Clima di terrore in classe: maestra colpevole di maltrattamenti

Impossibile catalogare le condotte tenute in aula dalla donna come mero abuso dei mezzi di correzione. Decisivi i racconti fatti dai piccoli allievi, i quali hanno portato alla luce i metodi bruschi della maestra, abituata ad urlare se i minori commettevano errori, a strappare i loro disegni, ad obbligarli a dormire e ad andare in bagno solo in orari prestabiliti, a strattonarli e a punirli.

Condannata la maestra che instaura un clima di terrore in classe , in una scuola dell'infanzia, e sottopone a maltrattamenti psicologici e umiliazioni i suoi piccoli allievi. Scenario della triste vicenda è un asilo in Lombardia. A finire sotto accusa è una maestra le vengono addebitati, difatti, comportamenti inadeguati in classe, come raccontato da alcuni suoi allievi ai rispettivi genitori. Per i giudici di merito il quadro è chiaro. Così, sia in primo che in secondo grado, la maestra viene ritenuta colpevole di maltrattamenti commessi, in qualità di educatrice , ai danni di quattro bambini. E per lei i giudici sanciscono anche l'obbligo di risarcire i genitori di ognuno di quei quattro bambini. Il legale che difende la maestra contesta la decisione emessa in appello, e col ricorso in Cassazione pone in dubbio, innanzitutto, l'attendibilità delle dichiarazioni rese dai genitori dei minori e fondate su dichiarazioni de relato di minori in tenera età, raccolte da soggetti non specializzati e legati ai bambini da un rapporto tale da far sorgere il sospetto di possibili suggestioni . In questa ottica il legale aggiunge che le dichiarazioni dei genitori sono smentite dalle dichiarazioni delle colleghe della maestra, le quali hanno parlato solo di clima teso in classe e di metodi bruschi mentre, come confermato anche dalla responsabile dell'asilo, hanno escluso comportamenti violenti e denigratori nei confronti dei bambini . In ultima battuta, il legale sostiene sia eccessivo catalogare come maltrattamenti le condotte tenute dalla sua cliente, condotte riconducibili, a suo dire, alla meno grave ipotesi dell'abuso dei mezzi di correzioni , anche tenendo presente che dalle dichiarazioni delle colleghe della maestra è emerso un uso non appropriato di metodi, strumenti o comportamenti correttivi o educativi, ma consentiti in via ordinaria dalla disciplina generale e di settore . Tuttavia, a fronte delle obiezioni difensive, il quadro probatorio è chiarissimo, anche secondo i Giudici di Cassazione, i quali confermano la validità e la genuinità delle dichiarazioni rese dai genitori dei minori è speciosa, essendo acclarata l'esclusione di rischi di contaminazione o condizionamento dei minori, sia per l'assenza di esagerazioni - alcuni genitori hanno espressamente escluso violenze fisiche -, sia perché i genitori si sono limitati a riferire i segni di malessere e disagio rilevati nel comportamento dei bambini e a riportare quanto appreso dai minori, che hanno narrato episodi specifici, diversi e correlati al proprio vissuto . A questo proposito, le dichiarazioni, i ricordi e gli episodi traumatici riferiti dai minori sono confermativi di rapporti problematici , affatto sereni, tra la maestra e i piccoli allievi , rapporti che hanno segnato e influito negativamente sul percorso di crescita dei minori . In sostanza, è emerso che la maestra aveva instaurato in classe un clima di costante timore e soggezione, conseguente a ripetuti episodi di violenza psicologica , essendo frequenti i giudizi sprezzanti, avvilenti e umilianti da lei espressi nei confronti dei piccoli allievi e a tal punto introiettati dai minori da far sviluppare in alcuni di loro un senso di sfiducia nelle proprie capacità, un senso di colpa eccessivo e l'ossessione di meritare la punizione . E' stato respinto, osservano i giudici, il tentativo difensivo di ricondurre i fatti denunciati ai metodi rigidi ed eccessivamente severi della maestra - presentati dall'avvocato come censurabili solo sul piano pedagogico -, poiché i genitori hanno rilevato i segni di disagio e malessere manifestati dai loro bambini e confermati dalle dichiarazioni delle colleghe della maestra sotto processo. Difatti, le altre maestre della scuola hanno confermato il clima teso instaurato in classe, i metodi bruschi della maestra sotto accusa, la quale urlava se i minori commettevano errori, strappava i loro disegni , li obbligava a dormire e ad andare in bagno solo in orari prestabiliti, li strattonava e li puniva . Non secondaria, poi, la correlata condizione di timore dei minori, i quali hanno subito effetti traumatici, significativamente scomparsi dopo l'interruzione dei rapporti con la maestra , sottolineano i Giudici. Indiscutibile, quindi, la responsabilità penale della maestra , a fronte delle condotte da lei tenute in classe, incompatibili con l'importante ruolo di educatrice attribuitole e del tutto inadeguate rispetto alla tenerissima età dei minori affidati alle sue cure, e invece avviliti e umiliati da comportamenti aggressivi e psicologicamente violenti, fonte di sofferenze e di disagio concretamente manifestati . Impossibile, quindi, parlare di mero abuso dei mezzi di correzione, poiché l'uso sistematico della violenza quale metodo di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi , non può rientrare nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti , concludono i giudici, ribadendo che le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo, potere che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minore .

Presidente Di Stefano – Relatore Criscuolo Ritenuto in fatto 1. Il difensore di P.L. ha proposto ricorso avverso la sentenza in epigrafe con la quale la Corte di appello di Milano, in parziale riforma di quella emessa il 19 gennaio 2022 dal G.u.p. del locale Tribunale, ha rideterminato la pena inflitta all'imputata e liquidato in via definitiva il danno risarcibile in favore di ciascuna parte civile costituita, confermando nel resto la sentenza appellata, che aveva dichiarato l'imputata colpevole del reato di maltrattamenti, commesso in qualità di educatrice in servizio presso la scuola dell'Infanzia […]in danno di quattro minori della Sezione Verde. Ne chiede l'annullamento per i motivi di seguito illustrati. 1.1 vizio di motivazione per assenza di valutazione sull'attendibilità delle dichiarazioni rese dai genitori dei minori, ritenuti validi elementi di prova anche in ragione del rito scelto, senza considerare che le stesse si fondano su dichiarazioni de relato di minori in tenera età, raccolte da soggetti non specializzati e legati ai bambini da un rapporto tale da far sorgere il sospetto di possibili suggestioni sono smentite dalle dichiarazioni delle colleghe il gruppo di genitori ha escluso altri genitori definiti amici della maestra. Si contesta, inoltre, la mancanza di approfondimento in ordine alla circostanza che lo stesso materiale probatorio aveva portato in breve tempo da. una richiesta di archiviazione a una sentenza di condanna 1.2 carenza di motivazione in ordine alle criticità metodologiche e contenutistiche rilevate dai consulenti dell'imputata nella relazione delle parti civili, le cui conclusioni sono utilizzate acriticamente in sentenza, senza argomentare sulla irrilevanza probatoria della relazione depositata dalla ricorrente nè considerare il lungo tempo intercorso tra i fatti e la valutazione psicologica o le contraddizioni rilevate 1.3 illogicità e contraddittorietà della motivazione in relazione ai criteri di valutazione della prova con riferimento alle dichiarazioni delle colleghe, confermate dalla responsabile dell'asilo, che escludono comportamenti violenti e denigratori nei confronti dei bambini 1.4 violazione di legge ed erronea applicazione dell' art. 572 c.p. in luogo dell' art. 571 c.p. per essersi la Corte di appello limitata a riportare massime giurisprudenziali relative al reato di maltrattamenti senza tener conto che dalle dichiarazioni delle colleghe della ricorrente è emerso un uso non appropriato di metodi, strumenti o comportamenti correttivi o educativi, consentiti in via ordinaria dalla disciplina generale e di settore. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi non consentiti nonché generici, meramente reiterativi e manifestamente infondati. È agevole rilevare che, aldilà della mera indicazione formale di vizi deducibili in questa sede, i primi tre motivi sono meramente oppositivi e si risolvono nel sollecitare una lettura alternativa dei fatti e della prove, in particolare delle dichiarazioni delle colleghe della ricorrente, non consentita in questa sede, specie a fronte di una motivazione dettagliata e completa, che richiama quella di primo grado e perviene a conclusioni conformi. Peraltro, la stessa sentenza dà atto che l'appello riproponeva tesi difensive già esaminate e disattese dal primo giudice all'esito di un'attenta analisi del materiale probatorio con motivazione congrua, logica e giuridicamente corretta, non validamente contrastata dalle obiezioni difensive e, perciò, integralmente richiamata. 2. La censura relativa alla valutazione espressa sulle dichiarazioni dei genitori dei minori è speciosa, avendone i giudici di appello rimarcato la piena utilizzabilità e validità, anche in ragione del rito scelto e della mancata richiesta di audizione delle persone offese, e ciò, anche per ribadire la valutazione già espressa dal primo giudice, del tutto ignorata nel ricorso, circa la genuinità di dette dichiarazioni e l'esclusione di rischi di contaminazione o condizionamento dei minori, sia per l'assenza di esagerazioni alcuni genitori avevano espressamente escluso violenze fisiche , sia perché i genitori si erano limitati a riferire i segni di malessere e disagio rilevati nel comportamento dei bambini e quanto avevano appreso dai minori, che avevano narrato episodi specifici, diversi e correlati al proprio vissuto pag. 3-4 sentenza di primo grado . A differenza di quanto sostenuto nel ricorso, la sentenza non recepisce acriticamente la consulenza delle parti civili nè svaluta o disattende immotivatamente quella dell'imputata, ma giustifica l'adesione alle conclusioni della prima alla luce della natura solo teorica e astratta delle critiche metodologiche e contenutistiche contenute nella consulenza dell'imputata, che si risolvono in un mero sospetto di possibili suggestioni. Proprio al fine di dar conto delle ragioni per le quali tale assunto difensivo trova smentita nella consulenza delle parti civili, la sentenza ne riporta stralci e passaggi relativi alla posizione dei minori, che ne illustrano le dichiarazioni, i ricordi e gli episodi traumatici riferiti pag. 6-7 , confermativi di rapporti problematici, affatto sereni, tra la ricorrente e i minori, che hanno segnato e influito negativamente sul loro percorso di crescita. È risultato, infatti, che la ricorrente aveva instaurato in classe un clima di costante timore e soggezione, conseguente a ripetuti episodi di violenza psicologica, essendo frequenti i giudizi sprezzanti, avvilenti e umilianti espressi dalla ricorrente, a tal punto introiettati dai minori da far sviluppare in alcuni un senso di sfiducia nelle proprie capacità, un senso di colpa eccessivo e l'ossessione di meritare la punizione. Il tentativo difensivo di ricondurre i fatti denunciati ai metodi rigidi ed eccessivamente severi della ricorrente, ritenuti censurabili solo sul piano pedagogico, è stato già respinto dai giudici di merito non apoditticamente, ma coerentemente in base alla coordinata valutazione delle dichiarazioni dei genitori dei minori, che ne hanno rilevato i segni di disagio e malessere, confermati sia dalla consulenza in atti che dalle dichiarazioni delle colleghe dell'imputata, di cui il ricorso tenta di fornire una lettura riduttiva, nettamente smentita dalle conformi sentenze di merito v. pag. 6 sentenza di primo grado . Infatti, anche le colleghe della ricorrente hanno confermato il clima teso instaurato in classe, i metodi bruschi della ricorrente, che urlava se i minori commettevano errori, strappava i loro disegni, li obbligava a dormire e andare in bagno solo in orari prestabiliti, li strattonava e li puniva, oltre a riferire della correlata condizione di timore dei minori, che, come già detto, hanno subito effetti traumatici, significativamente scomparsi dopo l'interruzione dei rapporti con la ricorrente pag. 7-8 . Ne deriva l'assoluta infondatezza delle censure difensive, che tentano di far leva su incongruenze, già ritenute irrilevanti dai giudici di merito v. pag. 7 , che con motivazione lineare, completa e analitica hanno giustificato l'affermazione di responsabilità dell'imputata per le condotte tenute, incompatibili con l'importante ruolo di educatrice attribuitole e del tutto inadeguate rispetto alla tenerissima età dei minori affidati alle sue cure, invece, avviliti e umiliati da comportamenti aggressivi e psicologicamente violenti, fonte di sofferenze e di disagio concretamente manifestati. 2. Alla luce di tale ricostruzione è del tutto infondata la richiesta di riqualificazione del fatto ai sensi dell' art. 571 c.p. , respinta dai giudici di merito con motivazione corretta e in linea con l'orientamento di questa Corte, secondo il quale l'uso della violenza per fini correttivi o educativi non è mai consentito. L'abuso dei mezzi di correzione presuppone l'uso non appropriato di metodi o comportamenti correttivi, in via ordinaria consentiti, quali l'esclusione temporanea dalle attività ludiche o didattiche, l'obbligo di condotte riparatorie o forme di rimprovero non riservate Sez. 6, n. 11777 del 21/01/2020, Rv. 278744 , mentre l'uso sistematico della violenza quale metodo di trattamento del minore, anche se sostenuto da animus corrigendi, non può rientrare nella fattispecie di abuso di mezzi di correzione, ma concretizza gli estremi del più grave reato di maltrattamenti. Si è, infatti, affermato che esula dal perimetro applicativo della fattispecie incriminatrice dell'abuso di mezzi di correzione o di disciplina in ambito scolastico qualunque forma di violenza fisica o psichica, ancorché sostenuta da animus corrigendi , atteso che, secondo la linea evolutiva tracciata dalla Convenzione dell'ONU sui diritti dell'infanzia e dell'adolescenza, approvata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 20 novembre 1989, le condotte connotate da modalità aggressive sono incompatibili con l'esercizio lecito del potere correttivo ed educativo - che mai deve deprimere l'armonico sviluppo della personalità del minore - lì dove l'abuso ex art. 571 c.p. presuppone l'eccesso nell'uso di mezzi che siano in sé giuridicamente leciti Sez. 6, n. 13145 del 03/03/2022, Rv. 283110 . All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della Cassa delle Ammende, equitativamente determinata in tremila Euro, nonché alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute in questo grado di giudizio dalla parte civile V.E.A. , rappresentato dai genitori e liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Condanna, inoltre, l'imputata alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile V.E.A., rappresentato da G.C. e V.R. , che liquida in complessivi Euro 3.686, oltre accessori di legge.