La Suprema Corte torna sulla prelazione agraria

Protagonista della vicenda in esame è il titolare di un’Azienda agricola, il quale ricorre in giudizio per ottenere il trasferimento di due lotti di terreni agricoli, sottolineando ed allegando di essere risultato, a seguito di un’asta pubblica indetta dalla proprietaria Provincia di Verona, aggiudicatario degli stessi in via provvisoria, in attesa del perfezionamento della procedura relativa all’offerta di prelazione a favore dei terzi confinanti.

La sentenza in oggetto risulta in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia, secondo la quale le ipotesi di prelazione/riscatto sono considerate tassative ” e di stretta interpretazione” così Cass., n. 5952/2016 , secondo cui I diritti di prelazione e riscatto agrari costituiscono ipotesi tassative, non suscettibili di interpretazione estensiva Cass., n. 6572/2013 in tema di prelazione agraria , il carattere eccezionale delle norme impedisce un'interpretazione estensiva. Così come la S.C. vieta altresì l'interpretazione analogica” Cass. n. 26286/2008 in tema di prelazione agraria il comma 1 dell' art. 8, l. n. 590 del 1965 integra una norma di stretta interpretazione in quanto apportante speciali limitazioni al diritto di proprietà . La stessa, quindi, contempla un numero chiuso di situazioni soggettive protette e non può trovare applicazione oltre i casi ivi previsti . Il Collegio richiama anche la Cass. n. 6302/2019 che richiama, a sua volta, l' art. 2, comma 3, d.lgs. 99/2004 . Concordando la Corte con tali principi, ne consegue che l' accertamento della qualifica di coltivatore diretto ad almeno la metà dei soci deve avvenire con rigide modalità , previste ex lege , con efficacia erga omnes , non potendosi attribuire valenza equipollente ad un atto notarile depositato presso la Camera di Commercio, per quanto regolarmente iscritto . Inoltre, il comma 3 dell' art. 2 del d.lgs. n. 99/2004 cit., allorquando dispone che l'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all' articolo 8 della legge 26 maggio 1965, n. 590 , e successive modificazioni, ed all' articolo 7 della legge 14 agosto 1971, n. 817 , spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' articolo 2188 e seguenti del codice civile , allude all'iscrizione di un atto che abbia lo scopo di evidenziare tale qualità dei soci e, dunque, che figuri come tale indicato e non ad un atto avente un diverso oggetto, che venga, dunque, iscritto ed indicato con riferimento ad esso, in cui semplicemente risulti indicata quella qualità . Pertanto, per tutti questi motivi, la S.C. dichiara inammissibile il ricorso in oggetto.

Presidente Frasca – Relatore Rossello Rilevato che 1. L.C. , in proprio nonché quale titolare dell'Azienda Agricola L.G. di L.C. , convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Verona la Provincia di Verona nonché la società Agricola G. s.s. per ottenere il trasferimento di due lotti di terreni agricoli, allegando di essere risultato, a seguito di un'asta pubblica indetta dalla proprietaria Provincia di Verona, aggiudicatario degli stessi in via provvisoria, in attesa del perfezionamento della procedura relativa all'offerta di prelazione a favore dei terzi confinanti, tra cui la società Agricola G. s.s., e affermando, tra l'altro, l'insussistenza del diritto di prelazione agraria illegittimamente esercitato dalla società agricola convenuta. Il L. espose di essere venuto a conoscenza della prelazione esercitata in relazione ad entrambi i lotti da G., e pertanto chiese di prendere atto della illegittimità della prelazione esercitata da quest'ultima, stante l'insussistenza dei requisiti sia soggettivi che oggettivi in capo alla stessa. 2. Si costituì in giudizio G., deducendo in particolare la sussistenza dei requisiti soggettivi, posto che, seppure non risultanti dalla visura camerale, da un atto notarile del 2005, iscritto nel registro delle imprese il 19/7/2005, si sarebbe potuto evincere che almeno la metà dei soci fosse in possesso della qualifica di coltivatore diretto, sostenendo al contempo la sussistenza dei requisiti oggettivi necessari. G. propose inoltre domanda riconvenzionale finalizzata ad ottenere, in virtù della esercitata prelazione e dell'avvenuto saldo integrale del prezzo, la declaratoria della propria piena ed esclusiva titolarità dei terreni agricoli per cui è causa. 3. Si costituì la Provincia di Verona dando atto di avere, nelle more del giudizio, dato seguito al procedimento di aggiudicazione dei lotti e di aver traferito, con atto pubblico di compravendita, i fondi in questione all'azienda agricola L.G. del L. , non sussistendo in capo alla società agricola G. i requisiti per il valido esercizio della prelazione. 4. Il Tribunale di Verona dichiarò cessata la materia del contendere sulle domande del L. , stante il perfezionamento della compravendita tra quest'ultimo e la Provincia di Verona. Rigettò la domanda riconvenzionale della società agricola G., sulla base della considerazione che la predetta società non avesse dato prova che al momento dell'esercizio della prelazione sussistessero i presupposti richiesti dalla legge e, in particolare, la qualifica di coltivatore diretto in capo ad almeno la metà dei soci. 5. La sentenza del Tribunale venne impugnata da G. dinanzi alla Corte di Appello di Venezia. Si costituirono sia l'azienda agricola L.G. di L. che la Provincia di Verona, quest'ultima formulando appello incidentale in relazione alla ritenuta erronea compensazione delle spese di lite da parte del giudice di prime cure. 6. Con sentenza n. 4496/2019 del 23/09/2019, pubblicata il 21/10/2019, oggetto di ricorso, la Corte di appello di Verona ha confermato la sentenza di primo grado e, per l'effetto, ha rigettato l'appello principale proposto dalla società agricola G., nonché quello incidentale proposto dalla Provincia di Verona. A fondamento della decisione, per quanto ancora rileva in questa sede, la Corte territoriale ha posto la circostanza della insussistenza in capo alla società agricola appellante del diritto di prelazione agraria. La Corte ha osservato che la scrittura privata, modificativa dell'atto costitutivo della società, iscritta nel 2005 dalG. s.s. nel registro delle imprese, fosse inidonea ad assolvere al requisito soggettivo richiesto dal D.lgs. 99 del 2004, art. 2 ai fini della nascita in capo ad una società agricola di persone del diritto di prelazione, in quanto contenente solo la cessione delle quote e la modifica dei patti sociali. Invero - osserva la sentenza - la qualifica di coltivatore diretto è stata iscritta accanto ad alcuni soci non all'epoca dell'esercizio del diritto di prelazione ma solo tardivamente, in data successiva all'inizio della causa. 7. Avverso la predetta sentenza, la società Agricola G. s.s. propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui resistono con separati controricorsi L.C. , in proprio nonché quale titolare dell'Azienda Agricola L.G. di L.C. , e La Provincia di Verona. 8. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'art. 380-bis.1. c.p.c 9. Il Pubblico Ministero non ha depositato conclusioni. 10. Le parti hanno depositato memoria. Considerato che 1. Con l'unico motivo di ricorso, la ricorrente denuncia, in relazione all' art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ , Violazione o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all' art. 360 c.p.c. , n. 3. - Violazione o falsa applicazione del D.Lgs. n. 29/03/2005 n. 99, art. 2, comma 3, dell' art. 2188 c.c. , nonché del D.P.R. n. 7/12/1995 N. 581 artt. 5 -6-7-8-18-23-24 . Regolamento di attuazione della L. 29/12/1993 n. 580, art. 8 in materia di istituzione del registro delle imprese . La ricorrente lamenta che la Corte territoriale abbia affermato non sussistente in capo ad essa il diritto di prelazione, erroneamente ritenendo non integrato il requisito soggettivo necessario ai sensi del D.lgs. 99 del 2004, art. 2 della qualifica di coltivatore diretto dei soci della società agricola prelazionaria, laddove, invece, dalla scrittura privata iscritta dalla società ricorrente nel 2005 nella sezione speciale del Registro delle imprese, già risultava che cinque dei nuovi soci fossero in possesso della qualifica di coltivatore diretto. Ciò, a detta della ricorrente, sarebbe rispettoso del sistema istitutivo del registro delle imprese D.P.R. n. 581-95, art. 7 , il quale impone che nel registro medesimo sia iscritta la società semplice e non i singoli componenti la base sociale della medesima così a p. 13 penultimo §, del ricorso . Anche a voler ritenere sussistente una difformità tra la domanda e il contenuto dell'atto trascritto, osserva la ricorrente, la Corte territoriale avrebbe dovuto conformarsi alla circolare n. 407/C del 9 gennaio 1977 emanata dal Ministero dell'Industria, del commercio e dell'artigianato ai sensi della quale, tra l'altro, in caso di difformità tra la descrizione sintetica contenuta nel modello di domanda e l'atto stesso, necessariamente fa testo il contenuto dell'atto di cui si chiede l'iscrizione o il deposito . 2. Sull'unico motivo di ricorso. La sentenza gravata è in linea con la giurisprudenza di legittimità in materia, secondo la quale le ipotesi di prelazione-riscatto sono considerate tassative e di stretta interpretazione ex plurimis, cfr. Cass., 25/03/2016, n. 5952 I diritti di prelazione e riscatto agrari costituiscono ipotesi tassative, non suscettibili di interpretazione estensiva Cass., n. 6572/2013 In tema di prelazione agraria, il carattere eccezionale delle norme impedisce un'interpretazione estensiva. Così come la S.C. vieta altresì l'interpretazione analogica Cass., n. 26286/2008 In tema di prelazione agraria la l. n. 590 del 1965, comma 1 dell'art. 8, integra una norma di stretta interpretazione in quanto apportante speciali limitazioni al diritto di proprietà. La stessa, quindi, contempla un numero chiuso di situazioni soggettive protette e non può trovare applicazione oltre i casi ivi previsti . 2.1 In particolare, la sentenza gravata richiama la pronuncia Cass., sez. III, 5/3/2019, n. 6302 , a mente della quale Ai sensi del D.Lgs. n. 29-3-2004 n. 99, art. 2, comma 3 l'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui all' art. 8 della L. 26 maggio 1965 n. 590 e successive modificazioni, ed alla L. 14 agosto 1971 n. 817, art. 7, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' art. 2188 e ssg. del codice civile . Non vi è dubbio, in primo luogo, della portata derogatoria di detta norma, regolante lo specifico istituto del riscatto agrario, rispetto alla disciplina codicistica di cui all' art. 2193 c.c. , che regola in generale l'efficacia dell'iscrizione nel registro delle imprese e che consente di provare che i terzi abbiano avuto aliunde conoscenza dei fatti per i quali è prevista l'iscrizione. Correttamente, pertanto, la Corte d'Appello, sulla base di detta speciale disposizione, senza quindi violare l' art. 2188 c.c. con riferimento alla funzione dell'iscrizione nel registro delle imprese, ha ritenuto requisito ostativo dirimente per l'esercizio del riscatto l'omessa indicazione del socio coltivatore diretto . nella sezione speciale del registro delle imprese. Contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, siffatta interpretazione non solo è fondata sul chiaro ed univoco tenore letterale della detta norma che richiede espressamente l'iscrizione e non prevede in alcun modo la possibilità di dimostrare aliunde il possesso del requisito richiesto ma è da ritenersi anche in linea con la ratio della stessa con la norma in esame, invero, il legislatore ha inteso coniugare il riconoscimento dello sviluppo della forma societaria in agricoltura con la tutela del terzo acquirente, estendendo sì alla società agricola il diritto di riscatto spettante ai coltivatori diretti del fondo confinante, ma alla condizione che almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti e che tale qualifica, proprio a tutela del terzo acquirente, risulti dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' art. 2188 c.c. Al riguardo va, inoltre, evidenziato, ad ulteriore conferma della correttezza dell'interpretazione fornita dalla Corte territoriale e dell'esigenza di tutela del terzo che ispira la norma, che le agevolazioni tributarie di cui al D.Lgs. n. 99 del 2004 , comma 4 del medesimo, ove non rileva la tutela del terzo, sono riconosciute alle società agricole di persone con almeno un socio coltivatore diretto art. 2, comma 4 bis, D.Lgs. cit. , senza quindi che in tal caso sia richiesto che la qualifica di coltivatore diretto risulti dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese ubi lex voluit ibi dixit . Nè siffatta interpretazione può ritenersi, come sostenuto dalla ricorrente, foriera di disparità di trattamento tra il coltivatore diretto laddove eserciti la sua attività quale singolo e laddove invece la eserciti all'interno di una società di persone di cui faccia parte quale socio , atteso che il differente trattamento è determinato proprio dall'esercizio in forma societaria dell'attività di coltivatore diretto, che, come tale, impone, a tutela del terzo acquirente e della libera circolazione dei beni, una più immediata e certa conoscenza dell'eventuale qualifica di coltivatore diretto dei soci e, conseguentemente, del diritto di riscatto in capo alla società . 2.2. Alla luce di tali principi, l'accertamento della qualifica di coltivatore diretto ad almeno la metà dei soci deve avvenire con rigide modalità, previste ex lege, con efficacia erga omnes, non potendosi attribuire valenza equipollente ad un atto notarile depositato presso la Camera di Commercio, per quanto regolarmente iscritto. 2.3 L' art. 2193 c.c. , il quale consente la prova che i terzi abbiano comunque avuto conoscenza del fatto non iscritto, è derogato dalla norma speciale di cui al D. lgs. 29/3/2004, n. 99, art. 2, che sta alla base della domanda di prelazione, e secondo il quale l'esercizio della prelazione agraria spetta alle società qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' art. 2188 ss. c.c. . 2.4 La sentenza gravata ha fatto corretta applicazione di tali principi. Si legge infatti in motivazione Dalla visura storica estratta il 19 giugno 2012 risulta che la modifica dei patti sociali sia stata iscritta in data 19 luglio 2005 ma che, accanto ad alcuni soci, sia stata iscritta la specifica qualifica di coltivatore diretto solo in data 12 giugno 2012. Il D.Lgs. n. 99-04, art. 2, II co. esige per il riconoscimento del diritto di prelazione in capo alla società agricola di persone che il possesso della qualifica di coltivatore diretto in almeno la metà dei soci risulti dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' art. 2188 e seguenti del codice civile . Il fatto particolare qualifica soggettiva in capo al socio - non era stato iscritto all'epoca dell'esercizio del diritto di prelazione ma solo tardivamente, ai fini che interessano, in data successiva all'inizio della presente causa. L'iscrizione del socio coltivatore diretto nella sezione speciale del registro delle imprese costituisce una forma di pubblicità dichiarativa indispensabile senza equipollenti. Nel ricordare che il possesso del requisito soggettivo non è dimostrabile in altro modo la giurisprudenza cfr. Cass., sez. III, 5.3.19, n. 6302 ha di recente affermato che la norma intende coniugare il riconoscimento dello sviluppo della forma societaria in agricoltura con la tutela del terzo acquirente, estendendo alla società agricola il diritto di riscatto ma, ponendo come condizione, che almeno la metà dei soci siano coltivatori diretti e che tale qualifica, proprio a tutela del terzo acquirente, risulti dall'iscrizione nella sezione speciale del registro. Senza l'iscrizione della qualifica del socio nel pubblico registro non è garantita la conoscibilità per il terzo acquirente. Nel caso di specie la pubblicità non era stata assolta con la sola iscrizione dell'atto di cessione delle quote e modifica dei patti sociali così a p. 7 della sentenza enfasi aggiunta, n.d.r. . 2.5 Ferme queste considerazioni, con specifico riguardo al tenore del motivo di ricorso, se ne deve preliminarmente rilevare la manifesta inammissibilità, in quanto esso omette di svolgere una critica alla motivazione della sentenza impugnata, la quale è sostanzialmente imperniata sull'assunto che la norma del D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 2, là dove prescrive che almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese , intende alludere ad una iscrizione specificamente diretta ad evidenziare tale qualità e non all'emergenza della qualità da un atto iscritto avente altra natura, come fu l'atto di modificazione del contratto sociale iscritto nel 2005. 2.6 Il motivo avrebbe dovuto criticare tale assunto della sentenza, mentre non lo fa e svolge considerazioni che ne prescindono, là dove si attarda a esporre che l'iscrizione dell'atto di modificazione seguì le regole e poi evoca la circolare n. 3407/C del 9/01/1977 emanata dal Ministero dell'industria, del commercio e dell'artigianato in modo controproducente, atteso che detta circolare sottolinea, ovviamente, che l'individuazione dell'oggetto dell'iscrizione e, dunque, l'individuazione di essa concerne l'atto. Nella specie l'atto iscritto, proprio per la sua natura di atto di modifica del contratto sociale non poteva, nel risultare iscritto, soddisfare il requisito di pubblicità indicato dal D.Lgs. n. 99 del 2004, art. 2 . 2.7 Proprio tale considerazione evidenzia gradatamente la manifesta infondatezza della prospettazione della ricorrente, che può predicarsi sulla base del seguente principio di diritto Il D.Lgs. n. 99 del 2004, comma 3 dell'art. 2, allorquando dispone che l'esercizio del diritto di prelazione o di riscatto di cui alla L. 26 maggio 1965, n. 590, art. 8, e successive modificazioni, ed alla L. 14 agosto 1971, n. 817, art. 7, spetta anche alla società agricola di persone qualora almeno la metà dei soci sia in possesso della qualifica di coltivatore diretto come risultante dall'iscrizione nella sezione speciale del registro delle imprese di cui all' art. 2188 e seguenti del codice civile , allude all'iscrizione di un atto che abbia lo scopo di evidenziare tale qualità dei soci e, dunque, che figuri come tale indicato e non ad un atto avente un diverso oggetto, che venga, dunque, iscritto ed indicato con riferimento ad esso, in cui semplicemente risulti indicata quella qualità . 2.8 Che questa sia la logica della previsione si desume dalla funzione di notiziazione indicata dall'ord. n. 6302 del 2019 evocata dalla sentenza impugnata , essendo palese che solo dall'iscrizione di un atto che sia indicato come finalizzato ad indicare i soci coltivatori diretti la funzione di pubblicità possa essere assolta, nel mentre l'iscrizione di un atto che sia indicato avere altro oggetto non può assolvere a detta funzione, poiché il terzo che consulti il registro non è messo in grado di percepire che al suo interno i soci si sono qualificati come coltivatori diretti. Tanto si osserva ribadendo che l'iscrizione della qualità dei soci è condizione necessaria per l'esercizio della prelazione. 2.9 Il ricorso è dichiarato inammissibile e le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo, secondo il D.M. n. 55 del 2014. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore dei controricorrenti L.C. , quale titolare della società Agricola L.G. di L.C. , e Provincia Verona, delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 13.200,00 oltre gli esborsi, liquidati in Euro 200,00, oltre accessori di legge, per ciascuno dei controricorrenti. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, inserito dalla l. n. 228 del 2012, art. 1 , comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, ove dovuto.