Le opere parzialmente interrate devono rispettare le distanze legali

Nella vicenda in esame i giudici erano stati chiamati a valutare la violazione delle distanze legali da parte del convenuto che aveva realizzato un solaio di copertura di un piano interrato con sporgenza di 15 cm dell’estradosso del manufatto di nuova realizzazione. In sede di merito però non erano stati valutati né la complessità dell’opera, né la sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo.

In seguito alla denuncia di nuova opera sporta dalla società attrice nei confronti del confinante relativamente al solaio di copertura del piano interrato realizzato in violazione delle distanze legali ed urbanistiche , il Tribunale di Brindisi ordinava la sospensione dei lavori e la successiva demolizione. In sede di appello, la decisione veniva ribaltata e la questione è dunque giunta all'attenzione della Cassazione su ricorso della società soccombente. Il ricorso lamenta che la Corte territoriale abbia ritenuto che il manufatto non rientrasse nel concetto di costruzione perché interamente interrato l'estradosso fuoriusciva di solo 15 cm , mentre secondo quanto risultava dalla CTU l'opera si trovava fuori terra rispetto al piano di calpestio di oltre 3 metri. La censura risulta fondata. Come affermato dalla giurisprudenza, in tema di distanze legali l'art. 873 c.p.c. nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di costruzione comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità , o che emerga in modo sensibile dal suolo, sporgendone stabilmente, e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà Cass., Sez. 2, 17/12/2012, n. 23189 , senza riferirsi necessariamente ad un edificio ma ad un qualsiasi manufatto come un'autorimessa o una tettoia , avente le suddette caratteristiche Cass. civ. sez. II n. 15282/2005 Cass. civ. sez. II n. 3199/2002 . Esiste dunque una nozione unica di costruzione , consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, la quale non può essere modificata dai regolamenti comunali, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell' art. 873 c.c. ai regolamenti locali, costituenti norme secondarie, è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore Cass. civ. sez. II n. 23843/2018 . Ancora, è stato chiarito che l' art. 873 c.c. non comprende né le opere completamente realizzate nel sottosuolo né i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli altri la ragione giustificatrice della norma stessa Cass. sez. II n. 2956/1996 , mentre il parziale interramento del manufatto rileva ai fini delle distanze allorché, oltre ad avere le caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione dal suolo, presenti un collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa Cass. sez. II n. 23856/2018 . Nel caso di specie, tali principi sono stati disattesi essendosi la Corte territoriale limitata a valorizzare la sporgenza di soli 15 cm. dell'estradosso del solaio del manufatto di nuova realizzazione, senza tener conto né della complessità dell'opera, né della sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo, così pervenendo ad un giudizio parziale. Il ricorso viene dunque accolto e la sentenza impugnata viene cassata con rinvio alla Corte d'appello di Lecce.

Presidente Orilia – Relatore Pirari Rilevato che 1. In seguito alla denuncia di nuova opera sporta dalla società omissis s.r.l. nei confronti del confinante N. relativamente al solaio di copertura del piano interrato da lui realizzato in violazione delle distanze legali ed urbanistiche, il Tribunale di Brindisi, all'esito della fase cautelare, ordinò la sospensione dei lavori. Il giudizio di merito, instaurato su iniziativa del N. onde ottenere la revoca dal provvedimento cautelare nel quale si costituì la società omissis , chiedendone invece la conferma , si concluse con la sentenza n. 311 del 20/2/2017, con la quale fu disposta la demolizione. Il giudizio d'appello, avviato su iniziativa del N. , nel quale si costituì la società omissis , si concluse con la sentenza n. 700, pubblicata il 15 luglio 2020, con la quale la Corte d'Appello di Lecce, in accoglimento del gravame, riformò la sentenza impugnata, rigettando la denuncia di nuova opera proposta dalla società, revocando il provvedimento cautelare emesso il 24 febbraio 2011 dal Tribunale di Brindisi e condannando la società omissis al rimborso, in favore del N. , delle spese e competenze di entrambi i gradi di giudizio. 2. Contro la predetta sentenza, la Società omissis propone ricorso per cassazione sulla base di tre motivi, illustrati anche con memoria. Si difende con controricorso N.G. s.r.l., illustrato anche con memoria. Considerato che 1. Con il primo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell' art. 873 c.c. e dell'art. 3 del Regolamento edilizio del Comune di omissis , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, per avere la Corte d'appello affermato che, come risultante dalla c.t.u., il manufatto realizzato da N.G. non rientrasse nel concetto di costruzione, in quanto interamente interrato, fuoriuscendo l'estradosso dello stesso di soli 15 cm rispetto al muro di confine con la società. Ad avviso della ricorrente, invece, l'elaborato peritale era stato completamente disatteso dal giudice del provvedimento cautelare e da quello del giudizio di cognizione di primo grado, in quanto, alla stregua delle foto allegate sia alla consulenza tecnica d'ufficio, sia a quella di parte e non contestate, l'opera non era affatto completamente interrata, ma si trovava fuori terra rispetto al piano di calpestio del lotto della società, da cui fuoriusciva di oltre 3 mt., tale essendo l'altezza del muro di recinzione e la fuoriuscita di 15 cm. da esso, sicché i giudici di merito avrebbero dovuto ritenere che il manufatto rientrasse a pieno titolo nella nozione di costruzione, senza che il dislivello eventualmente esistente tra i due fondi finitimi potesse eliminare tale concetto, potendo essere escluse da esso soltanto le costruzioni completamente interrate, con la conseguenza che, nella specie, avrebbe dovuto trovare applicazione la norma prevista dal regolamento comunale di omissis che prevede il rispetto di 5 mt. dal confine e 10 mt. tra corpi di fabbrica. 2. Col secondo motivo, si lamenta la nullità della sentenza per motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile, per contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, per motivazione apparente, per violazione del combinato disposto di cui all' art. 118, comma 1, disp. att. c.p.c. , e all' art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. , nonché dell' art. 111 della Cost. , in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 4, per avere la Corte d'Appello motivato, limitandosi a copiare quanto scritto dal c.t.u. nel suo elaborato peritale della fase cautelare, senza addurre al riguardo alcuna argomentazione, senza spiegare le ragioni per le quali l'opera in contestazione era da considerarsi completamente interrata e senza rendere percepibili le ragioni della decisione. Ad avviso della ricorrente, l'unica parte della motivazione era quella che citava le foto allegate alla relazione di CTU, rappresentanti un tratto limitato dell'estradosso del solaio di copertura rialzato, nella misura massima di soli 15 cm, rispetto al piano di campagna , di cui non era possibile comprendere il significato. Inoltre, la Corte non si era resa conto che i 15 cm. di rialzo dell'estradosso del solaio dell'opera del resistente non erano relativi al piano di campagna - che coincideva con il livello naturale del terreno privo di sistemazione artificiale, ossia prima dello scavo per la realizzazione del manufatto -, ma al muro di confine tra i due lotti, la cui altezza, rispetto al piano di campagna, era di oltre 3 mt., così identificando il piano di campagna con la sommità del muro di confine tra i due lotti. 3. Col terzo motivo, si lamenta, infine, l'omesso esame circa un punto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, la cui esistenza risulti dagli atti processuali e che se esaminato avrebbe portato ad un esito differente del giudizio e l'omessa valutazione, in sentenza, delle foto allegate alla perizia di parte, non contestate, in relazione all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5, che, se esaminate, avrebbero condotto i giudici d'appello a una conclusione differente, così come era stato per il giudice di prime cure, in quanto indicative della porzione del manufatto ubicato fuori terra, rispetto al piano di campagna interessante la proprietà N. , e che avrebbero impedito di definire l'opera completamente interrata, essendo dalle stesse evidente la profondità dello scavo e, dunque, la notevole porzione di costruzione emergente dal piano di campagna. 4. Il primo motivo è fondato, con assorbimento del secondo e del terzo. Come sostenuto da questa Corte, in tema di distanze legali, l' art. 873 c.c. , nello stabilire per le costruzioni su fondi finitimi la distanza minima di tre metri dal confine o quella maggiore fissata dai regolamenti locali, va interpretato, in relazione all'interesse tutelato dalla norma, nel senso che la nozione di costruzione comprende qualsiasi manufatto avente caratteristiche di consistenza e stabilità, o che emerga in modo sensibile dal suolo, sporgendone stabilmente, e che, per la sua consistenza, abbia l'idoneità a creare intercapedini pregiudizievoli alla sicurezza ed alla salubrità del godimento della proprietà Cass., Sez. 2, 17/12/2012, n. 23189 , senza riferirsi necessariamente ad un edificio ma ad un qualsiasi manufatto come un'autorimessa o una tettoia , avente le suddette caratteristiche Cass., Sez. 2, 21/7/2005, n. 15282 Cass., Sez. 2, 6/3/2002, n. 3199 . Ai sensi della citata disposizione, esiste, dunque, una nozione unica di costruzione, consistente in qualsiasi opera non completamente interrata avente i caratteri della solidità ed immobilizzazione rispetto al suolo, indipendentemente dalla tecnica costruttiva adoperata, la quale non può essere modificata dai regolamenti comunali, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, poiché il rinvio contenuto nella seconda parte dell' art. 873 c.c. ai regolamenti locali, costituenti norme secondarie, è circoscritto alla sola facoltà di stabilire una distanza maggiore Cass., Sez. 2, 2/10/2018, n. 23843 Cass., Sez. 2, 8/1/2016, n. 144 . L' art. 873 c.c. non comprende nè le opere completamente realizzate nel sottosuolo nè i manufatti che non si elevino oltre il livello del suolo, non ricorrendo per le une o per gli altri la ragione giustificatrice della norma stessa Cass., Sez. 2, 1/7/1996, n. 2956 , mentre il parziale interramento del manufatto rileva ai fini delle distanze allorché, oltre ad avere le caratteristiche di solidità, stabilità e immobilizzazione dal suolo, presenti un collegamento fisso ad un corpo di fabbrica contestualmente realizzato o preesistente, e ciò indipendentemente dal livello di posa ed elevazione dell'opera stessa sul punto, Cass., Sez. 2, 2/10/2018 n. 23856 ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto non costituisse costruzione l'opera costituita da un basamento in calcestruzzo, posizionato 20 cm. al di sotto del circostante piazzale, sul quale erano stati installati nove profilati in acciaio dell'altezza di 1.50 m. circa e delle pareti lignee, senza valutarla nella sua interezza nè considerare la sua parziale sporgenza dal suolo e il livello del fondo contiguo . Nella specie, la Corte d'appello non si è attenuta ai predetti principi, essendosi limitata a valorizzare la sporgenza di soli 15 cm. dell'estradosso del solaio del manufatto di nuova realizzazione, senza tener conto nè della complessità dell'opera, nè della sua sporgenza dal suolo e dal livello del fondo contiguo, così pervenendo ad un giudizio parziale, focalizzato sul solo requisito dell'emersione della stessa in modo sensibile al di sopra del livello del suolo e privo di riferimenti sulle caratteristiche del piano di campagna, sia del fondo sul quale lo stesso era insorto, sia di quello finitimo. Ne consegue la fondatezza del motivo. 7. In conclusione, dichiarata la fondatezza del primo motivo e l'assorbimento dei restanti, la sentenza deve essere cassata, con rinvio alla Corte d'Appello di Lecce, che, in diversa composizione, dovrà statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. Accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Lecce, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.