Giovane ferito durante lo spettacolo pirotecnico: colpevoli il fuochista, l’organizzatore dell’evento e il Comune

Risarcimento confermato per i genitori del minorenne. La prova concreta della corresponsabilità del Comune deriva dalla errata previsione circa la distanza di sicurezza fra l'accensione dei fuochi ed il luogo dove si trovavano gli spettatori.

Chiusura infausta per lo spettacolo di fuochi pirotecnici. La mal calcolata distanza dagli spettatori si rivela insufficiente e ciò comporta il ferimento di un giovane . Legittima l'istanza risarcitoria avanzata dai genitori a pagare saranno non solo l' associazione che ha organizzato l'evento e il titolare della ditta che ha realizzato lo spettacolo, ma anche il Comune . Scenario dell'episodio oggetto del processo è un piccolo paese nel Lazio. In occasione di un evento organizzato da un'associazione si verifica un incidente durante uno spettacolo di fuochi pirotecnici a subirne le conseguenze è un giovane ragazzo. Inevitabile la reazione dei genitori, i quali citano in giudizio il titolare della ditta che ha realizzato l'esibizione pirotecnica e il s indaco del Comune , chiedendone la condanna al risarcimento del danno cagionato al figlio dall' anomala esplosione di un mortaio nel corso di uno spettacolo pirotecnico presso lo stadio comunale, spettacolo autorizzato dal sindaco, quale ufficiale di Governo, nonostante si trattasse di attività pericolosa in luogo non idoneo . A chiamare in causa l'associazione che ha organizzato l'evento è proprio il Comune. Per i giudici di merito il quadro probatorio è inequivocabile l'imprenditore, il Comune e l'associazione vengono condannati a versare ai genitori del minore 80mila euro come risarcimento del danno . In particolare, i giudici d'appello osservano che nonostante l'imputazione giuridica allo stato degli atti compiuti dal sindaco quale ufficiale di Governo, riconoscendo che il sindaco quale autorità di pubblica sicurezza operava non quale capo dell'amministrazione comunale ma quale ufficiale di Governo, si è affermato che da parte del Comune non è stata data la prova del corretto assolvimento dell'obbligo di prevenzione , mentre ricorreva l'obbligo di sorveglianza da parte dell'autorità che aveva rilasciato l'autorizzazione circa il corretto svolgimento dell'attività, con la responsabilità solidale dell'autorità di pubblica sicurezza e dell'esecutore dello spettacolo pirotecnico . Peraltro, la prova più immediata della responsabilità del Comune e dell'associazione è data dall'errata previsione circa la distanza di sicurezza fra l'accensione dei fuochi ed il luogo dove si trovavano gli spettatori , sottolineano i giudici d'appello. Inutile il ricorso in Cassazione proposto dal Comune. Confermato in toto , il provvedimento emesso in appello che aveva riconosciuto la corresponsabilità dell'ente, dell'imprenditore e dell'associazione. In particolare, viene osservato che il Comune, nonostante la domanda non fosse stata proposta nei suoi confronti, è intervenuto in giudizio e si è difeso contrastando la domanda, assumendo evidentemente che la pretesa avanzata dai due genitori fosse stata sollevata anche nei suoi confronti . Ebbene, qualora il terzo spieghi volontariamente intervento , assumendo essere lui o anche lui - e non gli altri convenuti ovvero non solo le altre parti chiamate originariamente in giudizio - il soggetto nei cui riguardi si rivolge la pretesa dell'attore, la domanda iniziale, anche in difetto di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale, perciò, il giudice è legittimato ad assumere le conseguenti statuizioni . In sostanza, il Comune in quanto amministrazione, costituendosi e contrastando la domanda, aveva accettato il contraddittorio sull'intero devolutum e chiaramente, e condivisibilmente, è stata identificata la responsabilità del s indaco sia quale ufficiale di Governo sia quale vertice dell'amministrazione comunale per culpa in vigilando .

Presidente Travaglino Relatore Scoditti Rilevato che F.D. e K.S.M. , in proprio e quali esercenti la potestà sul figlio minore F.A. , convennero in giudizio innanzi al Tribunale di Cassino D.P.G. , titolare di una ditta di fuochi d'artificio, e il Sindaco pro tempore del Comune di […], domiciliato per la carica presso la Casa Comunale, chiedendo la condanna al risarcimento del danno cagionato al minore dall'anomala esplosione di un mortaio nel corso di uno spettacolo pirotecnico presso lo stadio comunale, spettacolo autorizzato dal Sindaco, quale Ufficiale di Governo ai sensi dell' art. 57 TULPS , nonostante si trattasse di attività pericolosa in luogo non idoneo. Si costituì il Comune di […], in persona del Sindaco pro tempore, chiedendo il rigetto della domanda e chiamando in causa l'Associazione Sportiva Club Giovani Omissis , organizzatrice dell'evento, la quale pure si costituì chiedendo il rigetto della domanda. Il Tribunale adito accolse la domanda, condannando in solido il D.P. , il Comune e l'Associazione Sportiva al risarcimento del danno ai sensi dell' art. 2050 c.c. nella misura di Euro 80.000,00. Avverso detta sentenza propose appello il Comune. Con sentenza di data 27 agosto 2020 la Corte d'appello di Roma rigettò l'appello. Osservò la corte territoriale, premesso di fare applicazione del principio della ragione più liquida, che, nonostante l'imputazione giuridica allo Stato degli atti compiuti dal Sindaco quale ufficiale di Governo, il primo giudice, riconoscendo che il Sindaco quale autorità di pubblica sicurezza operava non quale capo dell'amministrazione comunale ma quale ufficiale di Governo, aveva affermato che da parte del Comune non era stata data la prova del corretto assolvimento dell'obbligo di prevenzione e che per un verso ricorreva l'obbligo di sorveglianza da parte dell'autorità che aveva rilasciato l'autorizzazione circa il corretto svolgimento dell'attività, con la responsabilità solidale ai sensi dell'art. 2050 dell'autorità di Pubblica Sicurezza e dell'esecutore dello spettacolo pirotecnico, per l'altro la prova più immediata della responsabilità del Comune e dell'Associazione Sportiva era data dalla errata previsione circa la distanza di sicurezza fra l'accensione dei fuochi ed il luogo dove si trovavano gli spettatori. Osservò quindi che il Comune, dopo avere svolto in primo grado una difesa a tutto tondo delle singole condotte tenute dai propri organi, solo in appello aveva denunciato il vizio di extrapetizione, evidenziando che, instaurato il giudizio principalmente nei confronti del Sindaco quale Ufficiale di Governo tuttavia con rilevate responsabilità anche della stessa amministrazione comunale , la sentenza era stata pronunciata solo nei confronti del Comune oltre che delle altre due parti . Aggiunse che il Comune in quanto amministrazione, costituendosi e contrastando la domanda, aveva accettato il contraddittorio sull'intero devolutum e che il Tribunale aveva chiaramente, e condivisibilmente, identificato la responsabilità del Sindaco sia quale Ufficiale di Governo sia quale vertice dell'amministrazione comunale per culpa in vigilando. Ha proposto ricorso per cassazione il Comune di […] sulla base di due motivi e resistono con unico controricorso F.D. , K.S.M. e F.A È stato fissato il ricorso in camera di consiglio ai sensi dell' art. 380 bis.1 c.p.c. . È stata presentata memoria. Considerato che con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 99, 112 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che, come da motivo di appello, il Comune è stato ritenuto corresponsabile dell'evento dannoso nonostante che non fosse mai stato convenuto in giudizio, essendo stata proposta la domanda nei confronti del Sindaco quale ufficiale di Governo e non quale legale rappresentante del Comune, sulla base del fatto costitutivo del rilascio dell'autorizzazione alla accensione dei fuochi in luogo non idoneo a garantire l'incolumità pubblica e la sicurezza, e che l'accettazione del contraddittorio sul devolutum non è condotta processuale idonea a supplire all'originario difetto di vocatio in ius. Il motivo è infondato. Il Comune, nonostante che la domanda non fosse stata proposta nei suoi confronti, è intervenuto in giudizio e si è difeso contrastando la domanda, assumendo evidentemente che la pretesa di parte attrice fosse stata sollevata anche nei suoi confronti. Qualora il terzo spieghi volontariamente intervento, assumendo essere lui o anche lui e non gli altri convenuti ovvero non solo le altre parti chiamate originariamente in giudizio il soggetto nei cui riguardi si rivolge la pretesa dell'attore, la domanda iniziale, anche in difetto di espressa istanza, si intende automaticamente estesa al terzo, nei confronti del quale, perciò, il giudice è legittimato ad assumere le conseguenti statuizioni, senza che si possa configurare un vizio di ultra o extrapetizione. Cass. n. 8877 del 2023 n. 36639 del 2021 n. 743 del 2012 n. 17954 del 2008 . Con il secondo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione dell' art. 132 c.p.c. , ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4. Osserva la parte ricorrente che la motivazione è apparente, in quanto contenente argomenti inconciliabili da una parte la responsabilità viene ascritta all'autorità che ha rilasciato l'autorizzazione, nella specie il Sindaco quale ufficiale di Governo, dall'altra viene riconosciuta la responsabilità del Sindaco quale vertice dell'amministrazione comunale per culpa in vigilando. Il motivo è infondato. Il ricorrente denuncia l'apparenza di motivazione facendo riferimento alla motivazione della sentenza di primo grado che risulta trascritta in quella di appello, lamentando una inconciliabilità di argomenti che attinge evidentemente non la sentenza di secondo grado, ma quella del Tribunale. Nè la motivazione della sentenza di primo grado è richiamata in funzione di motivazione per relationem, perché la controversia è stata decisa dalla corte territoriale, come espressamente enunciato in esordio di motivazione, sulla base della ragione più liquida dell'avere il Comune accettato il contraddittorio sull'intero devolutum. La ratio decidendi della impugnata sentenza è dunque quest'ultima ed è chiaramente percepibile dalla motivazione. Le spese del giudizio di cassazione, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza. Poiché il ricorso viene disatteso, sussistono le condizioni per dare atto, ai sensi della L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, che ha aggiunto il comma 1 quater all'art. 13 del testo unico di cui al D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 , della sussistenza dei presupposti processuali dell'obbligo di versamento, da parte della parte ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento, in favore della parte controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.700,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dall 'art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 201 2, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.