Non sussiste l’esposizione a pubblica fede se la res è del proprietario - possessore

L’esposizione a pubblica fede non sussiste quando la cosa si trova sotto diretta e continua sorveglianza del proprietario perché in tal caso, di fronte ad un’eventuale aggressione del bene, quest'ultimo ha la facoltà di reagire impedendo l’evento.

A stabilirlo è la Suprema Corte, nella sentenza n. 34747 depositata in data 9 agosto 2023. La vicenda nasce a seguito di un processo penale concluso con sentenza di condanna emessa dalla Corte d'Appello di Caltanissetta per appropriazione indebita e danneggiamento ex art. 635, comma 2, n. 1 c.p. I giudici di merito hanno ritenuto sussistente, nel caso di specie, l'esposizione alla pubblica fede , disciplinata dall' art. 625 c.p. , pur tuttavia riconoscendo che l'imputato fosse il conduttore dell'immobile. Avverso tale pronuncia, l'incolpato ricorre in Cassazione, contestando l'esposizione alla pubblica fede. Evidenziano i giudici di Legittimità come del resto già riscontrato nella precedente fase di merito , che nel caso in esame il reato di danneggiamento sia stato compiuto dallo stesso detentore del bene , e che pertanto non può ritenersi che il suddetto reato abbia investito le cose disciplinate dall' art. 627, n. 7 c.p. Ciò in ragione del fatto che la maggiore tutela alle cose esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione è stata individuata nel fatto che esse sono prive della custodia da parte del proprietario sicché la proprietà od anche il possesso di esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da parte dei terzi . Proprio dalla ratio della norma si è arrivati ad affermare che l'aggravante non sussiste quando la cosa si trovi sotto diretta e continua sorveglianza perché la situazione è tale da consentire al proprietario o al possessore, di fronte all'aggressione del bene, di reagire impedendo l'evento . Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al reato di danneggiamento perché il fatto, esclusa l'esposizione alla pubblica fede, non è previsto dalla legge come reato.

Presidente Estensore Verga Motivi della decisione P.C.G. ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte d'appello di Caltanissetta che, in data 24/01/2022 ha confermato la sentenza del Tribunale di Enna che lo aveva condannato per appropriazione indebita e danneggiamento ex art. 635 co 2 n. 1 c.p. . Deduce il ricorrente erronea applicazione di legge. Lamenta che i giudici di merito hanno ritenuto sussistente l'esposizione alla pubblica fede, disciplinata dall' art. 625 numero 7 c.p. , con riguardo al reato di danneggiamento contestato al capo 2 . Sostiene che la retio della circostanza aggravante in argomento che rende punibile il danneggiamento è quella di tutelare il proprietario del bene o comunque colui che in quel momento ne vanta il possesso dalle ingerenze illecite di terzi, con la conseguenza che detta circostanza non potrà trovare applicazione nei riguardi dello stesso proprietario della res o nei riguardi di colui che in quel momento, pur non essendo il proprietario, la possieda lecitamente. Evidenzia che la Corte d'appello ha ritenuto sussistente l'aggravante, pur riconoscendo che il ricorrente era conduttore dell'immobile. Il ricorso è fondato. Deve preliminarmente osservarsi che la Corte d'appello a fronte di un motivo specifico sul punto non ha fornito alcuna risposta. Ciò detto deve rilevarsi che nell' art. 635 comma 2 c.p. sono disciplinate ipotesi autonome di reato per le quali è stabilito l'applicazione della stessa pena prevista nel comma 1, fra le quali rientra, per quello che qui rileva, il danneggiamento delle cose indicate nell' art. 625 numero 7 codice penale . Il ricorrente contesta la sussistenza dell'esposizione alla pubblica fede. Deve evidenziarsi che la maggiore tutela alle cose esposte alla pubblica fede per necessità o per consuetudine o per destinazione è stata individuata nel fatto che esse sono prive della custodia da parte del proprietario sicché la proprietà od anche il possesso di esse ha come presidio soltanto il senso del rispetto da parte dei terzi. Proprio dalla ratio della norma si è arrivati ad affermare che l'aggravante non sussiste quando la cosa si trovi sotto diretta e continua sorveglianza perché la situazione è tale da consentire al proprietario o al possessore, di fronte all'aggressione del bene, di reagire impedendo l'evento. In sintesi, per la configurabilità dell'esposizione alla pubblica fede è indispensabile che la cosa, per la sua specificità, si trovi in una minorata difesa rispetto alla possibilità di danneggiamento da parte di terzi. Nel caso in esame non si verte in ipotesi di danneggiamento da parte di terzi, ma come accertato dai giudici di merito il danneggiamento è stato opera dello stesso detentore qualificato che aveva in custodia i beni. Non può quindi ritenersi che il reato contestato abbia investito le cose disciplinate dall' art. 625 n. 7 c.p. Esclusa l'esposizione alla pubblica fede il danneggiamento così come realizzato non è punibile. Ne consegue l'annullamento senza rinvio della sentenza limitatamente al reato di danneggiamento perché il fatto, esclusa l'esposizione alla pubblica fede, non è previsto dalla legge come reato e con rinvio per la determinazione della pena con riguardo al residuo reato di appropriazione indebita. L'imputato deve essere condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile, liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente al reato di danneggiamento perché, esclusa l'aggravante dell'esposizione alla pubblica fede, il fatto non è previsto dalla legge come reato e con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Caltanissetta per la determinazione della pena con riguardo al residuo reato di appropriazione indebita. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile I.S. che liquida in complessivi Euro 3.167,00 oltre accessori di legge.