Ha sbagliato infatti la Corte d’appello ad addossare alla lavoratrice l’onere di dimostrare che era stato il datore di lavoro ad impartire l’ordine di procedere alla rimozione delle tende in sua assenza e che la scala usata non possedeva una base stabile o antiscivolamento.
La Corte d'Appello di Firenze respingeva il gravame di una lavoratrice domestica confermando così il rigetto della sua domanda volta ad accertare la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio subito cadendo da una scala mentre rimuoveva le tende della casa di quest'ultimo. Secondo i giudici di merito, il risarcimento non poteva essere riconosciuto non avendo la donna dimostrato, oltre al fatto costituente l'inadempimento, l'esistenza di un nesso di causalità tra l'inadempimento ed il danno subito. Di solito infatti per rimuovere le tende dagli appositi ganci, il padrone di casa aiutava la signora a salire sulla scala ma in occasione del sinistro ella aveva deciso di occuparsi da sola delle tende mentre l'uomo si era assentato temporaneamente da casa. La soccombente ha proposto ricorso per Cassazione. Partendo dal presupposto che la responsabilità datoriale conseguente alla violazione delle regole dettate in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro ha natura contrattuale e che tale responsabilità può discendere da fatti commissivi o da comportamenti omissivi, la Cassazione ricorda che occorre pur sempre accertare l'elemento della colpa, in coordinazione con il particolare regime probatorio della responsabilità contrattuale che è quello previsto dall'articolo 1218 c.c. Ne deriva che grava sul datore “debitore di sicurezza” l'onere di provare di aver ottemperato all'obbligo di protezione, mentre il lavoratore creditore deve provare sia la lesione all'integrità psico-fisica, sia il nesso di causalità tra tale evento dannoso e l'espletamento della prestazione lavorativa. nel rapporto di lavoro, a fronte di un infortunio o di una malattia professionale, l'attore ha la facoltà di invocare la responsabilità contrattuale del datore provando il rapporto di lavoro, l'attività svolta, l'evento dannoso e le conseguenze che ne sono derivate. «Non spetta invece al lavoratore provare la colpa del datore danneggiante, né individuare le regole violate, né le misure cautelari che avrebbero dovuto essere adottate per evitare l'evento dannoso. La responsabilità del datore discende, dunque, pur sempre dalla violazione di regole a contenuto cautelare nessuna responsabilità senza colpa e non si potrà automaticamente desumere l'inadeguatezza delle misure di protezione adottate per il solo fatto che si sia verificato il danno». Venendo al caso di specie si è assistito ad un'inversione dell'onere della prova da parte della Corte territoriale. Non spettava infatti alla lavoratrice dimostrare che era stato il datore di lavoro ad impartire l'ordine di procedere alla rimozione delle tende in sua assenza e che la scala usata non possedeva una base stabile o antiscivolamento e che spettava a lei rimuovere il tappeto sotto la scala. Era piuttosto il datore ad avere l'onere di provare di aver messo a disposizione della lavoratrice una scala di lavoro idonea, di provare le direttive impartitele anche a carattere inibitorio in relazione alla particolare situazione di fatto ed alla mansione in questione e dimostrare la dovuta vigilanza ed ogni altra accortezza richiesta dalla natura della prestazione pericolosa in quanto da svolgersi in altezza . Il ricorso trova in conclusione accoglimento e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio al giudice di merito per la prosecuzione del giudizio.
Presidente Esposito – Relatore Riverso Il testo integrale della pronuncia sarà disponibile a breve