inammissibile per difetto del requisito dell'autosufficienza del ricorso. Quando il ricorso è presentato ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e , nella redazione del ricorso il ricorrente ha un onere formale aggiuntivo rispetto a quelli indicati dall' art. 581 c.p.p. , onere processuale che è stato ricavato interpretativamente dalla formulazione e introdotto dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46 , art. 606 c.p.p., lett. e , secondo cui il vizio deve risultare dal testo della motivazione ovvero da altri atti del processo specificamente indicati nei motivi di gravame , di inequivoca individuazione e di specifica rappresentazione degli atti processuali che intende far valere per sostenere l'esistenza del vizio. Nella lettura di questa norma, la giurisprudenza di legittimità, che in un primo momento aveva ritenuto possibile soddisfare l'onere mediante diverse modalità, compresa la mera indicazione precisa della posizione dell'atto all'interno del fascicolo del giudice del merito Sez. 3, Sentenza n. 433.22 del 02/07/2014, Sisti, Rv. 260994 , che è quanto avvenuto nel caso di specie in cui il ricorso si limita ad indicare in nota la posizione degli atti richiamati all'interno del fascicolo, ha poi progressivamente assunto un indirizzo di maggior rigore e, richiamando il principio processual-civilistico dell'autosufficienza del ricorso, ha ritenuto che non sia sufficiente limitarsi a richiamare atti del processo specificamente indicati, ma che sia necessaria la loro integrale trascrizione o allegazione al ricorso Sez. 2, Sentenza n. 20677 del 11 aprile 2017, Schioppo, rv. 270071 Sez. 4, n. Sentenza n. 46979 del 10 novembre 2015, Bregamotti, rv. 265053 Sez. 2, Sentenza n. 26725 del 1 marzo 2013, Natale, rv. 256723 per una applicazione del principio anche al di fuori del vizio di motivazione v. Sez. 4, Sentenza n. 18335 del 28/06/2017, dep. 2018, PG in proc. Conti, Rv. 273261 . Per questo indirizzo giurisprudenziale, che ormai si è consolidato, sono, quindi, inammissibili, per violazione del principio di autosufficienza, quei motivi di ricorso che, deducendo il vizio di manifesta illogicità o di contraddittorietà della motivazione, richiamano atti specificamente indicati, ma non ne contengono la loro integrale trascrizione o allegazione v. sentenze Schioppo e Bregamotti sopra citate . Ne consegue che nel caso in esame, in cui il ricorrente fonda l'esistenza del vizio di motivazione su un atto che non allega al ricorso né riporta in modo integrale, il motivo deve essere ritenuto inammissibile. 1.3. E' inammissibile per le stesse ragioni anche il quinto motivo, che deduce vizio di motivazione con riferimento alle condotte contestate al capo 13 dell'imputazione in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato, perché la Corte ha ritenuto che i dati della ditta del padre dell'imputato fossero nella disponibilità di quest'ultimo mentre risulterebbe dagli atti che il nominativo è stato utilizzato esclusivamente da tale A.S. a nome della quale risulta una falsa delega, come emergerebbe dalle dichiarazioni di S.M.G Anche in questo caso il ricorso si limita ad indicare in nota la posizione all'interno del fascicolo degli atti che sono necessari alla valutazione di esistenza del vizio, ma non li allega né trascrive integralmente, in violazione dell'onere di autosufficienza del ricorso. 1.4. E' inammissibile anche il sesto motivo, che deduce vizio di motivazione in relazione all'individuazione della responsabilità per il reato di cui al capo 13 dell'imputazione, ritenuto reato fotocopia di altro già giudicato a parte a carico dell'imputato, e per cui lo stesso ha concordato applicazione pena senza interporre una doverosa valutazione delle motivazioni contenute nella prima sentenza di patteggiamento. Il motivo è inammissibile per difetto del requisito della specificità estrinseca dei motivi di impugnazione cfr. Sez. U, Sentenza n. 8825 del 27/10/2016, dep. 2017, Galtelli, Rv. 268823 , atteso che lo stesso non si confronta con il contenuto della sentenza impugnata che aveva risposto al motivo di appello rilevando vero è invece che nella sentenza è stata compiuta una valutazione complessiva del tutto ragionevole dell'intero materiale disponibile costituito dal coacervo delle seguenti risultanze che il P. nello stesso periodo aveva presentato altre domande analoghe a quelle di cui al capo in esame, che in precedenza aveva chiesto ed ottenuto l'applicazione della pena per un altro reato fotocopia di quello ora in esame, contestato, guarda caso, come commesso in concorso con la moglie A.S., che il padre, titolare della ditta richiedente i nulla osta, aveva negato di aver presentato domande di sorta ed aveva aggiunto che il figlio era in possesso dei suoi dati perché egli stesso glieli aveva forniti tempo prima per un esercitare una procura ad alienare un certo immobile , su cui non prende posizione limitandosi a riproporre l'argomento speso in appello senza rispondere ai rilievi formulati dal giudice di secondo grado. 1.5. Il settimo motivo deduce vizio di motivazione in punto di responsabilità dell'imputato per i reati di cui ai capi 12 e 13 in particolare con riferimento alle prove della sussistenza del concorso di persone con A.S., G.S. e con il coimputato assolto K.H. nonostante dagli atti non emerga alcun accordo criminoso tra il ricorrente e gli altri coimputati. Anche in questo caso il ricorso si limita ad indicare in nota la posizione all'interno del fascicolo degli atti che sono necessari alla valul azione di esistenza dell'asserito vizio di motivazione, ma non li allega né trascrive integralmente, in violazione dell'onere di autosufficienza del ricorso, ed, in quanto tale, è inammissibile. 1.6. L'ottavo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alle aggravanti di cui del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, commi 3, 3-bis e 3-ter, perché la Corte d'appello si è limitata a dichiarare il motivo d'appello inammissibile senza prenderlo in considerazione nel merito. Il motivo è infondato. La sentenza d'appello ha dichiarato i motivi inammissibili perché l'appellante si è limitato a contestare la sussistenza delle relative circostanze senza addurre alcun argomento a sostegno dei suoi assunti il ricorrente sostiene di aver invece addotto in appello argomenti a sostegno degli assunti. L'atto di appello, in realtà, si era limitato a sostenere il motivo di appello sulle aggravanti con il richiamo per relationem a quanto esposto nei precedenti motivi, che era una indicazione molto vaga, che non consentiva al giudice dell'impugnazione di comprendere l'articolazione del motivo di appello. Tanto è che nell'odierno ricorso per cassazione si specifica che nell'atto di appello la critica alla motivazione sull'aggravante del comma 3, lett. a , si doveva rinvenire nel punto 2 dell'atto di appello la critica alla motivazione sull'aggravante del comma 3, lett. d si doveva rinvenire nel punto 5 dei motivi di appello la critica alla motivazione sull'aggravante del comma 3-bis si doveva rinvenire sia nel punto 6 dell'atto di appello sia nei punti 1, 2, 3 e 4 dello stesso, con ciò stesso evidenziando come tale motivo di appello non contenesse un autonomo percorso argomentativo che poteva essere valutato dal giudice di secondo grado, che quindi correttamente lo ha dichiarato inammissibile. 1.7. Il nono motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla qualificazione giuridica dei fatti che, anziché nel D.L.gs. n. 286 del 1998, art. 12, andavano sussunti nell' art. 640 c.p. , in quanto la totale inidoneità della condotta comportava la sussistenza di una truffa in danno dei soggetti extracomunitari interessati all'ingresso in Italia. Il motivo è infondato. L'argomento contenuto nel motivo è consequenziale a quello svolto nel primo, secondo e quarto motivo sulla inidoneità dell'a condotta a permettere l'ingresso degli stranieri, da esso il ricorso ne trae la conclusione che si trattava in realtà di una truffa in danno degli stranieri. Come, però, osservato, nel decidere il primo, secondo e quarto motivo di ricorso, la condotta era ex ante idonea a determinare l'ingresso e si inseriva nella serie causale diretta a cagionarlo, talché la caduta dell'argomento proposto in quei motivi comporta anche il rigetto consequenziale di questo. 1.8. Il decimo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle attenuanti generiche, non essendo stato tenuto in conto in senso favorevole all'imputato delle dichiarazioni rese dallo stesso in forma scritta e depositate all'udienza del 28 gennaio 2022, dove egli spiega di essersi fidato di sua moglie, di averle dato i suoi documenti, di aver voluto accettare un patteggiamento in passato e di non aver presentato alcuna domanda di ingresso, nonché sotto il profilo della motivazione scelta dalla Corte d'appello che ha ritenuto il precedente patteggiamento quale precedente specifico quando si tratta in realtà della stessa condotta. Il motivo è infondato. La motivazione della sentenza d'appello sulla mancata concessione delle attenuanti generiche è che la decisione sul punto del giudice di primo grado e' stata ben motivata alla luce della gravità del fatto, del precedente penale specifico da cui l'imputato era gravato nonché dall'ulteriore rilievo che non è emerso a favore dello stesso alcun elemento favorevole . Il diniego delle attenuanti generiche risulta, in definitiva, motivato con il riferimento operato dai giudici del merito alle modalità dell'azione oggetto di giudizio, al danno, all'intensità del dolo, ai motivi a delinquere, alla condotta di vita antecedente e successiva al fatto, e quindi a parametri che trovano in effetti aggancio normativo nell' art. 133 c.p. , comma 1, nn. 1, 2 e 3, e comma 2, nn. 1, 2 e 3. Il ricorso mira a disarticolare questo giudizio valorizzando in senso favorevole al ricorrente la dichiarazione scritta resa all'udienza del 28 gennaio, che però rientra nei poteri del giudice del merito valutare come subvalente ai fini della concedibilità o meno delle attenuanti generiche, e rilevando che il precedente citato non è altro che un fatto riconducibile alla stessa condotta contestata in questo giudizio, ma giudicato a parte, che però non è illogico sia rientrato nel perimetro di valutazione del giudice ai fini della concedibilità delle generiche, posto che si tratta pur sempre di una condotta integrante reato ulteriore rispetto a quelle su cui era chiamato a pronunciarsi il giudice in questo giudizio. 1.9. L'undicesimo motivo deduce inosservanza della norma penale, in quanto la condanna è stata pronunciata anche per l'aggravante di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, lett. d , che, però, è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Corte Costituzionale 10 marzo 2022 numero 63 . Il motivo è infondato. Si premette che il motivo non è stato presentato in appello, e quindi non vi è una risposta del giudice d'appello sul punto, ma, avendo ad oggetto pena asseritamente illegale, deve essere valutato comunque dalla Corte Sez. U, Sentenza n. 38809 del 31/03/2022, Miraglia, Rv. 283689 Spetta alla Corte di cassazione, in attuazione degli artt. 3,13,25 e 27 Cost. il potere, esercitabile anche in presenza di ricorso inammissibile, di rilevare l'illegalità della pena determinata dall'applicazione di sanzione ab origine contraria all'assetto normativo vigente perché di specie diversa da quella di legge o irrogata in misura superiore al massimo edittale . Il motivo è infondato, perché in realtà dal D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, lett. d , racchiude al suo interno due diverse aggravanti se il fatto è commesso da tre o più persone in concorso tra loro se il fatto è commesso utilizzando servizi internazionali di trasporto o mediante documenti contraffatti o alterati o comunque illegalmente ottenuti. La dichiarazione di incostituzionalità riguarda soltanto la seconda aggravante, ma non la prima relativa alle tre o più persone, che pure nel presente giudizio era stata contestata in fatto nella imputazione e ritenuta in sentenza. 2. Ricorso G. 2.1. Il primo motivo deduce erronea applicazione della legge penale, perché la mera presentazione delle istanze telematiche di ingresso era inidonea a determinare l'ingresso degli stranieri nel territorio dello Stato, perché doveva essere seguita da altri adempimenti procedimentali ed aveva come condizione la assenza dello straniero dal territorio dello Stato. Il motivo ripropone un argomento già introdotto nel primo motivo del ricorso P. ed e', pertanto, infondato per le ragioni che sono state esposte al punto 1.1. di questa sentenza, cui si fa rinvio. 2.2. Il secondo motivo deduce vizio di motivazione perché non era stata valutata la sussunzione del fatto sotto la categoria del reato impossibile ai sensi dell' art. 49 c.p. , comma 2. Nel motivo si evidenzia che le istanze presentate erano irricevibili, come si evince chiaramente dalla conversazione intercettata n. 4137 del 12 settembre 2014, in cui l'impiegata della Direzione del lavoro chiama lo studio del commercialista che aveva inoltrato la domanda e gli dice che le domande presentate da G. erano irricevibili perché il settore della ditta del ricorrente pulizie non rientrava in quello agricoltura per cui era previsto il decreto flussi. Il motivo ripropone un argomento già introdotto nel quarto motivo del ricorso P. ed e', pertanto, infondato per le ragioni che sono state esposte al punto 1.1. di questa sentenza, cui si fa rinvio. 2.3. Il terzo motivo deduce inosservanza della norma penale sempre per mancata valutazione della impossibilità del reato di cui all' art. 49 c.p. , comma 2. Il motivo ripropone lo stesso argomento già introdotto nel secondo motivo, ponendolo stavolta come vizio di inosservanza norma di legge, anziché sotto il profilo del vizio di motivazione. Il motivo e', pertanto, infondato per le stesse ragioni che sono state esposte al punto precedente. 2.4. Il quarto motivo deduce vizio di motivazione con riferimento all'affermazione della responsabilità dell'imputato, in quanto nella motivazione della sentenza il giudice di secondo grado ha ritenuto che la ditta Puliservice fosse stata creata dall'imputato con lo specifico scopo di eludere la normativa nazionale in materia di ingresso nel territorio dello Stato dei cittadini extracomunitari, mentre nella conversazione n. 368, intercettata il 4 gennaio.2014, G., parlando con G., manifesta intenzioni lecite in ordine alla creazione della ditta in particolare pronunciando frasi sì, tanto lo ci stavo già pensando di metter su un'attività di pulizie e prender qualche contratto magari c'e' da lavorare anche per i figli , e perché non è stato valutato che è stata prodotta una fattura regolarmente incassata dalla Puliservice che dimostra l'effettivo esercizio di attività lavorativa da parte della stessa. Il motivo è manifestamente infondato, perché si limita ad aggredire un solo passaggio del percorso logico che ha portato alla affermazione di responsabilità dell'imputato ovvero, che la ditta del ricorrente sia stata aperta con la specifica finalità di presentare domande di ingresso di cittadini extracomunitari , passaggio logico non necessario perché gli atti diretti a favorire l'ingresso degli stranieri in violazione delle norme sull'immigrazione sarebbero integrati comunque anche in caso di domanda presentata da una ditta realmente operativa ed utilizzata occasionalmente per uno scopo illecito, come correttamente rilevato dal giudice di secondo grado nella sentenza impugnata. 2.5. Il quinto motivo deduce vizio di motivazione in punto di individuazione della responsabilità dell'imputato per il reato associativo. Nel ricorso si sostiene che il periodo di osservazione del G. era stato limitato al solo 2014, che al ricorrente non possono estendersi prove della esistenza della struttura criminale antecedenti all'inizio dei contatti tra questi ed i soggetti che ne facevano parte, che le condotte del ricorrente prese di per sé non dimostrerebbero lo stabile apporto alla struttura criminale, e che mancherebbe comunque la prova della consapevolezza da parte di G. di partecipare ad una struttura criminale la stessa prova della modifica dell'oggetto sociale della ditta del ricorrente finalizzata a permettergli di presentare domande di ingresso sarebbe in contrasto con quanto riferito nell'annotazione dei Carabinieri del Omissis . Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza nella parte in cui pretende di contrastare l'argomento speso nella sentenza impugnata sul cambio di oggetto sociale della ditta del ricorrente per consentirgli di presentare domande di ingresso degli stranieri mediante il riferimento ad un elemento probatorio l'annotazione del Omissis che non allega al ricorso né trascrive integralmente. Il motivo è inammissibile anche nella parte in cui sostiene la insufficienza degli elementi di prova a carico del ricorrente della stabile partecipazione alla struttura associativa, perché nel giudizio di legittimità il sindacato sulla correttezza della valutazione della prova è molto ristretto, atteso che deve limitarsi al controllo logico e giuridico della struttura della motivazione, e nel caso in esame le doglianze mosse dal ricorrente non introducono vizi logici del percorso argomentativo della sentenza, perché la giurisprudenza di legittimità ritiene che anche la presentazione di un'unica domanda di ingresso può essere sufficiente a dimostrare l'esistenza del vincolo associativo Sez. 1, Sentenza n. 41098 del 15/07/2011, Racariu, Rv. 251171, la partecipazione ad un'associazione a delinquere finalizzata a procurare l'ingresso irregolare di stranieri nel territorio dello Stato può essere ritenuta anche in base alla commissione di un'unica ipotesi di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, purché essa sia dimostrativa, con portata concludente, della sussistenza del vincolo associativo Sez. 1, Sentenza n. 6308 del 20/01/2010, Ahmed, Rv. 246115 , e nel caso in esame al ricorrente erano contestate tre domande ivi compresa quella oggetto del reato dichiarato prescritto in appello . In definitiva, le doglianze mosse dal ricorrente si risolvono, pertanto, in una mera ricostruzione alternativa delle evidenze probatorie Sez. 2, Sentenza n. 9106 del 12/02/2021, Caradonna, Rv. 280747 Sez. 3, Sentenza n. 18521 del 11/01/2018, Ferri, Rv. 273217 Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, Cammarata, Rv. 270519 . 2.6. Il sesto motivo deduce vizio di motivazione per la mancata valutazione di una prova asseritamente decisiva, la conversazione intercettata n. 368 del 4 gennaio 2014 già citata in uno dei motivi precedenti. Il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza perché sottopone alla Corte un asserito vizio di motivazione del provvedimento impugnato sulla base di un elemento probatorio che non allega al ricorso né trascrive integralmente nel motivo sono riportate alcune frasi della conversazione intercettata, scelte dal ricorrente, ed in questo modo non è possibile apprezzare la rilevanza della conversazione nella sua interezza . 2.7. Il settimo motivo deduce mancata riqualificazione del reato di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 3, in quello di cui al D.Lgs. n. 109 del 2012, art. 5 o in quello di cui al D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 12, comma 5, perché i due stranieri oggetto dell'istanza erano in tutta evidenza già presenti sul territorio dello Stato. Il motivo è inammissibile, perché fondato su una ipotesi puramente congetturale, ovvero che gli stranieri oggetto dell'istanza fossero presenti in Italia al momento della domanda. Il motivo di ricorso non si preoccupa di indicare quale sia l'elemento probatorio da cui desume questa affermazione, limitandosi a dire che in tutta evidenza essi dovessero già trovarsi in Italia. Il motivo formulato su elementi meramente ipotetici o congetturali è inidoneo a determinare una manifesta illogicità della motivazione cfr. Sez. 2, Sentenza n. 3817 del 09/10/2019, dep. 2020, Mannile, Rv. 278237 in sede di legittimità, perché sia ravvisabile la manifesta illogicità della motivazione ai sensi dell' art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e è necessario che la ricostruzione dei fatti prospettata dall'imputato che intenda far valere l'esistenza di un ragionevole dubbio sulla sua colpevolezza, contrastante con il procedimento argomentativo seguito dal giudice, sia inconfutabile e non rappresentativa soltanto di un'ipotesi alternativa a quella ritenuta nella sentenza impugnata, dovendo il dubbio sulla corretta ricostruzione del fatto-reato nei suoi elementi oggettivo e soggettivo fare riferimento ad elementi sostenibili, cioè desunti dai dati acquisiti al processo, e non meramente ipotetici o congetturali seppure plausibili . 2.8. L'ottavo motivo deduce vizio di motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche ed all'eccessività del trattamento sanzionatorio nel motivo ci si duole in particolare della mancata risposta del giudice di secondo grado all'analogo motivo di appello. Il motivo è fondato, perché nella sentenza di secondo grado non è affrontato in modo specifico l'analogo motivo di appello, né è possibile desumere la risposta a questo motivo da altra parte della sentenza. Sul punto, pertanto, la sentenza deve essere annullata per difetto di motivazione con rinvio per nuovo giudizio. 2.9. Il nono motivo deduce erronea applicazione della legge penale con riferimento all'intervenuta dichiarazione di incostituzionalità dell'art. 12 comma 3, lett. d , n. 286 del 1998 per effetto della sentenza della Corte Costituzionale 10 marzo 2022 n. 63 . Il motivo ripropone un argomento già introdotto nell'undicesimo motivo del ricorso P. ed e', pertanto, infondato per le ragioni che sono state esposte al punto 1.9. di questa sentenza, cui si fa rinvio. 3. Ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , comma 1, alla decisione consegue la condanna del ricorrente P. al pagamento delle spese del procedimento. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata nei confronti di G.A. limitatamente alle circostanze attenuanti generiche e alla determinazione della pena, con rinvio per nuovo giudizio su tali punti ad altra sezione della Corte di assise di appello di Cagliari. Rigetta il ricorso nel resto. Rigetta il ricorso di P.P. e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.