Il diritto alla mensa (od ai buoni pasto) spetta anche ai turnisti

Il diritto alla mensa deve essere riconosciuto a tutti i dipendenti anche ai turnisti che effettuano un orario di lavoro talmente gravoso orario lavorativo giornaliero eccedente le 6 ore e ciò al fine di garantire loro il diritto alla pausa oltre che il diritto alla mensa, essendo pienamente compatibile la pausa per il recupero psicofisico con la consumazione del pasto.

È Il datore CHE stabilisce in quale momento della giornata il dipendente può fare la pausa pranzo, in base all'organizzazione del lavoro. l' impossibilità di usufruire della mensa , per la particolare strutturazione dell'orario di lavoro e per l'esigenza di continuità della prestazione lavorativa effettuata dal personale turnista, non fa decadere il diritto di detto personale alla mensa, ma, al contrario, fa sorgere in capo allo stesso il diritto alla mensa con modalità sostitutive il diritto ai buoni pasto . È quanto stabilito dal Tribunale di Messina con la sentenza n. 1485/2023 relativa alla controversia tra un lavoratore turnista e l'azienda sanitaria locale. il ricorrente eccepiva che, lavorando su turni superiori alle 6 ore giornaliere, aveva diritto ai buoni pasto e chiedeva di essere indennizzato per i buoni non usufruiti per la cifra di oltre 2mila e 500 euro . A chi spetta il diritto alla mensa? Il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale , collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore neretto,nda , sì che è strettamente connesso alle norme del CCNL. Dagli artt. articolo 29 CCNL integrativo del 20/09/2001 come modificato da articolo 4 CCNL del 31/07/2009 e 27 CCNL 2016/2018 il diritto di mensa e di pausa sono due istituiti diversi anche se svolgono medesime funzioni di tutela della salute del dipendente. Tutti i lavoratori hanno diritto alla mensa , che qualora non fosse stata istituita dal datore o non fosse possibile accedervi per vari motivi indicati in epigrafe, questo onere deve essere assolto in forme sostitutive come i buoni pasto. Orbene da queste norme si evince che i dipendenti che lavorano per oltre 6 ore al giorno hanno diritto ad una pausa di 30 minuti per consumare i loro pasti questa pausa non può essere usufruita dai turnisti in quanto non possono interrompere il loro turno di lavoro. È però loro riconosciuto il diritto di mensa od al buono pasto sostitutivo dato che la pausa è esclusa espressamente dal richiamato articolo 27. Si fa presente che la prassi sia di merito che di legittimità recente e costante è ormai orientata a riconoscere il diritto di mensa anche ai turnisti Cass. 22985/2020 , Trib. Messina sez. lav. 614/2023 e Trib. Roma 16416/2018 in cui si afferma che il datore può invocare motivi economici solo per non istituire una mensa aziendale , ma non può rifiutarsi di corrispondere buoni pasto od indennità sostitutive . La mensa è una pausa giornaliera Questa prassi rileva una stretta connessione tra i CCNL e l' articolo 8 d.lgs. n. 66/2003 sull'orario di lavoro. In particolar modo la richiamata sentenza del Tribunale di Roma dice che in assenza di una specifica regolamentazione sul punto ad opera della contrattazione collettiva il nuovo CCNL del comparto sanità del 2018 si limita a ribadire quanto espresso dal Dlgs 66/03 la nozione di particolare articolazione dell'orario va riferita a tutte le attività lavorative prestate, in tutto o in parte, in fasce orarie normalmente dedicate alla consumazione dei pasti , vuoi per via di un orario di servizio spezzettato, vuoi per un orario di lavoro prolungato oltre a quello normale, vuoi infine per la effettuazione di turni, appare del tutto logico ed evidente neretto,nda . La Cass. n. 5547/2021 sancisce che il combinato tra CCNL e articolo 8 d.lgs. n. 66/2003 afferma appunto, che nel comparto sanità il diritto alla mensa s'identifica col diritto alla pausa giornaliera e quindi con l'orario giornaliero superiore a sei ore. La circolare del Ministero della sanità n. 8/2005 dispone che i periodi di pausa, stante la definizione di orario di lavoro, non vanno computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata. I periodi di pausa non sono retribuiti, salvo diverse disposizioni dei contratti collettivi” neretto,nda . Atteso che nella peculiare fattispecie si deve conciliare il diritto dei turnisti a consumare il pasto e la necessità di non lasciare i pazienti senza assistenza, stante il fatto che il servizio mensa non è erogato nei turni serali/notturni, il datore, avendo l'onere di provvedere a soluzioni alternative alla mensa , deve erogare buoni pasto con cui il lavoratore o può recarsi in un ristorante dopo il lavoro od acquistare un cestino-pasto da consumare nei tempi di attesa. Sono state perciò accolte le richieste del ricorrente.

Giudice del lavoro Motivi in fatto ed in diritto della decisione Con ricorso depositato il omissis , omissis esponeva - di essere dipendente dell' omissis di omissis - presso il P.O. San Vincenzo” di omissis con la qualifica di omissis - omissis - di aver prestato attività lavorativa con orario diversificato e attestato dai fogli di rilevazione presenza mensile - con pec del omissis aveva chiesto all' omissis il riconoscimento del diritto alla erogazione dei buoni pasto per ogni turno di lavoro eccedente le sei ore, nonché, per il periodo pregresso, nei limiti della prescrizione, ma tale richiesta era rimasta senza riscontro. Invocava l'articolo 29 CCNL del personale comparto sanità del omissis , come modificato dall'articolo 4 del CCNL del omissis , l'articolo 27, comma 4, del omissis 2016 - 2018 che richiamava espressamente il citato articolo 29 del omissis integrativo del omissis , nonché l' articolo 8 del d.lgs. numero 66/2003 , di attuazione della direttiva numero 93/104/CE . Richiamava precedenti giurisprudenziali a sostegno della propria posizione. Chiedeva, pertanto, che venisse ritenuta e dichiarata la sussistenza del diritto di esercizio del servizio mensa o del servizio con modalità sostitutive, riconoscendolo a tutti i dipendenti in conformità dell'articolo 29 omissis del 20/09/2001, così come integrato e modificato dall'articolo 4 del omissis del omissis in combinato disposto dell' articolo 8 D.lgs. numero 66/2003 , con cui era stata data piena attuazione alla direttiva numero 93/104/CE e che, per l'effetto, venisse ritenuto e dichiarato il diritto di egli ricorrente, quale dipendente dell' omissis resistente, alla fruizione dei buoni pasto, quale modalità sostitutiva del servizio mensa, adottata dall'ASP di omissis per ogni turno lavorativo eccedente le 6 ore. Chiedeva, altresì, che venisse ritenuto e dichiarato il suo diritto al risarcimento del danno corrispondente al valore dei buoni pasto, non erogati, per il periodo pregresso dal omissis a omissis , quantificato nella misura di omissis e che, per l'effetto, l' omissis di omissis in persona del legale rappresentante protempore, venisse condannata a pagare in favore di egli ricorrente la complessiva somma di omissis oltre rivalutazione monetaria ed interessi legali, dalla data di maturazione dei singoli crediti fino all'effettivo soddisfo, con vittoria di spese e compensi del giudizio. L' omissis di omissis costituendosi in giudizio, contestava la fondatezza del ricorso. Rilevava che il personale turnista per specifica organizzazione aziendale non può sospendere l'attività lavorativa e, pertanto, il personale in turno è escluso dal beneficio del diritto al buono pasto, in quanto, lavorando in regime di lavoro continuativo non soggetto a sospensione, non può fruire della pausa che sola consentirebbe di consumare il pasto e ciò sia a seguito della istituzione del servizio mensa sia tramite sostitutivo. Osservava che, poiché il pasto deve essere consumato durante la pausa, e non può essere consumato durante l'orario di lavoro, per espressa previsione legislativa, il personale turnista non può beneficiare della pausa/mensa, seppure per recuperare le energie psicofisiche che giustificano la pausa beneficerà di altri diritti per espressa previsione del D Lgs 66/2003. Chiedeva, pertanto, il rigetto del ricorso. In via gradata, chiedeva di riconoscere la domanda con effetto dal momento della richiesta formale. Instava per le spese di lite. L'udienza del omissis veniva sostituita ai sensi dell' articolo 127 ter c.p.c. dal deposito di note scritte e, in esito al deposito di note, la causa viene decisa. Nel merito la causa viene decisa sulla base dell'orientamento di questo Tribunale che si richiama ai sensi dell' articolo 118 disp. att. c.p.c. v. Trib. omissis sez. lav., numero 791/2022, omissis omissis sez. lavoro numero 614/2023 . Al fine di valutare la fondatezza della pretesa attorea, giova premettere un breve riferimento alla normativa applicabile al caso di specie. Sul punto, per consolidata giurisprudenza della Suprema Corte, il diritto alla fruizione del buono pasto non ha natura retributiva ma costituisce una erogazione di carattere assistenziale, collegata al rapporto di lavoro da un nesso meramente occasionale, avente il fine di conciliare le esigenze di servizio con le esigenze quotidiane del lavoratore cfr., ex multis, Cass. 28/11/2019 numero omissis proprio per la suindicata natura il diritto al buono pasto è strettamente collegato alle disposizioni della contrattazione collettiva che lo prevedono v., da ultimo, Cass. 01/03/2021 numero 5547 id., 21/10/2020 numero 22985 . Ciò premesso, si rileva che il diritto alla mensa per i dipendenti del comparto sanità trova la sua fonte normativa nell'articolo 29 del omissis 20/9/2001, integrativo del omissis 7/4/1999 e modificato dall'articolo 4 del omissis del 31/7/2009, il quale afferma che le aziende, in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili, possono istituire mense di servizio o, in alternativa, garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. In ogni caso l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del omissis nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori. Hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, ivi compresi quelli che prestano la propria attività in posizione di comando, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare organizzazione dell'orario. Il pasto va consumato al di fuori dell'orario di lavoro. Il tempo impiegato per il consumo del pasto è rilevato con i normali mezzi di controllo dell'orario e non deve essere superiore a 30 minuti. Le Regioni, sulla base di rilevazioni relative al costo della vita nei diversi ambiti regionali e al contesto socio-sanitario di riferimento, possono fornire alle aziende indicazioni in merito alla valorizzazione - nel quadro delle risorse disponibili - dei servizi di mensa nel rispetto della partecipazione economica del dipendente finora prevista. Nel caso di erogazione dell'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive, queste ultime non possono comunque avere un valore economico inferiore a quello in atto ed il dipendente è tenuto a contribuire nella misura di un quinto del costo unitario del pasto. Il pasto non è monetizzabile. Sono disapplicati gli artt. 33 del DPR 270/1987 e 68, comma 2, del DPR 384/1990 ”. Si rileva che il diritto alla mensa per i dipendenti del comparto sanità è regolato adesso dal omissis omissis 2016-2018, parimenti invocato dal ricorrente, secondo cui 4. Qualora la prestazione di lavoro giornaliera ecceda le sei ore, il personale, purché non in turno, ha diritto a beneficiare di una pausa di almeno 30 minuti al fine del recupero delle energie psicofisiche e della eventuale consumazione del pasto, secondo la disciplina di cui all'articolo 29 del omissis integrativo del 20/9/2001 e all'articolo 4 del omissis del 31/7/2009 omissis . La disciplina contrattuale, dunque, delega alla singola omissis solo l'organizzazione e la gestione del servizio mensa o delle modalità sostitutive dello stesso servizio, mentre detta i criteri e le regole per l'attribuzione del diritto di mensa o alle modalità sostitutive al dipendente. Procedendo all'interpretazione delle richiamate disposizioni, nell'articolo 29 intitolato Mensa” la prima notazione attiene all'utilizzo, nel primo comma, del verbo possono” che crea non pochi problemi interpretativi. Se, da un lato, è possibile interpretare la disposizione in esame come attributiva di una facoltà alle singole omissis di poter o meno istituire mense di servizio in relazione al proprio assetto organizzativo e compatibilmente con le risorse disponibili , sembra doversi accertare il carattere di doverosità della garanzia dell'esercizio del diritto di mensa almeno con modalità sostitutive. L'istituzione di una mensa di servizio può, certamente, creare problemi di tipo economico ed organizzativo e per questo motivo rimane una libera scelta delle singole omissis Non si può, tuttavia, riconoscere una discrezionalità in tal senso anche nell'erogazione del diritto di mensa con modalità sostitutive fosse anche questo inciso una mera facoltà delle omissis non si spiegherebbe il secondo comma della norma che individua un diritto alla mensa per tutti i dipendenti, con i limiti contenuti nello stesso secondo comma. Per di più, l'inciso aggiunto nel 2008 In ogni caso l'organizzazione e la gestione dei suddetti servizi, rientrano nell'autonomia gestionale delle aziende, mentre resta ferma la competenza del omissis nella definizione delle regole in merito alla fruibilità e all'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori disconosce la discrezionalità delle aziende nella definizione di regole in merito alla fruibilità e l'esercizio del diritto di mensa da parte dei lavoratori, individuando una competenza esclusiva del omissis Il secondo comma dell'articolo 29 precisa che hanno diritto alla mensa tutti i dipendenti, nei giorni di effettiva presenza al lavoro, in relazione alla particolare articolazione dell'orario”. L'articolazione dell'orario di lavoro è disciplinata dall'articolo 26 del omissis 7/4/1999 comparto omissis che prevede, per quel che qui interessa 1. L'orario di lavoro è di 36 ore settimanali ed è funzionale all'orario di servizio e di apertura al pubblico. I criteri delle politiche dell'orario di lavoro, nell'ambito di quanto previsto dal presente articolo, sono definiti con le procedure previste dall'articolo 4, comma 2 punto omissis 2. L'orario di lavoro viene determinato sulla base dei seguenti criteri - ottimizzazione delle risorse umane - miglioramento della qualità della prestazione - ampliamento della fruibilità dei servizi in favore dell'utenza particolarmente finalizzato all'eliminazione delle liste di attesa - miglioramento dei rapporti funzionali con altre strutture, servizi ed altre amministrazioni pubbliche - erogazione dei servizi sanitari ed amministrativi nelle ore pomeridiane per le esigenze dell'utenza. 3. La distribuzione dell'orario di lavoro è improntata ai seguenti criteri di flessibilità, tenuto conto che diversi sistemi di articolazione dell'orario di lavoro possono anche coesistere a utilizzazione in maniera programmata di tutti gli istituti che rendano concreta una gestione flessibile dell'organizzazione del lavoro e dei servizi, in funzione di un'organica distribuzione dei carichi di lavoro b orario continuato ed articolato in turni laddove le esigenze del servizio richiedano la presenza del personale nell'arco delle dodici o ventiquattro ore c orario di lavoro articolato, al di fuori della lettera b , con il ricorso alla programmazione di calendari di lavoro plurisettimanali ed annuali con orari inferiori alle 36 ore settimanali. In tal caso, nel rispetto del monte ore annuale, potranno essere previsti periodi con orari di lavoro settimanale, fino ad un minimo di 28 ore e, corrispettivamente, periodi fino a tre mesi all'anno, con orario di lavoro settimanale fino ad un massimo di 44 ore settimanali d assicurazione, in caso di adozione di un sistema di orario flessibile, della presenza in servizio di tutto il personale necessario in determinate fasce orarie al fine di soddisfare in maniera ottimale le esigenze dell'utenza e la previsione, nel caso di lavoro articolato in turni continuativi sulle 24 ore, di adeguati periodi di riposo tra i turni per consentire il recupero psico - fisico una durata della prestazione non superiore alle dodici ore continuative a qualsiasi titolo prestate, laddove l'attuale articolazione del turno fosse superiore. f priorità nell'impiego flessibile, purché compatibile con la organizzazione del lavoro delle strutture, per i dipendenti in situazione di svantaggio personale, sociale e familiare e dei dipendenti impegnati in attività di volontariato ai sensi della legge omissis , numero 266. g tendenziale riallineamento dell'orario reale con quello contrattuale […]”. Si individuano, all'interno del comparto omissis orari di lavoro flessibili che possono consistere in turni eccedenti il normale orario di lavoro laddove le esigenze del servizio richiedano la presenza del personale nell'arco delle dodici o ventiquattro ore. E l'esclusione del personale in turno, operata dal comma quarto dell'articolo 27 del omissis 2016- 2018, attiene solo alla circostanza della fruibilità di una pausa di 30 minuti all'interno dell'orario di lavoro per la consumazione del pasto ma non toglie che vi sia il diritto del lavoratore alle modalità sostitutive della pausa non fruita, qualora l'articolazione dell'orario di lavoro sia incompatibile. Appare, quindi, necessario accertare come la particolare articolazione dell'orario di lavoro incida sull'attribuzione del diritto di mensa. La mancanza di specificità della norma fa sorgere l'esigenza di una lettura sistematica della stessa, correlata ad altre previsioni in materia, applicabili al lavoro pubblico. In altri comparti come quello delle forze di pubblica sicurezza o dei ferrovieri i CC.CC.NN.LL. contengono norme specifiche, per ogni tipologia di lavoratore, che individuano in ogni situazione quando e come deve essere attribuito il diritto di mensa. Nel caso del comparto omissis gli unici riferimenti contenuti nel omissis sono le espressioni omissis diritto alla mensa tutti i dipendenti […] in relazione alla particolare articolazione dell'orario di lavoro”. Non sembra potersi richiamare a supporto una contrattazione collettiva integrativa aziendale che, peraltro, nel caso di specie si presuppone assente in mancanza di produzione documentale dalle parti processuali . Non è, ulteriormente, possibile richiamare la circolare dell' omissis della omissis del omissis sulle mense aziendali perché facente riferimento alla disciplina contenuta nell' articolo 33 D.P.R. numero 270/1987 che, per quanto simile all'articolo 29 omissis del 2001, è dallo stesso esplicitamente disapplicato. Inoltre, essendo per l'appunto il omissis in oggetto successivo alla circolare in questione oltre che alla norma da tale circolare analizzata, risulta più opportuno interpretare l'articolo 29 alla luce di principi più attuali derivanti dall'analisi del panorama legislativo in materia di pause e buoni pasto. In riferimento al più generale diritto alla pausa, l'articolo 8 del D.lgs. numero 66/2003 richiamato anche dal ricorrente attribuisce un diritto alla pausa al lavoratore omissis l'orario di lavoro giornaliero ecceda il limite di sei ore il lavoratore deve beneficiare di un intervallo per pausa, le cui modalità e la cui durata sono stabilite dai contratti collettivi di lavoro, ai fini del recupero delle energie psico-fisiche e della eventuale consumazione del pasto anche al fine di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo. Nelle ipotesi di cui al comma 1, in difetto di disciplina collettiva che preveda un intervallo a qualsivoglia titolo attribuito, al lavoratore deve essere concessa una pausa, anche sul posto di lavoro, tra l'inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro, di durata non inferiore a dieci minuti e la cui collocazione deve tener conto delle esigenze tecniche del processo lavorativo. omissis diverse disposizioni dei contratti collettivi, rimangono non retribuiti o computati come lavoro ai fini del superamento dei limiti di durata i periodi di cui all' articolo 5 regio decreto 1923, numero 1955 , e successivi atti applicativi, e dell' articolo 4 del regio decreto 1923, numero 1956 , e successive integrazioni”. Il diritto alla pausa è, dunque, riconosciuto al lavoratore nel caso in cui l'orario ecceda le 6 ore per il recupero delle energie psico-fisiche e per l'eventuale consumazione del pasto. Dalla disposizione dell' articolo 8 D.lgs. numero 66/2003 non è previsto un esplicito riferimento al diritto alla mensa, essendo presente solo un fugace richiamo all'eventuale consumazione del pasto, che, tuttavia, fa presupporre la possibilità che il diritto alla pausa si possa identificare con il diritto alla consumazione del pasto e conseguenzialmente al diritto alla mensa. Quindi tale disposizione appare l'unica utilizzabile per l'interpretazione dell'articolo 29 omissis 2001 omissis del omissis 1999. Non risulta possibile, quindi, limitare, in assenza di specifiche definizioni contrattuali collettive nazionali e/o integrative, il diritto alla mensa richiedendo presupposti ulteriori quali, ad esempio, il compimento di turni lavorativi che partono dalla mattina e si prolungano il pomeriggio per l'effettuazione di turni o straordinari, come arbitrariamente sostenuto dall' omissis poiché, non essendo tali limiti specificatamente richiamati nel omissis di categoria non è possibile dedurre alcuna volontà delle parti di includere gli stessi nell'attribuzione del diritto di mensa. Questo diritto sembra, pertanto, da riconoscere a tutti i dipendenti che effettuano un orario di lavoro talmente gravoso e ciò al fine di garantire loro il diritto alla pausa e quindi a tutti i dipendenti che effettuano un orario lavorativo giornaliero eccedente le sei ore oltre che il diritto alla mensa, essendo pienamente compatibile la pausa per il recupero psicofisico con la consumazione del pasto. Fatte tali premesse di ordine generale, occorre focalizzare l'attenzione sulla specifica categoria dei turnisti. L'aggettivo eventuale” contenuto nell'articolo 8 del D.lgs. numero 66/2003 pare fare riferimento alle possibilità che l'articolazione dell'orario di lavoro non consenta un'interruzione adeguata per la consumazione del pasto per esigenze dell'azienda che non permettono uno stacco di almeno mezz'ora durante il quale l'eventuale posizione lavorativa occupata dal lavoratore risulterebbe scoperta. In particolare, come afferma la circolare numero 8 del 2005 del Ministero del lavoro in relazione all'articolo 8 del D.lgs. numero 66/2003 La determinazione del momento in cui godere della pausa è rimessa al datore di lavoro che la può individuare, tenuto conto delle esigenze tecniche dell'attività lavorativa, in qualsiasi momento della giornata lavorativa e non necessariamente successivamente al trascorrere delle 6 ore di lavoro”. Un'interpretazione simile è possibile anche per l'espressione in relazione alla particolare articolazione dell'orario di lavoro” presente nello stesso articolo 29 omissis 2001, individuando così le medesime ipotesi per le quali non sarebbe possibile interrompere la prestazione lavorativa per consumare il pasto circostanza che comunque non esclude il diritto alla mensa del singolo lavoratore ma che presuppone la necessità per il datore di lavoro di attivarsi per garantire l'esercizio del diritto di mensa con modalità sostitutive. Rimane fermo il diritto alla mensa del personale turnista in presenza di una prestazione lavorativa giornaliera che ecceda le sei ore, secondo i principi sopra esaminati. L'impossibilità di usufruire della mensa, per la particolare strutturazione dell'orario di lavoro e per l'esigenza di continuità della prestazione lavorativa effettuata dal personale turnista, non fa decadere il diritto di detto personale alla mensa, ma, al contrario, fa sorgere in capo allo stesso il diritto alla mensa con modalità sostitutive il diritto ai buoni pasto. Ancor meno problematica è la circostanza in cui la prestazione del personale turnista si inserisca all'interno di quelle fasce in cui comunemente avviene la consumazione del pasto e vi è, nelle medesime fasce orarie, l'apertura di un servizio aziendale di mensa. L'articolo 29 omissis integrativo del 2001 specifica che il diritto alla mensa o il diritto alle eventuali erogazioni dello stesso in modalità sostitutive sono subordinate all'effettiva presenza al lavoro. Con riferimento alla posizione dell'odierno ricorrente si osserva che il ricorrente afferma di lavorare secondo una turnazione, con turni anche eccedenti le sei ore. Tale assunto, oltre ad essere provato documentalmente, non è contestato specificatamente dall' omissis datrice di lavoro. Sembrano, così, rispettati i presupposti sopra individuati per la fruizione del diritto alla mensa nei turni della ricorrente cui ha effettuato una prestazione lavorativa eccedente le sei ore. Tenuto conto però delle esigenze dell' omissis e della peculiarità della prestazione lavorativa del ricorrente, lo stesso non potrebbe usufruire del servizio mensa - data la durata dei turni di lavoro e la necessità che i pazienti non rimangano senza assistenza o, addirittura, nel turno notturno, data la mancanza dell'erogazione di un servizio mensa serale. In tal caso, sembra possibile riconoscere il diritto ai buoni pasto, proprio in relazione all'impossibilità per il ricorrente di usufruire del servizio mensa poiché, con i buoni pasto, la ricorrente non potrebbe recarsi nei ristoranti della zona per utilizzare gli stessi durante il servizio, ma vi si potrebbe recare al termine dell'orario di lavoro o potrebbe acquistare un cestino - pasto da consumare nei momenti di attesa. In ordine al quantum debeatur, i turni di servizio prestati dal ricorrente nel periodo oggetto di causa sono comprovati dai fogli di presenza prodotti relativamente al periodo dal omissis al omissis e non specificatamente contestati. Il costo del pasto è quello stabilito dal omissis ossia omissis a carico del lavoratore e omissis carico del datore di lavoro, che sono i corrispettivi in omissis di quanto stabilito in lire dal DPR numero 270/1987 e dal DPR numero 384/1990 2000 lire il dipendente e 8000 lire l' omissis . Ne consegue che, tenuto conto della semplicità del conteggio e della esiguità della somma richiesta, appare superfluo disporre un accertamento contabile che appesantirebbe il giudizio, aumentandone i costi e ritardandone l'esito. Compete, dunque, al ricorrente la richiesta somma di omissis pari a omissis per numero 610 turni eccedenti le sei ore . L' omissis di omissis va, dunque, condannata al pagamento in favore del ricorrente della somma complessiva di omissis per il periodo dal omissis al omissis a titolo di risarcimento del danno allo stesso derivato per aver dovuto, a sue spese, provvedere al pasto nei giorni in cui ha effettuato una prestazione lavorativa eccedente le sei ore, così quantificata in ricorso. Su tale somma decorreranno gli interessi di legge. L' omissis convenuta va, altresì, condannata al riconoscimento in favore del ricorrente del diritto all'erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore. A tal proposito, infatti, va rammentato che l'articolo 29 omissis 2001 integrativo del omissis 1999, più volte richiamato, prevede il divieto di monetizzazione del buono pasto. Tenuto conto dell'esito complessivo della lite, le spese giudiziali vengono poste a carico di parte resistente e liquidate in dispositivo ex d.m. omissis , numero 55, applicando i minimi tariffari considerate la serialità delle questioni esaminate. P.Q.M. omissis definitivamente pronunciando, così provvede - condanna l' omissis resistente al pagamento in favore del ricorrente della somma complessiva di omissis per il periodo dal omissis al omissis a titolo di risarcimento del danno, oltre interessi legali dal dovuto al soddisfo, nonché al riconoscimento in favore del predetto del diritto all'erogazione dei buoni pasto per ogni turno lavorativo eccedente le sei ore a far tempo dalla data della domanda - condanna altresì l' omissis resistente alla rifusione delle spese di lite in favore del ricorrente, che liquida in omissis per compensi professionali, oltre omissis a titolo di c.u., i.v.a., c.p.a. e rimborso spese generali.