Come si calcola il trattamento pensionistico riservato ai lavoratori dello spettacolo?

Con la sentenza n. 24245 resa in data 9 agosto 2023, la Suprema Corte offre un’ampia disamina sulla disciplina contributiva riservata ai lavoratori dello spettacolo, chiarendo diversi aspetti della complessa normativa di settore e formulando un nuovo principio di diritto.

La vicenda si origina all'interno di una vertenza, avente ad oggetto il calcolo della liquidazione della pensione , e vede coinvolti un noto regista italiano e l'INPS. I primi due gradi di giudizio davano ragione all'artista secondo la Corte d'Appello di Roma il lavoratore ha diritto alla riliquidazione della quota B della pensione ex ENPALS -senza applicazione del massimale retributivo di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7 , e successive modifiche - con condanna dell'INPS al pagamento delle conseguenziali differenze . Secondo la Corte territoriale, il limite massimo inerente alla retribuzione giornaliera pensionabile si applica alla sola determinazione della quota A del trattamento di quiescenza e non è più vigente per la quota B , regolata dai nuovi criteri fissati dal D.lgs. 30 aprile 1997, n. 182 . Avverso tale pronuncia propone ricorso in Cassazione l'INPS, mentre il noto regista resiste depositando ricorso incidentale . La questione sottoposta all'attenzione dei Giudici di Legittimità deve essere inquadrata all'interno della complessa cornice normativa dei trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo , oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo dopo il subentro all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo ENPALS , in virtù del D.L. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 21 convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214 . La Corte osserva come tale regime previdenziale, è contraddistinto dall'accredito di contributi d'ufficio, da un accesso alle pensioni di vecchiaia, che è anticipato per talune figure rispetto ai regimi ordinari, dall'erogazione di uno specifico trattamento d'invalidità professionale tuttavia, tale specialità , non si può tramutare nell'introduzione di un regime d'incongruo di favore o nella configurazione di un sistema previdenziale che, di questa specialità, riproduca solo gli aspetti più convenienti , disgiunti dal complessivo bilanciamento attuato dal legislatore al fine di garantire la sostenibilità del sistema globalmente inteso . Dopo tale doverosa premessa, e dopo aver offerto ampia analisi della trama normativa che ha governato il sistema pensionistico riservato ai lavoratori dello spettacolo , la Corte accoglie il ricorso principale presentato dall'INPS e rigetta quello incidentale, formulando il seguente principio di diritto Nella determinazione della quota B della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal D.P.R. n. 31 dicembre 1971, n. 1420, art. 12, comma 7, così come da ultimo modificato dal D.lgs. 30 aprile 1997, n. 182, art. 1, comma 10 . Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dal medesimo D.lgs. n. 182 del 1997, art. 4, comma 8 .

Presidente Mancino Relatore Calafiore Rilevato che La Corte di appello di Roma, con la sentenza impugnata, ha confermato la decisione di primo grado, che aveva affermato il diritto di A.D. alla riliquidazione della quota B della pensione ex […] -senza applicazione del massimale retributivo di cui al D.P.R. n. 1420 del 1071, art. 12, comma 7, e successive modifiche con condanna dell'Inps a pagamento delle conseguenziali differenze la Corte territoriale, dopo avere ripercorso l'evoluzione della normativa di riferimento, ha argomentato che il limite massimo inerente alla retribuzione giornaliera pensionabile si applica alla sola determinazione della quota A del trattamento di quiescenza e non è più vigente per la quota B , regolata dai nuovi criteri fissati dal D.lgs. 30 aprile 1997, n. 182 l'INPS ha chiesto l'annullamento della pronuncia sulla base di un unico e articolato motivo, cui ha resistito il pensionato con controricorso lo stesso ha anche proposto ricorso incidentale basato su un motivo, avverso il quale l'INPS non ha svolto difese le parti hanno depositato memoria. Considerato che con l'unico motivo di ricorso principale art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 , l'INPS denuncia violazione del D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12 e del D.lgs. n. 182 del 1997, artt. 3 e 4 . Si precisa che la Corte di merito avrebbe errato nel prospettare l'abrogazione tacita della disciplina del massimale pensionabile , a dispetto della compatibilità tra tale disciplina e quella posteriore, riguardante la quota B della pensione con l'unico motivo del ricorso incidentale, il pensionato deduce la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, come modificato dalla D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 4 lett. d e dell'art. 252 disp. att. c.p.c., in relazione alla ritenuta decadenza anche dei ratei maturati antecedentemente al 6 luglio 2011 nel limite del triennio precedente alla data di proposizione del ricorso il ricorso incidentale, esaminato prioritariamente, è da rigettare, per avere la Corte d'appello correttamente interpretato il D.L. n. 98 del 2011, art. 38, comma 1, lett. d, conv. in L. n. 111 del 2011 già in vigore al momento di presentazione della domanda giudiziale e dichiarato inammissibile la domanda di ricalcolo della prestazione pensionistica per i ratei collocati oltre il triennio antecedente alla domanda giudiziale si dibatte sulla possibilità, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, dell'applicabilità della decadenza e che la decadenza riguardi, in considerazione della natura della prestazione, solo le differenze sui ratei maturati precedenti il triennio ovvero, in generale, ogni differenza comunque dovuta per il titolo in relazione al quale è richiesto l'adeguamento o il ricalcolo orbene, il dibattito è stato risolto nel primo senso da numerosi precedenti di questa Corte per tutte Cass. n. 17, 430 del 2021, nn. 123, 4858 e 38015 del 2022 se, infatti, la decadenza definisce una volta per tutte, anche nell'interesse della stabilità dei conti pubblici, l'ammontare della prestazione da erogare, essa è però ipotizzabile solo in quei casi in cui la prestazione nel suo nucleo essenziale sia comunque riconosciuta e mantenuta, trattandosi di prestazione costituzionalmente protetta ed imprescrittibile ciò deriva dalla lettera delle disposizioni applicabili, posto che l'art. 47, comma 6, estende alle azioni di riliquidazione i commi 2 e 3, in relazione ai quali il D.L. n. 29 marzo 1991, n. 103, art. 6, convertito in L. 1 giugno 1991, n. 166 , chiarisce che il decorso dei termini previsti dal citato D.P.R. n. 639 del 1970, art. 47, commi 2 e 3, determina l'estinzione del diritto ai ratei pregressi delle prestazioni previdenziali e l'inammissibilità della relativa domanda giudiziale , precisando poi che in caso di mancata proposizione del ricorso amministrativo i termini decorrono dall'insorgenza del diritto ai singoli ratei in relazione alla natura del termine decadenziale in genere, esso è stato riferito ai singoli ratei vedi Cass. 13104 del 2003 n. 152 del 1999 n. 2364 del 2004 , in ragione della loro autonoma cadenza temporale l'art. 6 non riguarda però solo la domanda di pensione, e dunque il caso in cui la pensione sia negata in toto, ma ha portata generale, potendo dunque applicarsi anche alla domanda di riliquidazione ciò è confermato proprio dal D.L. n. 98 del 2011, art. 38, che ha modificato la disciplina del 1970, sia aggiungendo all'art. 47 un comma 2, secondo cui le decadenza si applica alle azioni giudiziarie avente oggetto l'adempimento di prestazioni riconosciute solo in parte o il pagamento di accessori del credito, sia aggiungendo, dopo l'art. 47, un art. 47-bis, a norma del quale si prescrivono in cinque anni i ratei arretrati, ancorché non liquidati e dovuti a seguito di pronuncia giudiziale dichiarativa del relativo diritto, dei trattamenti pensionistici, nonché delle prestazioni della gestione di cui alla L. 9 marzo 1988, n. 88, art. 24, o delle relative differenze dovute a seguito di riliquidazioni l'intento del legislatore, anche in tema di ricalcoli pensionistici, è dunque quello di continuare a incidere unicamente sui ratei pregressi e tale interpretazione trova conferma anche dai lavori preparatori e dalla relazione che accompagna l'art. 38, dove si afferma che a differenza del diritto al trattamento pensionistico, di per sé imprescrittibile, il diritto ai singoli reati è considerato soggetto a prescrizione in quanto considerato dalla giurisprudenza di contenuto esclusivamente patrimoniale, periodicamente risorgente e limitatamente disponibile l'interpretazione che limita ai ratei l'applicazione dei termini di prescrizione e decadenza anche nel caso di riliquidazioni è in linea con i principi affermati in materia dalla Corte Costituzionale, che ha sempre ritenuto il diritto a pensione come diritto fondamentale, irrinunciabile, imprescrittibile e non sottoponibile a decadenza, in conformità di principio costituzionalmente garantito che non può comportare deroghe legislative tra le altre, Corte Costituzionale 26 febbraio 2010, n. 71 Corte Costituzionale 22 luglio 1999, n. 345 Corte Costituzionale 15 luglio 1985, n. 203 una diversa interpretazione che applicasse la decadenza all'intera pretesa di rideterminazione travolgendo i ratei futuri ed infratriennali sarebbe del resto incompatibile con la Costituzione tutte le volte in cui la misura della prestazione riconosciuta o pagata non salvaguardi il nucleo essenziale della prestazione, come nel caso che solo una parte esigua della prestazione sia riconosciuta e pagata dall'ente previdenziale per tali casi, ritenere il diritto alle differenze pensionistiche perduto per decadenza comporterebbe di fatto la vanificazione del diritto alla pensione, in netto contrasto con la Costituzione, art. 38 sarebbe peraltro non agevole individuare per ciascuna prestazione periodica , in difetto di criteri legali o costituzionali espliciti, quale sia il nucleo essenziale della prestazione pensionistica non comprimibile l'applicazione della decadenza della domanda di riliquidazione ai soli ratei pregressi oltre il triennio e non all'intera pretesa del privato attua, del resto, un giusto equilibrio tra il diritto alla pensione e l'obiettivo decorso del tempo assicurato dalla decadenza mobile, che comunque sanziona il pensionato in modo significativo con la perdita dell'integrazione dei ratei ultratriennali rispetto alla domanda giudiziale per converso, alcun bilanciamento tra gli opposti interessi sarebbe assicurato dall'accoglimento della tesi opposta, che produrrebbe una pensione decurtata, per sempre, in modo contra legem, con effetto completamente ablativo del diritto alle differenze a fronte di una situazione di ignoranza del pensionato in ordine all'esatto importo della prestazione, che potrebbe protrarsi per anni e con incidenza normalmente rilevante su una situazione soggettiva costituzionalmente protetta può dunque affermarsi che, in riferimento alla richiesta di adeguamento o ricalcolo di prestazioni pensionistiche parzialmente già riconosciute, la decadenza, in considerazione della natura della prestazione, si applichi solo alle differenze sui ratei maturati precedenti il triennio dalla domanda giudiziale, come correttamente ritenuto, nella specie, dalla Corte territoriale il ricorso, in continuità con i numerosi precedenti di questa Corte di cassazione resi in fattispecie analoghe a partire da Cass. 36056 del 2022 e sino alla più recente Cass. 17267 del 2023 si rivela ammissibile, contrariamente a quanto eccepito dal controricorrente, posto che nessun giudicato interno si è formato in ordine alla perdurante vigenza, anche per tale quota, del limite previsto dal D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, che rappresenta un tema ancora controverso la questione è relativa ai trattamenti pensionistici dei lavoratori dello spettacolo, oggi corrisposti dalla Gestione speciale del Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo dopo il subentro all'Ente nazionale di previdenza ed assistenza per i lavoratori dello spettacolo […], in virtù del D.L. n. 6 dicembre 2011, n. 201, art. 21 convertito, con modificazioni, nella L. 22 dicembre 2011, n. 214 la quota A corrisponde all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1 gennaio 1993, calcolate con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che, a tal fine, resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile D.lgs. n. 503 del 1992, art. 13, lett. a la quota B corrisponde, invece, all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1 gennaio 1993 citato D.lgs. n. 503 del 1992, art. 13, lett. b la retribuzione giornaliera pensionabile, per la quota in esame, è variamente modulata nei tre gruppi in cui i lavoratori dello spettacolo risultano oggi suddivisi quanto al calcolo della quota B , nel limite della retribuzione giornaliera pensionabile di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, il consolidato orientamento di questa Corte di cassazione ha confermato la perdurante operatività del detto limite alla retribuzione giornaliera pensionabile anche per la quota B della pensione, in ragione del fatto che la disposizione non ha formato oggetto di un'abrogazione espressa il massimale di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è rimasto inalterato nell'avvicendarsi delle riforme del sistema previdenziale, che hanno investito anche il settore dei lavoratori dello spettacolo, in linea rispetto alla politica di contenimento della spesa pubblica e alle esigenze di risanamento delle gestioni previdenziali Corte costituzionale, sentenza n. 173 del 1986 , punto 10 del Considerato in diritto , è l'espressione di una scelta discrezionale del legislatore e costituisce il punto di equilibrio tra i contrapposti interessi compete infatti al legislatore la facoltà di individuare come base di calcolo della pensione una misura della retribuzione, inferiore a quella effettivamente percepita dal lavoratore sentenza n. 202 del 2008 il D.lgs. n. 503 del 1992 , nel tracciare quella linea di demarcazione tra la quota A e la quota B che è rilevante nel presente giudizio, non incide sul limite oggi contestato e neppure la L. n. 335 del 1995 abroga in maniera espressa il tetto della retribuzione giornaliera pensionabile l'art. 1, comma 22, ha conferito al Governo una delega per l'armonizzazione dei regimi pensionistici operanti presso l'[…], delega esercitata con il D.lgs. n. 182 del 1997 ove non si rinviene traccia di un esplicito superamento di tale regime per la quota B il legislatore delegato ha mantenuto questo elemento imprescindibile del regime previdenziale in esame, rimodulando in termini generali il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile D.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 10 , senza alcuna specificazione volta a circoscrivere alla quota A l'operatività delle innovazioni ciò esclude l'incompatibilità tra le nuove e le vecchie disposizioni di legge, che si verifica solo quando tra le norme considerate vi sia una contraddizione tale da renderne impossibile la contemporanea applicazione, cosicché dalla applicazione ed osservanza della nuova legge non possono non derivare la disapplicazione o l'inosservanza dell'altra Cass. n. 1429 del 2002 n. 10053 del 2002 Cass., sez. lav., 13 ottobre 2022, n. 29974 non rileva che l'applicazione del massimale pensionabile anche alla quota B consenta d'impiegare solo in parte la tabella del citato D.lgs. n. 503 del 1992, art. 12 e implichi l'irrilevanza della terza e della quarta aliquota di rendimento infatti, la tabella allegata al D.lgs. n. 503 del 1992 ha valenza generale e non è calibrata in via esclusiva sul regime del personale appartenente al settore dello spettacolo, operando nel rispetto dei limiti che tale regime contempla, in virtù della descritta disciplina speciale la retribuzione imponibile eccedente il limite massimo di retribuzione annua pensionabile previsto per l'assicurazione generale obbligatoria in esame è computata secondo le aliquote decrescenti di cui alla tabella allegata e la quota aggiuntiva così calcolata diviene parte integrante della pensione il regime previdenziale dei lavoratori dello spettacolo presuppone l'indicazione legislativa, univoca e vincolante, di un massimale della retribuzione pensionabile e di un massimale contributivo per i lavoratori, come il controricorrente, già iscritti al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo alla data del 31 dicembre 1995, il massimale contributivo permane, nei termini definiti dal D.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 8 le aliquote contributive si applicano integralmente sulla retribuzione giornaliera non eccedente il limite massimo di Lire 1.000.000. Fermo restando il disposto di cui al D.P.R. n. 31 dicembre 1971, n. 1420, art. 2, comma 5, qualora la retribuzione giornaliera sia superiore a Lire 1.000.000 l'aliquota contributiva è dovuta sul massimale di retribuzione giornaliera imponibile corrispondente a ciascuna fascia ed è accreditato un numero di giorni di contribuzione, con un massimo di otto, secondo l'allegata Tabella A fino al raggiungimento di 312 giornate annue superate le quali si applica la previgente normativa. Sulla parte di retribuzione eccedente il massimale di retribuzione imponibile relativo a ciascuna fascia, si applica un contributo di solidarietà nella misura del 5 per cento di cui 2,50 per cento a carico del datore di lavoro e 2,50 per cento a carico del lavoratore dunque, la retribuzione soggetta a prelievo contributivo è più elevata rispetto alla retribuzione giornaliera pensionabile per il personale che sia iscritto al Fondo pensioni per i lavoratori dello spettacolo in data successiva al 31 dicembre 1995 o che eserciti l'opzione per il sistema contributivo D.lgs. n. 182 del 1997, art. 1, comma 14 , si applica il massimale annuo della base contributiva e pensionabile di Lire 132 milioni, secondo le modalità stabilite, con valenza generale, dalla L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 18 l'indiscriminata abolizione, per la quota B , di un limite massimo della retribuzione giornaliera pensionabile darebbe adito a una situazione rovesciata rispetto a quella che la Corte costituzionale ha vagliato nella già menzionata sentenza n. 202 del 2008 la Corte costituzionale ha affermato che tale divario non è di per sé lesivo dei principi di eguaglianza e di ragionevolezza e di adeguatezza e di proporzionalità della tutela previdenziale, purché una certa proporzionalità venga assicurata e, soprattutto, non sia compromessa la realizzazione delle finalità di cui alla Cost., art. 38 sentenza n. 202 del 2008, punto 2 del Considerato in diritto , posto che non vi è necessaria corrispondenza tra i contributi versati e le prestazioni erogate sentenza n. 202 del 2008, punto 2 , in quanto l'adempimento dell'obbligo contributivo trascende l'interesse del singolo soggetto protetto e non obbedisce a una logica meramente corrispettiva sentenza n. 173 del 1986, punto 10 del Considerato in diritto nè lo squilibrio di notevole entità che esisterebbe tra la misura del tetto pensionabile e quella, all'incirca tripla, della retribuzione assoggettata a contribuzione pregiudica quelle esigenze minime di protezione della persona, che s'impongono come nucleo intangibile anche alla già richiamato punto 2 del Considerato in diritto , chiamato a tener conto delle risorse finanziarie disponibili alla disarmonia denunciata non potrebbe comunque porre rimedio la Corte costituzionale, in quanto un intervento di tal fatta implicherebbe valutazioni e bilanciamenti di interessi comportanti scelte politiche che, nei limiti del rispetto dei diritti fondamentali, competono al legislatore e richiederebbe una pronuncia manifestamente manipolativa quanto alla disparità di trattamento con il regime dell'assicurazione generale obbligatoria, la Corte costituzionale ha rilevato che lo squilibrio denunciato sussiste, in termini generali, con riguardo a entrambe le quote di pensione inoltre, il sistema, che impone il pagamento della contribuzione in misura piena fino ad un certo importo Lire 1.000.000 e, per l'eccedenza, il versamento di un mero contributo di solidarietà, non potrebbe combinarsi con l'eliminazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile, posto che ad una disciplina, che ancora fissa ratione temporis un limite alla retribuzione imponibile a fini contributivi, è coessenziale la presenza di un limite alla retribuzione pensionabile la fissazione di un tetto alla retribuzione giornaliera pensionabile contribuisce a comporre i diversi interessi di rilievo costituzionale e si colloca in un sistema ampiamente favorevole per gli iscritti, quanto all'entità delle prestazioni ed alle condizioni di accesso, rispetto a quello della generalità dei lavoratori assicurati presso l'INPS di talché non è possibile lamentare il semplice dato della diversità esistente tra retribuzione soggetta a prelievo contributivo e retribuzione pensionabile senza tenere presente l'intero sistema previdenziale in cui detta previsione si inserisce Corte costituzionale, sentenza n. 202 del 2008 , punto 3 del Considerato in diritto tale regime previdenziale, che prescinde dalla natura autonoma o subordinata del rapporto di lavoro e dal settore di appartenenza dell'impresa, è contraddistinto dall'accredito di contributi d'ufficio, da un accesso alle pensioni di vecchiaia, che è anticipato per talune figure rispetto ai regimi ordinari, dall'erogazione di uno specifico trattamento d'invalidità professionale la specialità, tuttavia, non si può tramutare nell'introduzione di un regime d'incongruo favore o nella configurazione di un sistema previdenziale che, di questa specialità, riproduca solo gli aspetti più convenienti, disgiunti dal complessivo bilanciamento attuato dal legislatore al fine di garantire la sostenibilità del sistema globalmente inteso. in questa prospettiva, si coglie la giustificazione del permanere del limite in quanto tanto l'abolizione del limite quanto l'introduzione di un limite meno rigoroso determinerebbero irragionevoli disparità tra il calcolo delle due quote, caratterizzate da limiti sensibilmente diversi anche nell'interpretazione correttiva perorata dal controricorrente. Non si attuerebbe quel bilanciamento tra i metodi di calcolo delle due quote , delineato nella sentenza impugnata per il calcolo della quota B , il legislatore, con il D.lgs. n. 503 del 1992 , ha introdotto criteri più rigidi, in una prospettiva di contenimento della spesa previdenziale e sarebbe in antitesi con le linee ispiratrici degl'interventi di riforma, ipotizzare che, per i lavoratori dello spettacolo, la determinazione della quota B sia improntata a criteri più favorevoli, disancorati da ogni limite alla retribuzione giornaliera pensionabile o commisurati a un limite notevolmente meno severo rispetto alla quota A inoltre, un sistema, che superi il massimale della retribuzione giornaliera pensionabile e perpetui l'operatività di una retribuzione massima imponibile a fini contributivi, sarebbe disarmonico rispetto alla legge di delegazione, che non soltanto non racchiude indicazioni di sorta in ordine a tale superamento, ma vincola il legislatore a salvaguardare le esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali l'indiscriminato superamento del massimale della retribuzione giornaliera pensionabile, a fronte del permanere di un massimale contributivo, porrebbe a repentaglio quelle esigenze di equilibrio che la legge di delegazione ha enunciato come criterio direttivo cogente, richiamato anche dalle conclusioni del Pubblico Ministero tale criterio direttivo non può non orientare anche l'opera dell'interprete, chiamato ad assicurare la compatibilità del decreto legislativo con i principi e i criteri direttivi prescritti dal delegante e, di conseguenza, con la Carta fondamentale Cost., art. 76 nell'esame del D.Lgs. n. 182 del 1997, questa Corte di cassazione, sia pure con riguardo alla diversa questione dell'incidenza dello ius superveniens sulle pensioni già liquidate, ha posto l'accento sulla necessità di un'interpretazione conforme ai principi e criteri direttivi della legge di delegazione, rimarcando che quale canone ermeneutico preminente, il principio di supremazia costituzionale impone all'interprete di optare, fra più soluzioni astrattamente possibili, per quella che rende la disposizione conforme a Costituzione Cass., sez. lav., 24 febbraio 2006, n. 4163 nè si può ribattere che la gestione […], allorché è stata inglobata nell'INPS, non registrasse disavanzi di sorta, posto che il dato testuale indica l'esigenza di salvaguardare l'equilibrio delle gestioni previdenziali, esigenza che s'impone anche come criterio interpretativo delle disposizioni adottate dal legislatore delegato tali ragioni, resistono alle critiche mosse dal pensionato con la memoria dallo stesso depositata prese le distanze dalla ricostruzione seguita dalla Corte d'appello ma volendo difenderne il risultato, il pensionato afferma che l'effetto pratico di ritenere superata la previsione del massimale retributivo si dovrebbe raggiungere in virtù della previsione contenuta nel D.lgs. 1982 del 1997, art. 4 comma 8, secondo la quale Le quote di retribuzione giornaliera pensionabile eccedenti il suddetto limite sono computate secondo le aliquote di rendimento previste dal decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, art. 12 , per cui la questione giuridica si concentrerebbe nello stabilire se il rinvio sia riferito solo alle aliquote di rendimento di cui al D.Lgs. n. 503 del 1992, comma 1, art. 12, oppure all'intero art. 12 e quindi anche al suo comma 2 ad avviso della parte privata, la questione dovrebbe risolversi considerando il contenuto della l. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22, là dove indica al legislatore delegato la finalità della commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti da qui si fa derivare l'obbligo, disatteso dalla D.lgs. n. 182 del 1987, art. 4, del legislatore delegato di equiparare il massimale pensionabile a quello contributivo l'assunto non è accoglibile, posto che, come si è sopra precisato, non risponde al vero che la legge delega si sia occupata di ritoccare la disciplina del massimale retributivo pensionabile in oggetto equiparandolo al massimale imponibile la l. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22, infatti, nell'ottica di rigore e di stabilizzazione della spesa pensionistica, che ha contraddistinto quella riforma, si è limitato ad indicare al legislatore delegato la necessità di ridefinire le aliquote contributive, tenendo conto delle esigenze di equilibrio delle gestioni previdenziali, di commisurazione delle prestazioni pensionistiche agli oneri contributivi sostenuti ed alla salvaguardia delle prestazioni previdenziali in rapporto con quelle assicurative, in applicazione dei commi da 6 a 10 dell'art. 1 legge cit. peraltro, la L. n. 335 del 1995, art. 2, comma 22 lett. d , indica la via di un'armonizzazione che salvaguardi comunque le normative speciali motivate da effettive e rilevanti peculiarità professionali e lavorative presenti nei settori interessati, quale è il complesso normativo previdenziale relativo ai lavoratori dello spettacolo dunque, nessuna violazione della legge delega, con consequenziale violazione della Cost., art. 76, si manifesta nei contenuti del D.Lgs. n. 182 del 1997 e nel mantenimento del massimale indicato nel D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7 alla luce delle considerazioni svolte, la Corte territoriale, nel ritenere oramai superato, per la quota B della pensione, il limite alla retribuzione giornaliera pensionabile di cui al D.P.R. n. 1420 del 1971, art. 12, comma 7, è incorsa nell'errore di diritto denunciato dal ricorrente il ricorso principale, pertanto, va accolto e la sentenza impugnata cassata, mentre va rigettato il ricorso incidentale la causa dev'essere rinviata alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che si uniformerà al seguente principio di diritto Nella determinazione della quota B della pensione, relativa alle anzianità maturate successivamente al 31 dicembre 1992 dai lavoratori iscritti al Fondo pensioni lavoratori dello spettacolo in data anteriore al 31 dicembre 1995, non si prendono in considerazione, ai fini del calcolo della retribuzione giornaliera pensionabile, per la parte eccedente, le retribuzioni giornaliere superiori al limite fissato dal D.P.R. n. 31 dicembre 1971, n. 1420, art. 12, comma 7, così come da ultimo modificato dal D.lgs. 30 aprile 1997, n. 182, art. 1, comma 10. Tale limite non è stato abrogato per incompatibilità dal medesimo D.lgs. n. 182 del 1997, art. 4, comma 8 al giudice designato per la fase di rinvio è rimessa, inoltre, la liquidazione delle spese del presente giudizio art. 385 c.p.c. , comma 3 . P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale. Cassa la sentenza impugnata quanto al ricorso accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, che provvederà anche sulle spese del giudizio di cassazione. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1-quater, sussistono i presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente incidentale, dell'ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello per il ricorso incidentale, ex art. 13, comma 1, se dovuto.