La pericolosità sociale del richiedente asilo non è ostativa alla protezione internazionale umanitaria

Il cittadino extracomunitario gode di tutela rafforzata e non può essere respinto sulla base di presunzioni di pericolosità sociale assolute e generalizzate. Esse devono essere accertate in concreto.

E' quanto ha stabilito la Corte di Cassazione all'esito di un ricorso presentato da un cittadino originario del Gambia avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Ancona, che aveva rigettato l'opposizione proposta dall'appellante contro il provvedimento con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale gli aveva negato il rinnovo della protezione umanitaria. A seguito di un'ampia rassegna giurisprudenziale ed europea sul tema, ed alla luce dei principi offerti dalla Corte Costituzionale, la Suprema Corte ha accolto il ricorso formulando un nuovo principio di diritto In tema di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari , nel regime anteriore all'entrata in vigore del d.l.numero 113/2018 , conv. in l. numero 132/2018 , in ipotesi di condanna del cittadino straniero , privo di legami familiari, per i reati previsti dall'articolo 4, comma 3, d. lgs.numero 286/1998 non opera alcun automatismo ostativo al rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari e non ricorre la presunzione assoluta di pericolosità sociale del richiedente, che deve essere, invece, accertata in concreto e all'attualità , in applicazione del principio di ordine generale e sistematico, anche di fonte unionale, secondo cui nella disciplina dell'immigrazione, a fronte dell'esercizio di diritti umani fondamentali e di rilievo costituzionale, si impone un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra gli interessi coinvolti , da effettuarsi secondo i criteri individuati dal diritto vivente Corte EDU, sezione quarta, 27-9-2022 Corte Cost. numero 88/2023 . Ma procediamo con ordine. Il diniego al rinnovo della protezione internazionale era stato determinato dall' asserita pericolosità sociale del richiedente in virtù di sentenza di condanna non ancora passata in giudicato. Ad avviso del ricorrente, la condanna inflitta non comporta automaticamente il diniego del rinnovo della protezione umanitaria, occorrendo invece una valutazione in concreto della pericolosità del richiedente e di altre circostanze, quali la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale e l'esposizione, in caso di rimpatrio, al rischio di gravi violazioni dei diritti umani . Peraltro, il rimpatrio del richiedente nel Paese d'origine avrebbe certamente peggiorato i suoi propri problemi di salute ampiamente documentati in atti , non potendo ricevere in Gambia le stesse cure mediche presenti in Italia. Il ricorso è fondato. Il ragionamento logico giuridico esposto dal richiedente è condivisibile alla luce della giurisprudenza più recente. A tale proposito la Corte richiama un precedente delle Sezioni Unite secondo il quale, la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo , che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall' articolo 2 Cost. e dall'articolo 3 CEDU Cass. civ., Sez. Unite, numero 1390/2022 . Ne discende che la protezione umanitaria è una forma di attuazione del diritto d'asilo costituzionale , e pertanto l'ingerenza statuale, in termini limitativi del suddetto diritto, deve ritenersi consentita solo nel rispetto di requisiti precisi , proporzionati e rigorosi , in linea con l'evoluzione del diritto vivente e, in particolare, con i principi espressi sul tema, oltre che da questa Corte, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Strasburgo . Sulla scia del citato orientamento, la Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona , violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali , cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell' id quod plerumque accidit ” Corte Cost., numero 253/2019 , Corte Cost., numero 268/2016 . La Consulta fa dunque riferimento al concetto di conveniente bilanciamento tra le ragioni che giustificano le misure di volta in volta prescelta dal legislatore, tra le quali, segnatamente, la commissione di reati da parte dello straniero , e le confliggenti ragioni di tutela del diritto dell'interessato, fondato sull'articolo 8 CEDU , a non essere sradicato dal luogo in cui intrattenga la parte più significativa dei propri rapporti sociali, lavorativi, familiari, affettivi Corte Cost., numero 217/2021 . Sebbene dunque il legislatore abbia un' ampia discrezionalità nella regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno di uno straniero nel territorio nazionale, tale discrezionalità che non è assoluta , dovendo rispecchiare un ragionevole e proporzionato bilanciamento di tutti i diritti e gli interessi coinvolti, soprattutto quando la disciplina dell'immigrazione sia suscettibile di incidere sui diritti fondamentali, che la Costituzione protegge egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino Corte Cost., numero 202/2013 numero 172/2012 Corte Cost., numero 88/2023 . Alla luce del tessuto argomentativo sin qui delineato, e alla luce del nuovo principio di diritto sopra enunciato, la Corte cassa il ricorso con rinvio alla Corte d'appello in diversa composizione.

Presidente Acierno Relatore Parise Fatti di causa 1. Con sentenza del 13 novembre 2019, la Corte d'appello di Ancona rigettava il gravame interposto da J.M.L. , cittadino del Gambia, avverso l'ordinanza emessa il 4 marzo 2019 dal Tribunale di Ancona, che aveva rigettato l'opposizione proposta dall'appellante contro il provvedimento del 27 aprile 2018, con cui la Commissione territoriale per il riconoscimento della protezione internazionale gli aveva negato il rinnovo della protezione umanitaria. 2. Avverso il suddetto provvedimento, il ricorrente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, nei confronti del Ministero dell'Interno, che si è costituito tardivamente, al solo fine dell'eventuale partecipazione all'udienza di discussione. 3. All'esito dell'ordinanza interlocutoria di questa Corte n. 31624/2022, il ricorso è stato fissato per la trattazione in pubblica udienza. La Procura Generale ha concluso chiedendo accogliersi i primi due motivi di ricorso, assorbito il terzo. Ragioni della decisione 4. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e/o la falsa applicazione degli artt. 4, comma 3, e 5, commi quinto e 5-bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 e dell' art. 12 del D.Lgs. n. 19 novembre 2007, n. 251 , nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, censurando la sentenza impugnata per aver ritenuto ostativa al rinnovo della protezione umanitaria la pericolosità sociale di esso ricorrente, la cui valutazione è rimessa al Questore in sede di rilascio del permesso di soggiorno, senza considerare che, in presenza dei presupposti di fatto prescritti dalla legge, il riconoscimento della protezione costituisce un diritto soggettivo del richiedente. Ad avviso del ricorrente, la condanna per i reati di cui all'art. 4, comma 3, cit. non comporta automaticamente il diniego del rinnovo della protezione umanitaria, occorrendo invece una valutazione in concreto della pericolosità del richiedente e di altre circostanze, quali la durata del suo soggiorno nel territorio nazionale e l'esposizione, in caso di rimpatrio, al rischio di gravi violazioni dei diritti umani. Deduce che l'esclusione del suddetto automatismo trova peraltro conferma nell'omessa menzione dell' art. 73, comma 5, del D.P.R. n. 309 del 1990 sia tra le ipotesi di diniego dello status di rifugiato previste dall' art. 12 del D.Lgs. n. 251 del 2007 nel testo, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, anteriore alle modifiche introdotte dal d. l. 4 ottobre 2018, n. 113 , sia tra le cause ostative al rilascio del permesso di soggiorno previste dall' art. 5, comma 5-bis, del D.Lgs. n. 286 del 1998 . 5. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione di legge, nonché l'omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, per avere la Corte d'appello omesso di procedere ad una valutazione della pericolosità sociale, fondata su un esame concreto ed attuale della personalità del richiedente, essendosi limitata a richiamare la condanna penale da lui riportata, non ancora passata in giudicato. 6. Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione e/o la falsa applicazione dell' art. 5, comma 6, del D.Lgs. n. 286 del 1998 , rilevando che, nell'escludere la sussistenza di condizioni di vulnerabilità soggettiva, la Corte d'appello non ha considerato che la stessa Commissione territoriale aveva riconosciuto il diritto di esso ricorrente a trattenersi nel territorio nazionale, avendo sollecitato il Questore al rilascio di un permesso di soggiorno per cure mediche, in considerazione del suo stato di salute. Detto stato, che aveva giustificato il riconoscimento della protezione umanitaria, trovava conferma, secondo il ricorrente, nella documentazione medica prodotta, la quale attestava anzi il peggioramento delle sue condizioni psichiche, incompatibile con il rientro nel Paese di origine, dove egli non ha più legami familiari e non potrebbe comunque ricevere le cure necessarie. 7. I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente per la loro connessione, sono fondati. 7.1. La questione posta dai suddetti mezzi ed illustrata nella citata ordinanza interlocutoria riguarda l'efficacia ostativa automatica delle condanne riportate dal richiedente per i reati previsti dall' art. 4, comma 3, del D.Lgs. n. 286 del 1998 , ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, e l'ambito della discrezionalità spettante al questore nella relativa valutazione, nonché l'oggetto dell'apprezzamento rimesso al giudice in sede d'impugnazione del provvedimento di diniego. Si tratta, in altre parole, di stabilire, alla stregua di quanto dettato dal combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del D.Lgs. n. 286 del 1998 il permesso di soggiorno o il suo rinnovo sono rifiutati quando mancano o vengono a mancare i requisiti richiesti per l'ingresso ed il soggiorno nel territorio dello Stato, e sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio e che non si tratti di irregolarità amministrative sanabili , se, in ipotesi di condanna per reato ostativo, operi un automatismo valutativo, nel senso che ricorra una presunzione assoluta di pericolosità sociale, oppure possa esserci un margine di discrezionalità e debba anche in questa ipotesi, oltre che in quella specificamente prevista dal legislatore in tema di rinnovo di permesso di soggiorno per motivi familiari, risolta dal legislatore mediante l'art. 2, comma 1, lett. b , nn. 1 e 2, del D.Lgs. n. 8 gennaio 2007, n. 5 , che ha modificato l'art. 5 del D.Lgs. n. 286 del 2008, formularsi un giudizio in concreto in ordine alla pericolosità sociale del richiedente, da condursi sulla base di elementi di fatto aggiornati al tempo della decisione. 7.2. Lo scrutinio deve prendere le mosse dalla qualificazione giuridica del diritto azionato, poiché è dirimente ai fini dell'individuazione dell'ambito di tutela che deve essere garantita nella fattispecie di cui trattasi. Le Sezioni Unite di questa Corte, nell'affermare, in tema di riparto di giurisdizione, che la controversia avente ad oggetto una domanda di rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, hanno ribadito che la situazione giuridica soggettiva dello straniero ha natura di diritto soggettivo, che va annoverato tra i diritti umani fondamentali che godono della protezione apprestata dall' art. 2 Cost. e dall'art. 3 CEDU da ultimo Cass. S.U. n. 1390/2022 . Dalla suddetta qualificazione, che si impone anche perché la protezione umanitaria è una forma di attuazione del diritto d'asilo costituzionale, discende che l'ingerenza statuale, in termini limitativi del suddetto diritto, deve ritenersi consentita solo nel rispetto di requisiti precisi, proporzionati e rigorosi, in linea con l'evoluzione del diritto vivente e, in particolare, con i principi espressi sul tema, oltre che da questa Corte, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte di Strasburgo. 7.3. Nello specifico, La Corte Costituzionale ha ripetutamente affermato che le presunzioni assolute, specie quando limitano un diritto fondamentale della persona, violano il principio di eguaglianza, se sono arbitrarie e irrazionali, cioè se non rispondono a dati di esperienza generalizzati, riassunti nella formula dell' id quod plerumque accidit tra le tante Corte Cost. n. 253/2019 , n. 268/2016 n. 213/2013 , sussistendo l'irragionevolezza della presunzione assoluta tutte le volte in cui sia agevole formulare ipotesi di accadimenti reali contrari alla generalizzazione posta a base della presunzione stessa. Il Giudice delle Leggi ha altresì chiarito che, in presenza di una questione concernente il bilanciamento tra due diritti, il giudizio di ragionevolezza sulle scelte legislative si avvale del test di proporzionalità, che richiede di valutare se la norma oggetto di scrutinio, con la misura e le modalità di applicazione stabilite, sia necessaria e idonea al conseguimento di obiettivi legittimamente perseguiti, in quanto, tra più misure appropriate, prescriva quella meno restrittiva dei diritti a confronto e stabilisca oneri non sproporzionati rispetto al perseguimento di detti obiettivi tra le tante Corte Cost. n. 260/2021 . Di conseguenza, ove si tratti di norme che comportino l'allontanamento dal territorio nazionale di uno straniero, come nella specie, è necessario un conveniente bilanciamento tra le ragioni che giustificano la misura di volta in volta prescelta dal legislatore, tra le quali, segnatamente, la commissione di reati da parte dello straniero, e le confliggenti ragioni di tutela del diritto dell'interessato, fondato appunto sull'art. 8 CEDU , a non essere sradicato dal luogo in cui intrattenga la parte più significativa dei propri rapporti sociali, lavorativi, familiari, affettivi Corte Cost. n. 217/2021 , di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia UE . La Corte Costituzionale ha, pertanto, ripetutamente precisato che, sebbene il legislatore abbia un'ampia discrezionalità nella regolamentazione dell'ingresso e del soggiorno di uno straniero nel territorio nazionale, si tratta di una discrezionalità che non è assoluta, dovendo rispecchiare un ragionevole e proporzionato bilanciamento di tutti i diritti e gli interessi coinvolti, soprattutto quando la disciplina dell'immigrazione sia suscettibile di incidere sui diritti fondamentali, che la Costituzione protegge egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino tra le tante Corte Cost. n. 202/2013 n. 172/2012 n. 245/2011 così, da ultimo anche Corte Cost. n. 88/2023 . 7.4. I medesimi principi sono stati affermati dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo, avendo, in particolare, la Corte EDU, con la sentenza della grande camera, 18 ottobre 2006, Üner contro Olanda, e con la successiva, più recente, della quarta sezione, 27 settembre 2022, Otite contro Regno Unito, specificamente individuato i criteri che consentono di valutare se la misura dell'allontanamento di uno straniero possa considerarsi necessaria , in una società democratica, e proporzionata allo scopo legittimo perseguito, così escludendo ogni automatismo che, invece, si determinerebbe per effetto dell'operatività di presunzioni assolute cfr. anche Dalia contro Francia, sentenza 19 febbraio 1998 Maslov contro Austria, sentenza 23 giugno 2008 sui limiti all'ampia discrezionalità del legislatore . 7.5. In un'ottica del tutto coerente, d'altronde, si collocano le previsioni della Direttiva 2008/115/CE cd. Direttiva Rimpatri , le cui finalità sono, tra le altre, non solo l'istituzione di un'efficace politica in materia di allontanamento e rimpatrio basata su norme comuni affinché le persone siano rimpatriate in maniera umana e nel pieno rispetto dei loro diritti fondamentali e della loro dignità considerando n. 3 , ma anche e soprattutto l'adozione di una procedura equa e trasparente con decisioni adottate caso per caso non limitandosi a prendere in considerazione il semplice fatto del soggiorno irregolare considerando n. 6 . 7.6. In linea con le suddette coordinate, anche ermeneutiche, si pone, altresì, la costante giurisprudenza di questa Corte in tema di espulsione, laddove la valutazione caso per caso costituisce principio fondante, anche in osservanza della disciplina unionale di cui si è detto, sicché, per coerenza di sistema, non può obliterarsi il medesimo principio nell'individuare la regola di diritto da applicare nella fattispecie in esame. Infatti, l'automatismo del diniego di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno discendente dalle condanne previste dal citato art. 4, comma 3, del T.U. Immigrazione produrrebbe inevitabilmente anche l'effetto dell'automatismo espulsivo, secondo le previsioni dell'art. 13, comma 2 lett. b , del medesimo T.U., per il venir meno del titolo abilitativo alla permanenza dello straniero sul territorio nazionale, e ciò solo in forza di una presunzione assoluta di pericolosità, svincolata da qualsivoglia accertamento in concreto e all'attualità. Ora, stante l'imprescindibile collegamento tra i due effetti di cui si è detto, non può esservi spazio nell'ordinamento nazionale per l'automatismo del diniego del titolo di soggiorno se, invece, il sistema, secondo il diritto vivente, non tollera il medesimo automatismo nella fase successiva dell'espulsione amministrativa. La giurisprudenza di questa Corte, che il Collegio condivide, ha ripetutamente affermato che nel giudizio di opposizione al decreto di espulsione emesso dal Prefetto, così come in sede di convalida dell'accompagnamento alla frontiera, ai sensi dell' art. 13, comma 5 bis, del d. lgs. n. 286 del 1998 , e di convalida del decreto del questore di trattenimento dello straniero raggiunto da provvedimento di espulsione, il giudice è investito del potere di rilevare incidentalmente, ai fini della decisione di sua competenza, la manifesta illegittimità del provvedimento di espulsione, da individuare in base alla giurisprudenza della Corte di Strasburgo Cass. 12609/2014 e successive conformi . Altrettanto consolidato è l'orientamento di questa Corte secondo cui, in tema di valutazione della ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 13, comma 2, lett. c , del d. lgs. n. 286 del 1998, la valutazione della sussistenza del requisito della pericolosità sociale dello straniero va effettuata in concreto ed all'attualità, tenendo conto dell'esame complessivo della sua personalità, desunta dalla condotta di vita e dalle manifestazioni sociali nelle quali quest'ultima si articola, senza limitarsi ad una mera valutazione dei precedenti penali Cass. n. 23423/2022 Cass. n. 24084/2015 . Infine, con una recente pronuncia di questa Corte ordinanza n. 26612/2022, richiamata anche dalla Procura Generale, in una fattispecie in cui, invero, non era posta in discussione la questione di diritto ora in scrutinio è stato affermato che in tema di protezione umanitaria, la sentenza di condanna con patteggiamento non può ritenersi ostativa al riconoscimento di una condizione di vulnerabilità, in mancanza di altri fatti che siano espressivi di una personalità proclive a delinquere del richiedente, tenuto conto delle finalità di tale forma di protezione e della funzione rieducativa della pena sancita dall' art. 27, comma 3, Cost. , restando così, in ogni caso, ribadito il principio fondante della necessità di una valutazione caso per caso e all'attualità. 7.7. Sotto il profilo esegetico, può aggiungersi, come pure evidenziato dalla Procura Generale, che l'inciso sempre che non siano sopraggiunti nuovi elementi che ne consentano il rilascio contenuto nell'art. 5, comma 5, citato, interpretato alla stregua di quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite di questa Corte, con la sentenza n. 24413/2021 punto 42 della motivazione circa la necessaria considerazione della dimensione costituzionale nazionale del diritto alla protezione umanitaria , rafforza l'opzione ermeneutica che nega l'automatismo ostativo e impone la valutazione in concreto e all'attualità, ribadita la preliminare e dirimente considerazione che si tratta di norme incidenti sui diritti fondamentali, tutelati dalla Costituzione egualmente nei confronti del cittadino e del non cittadino. 7.8. Resta da aggiungere che il richiamo contenuto nella sentenza impugnata alla giurisprudenza amministrativa in tema di presunzione legale assoluta di pericolosità e di effetto espulsivo automatico, ai sensi dell' art. 4, comma 3, T.U. Immigrazione , per un verso non è specificamente pertinente, in quanto le pronunce del Consiglio di Stato si riferiscono alla distinta ipotesi di domanda di annullamento del diniego di rilascio o di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi di lavoro, e per altro verso è, in ogni caso, errato, stante il sopravvenuto dictum della sentenza della Corte Costituzionale n. 88/2023, pubblicata l'8 maggio 2023 . Con detta sentenza è stata dichiarata l'illegittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 4, comma 3, e 5, comma 5, del D.Lgs. 25 luglio 1998, n. 286 T. U. Immigrazione , nella parte in cui ricom prende, tra le ipotesi di condanna automaticamente ostative al rinnovo del permesso di soggiorno per lavoro, anche quelle, pur non definitive, per il reato di cui all' art. 73, comma 5, del D.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 T. u. delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza e quelle definitive per il reato di cui all' art. 474, comma 2, del codice penale , senza prevedere che l'autorità competente verifichi in concreto la pericolosità sociale del richiedente . 8. La recentissima pronuncia del Giudice delle Leggi, sebbene concernente la distinta fattispecie del rinnovo del permesso per lavoro, offre autorevolissimo avallo alla ricostruzione illustrata nei paragrafi che precedono e al ragionamento decisorio fin qui condotto, poiché, alla stregua dell'evoluzione della giurisprudenza costituzionale e convenzionale in tema di proporzionalità, statuisce anche il superamento delle conclusioni cui la medesima Corte era pervenuta con la precedente sentenza n. 148 del 2008. In definitiva, dunque, dalla normativa nazionale e unionale, ma anche dal diritto vivente, espresso con gli orientamenti giurisprudenziali di cui si è dato conto, in necessaria correlazione con la qualificazione giuridica dei diritti coinvolti più volte rimarcata, è dato trarre un principio di ordine generale e sistematico che deve trovare applicazione anche nella fattispecie in esame e che impone una tutela rafforzata dello statuto del soggetto extracomunitario, non compatibile con il meccanismo delle presunzioni assolute e generalizzate in tema di pericolosità sociale. 9. La Corte ritiene di dover enunciare il seguente principio di diritto ex art. 384 c.p.c. In tema di rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari, nel regime anteriore all'entrata in vigore del D.L.n. 113/2018 , conv. in l. n. 132/2018 , in ipotesi di condanna del cittadino straniero, privo di legami familiari, per i reati previsti dall' art. 4, comma 3, d. lgs.n. 286/1998 non opera alcun automatismo ostativo al rilascio del rinnovo del permesso di soggiorno per motivi umanitari e non ricorre la presunzione assoluta di pericolosità sociale del richiedente, che deve essere, invece, accertata in concreto e all'attualità, in applicazione del principio di ordine generale e sistematico, anche di fonte unionale, secondo cui nella disciplina dell'immigrazione, a fronte dell'esercizio di diritti umani fondamentali e di rilievo costituzionale, si impone un ragionevole e proporzionato bilanciamento tra gli interessi coinvolti, da effettuarsi secondo i criteri individuati dal diritto vivente tra le altre, da ultimo Corte EDU, sezione quarta, 27-9-2022 Corte Cost. n. 88/2023 . 10. In conclusione, i primi due motivi di ricorso vanno accolti, restando assorbito il terzo, la sentenza impugnata va cassata e la causa va rinviata alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, affinché, alla stregua del principio esposto, riesamini il merito della controversia e provveda anche in ordine alle spese del giudizio di legittimità. Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del D.Lgs. n. 30 giugno 2003 n. 196, art. 52 . P.Q.M. La Corte accoglie i primi due motivi di ricorso, dichiarato assorbito il terzo cassa la sentenza impugnata nei limiti dei motivi accolti e rinvia la causa alla Corte d'appello di Ancona, in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese di lite del giudizio di legittimità.