La scarcerazione dei coimputati non fa scattare la revoca dei domiciliari

Lo ha stabilito la III sez. penale della Corte di Cassazione, affermando che la situazione processuale del singolo individuo deve essere scissa da quella degli altri coimputati e che la scarcerazione di questi ultimi non costituisce un fatto nuovo idoneo alla concessione della revoca degli arresti domiciliari.

Con la sentenza in esame la Cassazione ha formulato il principio di diritto per cui sono manifestamente infondate le doglianze che fanno leva sull'ingiustizia di un trattamento cautelare parificato o rapportato a quello del coimputato o di altri imputati . Di conseguenza, non sussiste il vizio della motivazione per l'omessa valutazione delle sentenze o di ordinanze relative alla posizione di coimputati nell'accertamento della sussistenza o persistenza delle esigenze cautelari o della idoneità della misura cautelare in atto . Il caso trae origine da un ricorso in appello presentato da un detenuto avverso il provvedimento del tribunale della libertà, che gli aveva negato la revoca e/o sostituzione della misura restrittiva degli arresti domiciliari . Il ricorrente era stato ritenuto responsabile dei reati di associazione a delinquere e di plurimi reati tributari, nonché riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori. La vicenda approda in Cassazione. Le motivazioni della difesa poste a sostegno dell'istanza fanno leva, tra l'altro, sull' avvenuta scarcerazione degli altri coimputati circostanza che, ad avviso del ricorrente, costituirebbe un fatto nuovo e idoneo ad offrire una diversa valutazione delle esigenze cautelari . Il ricorso è infondato. Per i Giudici non ci sono dubbi tra i parametri previsti dagli artt. 273, 274, 275, 292 c.p.p. per la valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari e della scelta delle misure non rientra quello della valutazione comparativa tra concorrenti o autori di fatti analoghi . Ancora, prosegue la Corte, la valutazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari frutto di giudizio prognostico, e sulla scelta della misura si deve operare esclusivamente sulla posizione del singolo imputato , così come previsto dalla giurisprudenza in tema di determinazione della pena Cass. pen., sez. II, n. 1886/2016 . Da qui, dunque, la formulazione del principio di diritto sopra indicato. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Presidente Aceto – Relatore Semeraro Ritenuto in fatto 1. Con l'ordinanza del 27 marzo 2023 il Tribunale del riesame di Napoli ha rigettato l'appello proposto avverso il provvedimento del Tribunale di Napoli Nord del 14 febbraio 2023 con cui è stata rigettata l'istanza, avanzata dal difensore di B.F. in data 8 febbraio 2023, di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari. 2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore di B.F. . Con un unico motivo si deduce il vizio ex art. 606 c.p.p. , comma 1, lett. e e il travisamento della prova. 2.1. Il Tribunale del riesame avrebbe correttamente individuato la censura mossa dalla difesa del ricorrente con l'atto di appello, consistente nel venir meno delle esigenze cautelari alla luce dell'esaurimento dell'istruttoria dibattimentale nel processo di merito. Quest'ultimo si sarebbe concluso con la condanna dell'imputato per alcuni capi di imputazione associazione per delinquere, plurimi reati tributari quali l'omessa dichiarazione di imposta, l'evasione di accise e l'emissione di fatture per operazioni inesistenti, nonché autoriciclaggio e trasferimento fraudolento di valori e l'assoluzione per i restanti capi, concernenti fatti precedenti e presupposti. Senonché, il dispositivo di condanna avrebbe limitato nel tempo le condotte ascritte al ricorrente, collocabili tra il febbraio 2017 e il luglio 2018, e tale dato non sarebbe stato preso in considerazione dal Tribunale. 2.2. Nell'ordinanza impugnata si farebbe riferimento ad un'organizzazione di carattere transnazionale dedita al contrabbando e alle false esportazioni, mentre nel procedimento di merito non sarebbe stata contestata alcuna circostanza aggravante della transnazionalità, nè condotte di falsa esportazione. Contrariamente a quanto sostenuto dal Tribunale, il ricorrente non avrebbe rivestito un ruolo centrale nella compagine associativa, ma sarebbe stato ritenuto, nella sentenza di condanna, un mero partecipe della stessa. Non si sarebbe trattato di ingenti quantitativi di prodotti alcolici , come affermato nell'ordinanza impugnata, ma, in considerazione dell'accisa evasa, pari ad Euro 118.272,00, soltanto di circa 10.000 litri di alcool. Il Tribunale attribuirebbe al ricorrente un radicato e perdurante inserimento nel traffico illegale , in contraddizione con l'accertata limitatezza nel tempo delle condotte per cui vi è stata condanna nel merito. La motivazione della pronuncia sarebbe incoerente e contraddittoria, nella parte in cui si riferirebbe a condotte reiterate e a pregresse esperienze illecite, non altrimenti specificate, nonostante la circoscrizione temporale dei fatti per cui è intervenuta la condanna, e nella parte in cui, pur riconoscendo la necessità di indici recenti da cui inferire il pericolo che la misura cautelare mira a neutralizzare, si individuerebbero detti indici in ulteriori provvedimenti cautelari e pendenze giudiziarie, che, tuttavia, non riguarderebbero il ricorrente. Da ultimo, il fine attribuito alla misura cautelare, ossia conseguire il definitivo distacco del ricorrente dagli ambienti criminali in cui sono maturate le vicende delittuose, non terrebbe in considerazione che le condotte addebitate al ricorrente risalirebbero a cinque anni fa. 2.3. In conclusione, il Tribunale sarebbe incorso in un travisamento del fatto con riguardo al capo di imputazione e non avrebbe considerato il fatto nuovo consistito nella limitazione temporale, avvenuta con sentenza di condanna, delle condotte ascritte al ricorrente, ridottesi dall'arco di un decennio ad un solo anno, tra il 2017 e il 2018. 2.4. Il difensore ha poi depositato le conclusioni scritte, anche in replica alle richieste del Procuratore Generale. Considerato in diritto 1. Il ricorso è manifestamente infondato. 1.1. Va premesso che il Tribunale di Napoli Nord, con l'ordinanza del 14 febbraio 2023, ha ritenuto generica, relativamente alla contestazione della gravità indiziaria, l'istanza di revoca o sostituzione della misura cautelare degli arresti domiciliari presentata il 8 febbraio 2023 nell'interesse del ricorrente e, alla luce dell'istruttoria, immutato il quadro indiziario. Quanto alle esigenze cautelari, il Tribunale di Napoli Nord ha osservato che non era stato prospettato alcun elemento nuovo di valutazione, posto che il decorso del tempo era inidoneo da solo a giustificare la rivisitazione cautelare gli altri profili dedotti concernevano il rispetto degli obblighi imposti con il provvedimento restrittivo o profili irrilevanti concernenti la posizione di un coimputato, per altro rimesso in libertà per ragioni di ordine formale. 1.2. Con l'appello il difensore ha specificato che l'assenza di elementi di prova indicati nell'istanza si riferiva alle condotte precedenti e presupposto dei fatti oggetto dell'ordinanza genetica, sui quali però sarebbe stata fondata una negativa qualificazione del soggetto . Oltre ai riferimenti all'incensuratezza, nell'appello si riportano stralci delle dichiarazioni di un teste, di una relazione, osservazioni in diritto sul rapporto tra i delitti ex art. 512-bis e 648-teri c.p. . Si dedusse, poi, che sarebbe stata malintesa l'analisi difensiva sulla durata della custodia cautelare e sugli effetti sul pericolo di reiterazione dei reati si insistette sulla rilevanza del tempo decorso in stato di detenzione. Il fatto nuovo rappresentato sarebbe costituito dalle scarcerazioni degli altri imputati. 1.3. Il ricorso per cassazione, invece, si incentra sul fatto nuovo costituito dal dispositivo della sentenza di primo grado emessa nei confronti del ricorrente, che avrebbe assolto l'imputato da alcuni reati condannandolo per altri reati alla pena di 7 anni e 6 mesi di reclusione ed Euro 250.000 di multa. Il Tribunale del riesame avrebbe valutato erroneamente tale fatto nuovo. Tuttavia, tale fatto nuovo , in quanto intervenuto nelle more del giudizio ex art. 310 c.p.p. , non è stato dedotto nè con l'istanza di revoca della misura cautelare, nè con il successivo atto di appello. Il dispositivo, oggetto di una memoria, è stato prodotto solo all'udienza dinanzi al Tribunale del riesame in sede di appello ex art. 310 c.p.p. . In sostanza, le questioni relative al dispositivo sono state dedotte per la prima volta con il ricorso per cassazione, non potendo la memoria proporre elementi nuovi di valutazione. 1.4. In ogni caso, dalla lettura del dispositivo prodotto al Tribunale del riesame risulta che l'assoluzione non ha inciso direttamente sull'ordinanza genetica perché non contiene alcun riferimento all'inefficacia dell'ordinanza cautelare che consegue ex lege alla pronuncia della sentenza di assoluzione, anche parziale. Va, altresì, rilevato che il dispositivo di per sé non può assumere una valenza favorevole perché ai fini della valutazione della posizione cautelare incidono le prove assunte in dibattimento, a cui si dovrebbe fare riferimento. 1.5. Per altro, il ricorrente afferma che il dispositivo del Tribunale di Napoli Nord avrebbe circoscritto l'ambito temporale delle condotte per cui è intervenuta la condanna al periodo compreso tra il febbraio 2017 e il luglio 2018, mentre dallo stesso 01 ricorso risulta che il ricorrente è stato condannato per i capi n. 1, 7, 8, 9, 10, 11, 12, 14 e 15 dell'imputazione e che il delitto associativo di cui al capo 1 è contestato dal 8.7.13 ad oggi pag. 3 del ricorso . Dunque, la condanna intervenuta per il reato associativo si riferisce ad un periodo che si protrae dal 8 luglio 2013, quindi ricomprende un ampio periodo di tempo, in aperto contrasto con l'affermazione difensiva. 1.6. È, poi, assolutamente irrilevante che il Tribunale del riesame non abbia valutato l'elemento nuovo costituito dalla scarcerazione di un coimputato perché tra i parametri previsti dagli artt. 273, 274, 275, 292 c.p.p. per la valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari e della scelta delle misure non vi è quello della valutazione comparativa tra concorrenti o autori di fatti analoghi. La valutazione sulla sussistenza delle esigenze cautelari, frutto di un giudizio prognostico, e sulla scelta della misura si deve operare esclusivamente sulla posizione del singolo imputato, così come previsto dalla giurisprudenza in tema di determinazione della pena cfr. Sez. 2, n. 1886 del 15/12/2016, dep. 2017, Bonacina, Rv. 269317 - 01, in tema di determinazione della pena, per cui sul giudice non grava alcun onere motivazionale in ordine alla eventuale differenziazione delle pene inflitte . Deve, pertanto, affermarsi il principio per cui sono manifestamente infondate le doglianze che fanno leva sull'ingiustizia di un trattamento cautelare parificato o rapportato a quello del coimputato o di altri imputati. Non sussiste, di conseguenza, il vizio della motivazione per l'omessa valutazione di sentenze o di ordinanze relative alla posizione di coimputati nell'accertamento della sussistenza o persistenza delle esigenze cautelari o della idoneità della misura cautelare in atto. 1.7. Il ricorso non si è confrontato con la complessiva motivazione dell'ordinanza impugnata e propone critiche manifestamente infondate. 1.7.1. È manifestamente infondata e meramente assertiva la contestazione per cui il Tribunale avrebbe travisato il capo di imputazione, facendo riferimento al carattere transnazionale dell'organizzazione e alle false esportazioni, benché non sarebbero state contestate nel processo di merito nè la circostanza aggravante di cui all' art. 61-bis c.p. , nè le predette condotte. Orbene, dalla motivazione dell'ordinanza impugnata risulta che è stata accertata l'esistenza di un articolato sistema di frode, finalizzato alla vendita in evasione di imposta di ingenti quantitativi di alcool a società estere aventi sede in Paesi dell'Unione Europea ricorrendo all'interposizione di società fittizie cd. cartiere disposte a sostituirsi, solo cartolarmente, nelle operazioni di vendita del prodotto alcolico e vettori italiani deputati ad eseguire i trasporti con documentazione fittizia ovvero in completa assenza della stessa pag. 1 e 2 . Il Tribunale del riesame ha fatto riferimento alla materialità dei fatti, non contestata dalla difesa del ricorrente, per cui, a prescindere dalla formale contestazione della circostanza aggravante ex art. 61-bis c.p. , l'attività estrinsecatasi in diversi Paesi dell'Unione Europea si definisce semanticamente transnazionale . Anche con riguardo alle false esportazioni, il Tribunale del riesame ha fatto riferimento alla concreta attività attuata, formalmente sanzionata con l' art. 8 D.Lgs. 10 marzo 2000, n. 74 cfr. Sez. 3, n. 42147 del 15/07/2019, Reale, Rv. 27798404 e contestata, come riportato nel ricorso, nei capi 7 e 8 FOI , pag. 3 . 1.7.2. Il Tribunale del riesame, poi, ha correttamente inquadrato la posizione di B.F. nell'associazione, attribuendogli la qualità di partecipe pag. 1 e non quella di promotore od organizzatore ciò non è in contraddizione con l'affermazione del ruolo centrale svolto dal ricorrente nella predetta associazione per la perpetrazione delle plurime ed articolate condotte illecite anche con riferimento alle movimentazioni bancarie intercorse tra le varie società pag. 2 , ben potendo il partecipe all'associazione svolgere nella stessa un ruolo preminente e differenziato rispetto agli altri. 1.7.3. Meramente assertiva è la contestazione secondo cui oggetto del reato non sarebbero stati ingenti quantitativi di alcool, giacché si tratterebbe di 10.000 litri, per un'accisa evasa di Euro 118.272,00. Le stesse cifre indicate dal ricorrente, infatti, consentono un logico giudizio di non esiguità delle stesse. 1.7.4. È insussistente anche il preteso errore del Tribunale del riesame nella parte in cui ha attribuito al ricorrente un radicato e perdurante inserimento nel traffico illegale . Come già esposto, la condanna intervenuta per il reato ex art. 416 c.p. considera un periodo temporale protrattosi dal 8 luglio 2013, compatibile con il giudizio espresso dal Tribunale. Allo stesso modo deve intendersi il riferimento contenuto nell'ordinanza alle pregresse esperienze illecite del ricorrente pag. 2 , posto che si tratta di un giudizio inferito, logicamente e senza contraddizione, dal lungo arco temporale di anni, le collaudate strategie criminali utilizzate per il raggiungimento dei fini illeciti, la particolare abilità e capacità criminale manifestate , e ciò malgrado la formale incensuratezza dell'imputato pag. 2 , pure considerata dal Tribunale. Sul punto, la conferma del giudizio prognostico e dell'attualità delle esigenze cautelari è priva d vizi logici. 1.7.5. Quanto al riferimento operato dal Tribunale del riesame a pag. 3 malgrado ed a dispetto delle misure cautelari personali e reali subite in altri procedimenti e delle numerose pendenze giudiziarie per reati specifici tutti gli imputati hanno perseverato nell'attività di produzione e commercializzazione di prodotti alcolici, in evasione di imposta - ritenuto errato per l'incensuratezza del ricorrente, il motivo non si confronta con il prosieguo della frase in cui il Tribunale del riesame ha ritenuto che, perseverando in detta attività, anche B.F. sebbene incensurato ha manifestato elevata trasgressività e spregiudicatezza, dando prova di esperienza maturata in detto specifico settore attraverso l'adozione di moduli operativi organizzati . Il Tribunale del riesame, in definitiva, ha valutato l'incensuratezza del ricorrente ma ha ritenuto, con motivazione logica e non contraddittoria, tale elemento recessivo nella valutazione complessiva operata a norma dell' art. 299 c.p.p. , tenuto conto anche dell'entità della pena inflitta. 2. Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile. Ai sensi dell' art. 616 c.p.p. si condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento e della somma di Euro 3.000,00, determinata in via equitativa, in favore della Cassa delle Ammende, tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186 , e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende.