Firma falsa più prova testimoniale portano alla risoluzione del contratto

La falsità accertata della sottoscrizione in calce ad un documento non impedisce di considerarlo un principio di prova per scritto al fine dell’ammissione ex art. 2724 n. 1 c.c. della prova per testimoni, laddove la provenienza del documento dalla parte contro cui è prodotto sia desumibile in modo plausibile da altre circostanze.

Oggetto della controversia è una compravendita di vini, per la quale il titolare dell'azienda agricola fornitrice disconosceva l'autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce ai documenti di trasporto allegati all'atto di citazione con cui l'acquirente chiedeva la risoluzione del contratto. Veniva dunque svolta di c.t.u. grafologica all'esito della quale veniva accertata la falsità delle sottoscrizioni. Sulla base di ciò e delle risultanze delle prove testimoniali, il Giudice accoglieva la domanda principale, decisione confermata anche in appello. La questione è giunta dunque all'attenzione della Corte di Cassazione. Il ricorrente lamenta che la Corte di appello abbia ritenuto che documenti dichiarati falsi in sede di c.t.u. grafologica costituiscano un principio di prova per iscritto al fine di ammettere, ai sensi dell' art. 2724, n. 1, c.c., la prova testimoniale. Il motivo risulta però privo di fondamento. Il Collegio afferma infatti che la falsità accertata della sottoscrizione in calce ad un documento non impedisce di considerarlo un principio di prova per scritto al fine dell'ammissione ex art. 2724 n. 1 c.c. della prova per testimoni , laddove la provenienza del documento dalla parte contro cui è prodotto sia desumibile in modo plausibile da altre circostanze nella specie una perizia aveva accertato la falsità delle sottoscrizioni in calce a documenti di trasporto di cui si allegava che fossero stati firmati dal titolare della ditta convenuta, ma era plausibile che le firme fossero state apposte dal magazziniere, considerato anche che il timbro sul documento apparteneva alla ditta . Il ricorso viene dunque rigettato.

Presidente Giusti – Relatore Caponi Fatti di causa Nel 2008 l'acquirente, cooperativa omissis , conveniva dinanzi al Tribunale di Treviso il venditore B.T. in risoluzione per inadempimento aliud pro alio di una compravendita di vini, la restituzione del prezzo e il risarcimento dei danni. Il convenuto chiamava in garanzia la fornitrice azienda agricola F. . Quest'ultima si difendeva allegando di essere estranea alle vicende di causa. Il titolare F.G. disconosceva l'autenticità delle sottoscrizioni apposte in calce ai diciotto documenti di trasporto allegati all'atto di citazione, contestava altresì l'autenticità delle due fatture prodotte dal convenuto, formalizzava querela di falso avverso i menzionati documenti, nonché avverso altri documenti di trasporto prodotti dal convenuto. L'istruzione probatoria verteva essenzialmente sullo svolgimento di c.t.u. grafologica per la verifica della provenienza delle sottoscrizioni in calce ai documenti di trasporto da parte del titolare dell'azienda agricola, nonché sull'assunzione di testimonianze, tra le quali quelle del titolare e di dipendenti di una ditta di trasporto che si assumeva avesse compiuto la consegna dei vini, trasportandoli direttamente dall'azienda agricola alla omissis . La perizia calligrafica accertava la falsità delle sottoscrizioni, mentre l'istruttoria orale consentiva di ritenere provato che la partita di vini in contestazione provenissero effettivamente dall'azienda F. . In particolare, un teste dichiarava che, al momento del carico presso l'azienda agricola, le bolle di trasporto venivano consegnate ad un dipendente di quest'ultima, che le restituiva firmate e timbrate. Su tale saliente punto di fatto, la sentenza di primo grado si esprimeva nei termini seguenti Risulta quindi che, pur non essendo genuina la firma di F.G. sui documenti di trasporto circostanza che facilmente può essere spiegata, ipotizzando che la stessa possa essere stata apposta dal preposto al magazzino, considerato peraltro che anche il timbro ivi apposto appartiene alla ditta , i vini di cui di discute provenissero effettivamente dall'azienda terza chiamata . Tale conclusione imponeva agli occhi del Tribunale di Treviso una revisione dell'ammissibilità rectius della rilevanza della querela di falso Nel caso in esame, il giudizio di ammissibilità della querela e la relativa autorizzazione alla presentazione erano stati espressi sulla scorta delle sole risultanze documentali, che apparivano rilevanti ai fini della decisione. All'esito dell'istruttoria orale , i documenti impugnati di falso sono divenuti irrilevanti e, di conseguenza, alcun rilievo assume la falsità della loro sottoscrizione , risultando le avvenute forniture sicuramente provate sulla scorta delle sole prove orali. Non vertendo su documenti aventi rilevanza ai fini della decisione, il giudizio di ammissibilità viene rivisto, in senso negativo, da parte del collegio, non sussistendo alcun interesse all'accertamento della dedotta falsità . Su questa base, premessa la dichiarazione d'inammissibilità della querela di falso, venivano accolte in primo grado la domanda principale e la domanda di garanzia. La pronuncia di prime cure veniva integralmente confermata in appello. Ricorre in cassazione la terza chiamata in causa con due motivi, illustrati da memoria. Rimangono intimati l'attrice e il convenuto originario. Ragioni della decisione 1. - Con il primo motivo di ricorso si censura il rigetto dell'istanza di rimessione in termini per la proposizione di nuovi mezzi di prova. In particolare, si denuncia la violazione dell' art. 345 comma 3 c.p.c. , ove si richiede solo che la parte dimostri di non aver potuto dedurre le nuove prove nel giudizio di primo grado per causa a sé non imputabile, mentre la Corte di appello ha dichiarato l'istanza di rimessione in termini inammissibile poiché i nuovi mezzi di prova dedotti non sono incontrovertibili. In altri termini, si censura che sentenza impugnata abbia travisato l' art. 345 comma 3 c.p.c. , giustificando l'inammissibilità della rimessione in termini sulla base di argomentazioni estranee al contenuto della disposizione. Il primo motivo non è fondato. Secondo la Corte di appello, l'istanza di rimessione in termini non è ammissibile, poiché parte appellante introduce temi irrilevanti. Nessuno degli atti in questione implica alcun giudizio incontrovertibile. Trattasi di atti penali meramente prodromici rispetto al giudizio di cui alla dedotta fattispecie. Trattasi di dimostrare l'inesistenza di rapporti commerciali inter partes attraverso il coinvolgimento dei testi escussi in prime cure in vicende di penale rilevanza falsità . Non è certo questa la sede per valutare fatti di teorica penale rilevanza. Allo stato non sono prodotti atti con valore di incontrovertibi-lità . Ne segue che, se si prescinde dall'imperfezione di lessico giuridico in cui la Corte incorre nel qualificare la propria attività come giudizio d'inammissibilità, dalla motivazione si evince che l'evidente inadeguatezza probatoria dei nuovi mezzi di prova prospettati abbia assorbito ogni altra valutazione ed abbia indotto a decidere per saltum sul merito di tale inadeguatezza alla stregua del criterio della c.d. ragione più liquida. In conclusione, il primo motivo è rigettato. 2. - Con il secondo motivo di ricorso si censura che la Corte di appello abbia ritenuto che documenti dichiarati falsi in sede di c.t.u. grafologica costituiscano un principio di prova per iscritto al fine di ammettere ex art. 2724 n. 1 c.c. la prova testimoniale. Si deduce violazione dell' art. 2721 c.c. Argomenta la Corte di appello Quanto al disposto dell' art. 2724 c.c. , esiste, come appare evidente, principio di prova scritta fatto che indusse l'odierna appellante alla proposizione di querela di falso, in sostanza la disconosciuta documentazione di cui in atti . I documenti oggetto di contestazione, in ogni caso, certamente costituivano principi di prova scritta dell'avvenuta negoziazione . Argomenta viceversa la parte controricorrente Se tutti e diciotto i documenti di trasporto sono stati dichiarati falsi dal c.t.u. grafologico, come possono gli stessi essere considerati un principio di prova scritta della provenienza dei vini dall'Azienda Agricola F. . La mancanza di ‘un principio di prova per iscrittò non avrebbe dovuto consentire l'ammissione delle prove testimoniali. Come si fa a sostenere che esisteva un principio di prova scritta dell'avvenuta negoziazione di fronte all'accertamento che i diciotto documenti di accompagnamento erano stati dichiarati tutti falsi. È da chiedersi può un documento dichiarato falso costituire un principio di prova scritta. . Se ne fa seguire la richiesta di cassazione con l'indicazione al giudice di rinvio di pronunciarsi sull'inammissibilità delle prove testimoniali assunte nel corso del giudizio di primo grado. Il motivo non è fondato. Nella parte rilevante, l' art. 2724 c.c. dispone La prova per testimoni è ammessa in ogni caso 1 quando vi è un principio di prova per iscritto questo è costituito da qualsiasi scritto, proveniente dalla persona contro la quale è diretta la domanda o dal suo rappresentante, che faccia apparire verosimile il fatto allegato . Tre sono pertanto gli elementi costitutivi della fattispecie legale del principio di prova per iscritto l'esistenza di uno scritto, la provenienza dalla parte contro cui questo è prodotto, l'idoneità a rendere verosimile il fatto allegato. I giudici di merito hanno ritenuto che, nel caso di specie, sussistessero tutti e tre gli elementi. Tale sussunzione non si espone a censure in sede di giudizio di legittimità. Esente da censure è anche la valutazione di provenienza dello scritto dall'azienda agricola F. , che è la parte contro la quale è diretta la domanda provenienza che è compatibile con l'accertamento della falsità delle sottoscrizioni apposte in calce ai documenti di trasporto di cui si allegava l'autografia di F.G. . Infatti, la circostanza che la firma del titolare non sia genuina facilmente può essere spiegata, ipotizzando che la stessa possa essere stata apposta dal preposto al magazzino, considerato peraltro che anche il timbro ivi apposto appartiene alla ditta così, sentenza di primo grado, p. 9 . La plausibilità di questa congettura, confermata implicitamente dalla Corte di appello, non è attaccata nè intaccata dalle argomentazioni della parte controricorrente, sol che si tenga presente che l'accerta-mento della ricorrenza dei tre elementi che integrano la fattispecie legale del principio di prova per iscritto ex art. 2724 n. 1 c.c. consente un mero giudizio di verosimiglianza, cioè di corrispondenza del fatto allegato al corso ordinario degli eventi valutazione che è semplicemente accessoria rispetto allo svolgimento della vera e propria attività probatoria prova testimoniale diretta a provare il fatto allegato. Il giudizio di sussistenza di un principio di prova per iscritto è esterno al perimetro dell'istruzione probatoria ed è compatibile finanche con l'ac-coglimento della querela di falso, in considerazione della ricostruzione preferibile dell'oggetto e della funzione di quest'ultima come accertamento con funzione istruttoria aspetto non coinvolto dalla presente pronuncia, poiché nel caso di specie il provvedimento di ammissione della querela di falso è stato revocato . L'infondatezza del secondo motivo è sorretta dal seguente principio di diritto La falsità accertata della sottoscrizione in calce ad un documento non impedisce di considerarlo un principio di prova per scritto al fine dell'ammissione ex art. 2724 n. 1 c.c. della prova per testimoni, laddove la provenienza del documento dalla parte contro cui è prodotto sia desumibile in modo plausibile da altre circostanze nella specie una perizia aveva accertato la falsità delle sottoscrizioni in calce a documenti di trasporto di cui si allegava che fossero stati firmati dal titolare della ditta convenuta, ma era plausibile che le firme fossero state apposte dal magazziniere, considerato anche che il timbro sul documento apparteneva alla ditta . 3. - L'infondatezza di ogni motivo su cui il ricorso si fonda determina l'infondatezza di quest'ultimo nel suo complesso. Pertanto, il ricorso deve essere rigettato. I resistenti sono rimasti intimati e quindi non vi è da liquidare spese del giudizio di legittimità. Inoltre, ai sensi dell' art. 13 comma 1quater D.P.R. n. 115 del 2002 , si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista a titolo di contributo unificato a norma dell'art. 1bis dello stesso art. 13, se dovuto. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso. Sussistono i presupposti processuali per il versamento, ad opera della parte ricorrente, di un'ulteriore somma pari a quella prevista a titolo di contributo unificato, se dovuto.