L’avvocato che raggiunge un accordo transattivo nella curatela fallimentare ha diritto ad un compenso ulteriore

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 24462 e depositata in data 10 agosto 2023 nella quale ha previsto che l’attività di conciliazione svolta da un avvocato per raggiungere un accordo vada remunerata in considerazione del compenso per la fase decisoria, a cui si aggiunge l’aumento di un quarto.

Il Tribunale di Catania, Sezione fallimentare, ha rigettato il reclamo proposto da un avvocato avverso il decreto di liquidazione di compenso del giudice delegato al fallimento per l'attività professionale svolta in favore della curatela di un fallimento . Nello specifico, il tribunale ha escluso la liquidazione del compenso per la fase decisionale in relazione all'attività prestata per giungere ad un accordo transattivo . L' avvocato ricorre in Cassazione impugnando il provvedimento de quo , lamentando l'errore nel quale sarebbe incorso il tribunale nel liquidare l'attività svolta per raggiungere l'accordo transattivo ricomprendendola nell'attività di studio, e non, invece, liquidandola in forma autonoma quale attività ulteriore . La Cassazione condivide le censure mosse dal ricorrente, ricordando l'assunto di cui all' articolo articolo 4, comma 6 del DM 55/2014 Nell'ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, il compenso per tale attività è determinato nella misura pari a quello previsto per la fase decisionale, aumentato di un quarto, fermo quanto maturato per l'attivita' precedentemente svolta . Ne consegue che, avendo il legislatore previsto un compenso ulteriore per il difensore che ha definito il giudizio con la conciliazione, l'attività da egli svolta va remunerata in considerazione del compenso per la fase decisoria, a cui si aggiunge l'aumento di un quarto . Ne consegue che tale attività non può essere compresa nella fase di studio e considerata come proiezione della fase decisoria , a ciò ostando anche il dato letterale dell'articolo 5 cit., il quale prevede che il compenso, nell'ipotesi di transazione, debba essere liquidato autonomamente fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta . Alla luce delle argomentazioni su esposte, la Corte cassa il ricorso con rinvio.

Presidente Orilia Relatore Giannaccari Fatti di causa Il Tribunale di Catania, Sezione fallimentare, ha rigettato il reclamo proposto dall'Avv. C.F. avverso il decreto di liquidazione di compenso del giudice delegato al fallimento per l'attività professionale svolta in favore della curatela del fallimento è […] s.p.a Per quel che ancora rileva in questa sede, il Tribunale ha escluso la liquidazione del compenso per la fase decisionale in relazione all'attività prestata per giungere ad un accordo transattivo tra il fallimento e la […] in quanto l'Avv. C. era avvenuta dopo la sentenza della Corte d'appello e non aveva svolto le attività inerenti tale fase. Per la cassazione del citato provvedimento l'Avv. C. ricorre sulla base di un unico motivo illustrato da memoria. Il fallimento […] s.p.a è rimasto intimato. Ragioni della decisione Con l'unico motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione del DM 55 del 2014, art. 4, comma 5 e 6, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per non avere il Tribunale liquidato il compenso per la fase decisionale, nella quale sarebbe ricompresa anche l'attività svolta per la transazione. Nell'affermare che la maggiorazione per la transazione era stata calcolata sulla proiezione della fase decisoria , il Tribunale avrebbe errato nel liquidare l'attività svolta per l'accordo transattivo ricomprendendola nell'attività di studio, laddove l'art. 5 prevede che il compenso debba essere liquidato autonomamente fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta . Il motivo è fondato. Dall'esposizione dei fatti risulta che l'Avv. C. venne nominato, quale ulteriore difensore della Curatela dopo la sentenza della Corte d'appello di Roma emessa tra il fallimento […] s.p.a. e la […] e, dopo tale decisione, aveva partecipato alle trattative, unitamente all'Avv. P. , che avevano portato alla transazione. L'attività svolta dal ricorrente rientrava nella fase decisionale, come chiaramente previsto dal DM 55 del 2014, art. 4, comma 6, che così recita Nell'ipotesi di conciliazione giudiziale o transazione della controversia, il compenso per tale attività è determinato nella misura pari a quello previsto per la fase decisionale, aumentato di un quarto, fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta . Si tratta di una norma avente carattere premiale per il difensore che si adoperi nel definire in via transattiva la controversia con effetti deflattivi sul contenzioso, che il legislatore ha dimostrato di favorire, prevedendo forme di soluzione alternative delle controversie. Ne consegue che, avendo il legislatore previsto un compenso ulteriore per il difensore che abbia definito il giudizio con la conciliazione, l'attività svolta che normalmente consiste in incontri con le parti, redazioni di bozze di accordo talvolta prolungate nel tempo vanno remunerate considerando il compenso per la fase decisoria cui va aggiunto l'aumento di un quarto. Ne consegue che tale attività non può essere compresa nella fase di studio e considerata come proiezione della fase decisoria , a ciò ostando anche il dato letterale dell'art. 5, il quale prevede che il compenso, nell'ipotesi di transazione, debba essere liquidato autonomamente fermo quanto maturato per l'attività precedentemente svolta . Ha, pertanto, errato il Collegio del Tribunale fallimentare di Catania del quale peraltro aveva fatto indebitamente parte lo stesso giudice delegato a non riconoscere all'Avv. C. il compenso per la fase decisoria. Il provvedimento impugnato va pertanto cassato con rinvio al Tribunale di Catania in diversa composizione, che regolerà anche le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa il provvedimento impugnato e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità, al Tribunale di Catania in diversa composizione.