La prova logica non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova storica, atteso che quest’ultima se, da un lato, ha il pregio di rappresentare il fatto in via diretta, dall’altro, annida in sé rischi di errore tali da determinare la necessità di un approccio critico da parte del giudice anche in relazione alle ipotetiche fonti dirette.
L'articolo 192 c.p.p. non introduce una “gerarchia di valore” nell'ambito delle varie acquisizioni probatorie, semplicemente indica il criterio argomentativo che va applicato dal giudice nella operazione ricostruttiva. Il caso Una donna, accusata di omicidio volontario del marito, veniva condannata in primo grado a dieci anni di reclusione, con sentenza poi riformata dalla Corte di Assise di Appello, attraverso il riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti sull'aggravante del rapporto di coniugio, alla pena di anni 8 di reclusione. Nel ricorso, l'imputata deduceva vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità per via della precarietà del ragionamento e della valutazione indiziaria operata dalla Corte di merito. I Giudici di legittimità, nel ritenere l'infondatezza del ricorso hanno, preliminarmente, analizzato i principi in tema di valutazione della prova indiziaria e diretta e, successivamente, precisato i limiti imposti alla Corte di legittimità sul controllo della corretta applicazione dei canoni logici e normativi che presidiano il giudizio di merito. Prova diretta e prova indiziaria differenze Ebbene, nell'affrontare la decisione sul ricorso, la Corte ha precisato in cosa consista la differenza tra prova diretta e prova indiziaria, affermando che la stessa invero si dipana sul piano della “idoneità rappresentativa” del fatto da provare. Ciò significa che la distinzione tra indizio e prova non è insita nella tipologia della fonte probatoria considerata, bensì nel rapporto esistente tra la capacità dimostrativa del singolo elemento e il fatto da provare. In altre parole, la prova indiziaria non è altro che un «contributo conoscitivo che, pur non rappresentando in via diretta il fatto da provare, consente – sulla base di una operazione di raccordo intellettivo e logico tra più circostanze – di contribuire al suo disvelamento». L'indizio ha una capacità rappresentativa parziale e tuttavia consente, attraverso l'attivazione nella mente del soggetto di un percorso deduttivo, di giungere ad un risultato utile di conoscenza ai fini del giudizio. Necessaria unitaria valutazione del complesso indiziario La «particolare cautela valutativa» da utilizzarsi nel caso di prova indiziaria, così come indicato dall'articolo 192, comma 2 c.p.p., è resa necessaria proprio dal suo strutturale deficit di capacità dimostrativa, per cui si richiede che la stessa presenti i caratteri della «gravità, precisione e concordanza», in relazione a un'analisi «unitaria e globale dei dati raccolti». In tal senso, già si è espressa la Corte a Sezioni Unite, spiegando come attraverso un esame unitario dei dati indiziari, la relativa ambiguità dei singoli elementi viene superata attraverso l'integrazione con gli altri, così da conferire al complesso indiziario un «univoco significato dimostrativo» Cass. SS. UU. numero 33748/2005 . “Giudizio di gravità” di più elementi indizianti concorrenti Altro aspetto evidenziato dalla Corte riguarda il grado di persuasività del singolo indizio, che non può mai essere il medesimo per tutti. È assolutamente usuale, invero, che concorrano vari elementi di maggiore o minore gravità indiziaria rispetto al fatto da provare, ferma restando la necessaria precisione intesa come direzione tendenzialmente univoca del contenuto informativo e concordanza convergenza dimostrativa . In tema di prova indiziaria, i due requisiti della molteplicità e della gravità sono tra loro strettamente collegati ai fini della loro capacità dimostrativa, completandosi a vicenda, nel senso che, in caso di indizi poco significativi può assumere rilevanza l'elevato numero mentre in caso contrario, in presenza di indizi particolarmente gravi può essere sufficiente la presenza di pochi di essi. Nondimeno, la prova indiziaria, proprio per sua natura, non potrà mai offrire una rappresentazione fattuale sovrapponibile a quella della prova diretta. Verifica di legittimità sulla sentenza di merito Con riguardo alla seconda questione affrontata dalla Corte, i giudici, facendo ricorso ai principi cristallizzati in tema di verifica sulla doglianza di illogicità della sentenza di merito, hanno ricordato che il controllo sui vizi di motivazione, in tali ipotesi, non può essere estesa al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza cioè dei giudizi ipotetici a contenuto generale alle quali il giudice abbia fatto ricorso per la ricostruzione del fatto. La doglianza di illogicità può essere accolta solo in quelle ipotesi in cui il ragionamento individuato nella sentenza di merito non si fondi su una massima di esperienza e valorizzi, invece, una congettura o una pretesa regola generale che risulti priva di plausibilità.
Presidente Rocchi – Relatore Magi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza emessa in data 25 giugno 2021 il GIP del Tribunale di Trieste ha affermato la penale responsabilità di C.L. per il delitto di omicidio volontario commesso in danno del coniuge V.F. il Omissis . In sede di determinazione del trattamento sanzionatorio sono state applicate alla C. le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla aggravante del rapporto di coniugio. La pena è stata determinata, sempre in primo grado e con la diminuente del rito, in anni dieci di reclusione. 1.1 V.F. è deceduto in data Omissis domenica di Pasqua di quell'anno, dopo un tranquillo pranzo a casa dei consuoceri , a seguito di una emorragia causata da una penetrante ferita in zona addominale profonda circa 14 centimetri determinata da un coltello da cucina. Il fatto è accaduto all'interno della abitazione coniugale sita in Omissis la prima chiamata della C. al numero di emergenza 118 è avvenuta alle Omissis e non vi è alcun elemento di prova - come evidenziato in sede di merito - circa l'ingresso all'interno della abitazione di soggetti estranei. Dunque il complesso dibattito processuale svoltosi in sede di merito ha avuto ad oggetto, rispetto alla attribuzione alla C. della condotta lesiva, esclusivamente l'ipotesi alternativa del suicidio. 1.2 n Giudice di primo grado evidenzia, in sintesi, quanto segue a nella fase iniziale delle indagini la C. dopo aver reso alla polizia giudiziaria una prima versione dei fatti tesa ad accreditare l'ipotesi di un incidente domestico il marito si sarebbe ferito mentre tagliava del formaggio rendeva ampia confessione affermando di aver colpito il V. durante un alterco non so come dire, mi sono trovata il coltello in mano e l'ho colpito preciso che l'ho colpito non per gelosia, ma perché ero esasperata . La confessione veniva ribadita in sede di convalida del fermo. Successivamente la C. ha esercitato la facoltà di non rispondere b la confessione della C., successivamente, veniva posta in dubbio - sul piano dei contenuti rappresentativi e volitivi - dal consulente del P.M. Dott. N. nominato al fine di valutare le condizioni psichiche della donna al momento del fatto. Secondo il consulente/ la C. poteva essere stata colta da ‘amnesia retrogradà e la confessione poteva essere stata indotta dal senso di colpa per lo stato di tensione in cui la coppia di coniugi si trovava da alcuni mesi, dopo che la C. aveva scoperto che il V. aveva fatto da garante per un prestito ad una sua conoscente, tale P.A Una seconda perizia affermava che l'imputata era da ritenersi capace di intendere e di volere al momento del fatto ma confermava i dubbi sulla attendibilità della confessione c ciò ha determinato la necessità di ulteriori approfondimenti istruttori, soprattutto sul fronte medico-legale. La perizia svolta dalla Dott.ssa T. ha decisamente escluso la mera accidentalità del fatto in ragione delle caratteristiche obiettive della ferita ed ha precisato che non vi sono ostacoli di natura oggettiva nella attribuzione del gesto lesivo alla C., nonostante i problemi di salute da costei sofferti. 1.3 Ciò posto, il GIP dopo ampia valutazione dei dati istruttori conclude per la responsabilità della C. essenzialmente sulla base di a l'assenza di elementi tesi a rappresentare l'ingresso in casa di altri soggetti e l'esistenza in atti delle dichiarazioni confessorie, liberamente valutabili b i contenuti della perizia medico legale che evidenziano la assenza di ostacoli fisici alla attribuzione del gesto alla C., in ipotesi correlati alle patologie in atto e definivano ‘improbabile' una dinamica autolesiva c la totale assenza in atti di elementi conoscitivi tesi a rendere processualmente concreta la ipotesi del suicidio del V. con analisi dei contenuti testimoniali che escludono l'assenza di qualsiasi indicatore in tale direzione d la considerazione di taluni elementi di prova generica tesi ad escludere, sul piano logico, la tesi del suicidio il V. si è recato in cucina per cercare di tamponare la ferita con un rotolo di scottex, condotta che si reputa incompatibile con la volontà suicidiaria . 2. La Corte di Assise d'Appello di Trieste, con sentenza emessa in data 25 febbraio 2022 ha rideterminato la pena in quella di anni otto di reclusione, in virtù del riconoscimento della ulteriore circostanza attenuante della provocazione, confermando nel resto la decisione di primo grado. 2.1 Nel riepilogare i dati istruttori disponibili anche di prova generica , la Corte di secondo grado, sui punti oggetto di devoluzione a richiama l'attenzione sulle prime esternazioni rese dalla C., nella complessa sequenza narrativa da costei seguita. Nella prima chiamata al servizio 118 la C. affermava più volte che il marito era caduto e si era procurato una ferita al petto in modo accidentale stava tagliando un salame . Alla luce della totale inverosimiglianza di simile affermazione, la Corte di secondo grado evidenzia che l'imputata in quel momento, di certo lucidamente, cercava falsamente di fornire una spiegazione dei fatti tale da allontanare da sé i sospetti b vengono altresì ripercorse le dichiarazioni successive che la Corte di secondo grado non ritiene del tutto inutilizzabili, pur con le cautele valutative imposte dai pareri tecnici si sottolinea in particolare la diversa posizione assunta in proposito dal perito Zolli rispetto al consulente del PM N. . In sostanza si afferma che l'amnesia retrograda impedirebbe di ricordare il preciso svolgimento dei fatti ma non la genesi complessiva dell'episodio. Di certo la condotta iniziale telefonata al 118 risulta sostenuta, si afferma, da piena consapevolezza, posto che la C. `inventà falsamente la circostanza del taglio del salame o del formaggio, come afferma successivamente , cosa smentita dai successivi accertamenti c conferma, in sintonia con il contenuto della prima decisione, la totale assenza di elementi di prova tali da sostenere la tesi del suicidio, anche rivisitando - con ampie argomentazioni - gli elementi di prova generica. In particolare si evidenzia che non può essere ritenuta rilevante il mancata rilevazione del DNA dell'imputata sul manico del coltello, posto che tale ricerca, come è stato precisato, non è stata realizzata per comprendere se la C. avesse o meno toccato il coltello che pacificamente - era stato riposto nel cassetto lavato proprio dalla C., sia perché l'interesse investigativo riguardava i residui sulla lama per essere certi che fosse l'arma del delitto d nel riepilogare i dati indizianti posti a carico della C. p. 50 e ss. della sentenza si sofferma ulteriormente sul movente, ricollegabile al risentimento nutrito dalla C. in ragione della scoperta della garanzia prestata dal V. in favore della P 3. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione - a mezzo del difensore - C.L Il ricorso introduce due motivi. 3.1 Al primo motivo, articolato in più punti, si deduce vizio di motivazione in punto di affermazione di responsabilità. In sintesi, le doglianze difensive si rivolgono a singoli punti argomentativi, allo scopo di sostenere la precarietà del ragionamento indiziario che ha condotto alla condanna della C Viene criticato e tacciato di illogicità, in particolare a il recupero ‘parziale' di alcuni segmenti della confusa narrazione resa dalla C. agli operatori del servizio 118 e successivamente. In realtà le affermazioni rese dal consulente del PM Dott. N. portano a ritenere che l'amnesia retrograda fu istantanea e che la C. non ha mai avuto atteggiamenti manipolatori o simulatori, come confermato dal perito Dott. Zolli. Da qui l'arbitrarietà delle affermazioni contenute nella decisione impugnata che finiscono con realizzare delle distinzioni non avallate dal supporto scientifico riversato nel processo b si rappresenta inoltre che il silenzio serbato nel corso del giudizio dalla C. non può essere utilizzato come elemento a carico, in ragione delle documentate condizioni di salute che attestano la persistenza dello shock dissociativo affettivo, con controindicazione all'esame della imputata sul piano sanitario c si contesta altresì, in tale quadro, l'affermazione per cui sarebbe stata la C. a riporre il coltello da cucina nel cassetto, posto che si tratta di una attribuzione di condotta basata sulle stesse confuse e inattendibili dichiarazioni della stessa C., lì dove in ragione delle complessive risultanze medico-legali ben poteva essere stato il V. così come sarebbe stato, secondo i giudici del merito, il V. a tamponarsi la ferita . Sta di fatto che il DNA della donna non è stato rinvenuto sul manico del coltello. La difesa, pertanto, denunzia la sottovalutazione e irragionevole esclusione della ipotesi del suicidio. Si ripercorrono, sul tema, le risultanze di prova generica che risultano obiettivamente compatibili con entrambe le ipotesi in gioco. Si aggiunge che il V. pur potendolo fare non ha chiamato i soccorsi e - in caso di aggressione - non avrebbe nemmeno cercato di difendersi. L'ipotesi del suicidio era ragionevole e la Corte di secondo grado avrebbe invertito l'onere della prova in modo illegittimo. 3.2 Al secondo motivo si deduce vizio di motivazione in punto di determinazione del trattamento sanzionatorio. In subordine, si contesta la non applicazione delle diminuzioni - correlate all'applicazione di plurime attenuanti - nella misura massima. Considerato in diritto 1. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono. 2. Nella vicenda processuale giunta innanzi a questa Corte di legittimità e sintetizzata in premessa, i giudici del merito hanno applicato senza vizi logici i principi in tema di valutazione della prova indiziaria e la regola di giudizio secondo cui l'affermazione di penale responsabilità è preclusa dalla esistenza di un dubbio ragionevole, tale da rendere concreta un'ipotesi alternativa di spiegazione del fatto. Il procedimento di valutazione, peraltro, ha subito una rilevante trasformazione in corso d'opera proprio in ragione dell'analisi scientifica del disturbo post-traumatico vissuto dalla C., che ha determinato incertezze sulla genuinità e affidabilità delle dichiarazioni confessorie rese nel contesto procedimentale. 2.1 Circa tale aspetto va immediatamente rilevato che la critica difensiva introdotta al primo motivo di ricorso sotto il profilo della illogicità nell'aver la Corte di secondo grado valutato alcune dichiarazioni rese dalla C. è infondata. Se i giudici del merito avessero attribuito piena valenza dimostrativa ai contenuti confessori resi e ribaditi in un contesto garantito, dunque immuni da vizi sul piano formale il procedimento valutativo non sarebbe stato di tipo indiziario ma si sarebbe basato sull'apprezzamento di una fonte dichiarativa diretta, tale da rappresentare in modo univoco il fatto da provare. Proprio la dovuta attenzione alle possibili ricadute ‘cliniché del disturbo post-traumatico vissuto dalla C. ha, di contro, ampliato l'orizzonte valutativo e reso necessario l'apprezzamento - in concreto - della ipotesi alternativa rappresentata, come si è detto, dal gesto autolesivo del V., trasformando la natura del giudizio sul fatto da giudizio di apprezzamento di prova diretta a giudizio ricostruttivo su prova indiziaria . Al contempo, una volta correttamente esclusa la valenza dimostrativa della confessione, non risulta condivisibile l'opzione difensiva esposta nell'atto di ricorso, tesa a neutralizzare l'intero compendio dichiarativo nelle sue diverse forme proveniente, nei primi momenti successivi al fatto, dalla C 2.2 La Corte di Appello, in particolare, ha ritenuto di basare una parte delle proprie valutazioni sull'esame del primo contatto documentato dalle registrazioni delle conversazioni tra la C. e l'operatore del servizio 118. Simile opzione valutativa non può dirsi viziata per due ordini di ragioni a nessuna fonte scientifica può arrivare a stabilire l'incidenza temporale `quantitativa e qualitativà sulla capacità mnestica del disturbo post-traumatico diagnosticato solo successivamente alla C., a fronte - peraltro - di accertamento positivo di sussistenza della capacità di intendere e di volere al momento del fatto b gli aspetti valorizzati dalla Corte di Appello immediata prospettazione di una tesi, l'incidente domestico, radicalmente smentita dal prosieguo delle indagini depongono in modo univoco per l'emersione - in quel segmento temporale - di una lucida volontà di autoprotezione che si manifesta con la falsità delle spiegazioni circa la genesi del fatto. E' logico, dunque, sostenere che simile comportamento dichiarativo, venuto in essere nel primo momento di contatto con la realtà esterna alla abitazione sia pure via telefono concretizza un primo - rilevante - indizio a carico della C., atteso che è al tempo stesso indicativo a di sufficiente lucidità, posto che, pure a fatto lesivo già avvenuto, si seleziona e si offre, tra le varie modalità esplicative possibili, quella dell'incidente domestico b di forte autoprotezione, posto che la C., ove spettatrice di un improvviso gesto autolesivo del marito, ben avrebbe potuto esternare simile percezione invece di rifugiarsi in una inverosimile conseguenza del taglio di una fettina di salame. Queste considerazioni, che rinviano all'analisi svolta dalla Corte di secondo grado alle pagine 25 -27 della decisione impugnata, non possono dirsi viziate perché non sposano in alcun modo l'idea di attendibilità della successiva confessione ma realizzano una equilibrata analisi di un comportamento dichiarativo secondo una opzione di logicità, di certo non inibita dalle conclusioni peritali in punto di incidenza della amnesia retrograda. 3. Chiarito tale aspetto, va rilevato che nella economia complessiva della decisione si rinvengono altri elementi di portata indiziante. Ma appare necessario, per meglio orientare il ragionamento, ripercorrere la nozione di indizio e il modus di valutazione del giudizio sulla prova indiziaria da parte di questa Corte di legittimità, in rapporto alla regola di giudizio del ragionevole dubbio . 3.1 Va dunque ricordato - qui in termini generali - che la prova del fatto rilevante è sempre fondata su un giudizio di ‘correlazioné tra un fatto principale la proposizione fattuale contenuta nella ipotesi di accusa e ‘fatti secondarì capaci, in rapporto al loro contenuto informativo, di evidenziare un significato di potenziale ‘corrispondenza al verò dell'enunciato introdotto nella imputazione. La classificazione logica e giuridica degli elementi probatori tra prova storica o diretta e prova critica o indiziaria si muove esclusivamente sul piano della loro idoneità rappresentativa rispetto al fatto da provare. Tale partizione non riguarda la tipologia della fonte probatoria un testimone può essere portatore, ad es., quanto dell'una che dell'altra classe di elementi , bensì il rapporto esistente tra la capacita dimostrativa, del singolo elemento considerato, ed il ‘fatto da provare' nella sua oggettiva materialità, così come descritto nella imputazione. In tal senso, è definibile quale prova critico-indiziaria, ogni contributo conoscitivo che, pur non rappresentando in via diretta il fatto da provare, consenta - sulla base di una operazione di raccordo intellettivo e logico tra più circostanze - di contribuire al suo disvelamento dal fatto noto, l'indizio, si perviene alla conoscenza di quello ignoto . L'indizio, pertanto, ha una sua autonoma capacità rappresentativa, che tuttavia per la sua parzialità, - e per il rappresentare una circostanza diversa pur se logicamente collegata rispetto al fatto da provare - consente esclusivamente di attivare nella mente del soggetto chiamato ad operare la ricostruzione un meccanismo di inferenza logica, capace di condurre ad un accettabile risultato di conoscenza di ciò che rileva ai fini del giudizio sulla responsabilità dell'accusato. E' proprio in ragione di tale deficit strutturale di capacità dimostrativa, che la prova indiziaria è oggetto di una particolare cautela valutativa da parte del legislatore, che ancora il risultato probatorio articolo 192 c.p.p., comma 2, ò all' esistenza di particolari caratteristiche degli elementi posti a base della suddetta inferenza gravità, precisione, concordanza , il tutto nell'ambito di una doverosa valutazione unitaria e globale dei dati raccolti Sez. U., 4.2.1992, ric. Ballan, con insegnamento ribadito da Sez. U numero 33748 del 12.7.2005, ric. Mannino, rv. 231678 poiché l'indizio è significativo di una pluralità, maggiore o minore di fatti non noti - tra cui quello da provare-, nella valutazione di una molteplicità di indizi è necessaria una preventiva valutazione di indicatività di ciascuno di essi - sia pure di portata possibilistica e non univoca - sulla base di regole collaudate di esperienza e di criteri logici e scientifici, e successivamente ne è doveroso e logicamente imprescindibile un esame globale e unitario, attraverso il quale la relativa ambiguità indicativa di ciascun elemento probatorio possa risolversi, perché nella valutazione complessiva ciascun indizio si somma e si integra con gli altri, sì che il limite della valenza di ognuno risulta superato e l'incidenza positiva probatoria viene esaltata nella valutazione unitaria, in modo da conferire al complesso indiziario pregnante e univoco significato dimostrativo, per il quale può affermarsi conseguita la prova logica del fatto . 3.2 n singolo indizio, inteso pertanto come dato con contenuto informativo tale da ‘concorrere' all'accrescimento della verità contenuta nell'ipotesi di partenza, va sottoposto a verifica al fine di individuarne il grado di persuasività si veda, sul tema, Sez. I numero 42750 del 9.11.2011, rv 251502 fermo restando che non può pretendersi che il giudizio di ‘gravità' ossia il peso dimostrativo in rapporto al fatto da provare sia uguale per ogni singolo dato indiziante, essendo del tutto usuale nell'ambito della descritta valutazione unitaria richiesta dalla norma - la concorrenza di elementi indizianti di maggiore o minore gravità, ferma restando la necessaria al fine di raggiungere il risultato dimostrativo precisione intesa come direzione tendenzialmente univoca del contenuto informativo e concordanza il che implica - almeno sul piano tendenziale - la pluralità dei dati sottoposti a valutazione, la loro convergenza dimostrativa e, in ogni caso, l'assenza di dati antagonisti, o di smentita . Il diverso grado di gravità del singolo indizio influisce dunque sulla valutazione complessiva, nel senso che, come è stato ribadito, tra le molte, da Sez. V numero 16397 del 21.2.2014, rv 259552, in tema di prova indiziaria, il requisito della molteplicità, che consente una valutazione di concordanza, e quello della gravità sono tra loro collegati e si completano a vicenda, nel senso che, in presenza di indizi poco significativi, può assumere rilievo l'elevato numero degli stessi, quando una sola possibile è la ricostruzione comune a tutti, mentre, in presenza di indizi particolarmente gravi, può essere sufficiente un loro numero ridotto per il raggiungimento della prova del fatto. Al contempo, va ribadito che la prova indiziaria, proprio in rapporto alle sue caratteristiche ontologiche, non può - per definizione - offrire una rappresentazione del fatto sovrapponibile a quella di una prova diretta, posto che la dimostrazione è figlia non già di una conclamata affidabilità di una voce narrante o di un documento in grado di riprodurre l'azione criminosa in quanto tale ma di un raccordo logico tra un fatto ‘secondariò e il ‘fatto da provare'. La prova indiziaria conduce, in tesi, alla scoperta dell'identità dell'autore di un fatto di reato attraverso significati intermedi , tali da attivare un fondato e rassicurante percorso logico di dipendenza tra più circostanze. Ferma restando la certezza in senso processuale del risultato di prova, non può dunque pretendersi dalla prova indiziaria un tasso esplicativo delle ‘modalità realizzative' del fatto che vada oltre i limiti ontologici della prova stessa questa Corte, in più occasioni ha affermato che il procedimento logico deve condurre alla conclusione caratterizzata da un alto grado di credibilità razionale, quindi alla certezza processuale che, una esclusa l'interferenza di decorsi alternativi, la condotta sia attribuibile all'agente come fatto poprio così Sez. I numero 17921 del 3.3.2010, rv 247449 . 3.3 Operate tali precisazioni di carattere generale, va anche ribadito che lì dove il procedimento valutativo sin qui descritto risulti corretto sul piano del metodo, è costante e condivisibile l'affermazione per cui la prova logica non costituisce uno strumento meno qualificato rispetto alla prova diretta o storica posto che, tra l'altro, la stessa prova storica se da un lato ha il pregio di rappresentare il fatto in via diretta ad es. la narrazione del teste che abbia assistito all'azione delittuosa o una videoripresa del delitto dall'altro annida in sé rischi di errore falsità della deposizione, errore percettivo del teste, alterazione del dato teconologico tali da determinare la necessità di un dovuto approccio ‘criticò da parte del giudice anche alle ipotetiche fonti dirette, nell'ambito di una ricostruzione che deve in ogni caso assicurare il massimo livello possibile di corrispondenza della decisione ai fatti, dati i valori in gioco in tal senso, tra le altre, Sez. I numero 6992 del 30.1.1992 ric. Altadonna, ove si ribadisce, in via generale, che il legislatore all'articolo 192 non ha inteso introdurre alcuna gerarchia di valore nell'ambito delle diverse acquisizioni probatorie, ma ha unicamente indicato il criterio argomentativo che va applicato nella operazione ricostruttiva, nonché, tra le altre, Sez. I numero 8511 del 6.7.1992, ric. Russo rv 191509 . 4. Ciò posto va delimitato il compito di controllo attribuito, in presenza di deduzione di vizio di motivazione a questa Corte di legittimità. Come autorevoli arresti di questa Corte confermano il riferimento è alla decisione Sez. Unumero 27620 del 2016, ric. Dasgupta, nel cui ambito si è ritenuta centrale la verifica sulle modalità di superamento del dubbio in caso di avvenuta condanna in secondo grado il controllo sulla motivazione della sentenza - sempre nei limiti delle doglianze contenute nel ricorso, salve le ipotesi di rilevabilità di ufficio di vizi non denunziati dalla parte - e', di certo, anche di natura finalistica, nel senso che, oltre alla coerenza interna delle affermazioni contenute nel testo ed oltre il travisamento del contenuto della fonte informativa è rilevabile l'eventuale ‘disallineamentò della decisione dai contenuti della regola di giudizio ‘finale' per cui la colpevolezza dell'imputato non può essere affermata in presenza di ‘dubbio ragionevole', il che equivale ad affermare che la motivazione deve offrire solida e razionale giustificazione complessiva circa il valore persuasivo attribuito agli elementi posti a carico e circa l'irrilevanza degli elementi prospettati - nella dialettica delle parti - come antagonisti si vedano sul tema, in particolare Sez. 10 -VI numero 6582 del 13.11.2012, rv 254572 Sez. H numero 44048 del 13.10.2009, rv 245627 Sez. I numero 41110 del 24.10.2011 Sez. VI numero 8705 del 24.1.2013 Sez. I numero 8163 del 10.2.2015 Sez. V numero 10411 del 28.1.2013 . Tuttavia, è evidente che tale compito deve essere svolto dal giudice di legittimità attraverso la verifica della razionalità argomentativa dei passaggi espressivi in cui si articola la decisione e non mediante una impropria rivalutazione ‘direttà di singoli elementi istruttori o mediante l'apprezzamento ‘direttò di prospettazioni difensive su piste alternative rimaste, secondo il ricorrente, inesplorate. Va ricordato, in proposito quanto è stato più volte affermato circa la natura della sentenza di merito, atto teso a rappresentare una argomentazione complessa, capace di fornire esplicazione logica ai contenuti autoritativi della decisione, espressi in dispositivo. Ciò in rapporto al ‘nodò essenziale di ogni valutazione giudiziaria, ossia l'essere quantomeno nelle intenzioni - la motivazione un atto capace di rappresentare una adeguata e razionale sintesi dei temi dimostrativi emersi nel processo, attraverso una loro organica reductio ad unum. La critica deve pertanto porsi il problema di individuare una reale frattura logica o una reale inefficacia funzionale, di tale percorso complessivo. 4.1 Come è stato efficacemente affermato già da Sez. V numero 8411 del 21.5.1992 rv 191487 ,i1 vizio di motivazione non può essere ravvisato sulla base di una critica frammentaria dei singoli punti di essa la sentenza, infatti, costituisce un tutto coerente ed organico, onde, ai fini del controllo critico sulla sussistenza di una valida motivazione, ogni punto di essa non può essere preso a sé, ma va posto in relazione agli altri. Con ciò si vuole dire che solo l'emersione di una precisa disarticolazione di un punto effettivamente qualificante del ragionamento decisorio può portare all'annullamento della decisione emessa, lì dove eventuali opinabilità nella attribuzione dell'effettivo ‘peso dimostrativò ad un dato, salvo che non si traducano in illogicità manifesta o in una compromissione del profilo funzionale, possono al più portare ad una parziale rettificazione se strettamente necessario della motivazione, ai sensi dell'articolo 619 c.p.p., comma 1, come interpretato, tra le altre, da Sez. I numero 9707 del 10.8.1995, rv 202302 lì dove il ragionamento giustificativo sia - nel suo complesso - adeguato e conforme alla regole di giudizio della fase processuale si veda anche, sul tema, la costante affermazione per cui nell'ambito di decisioni complesse l'emersione di una criticità su una delle molteplici valutazioni concorrenti può non comportare l'annullamento della decisione per vizio di motivazione lì dove le restanti valutazioni offrano ampia e rassicurante tenuta del ragionamento ricostruttivo, risalente già a Sez. I numero 6922 del 11.5.1992, rv 190572 Sez. IV numero 10116 del 28.9.1993, rv 195709 Sez. I numero 1495 del 2.12.1998, rv 212274 e costantemente ripresa nel tempo . Si suole affermare, pertanto, che il giudizio di legittimità non si costruisce sull'esame delle possibilità rappresentative - anche plausibili - del fatto, ma sulla opzione del fatto come recepita dal giudice di merito, nel senso che il controllo sulla corretta applicazione dei canoni logici e normativi che presidiano l'attribuzione del fatto all'imputato passa necessariamente attraverso l'analisi dello sviluppo motivazionale della decisione impugnata e della sua interna coerenza logico-giuridica, non essendo possibile compiere in sede di legittimità nuove attribuzioni di significato o realizzare una diversa lettura dei medesimi dati dimostrativi e ciò anche nei casi in cui si ritenga preferibile una diversa lettura, maggiormente esplicativa si veda, ex multis, Sez. VI numero 11194 del 8.3.2012, Lupo, Rv 252178 e sempre che - al fondo - non risulti compromessa la tenuta complessiva del ragionamento, in chiave di avvenuto rispetto della regola di giudizio finale. 4.2 In tal senso, va anche riaffermato che le operazioni di verifica da compiersi in sede di legittimità in rapporto ai motivi di ricorso e alla tipologìa di atti istruttori oggetto di valutazione ed al fine di riconoscere o meno il vizio argomentativo del provvedimento impugnato, possono essere così schematizzate - verifica circa la completezza e la globalità della valutazione operata in sede di merito, non essendo consentito operare irragionevoli parcellizzazioni del materiale indiziario raccolto in tal senso, tra le altre, Sez. H numero 9269 del 5.12.2012, Della Costa, rv. 254871 né omettere la valutazione di elementi obiettivamente incidenti nella economia del giudizio in tal senso Sez. IV, numero 14732 del 1.3.2011, Molinario, rv 250133 nonché Sez. I, numero 25117 del 14.7.2006, Stojanovic, Rv 234167 - verifica circa l'assenza di evidenti errori nell'applicazione delle regole della logica tali da compromettere passaggi essenziali del giudizio formulato si veda in particolare la ricorrente affermazione della necessità di scongiurare la formulazione di giudizi meramente congetturali, basati cioè su dati ipotetici e non su massime di esperienza generalmente accettate, rinvenibile di recente in Sez. VI numero 6582 del 13.11.2012, Cerrito, rv 254572 nonché in Sez. H numero 44048 del 13.10.2009, Cassarino, rv 245627 - verifica circa l'assenza di insormontabili contraddizioni interne tra i diversi momenti di articolazione del giudizio cd. contradditorietà interna - verifica circa la corretta attribuzione di significato dimostrativo agli elementi valorizzati nell'ambito del percorso seguito e circa l'assenza di incompatibilità di detto significato con specifici atti del procedimento indicati ed allegati in sede di ricorso travisamento della prova lì dove tali atti siano dotati di una autonoma e particolare forza esplicativa, tale da disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante in tal senso, ex multis, Sez. I numero 41738 del 19.10.2011, Rv 251516 . In tale decisione si è precisato che non e', dunque, sufficiente che gli atti del processo invocati dal ricorrente siano semplicemente contrastanti con particolari accertamenti e valutazioni del giudicante o con la sua ricostruzione complessiva e finale dei fatti e delle responsabilità, né che siano astrattamente idonei a fornire una ricostruzione più persuasiva di quella fatta propria dal giudicante. Ogni giudizio, infatti, implica l'analisi di un complesso di elementi di segno non univoco e l'individuazione, nel loro ambito, di quei dati che - per essere obiettivamente più significativi, coerenti tra loro e convergenti verso un'unica spiegazione - sono in grado di superare obiezioni e dati di segno contrario, di fondare il convincimento del giudice e di consentirne la rappresentazione, in termini chiari e comprensibili, ad un pubblico composto da lettori razionali del provvedimento. E', invece, necessario che gli atti del processo richiamati dal ricorrente per sostenere l'esistenza di un vizio della motivazione siano autonomamente dotati di una forza esplicativa o dimostrativa tale che la loro rappresentazione sia in grado di disarticolare l'intero ragionamento svolto dal giudicante e determini al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione . 4.3 In detto contesto, anche il rispetto del canone decisorio secondo cui la colpevolezza dell'imputato deve risultare al di là di ogni ragionevole dubbio come novellato dalla L. numero 46 del 2006, articolo 533 c.p.p. non introduce, dunque, un ulteriore ‘tipologià di vizio, tale da consentire l'esame del merito, ma si pone come criterio generale alla cui stregua valutare la consistenza logica e dunque la tenuta dimostrativa delle affermazioni probatorie contenute nella sentenza impugnata sicché il mancato rispetto del criterio rifluisce come ipotesi particolare di apparenza di motivazione, secondo quanto affermato da Sez. VI numero 8705 del 24.1.2013, in precedenza richiamata . Il dubbio, peraltro, per determinare l'ingresso di una reale ipotesi alternativa di ricostruzione dei fatti, tale da determinare una valutazione di inconsistenza dimostrativa della decisione, è solo quello ragionevole e cioè quello che trova conforto nella buona logica, non certo quello che la logica stessa consente di escludere o di superare in tal senso Sez. I numero 3282 del 2012 del 17.11.2011 . Così come la sua riconoscibilità - dunque la presa d'atto dell'esistenza del limite alla affermazione di responsabilità dell'imputato - impone un confronto con le emergenze processuali, nel senso che per convalidare sul piano logico l'affermazione di responsabilità è necessario che il dato probatorio acquisito deve essere tale da lasciar fuori solo eventualità remote, pur astrattamente formulabili come possibili ‘in rerum naturà ma la cui effettiva realizzazione nella fattispecie concreta risulti priva del benché minimo riscontro nelle emergenze processuali, ponendosi al di fuori dell'ordine naturale delle cose e della ordinaria razionalità umana, come affermato - tra le altre - da Sez. I numero 31456 del 21.5.2008, ric. Franzoni rv 240763, con orientamento ripreso, tra le altre, da Sez. IV numero 22257 del 25.3.2014, rv 259204 ove si è esplicitamente escluso che possa aver rilievo, a fini inibitori della pronunzia di sentenza di condanna, un' ipotesi alternativa del tutto congetturale, pur se in astratto plausibile . L'affermazione che precede implica, pertanto, la verifica - da operarsi in rapporto al contenuto dei motivi di ricorso - del corretto utilizzo delle massime logiche e di esperienza indicate come tali dal giudice di merito per attribuire o negare la valenza indicativa ai singoli dati indizianti, secondo le condivisibili affermazioni contenute in Sez. VI numero 31706 del 7.3.2003, rv 224801, secondo cui il controllo di questa Corte sui vizi di motivazione della sentenza di merito, sotto il profilo della manifesta illogicità, non può estendersi al sindacato sulla scelta delle massime di esperienza del quale il giudice abbia fatto uso nella ricostruzione del fatto, purché la valutazione delle risultanze processuali sia stata compiuta secondo corretti criteri di metodo e con l'osservanza dei canoni logici che presiedono alla forma del ragionamento, e la motivazione fornisca una spiegazione plausibile e logicamente corretta delle scelte operate. Ne consegue che la doglianza di illogicità può essere accolta solo quando il ragionamento non si fondi realmente su una massima di esperienza cioè su un giudizio ipotetico a contenuto generale, indipendente dal caso concreto, fondato su ripetute esperienze ma autonomo da esse, e valevole per nuovi casi , e valorizzi piuttosto una congettura cioè una ipotesi non fondata sull'id quod plerumque accidit, insuscettibile di verifica empirica o logicamente scorretta , o una pretesa regola generale che risulti priva, però, di qualunque e pur minima plausibilità. 5. Operate le necessarie precisazioni sui principi di diritto rilevanti, si è già detto che ha sicura valenza indiziante il comportamento dichiarativo immediatamente successivo al fatto quando il V. era ancora in vita tenuto dalla C., come si è argomentato in sede di merito. Si tratta di un aspetto che legittimamente concorre, per le ragioni già dette, al razionale scioglimento della alternativa fattuale tra omicidio e suicidio, in una con altri dati. Inoltre, non è fondata la doglianza difensiva nella parte in cui si ritiene che la Corte di secondo grado abbia valorizzato come elemento a carico il silenzio serbato dalla imputata nel corso del giudizio, posto che non si rinvengono parti della decisione in cui a tale condotta è attribuita una effettiva valenza indiziante. 5.1 La critica difensiva è altresì infondata nella parte in cui contesta talune risultanza di prova generica e talune affermazioni contenute nella perizia medico legale. In primo luogo va ritenuto non illogico il ragionamento probatorio lì dove si reputa del tutto inverosimile - secondo criteri di logica comune - che il V. dopo essere stato colto da impulso autolesivo abbia potuto ripulire sommariamente il coltello e riporlo nel cassetto dove è stato rinvenuto . Si tratta di un comportamento correttamente attribuito in sede di merito alla C., il che rafforza la tesi dell'omicidio con immediato tentativo della donna di rendere difficoltoso l'accertamento del fatto. Non hanno dunque fondamento le doglianze in punto di ‘neutralità' del dato o addirittura di potenziale valenza a discarico del mancato rinvenimento del DNA della donna sulla impugnatura del coltello in questione, per le ragioni logicamente esposte in sede di merito. In secondo luogo va rilevato che la carenza di precise informazioni sulla posizione del V., all'atto del ferimento ferma restando la tesi di maggior fondamento che lo vedeva posizionato sul divano rende del tutto generiche le doglianze sulle modalità di realizzazione del fatto, trattandosi di un punto della decisione che la Corte di secondo grado tratta con scrupolo ma in soli termini di complessiva compatibilità con l'attribuzione del gesto lesivo all'imputata. Anche le valutazioni medico-legali sull'assenza di ‘ostacoli fisicì in punto di attribuzione del gesto all'imputata risultano correttamente recepite nelle decisioni di merito, fermo restando che si tratta - in tal caso - di verifiche di compatibilità necessarie in ogni ricostruzione indiziaria per escludere l'esistenza di dati antagonisti e non di elementi indizianti in senso stretto. 5.2 Ed ancora la critica difensiva risulta incompleta e generica nella parte in cui ripropone l'ipotesi alternativa del suicidio basandosi su dati che non appaiono idonei processualmente a sostenerla, in quanto meramente ipotetici perché V., non ha reagito, perché non ha chiamato aiuto et similia e slegati dalla naturale osservazione logica dell'accaduto che deve necessariamente includere l'analisi della condizione dell'uomo, immediatamente defedato dalla massiccia emorragia dovuta alla perforazione dei tessuti epatici. A ciò si aggiunge, quale elemento indiziante a carico della C. - sia pure sul piano logico - la considerazione, sviluppata in sede di merito, della totale assenza di elementi che sul piano relazionale e sociale potessero far presagire la maturazione di una scelta suicidiaria del V Anche le tensioni familiari ricollegate alla scoperta della garanzia prestata in favore della P., per quanto riportato in sede di merito, non avevano determinato alcuna visibile virata depressiva dell'umore dell'uomo, che anche in quella stessa giornata era apparso sereno con le persone con cui aveva interagito. L'esistenza del risentimento della C. per il sostegno fornito dal marito alla P. e', di contro, idonea a concretizzare non già un movente in senso tecnico sul punto non si concorda del tutto con la decisione di merito , quanto un fattore psicologico di accentuazione del malessere vissuto dalla C. che può aver influito sulla slatentizzazione degli impulsi, in un contesto che appare dominato per quanto emerso in sede di merito - dal dolo d'impeto. 5.3 In conclusione, quanto al primo motivo di ricorso ne va affermata la infondatezza, posto che da un lato non si ravvisano vizi di illogicità nella valutazione degli indizi a carico, dall'altro l'ipotesi alternativa del suicidio non ha trovato agganci nella realtà processuale, restando meramente congetturale. 6. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile per genericità. Le riduzioni della pena per effetto delle plurime circostanze attenuanti sono espresse in modo congruo, dovendosi rapportare la risposta sanzionatoria alla oggettiva gravità del fatto e la critica non individua in modo specifico le ragioni di pretesa illogicità. Al rigetto del ricorso segue ex lege la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.