Le condotte aggressive e umilianti verso la moglie anche dopo la separazione sono maltrattamenti in famiglia

Confermata la custodia cautelare in carcere per un uomo finito nei guai per i comportamenti tenuti ai danni della ex consorte. Irrilevante, chiariscono i giudici, il fatto che determinati episodi si siano verificati dopo che l’uomo è andato via dalla casa coniugale.

Riconducibili al delitto di maltrattamenti in famiglia i soprusi compiuti dal marito ai danni della moglie, anche se concretizzatisi in epoca successiva alla loro separazione di fatto, cioè dopo l' interruzione della convivenza coniugale. Riflettori puntati sulle condotte - ossia episodi di maltrattamenti - tenute da un uomo nei confronti della moglie, condotte tali da legittimare, prima secondo il GIP e poi secondo il tribunale, l'applicazione della custodia cautelare in carcere. Per la difesa la vicenda va vista in un'ottica differente. Innanzitutto perché, a suo dire, gli episodi contestati al suo cliente si sono colloca ti in un clima di conflittualità familiare e sono stati determinati non dalla volontà di sopraffare la persona offesa, ma dalla difficoltà del ricorrente ad avere rapporti con i propri figli, rapporti ostacolati dalla stessa persona offesa , e poi perché sono state contestate esclusivamente condotte realizzate dopo che l'uomo si era trasferito stabilmente presso un'altra abitazione e quindi, osserva il legale, la convivenza tra marito e moglie era cessata e i fatti vanno eventualmente catalogati come condotte persecutorie. I Giudici della Cassazione condividono, in prima battuta, la valutazione compiuta in tribunale, laddove si sono ritenuti sussistenti i gravi indizi di colpevolezza a carico del marito per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate e ciò sulla base delle puntuali dichiarazioni della vittima, corroborate da altre fonti dichiarative nonché dalla copiosa documentazione delle incessanti e gravi minacce inoltrate con messaggi su ‘WhatsApp' e ‘Signal' dall'uomo alla persona offesa e, infine, dalla videoregistrazione relativa alla bottiglia in plastica, contenente alcool, lanciata dall'uomo sul balcone della vittima all'esito di un'aggressione verbale . Per quanto concerne la catalogazione delle condotte attribuite al ricorrente, il legale ha sottolineato che ci si trova di fronte ad episodi avvenuti dopo la cessazione della convivenza coniugale, ma questo dettaglio è irrilevante, secondo i Giudici, poiché integrano il reato di maltrattamenti in famiglia, e non quello di atti persecutori, le condotte vessatorie nei confronti del coniuge, condotte che, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione , di fatto o legale, della coppia, in quanto il coniuge resta persona della famiglia fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza . Ciò anche perché la separazione è condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio , dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto, collaborazione, assistenza morale e materiale . Per quanto concerne l'applicazione della custodia cautelare in carcere, il Collegio ritiene corretto il ragionamento compiuto dal giudice del tribunale, il quale ha desunto il pericolo di reiterazione del reato dalla lunga durata e dalla reiterazione dei comportamenti minatori, aggressivi, denigratori, umilianti posti in essere del ricorrente all'indirizzo della moglie e dalla datazione recente delle ultime gravi minacce documentate . Tali dettagli certificano una personalità abitualmente adusa alla violenza e incapace di azionare i propri freni inibitori , osservano i magistrati della Cassazione, i quali condividono la scelta del giudice di prime cure di individuare la custodia in carcere come unica misura idonea a salvaguardare l' esigenza di difesa sociale poiché le misure coercitive meno afflittive non precluderebbero all'uomo di ripetere la propria condotta criminosa e violenta ai danni della moglie .

Presidente Di Stefano Relatore Pacilli Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 20 aprile 2023 il Tribunale di Napoli ha confermato l'ordinanza con cui il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale della stessa città ha applicato a D.L.S. la misura della custodia cautelare in carcere in relazione ai delitti di maltrattamenti in famiglia e lesioni personali. 2. Avverso l'ordinanza del Tribunale ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell'indagato, che ha dedotto i seguenti motivi 2.1 violazione di legge e motivazione carente, illogica e contraddittoria in relazione alla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, per non avere il Tribunale di Napoli scrutinato i chiarimenti, offerti dall'indagato, e le deduzioni difensive, secondo cui gli episodi contestati si collocavano in un clima di conflittualità familiare ed erano determinati non dalla volontà di sopraffare la persona offesa ma dalla difficoltà dell'indagato ad avere rapporti con i propri figli, ostacolati dalla stessa persona offesa. Dopo avere evidenziato discrasie presenti tra il racconto della persona offesa e sua madre quest'ultima, pur presente ai fatti, non avrebbe riferito condotte violente, poste in essere dall'indagato nei confronti della moglie in occasione degli episodi di gennaio e febbraio 2023, e avrebbe dato una versione diversa riguardo all'episodio del lancio della bottiglietta di alcol sul balcone della casa della persona offesa , l'indagato ha dedotto che i fatti sono stati inquadrati nell'ambito dell' art. 572 c.p. ma sarebbero state contestate esclusivamente condotte realizzate dopo che l'indagato si era trasferito stabilmente presso un'altra abitazione, così che la convivenza, requisito necessario per l'integrazione del reato, era cessata e i fatti andavano eventualmente riqualificati ai sensi dell' art. 612 bis c.p. . Quanto alle lesioni contestate, mancherebbe una certificazione medica e, proprio sulla base delle dichiarazioni della persona offesa, andava esclusa una condotta cosciente e volontaria dell'indagato finalizzata a cagionare lesioni alla stessa persona offesa, sicché il fatto, al più, doveva essere ricondotto nell'alveo dell' art. 581 c.p. 2.2 violazione di legge e motivazione carente, illogica e contraddittoria in relazione alla sussistenza delle esigenze cautelari, non avendo il Tribunale considerato che l'indagato aveva fornito chiarimenti rispetto alle vicende addebitate e aveva anche reso dichiarazioni accusatorie nei confronti del suocero circa le illecite attività da questi svolte nell'abitazione, ove vivono i figli dello stesso indagato. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 2. Il primo motivo è, in parte, manifestamente infondato e, in parte, non consentito. Il Tribunale ha ritenuto sussistenti i gravi indizi di colpevolezza dell'indagato per i reati di maltrattamenti in famiglia e lesioni aggravate sulla base delle puntuali dichiarazioni della vittima, corroborate da altre fonti dichiarative nonché dalla copiosa documentazione delle incessanti e gravi minacce, inoltrate alla persona offesa su whatsapp e signal, e dalla videoregistrazione della bottiglia in plastica, contenente alcol, lanciata dall'indagato sul balcone della vittima all'esito di un'aggressione verbale. A fronte della motivazione dell'ordinanza impugnata il ricorrente ha rimarcato che gli episodi, indicati in ordinanza, erano avvenuti dopo la cessazione della convivenza, così che, al più si sarebbero dovuti sussumere nell'ambito dell' art. 612 bis c.p. . L'assunto è errato e trascura di considerare che questa Corte Sez. 6, n. 45400 del 30/09/2022, R., Rv. 284020 01 Sez. 6, n. 3087 del 19/12/2017, F., Rv. 272134 01 ha affermato che integrano il reato di maltrattamenti in famiglia, e non quello di atti persecutori, le condotte vessatorie nei confronti del coniuge che, sorte in ambito domestico, proseguano dopo la sopravvenuta separazione di fatto o legale, in quanto il coniuge resta persona della famiglia fino allo scioglimento degli effetti civili del matrimonio, a prescindere dalla convivenza. Si è precisato che la separazione è condizione che non elide lo status acquisito con il matrimonio, dispensando dagli obblighi di convivenza e fedeltà, ma lasciando integri quelli di reciproco rispetto, collaborazione, assistenza morale e materiale, che discendono dall' art. 143, comma 2, c.c. . Per il resto, le doglianze del ricorrente sono tese a sollecitare una diversa valutazione degli elementi posti a base della ritenuta sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione ai reati, ascrittigli provvisoriamente, ma ciò non è consentito. Al riguardo deve ribadirsi che, in tema di impugnazione delle misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovvero la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni della logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardino la ricostruzione dei fatti ovvero si risolvano in una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito cfr. Sez. 2, n. 31553 del 17/05/2017, Paviglianiti, Rv. 270628 01 Sez. 6, n. 11194 dell'8/3/2012, Lupo, Rv. 252178 -01 . 3. Il secondo motivo è privo di specificità. Il Tribunale di Napoli ha desunto il pericolo di reiterazione del reato dalla diuturnità e dalla reiterazione dei comportamenti minatori, aggressivi, denigratori, umilianti, posti in essere dall'indagato, e dalla datazione recente delle ultime gravi minacce documentate. Siffatti comportamenti dimostravano una personalità abitualmente adusa alla violenza e incapace di azionare i propri freni inibitori. Il menzionato Tribunale ha precisato che unica misura idonea a salvaguardare l'esigenza di difesa sociale è quella della custodia in carcere mentre le misure coercitive meno afflittive non precluderebbero all'indagato di ripetere la propria condotta criminosa e violenta. Trattasi di argomentazioni che sfuggono ad ogni rilievo censorio, in quanto sono state formulate all'esito di un'analisi approfondita della fattispecie concreta e sono rispettose dei principi affermati da questa Corte ex multis Sez. 3, n. 9041 del 15/02/2022, Gizzi, Rv. 282891 01, Sez. 5, n. 12869 del 20/01/2022, Iordachescu, Rv. 282991 01 Sez. 5, n. 33004 del 3/05/2017, Cimieri, Rv. 271216 01 , secondo cui, in tema di misure cautelari personali, il requisito dell'attualità del pericolo, previsto dall'art. 274, comma 1, lett. c , c.p.p. non è equiparabile all'imminenza di specifiche opportunità di ricaduta nel delitto e richiede, invece, da parte del giudice della cautela, una valutazione prognostica sulla possibilità di condotte reiterative, alla stregua di un'analisi accurata della fattispecie concreta, che tenga conto delle modalità realizzative della condotta, della personalità del soggetto e del contesto socio-ambientale. 4. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, ai sensi dell' art. 616 c.p.p. , la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché non sussistendo ragioni di esonero Corte Cost., 13 giugno 2000 n. 186 della somma di Euro tremila, equitativamente determinata, in favore della Cassa delle ammende a titolo di sanzione pecuniaria. 5. La cancelleria è onerata degli adempimenti di cui all' art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p. . P.Q.M. dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all 'art. 94, comma 1 ter, disp. att. c.p.p