Sbattere i tappeti, stendere i panni e lavare il pavimento del terrazzo possono costare una condanna

Sanzionate tre donne, colpevoli di avere arrecato disagio alle persone che abitavano nell’appartamento del piano di sotto e che per dieci anni si sono ritrovate sul terrazzo polvere, cenere di sigarette, terriccio, capelli, fogliame, briciole di pane, mangime per uccelli e acqua.

Occuparsi delle faccende domestiche con eccessiva frequenza e senza preoccuparsi delle altre persone può costare una condanna. Scenario della vicenda è un palazzo nella provincia di Massa. Sotto processo finiscono tre donne che per anni, sbrigando alcune faccende domestiche - come, ad esempio, sbattere i tappeti, stendere i panni e lavare il terrazzo con troppa acqua - hanno arrecato disagio alle persone che vivevano nell’appartamento del piano di sotto . Il quadro probatorio veniva ritenuto grave ed inequivocabile dai giudici del tribunale, i quali condannavano le tre donne per il reato di getto pericoloso di cose , sanzionandole con 200 euro di ammenda a testa e obbligandole a risarcire i danni riportati dalla famiglia che viveva nell’appartamento al piano di sotto. Con il ricorso in Cassazione il legale che rappresenta le tre donne prova a ridimensionare i fatti oggetto del processo, sostenendo che dal materiale fotografico a disposizione emergono quantità modeste di apparente cenere di sigaretta , semini ed alcuni granelli di sabbia o terra , cioè materiale inidoneo ad offendere le persone e privo di potenzialità ed idoneità lesiva e tale, comunque, da non superare il normale grado di tollerabilità . Il legale aggiunge poi che con riferimento al contestato sversamento di acqua dal terrazzo dell’appartamento delle tre donne a quello dell’appartamento del piano di sotto è stato provato solo che l’acqua usciva dalle bocchette di scolo . I magistrati di Cassazione condividono, in linea generale, la riflessione proposta dall’avvocato la contravvenzione di getto pericoloso di cose non è configurabile quando l ' offesa, l ' imbrattamento o la molestia abbiano ad oggetto esclusivamente cose e non persone . Ma nella vicenda oggetto del processo, aggiungono i giudici, la tipologia e la natura delle cose gettate dalle tre donne, ossia sporcizie varie, tra cui polvere, cenere di sigarette, terriccio, capelli, fogliame, briciole di pane, mangime per uccelli , acqua sia da gocciolamento di panni stessi che da getto per lavare il pavimento del terrazzo, attività, questa, effettuata con utilizzo di secchi d’acqua versati sul pavimento e conseguente ricaduta di acqua sporca sul terrazzo sottostante -, e le correlate modalità della condotta, protrattasi per dieci anni e con frequenza di più volte alla settimana sono da valutare come idonee a molestare le persone , arrecando disagio, fastidio o disturbo alle persone offese e turbando ed impedendo loro il pieno ed abituale utilizzo del terrazzo del loro appartamento. Tale valutazione, sufficiente per confermare in via definitiva la condanna delle tre donne, è in linea con il principio di diritto secondo cui in tema di getto pericoloso di cose, con il termine molestia alla persona deve intendersi og ni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano . Difatti, ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose , concludono i giudici, non sì richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone .

Presidente Ramacci Relatore Di Stasi Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 14/11/2022, il Tribunale di Massa dichiarava T.L. , C.L. e C.T. responsabili del reato di cui agli artt. 81 cpv e 674 c.p. e le condannava alla pena di Euro 200,00 di ammenda, nonché al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili. 2. Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione, a mezzo del difensore di fiducia, articolando sei motivi di seguito enunciati. Con il primo motivo deducono violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all'affermazione di responsabilità per il reato di cui all' art. 674 c.p. , lamentando che il percorso motivazionale seguito dal Tribunale era apodittico e viziato dal travisamento delle prove orali e documentali acquisite il Tribunale aveva ritenuto un atto illecito lo svolgimento delle faccende domestiche, solo perché venivano sbattuti i tappeti, lavate le terrazze e stesi i panni ad asciugare su appositi fili al di là del balcone nessuna delle ricorrenti, inoltre, era stata vista, ripresa o fotografata nel compimento delle predette attività. Con il secondo motivo deducono erronea applicazione degli artt. 40 c.p. . e 533, comma 1, c.p.p. e correlato vizio di motivazione, argomentando che il Tribunale aveva ritenuto le ricorrenti responsabili del reato contestato perché l'azione illecita rientrava nell'ambito delle cd. faccende domestiche ed era, quindi, ragionevole, presumere che il reato era stato commesso da chi si occupava delle predette faccende in realtà, era emerso che T.L. , anziana e malata, da diversi anni non svolgeva alcun tipo di faccenda domestica, C.T. non abitava più nei luoghi di causa da oltre dieci anni e C.L. era assente tutto il giorno da casa per lo svolgimento di attività lavorativa T.L. era stata ritenuta responsabile per non aver impedito l'evento, ma a carico della predetta non era configurabile alcuna posizione di garanzia rilevante ex art. 40 c.p. le risultanze istruttorie, sia dichiarative che documentali, non fornivano la certezza in ordine alla responsabilità delle ricorrenti. Con il terzo motivo deducono violazione degli artt. 1138 c.c. e 844 c.c. e vizio di motivazione, lamentando che il Tribunale aveva errato nel ritenere che l'abrogazione della lettera H dell'art. 22 del regolamento condominiale che consentiva lo sbattimento dei tappeti solo in determinati orari aveva fatto venir meno tale facoltà, mentre aveva rimosso un limite posto ai singoli condomini inoltre, alla lettera K del regolamento era vietato unicamente di lavare i terrazzi con getti d'acqua corrente inoltre, il Tribunale non aveva considerato l' art. 844 c.c. , che rende possibile lo sbattimento dei tappeti e delle coperte, la pulizia ed il lavaggio delle terrazze e, in generale, lo svolgimento delle faccende domestiche se tali attività non superino la normale tollerabilità. Con il quarto motivo deducono violazione di legge e correlato vizio di motivazione in relazione alla sussistenza del reato di cui all' art. 674 c.p. , argomentando che le condotte addebitate alle ricorrenti, asseritamente illecite, avevano riguardato non le persone ma le cose il materiale fotografico agli atti, inoltre, raffigurava quantità talmente modeste quantità di apparente cenere di sigaretta, semini ed alcuni granelli di sabbia o terra, inidonee ad offendere le persone e prive di potenzialità ed idoneità lesiva e tali, comunque, da non superare il normale grado di tollerabilità inoltre, con riferimento al contestato sversamento di acqua dal terrazzo era stato provato solo che l'acqua usciva dalle bocchette di scolo senza interessare il sottostante terrazzo. Con il quinto motivo deducono violazione di legge in relazione agli artt. 185 c.p. , 1226 e 2043 c.c., lamentando che il Tribunale aveva riconosciuto alle parti civili il risarcimento del danno senza logica motivazione, ancorando erroneamente il criterio della valutazione equitativa alla durata e frequenza della condotta illecita nonché alla limitazione del godimento dei terrazzini ed alle dichiarazioni rese dal teste Dott. A. le risultanze istruttorie comprovavano che le parti civili utilizzavano e godevano pienamente dei propri terrazzi anche al di là di quello che era consentito fare secondo il regolamento condominiale le dichiarazioni rese dal teste Dott. A. , che aveva riferito di una psicopatologia insorta nella parte civile S.L.N. , erano erronee e non trovavano riscontro nei certificati medici in atto le parti civili, quindi, non avevano comprovato il dedotto danno morale. Con il sesto motivo deducono violazione degli artt. 133, 164 e 175 c.p. e vizio di motivazione con riferimento alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e dei benefici di legge, lamentando che la valutazione del Tribunale non era condivisibile e che andavano considerati quali elementi favorevoli il fatto che il contestato reato contravvenzionale di cui all' art. 674 c.p. era stato ascritto alle imputate a titolo di colpa e che le stesse erano state assolte per il reato ben più grave reato di cui all' art. 610 c.p. . Chiedono, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata. 3. Si è proceduto in camera di consiglio senza l'intervento del Procuratore generale e dei difensori delle parti, in base al disposto dell' art. 23, comma 8 D.L. 137/2020 , conv. in L. n. 176/2020 . Considerato in diritto 1. I primi tre motivi di ricorso sono inammissibili. Le ricorrenti, attraverso una formale denuncia di violazione di legge e vizio di motivazione, richiedo stanzialmente una rivisitazione, non consentita in questa sede, delle risultanze processuali. Nei motivi proposti, in sostanza, si espongono censure le quali si risolvono in una mera rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione impugnata, sulla base di diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, senza individuare vizi di logicità, ricostruzione e valutazione, quindi, precluse in sede di giudizio di cassazione cfr. Sez. 1, 16.11.2006, n. 42369, De Vita, Rv. 235507 sez. 6, 3.10.2006, n. 36546, Bruzzese, Rv. 235510 Sez. 3, 27.9.2006, n. 37006, Piras, Rv. 235508 . Non si non lamenta una motivazione mancante, contraddittoria o manifestamente illogica unici vizi della motivazione proponibili ai sensi dell'art. 606, lett. e , c.p.p. -, ma una decisione erronea, in quanto fondata su una valutazione asseritamente sbagliata. Va ribadito, a tale proposito, che, anche a seguito delle modifiche dell'art. 606, comma 1, lett. e , c.p.p. introdotte dalla L. n. 46 del 2006, art. 8 non è consentito dedurre il travisamento del fatto , stante la preclusione per il giudice di legittimità di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito Sez.6,n. 27429 del 04/07/2006, Rv.234559 Sez. 5, n. 39048/2007, Rv. 238215 Sez. 6, n. 25255 del 2012, Rv.253099 ed in particolare di operare la rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti cfr. Sez. 6, 26.4.2006, n. 22256, Rv. 234148 . La Corte di Cassazione deve circoscrivere il suo sindacato di legittimità, sul discorso giustificativo della decisione impugnata, alla verifica dell'assenza, in quest'ultima, di argomenti viziati da evidenti errori di applicazione delle regole della logica, o fondati su dati contrastanti con il senso della realtà degli appartenenti alla collettività, o connotati da vistose e insormontabili incongruenze tra loro, oppure inconciliabili, infine, con atti del processo , specificamente indicati dal ricorrente e che siano dotati autonomamente di forza esplicativa o dimostrativa, tale che la loro rappresentazione disarticoli l'intero ragionamento svolto, determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da rendere manifestamente incongrua la motivazione Sez. 4 08/04/2010 n. 15081 Sez. 6 n. 38698 del 26/09/2006, Rv. 234989 Sez.5, n. 6754 del 07/10/2014, dep.16/02/2015, Rv.262722 . I motivi, inoltre, presentano anche un ulteriore profilo di inammissibilità perché aspecifici, in quanto privi di confronto critico con le argomentazioni esposte nella sentenza impugnata, confronto doveroso per l'ammissibilità dell'impugnazione, ex art. 581 c.p.p. , perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso Sez.6, n. 20377 del 11/03/2009, Rv.243838 Sez.6, n. 22445 del 08/05/2009, Rv.244181 . Va, quindi, richiamato il principio di diritto affermato da questa Corte, secondo cui, in tema di inammissibilità del ricorso per cassazione, i motivi devono ritenersi generici non solo quando risultano intrinsecamente indeterminati, ma altresì quando difettino della necessaria correlazione con le ragioni poste a fondamento del provvedimento impugnato Sez.2, n. 19951 del 15/05/2008, Rv.240109 Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, Rv. 255568 Sez.2, n. 11951 del 29/01/2014, Rv.259425 . 3. Il quarto motivo di ricorso è manifestamente infondato. È pur vero che la contravvenzione di getto pericoloso di cose non è configurabile quando l'offesa, l'imbrattamento o la molestia abbiano ad oggetto esclusivamente cose e non persone Sez.3, n. 22032 del 13/04/2010, Rv.247612 01, in fattispecie nella quale lo sversamento di liquami, provocato dal cattivo funzionamento delle elettropompe di un depuratore consortile, aveva causato danni solo a colture private, senza riverberi negativi sulle persone . Nella specie, invece, il Giudice di merito, con apprezzamento di fatto sorretto da argomentazioni adeguate e non manifestamente illogiche, in aderenza alle risultanze istruttorie, ha accertato che la tipologia e la natura delle cose gettate dalle imputate sporcizie varie, tra cui polvere, cenere di sigarette, terriccio, capelli, fogliame, briciole di pane, mangime per uccelli, acqua sia da gocciolamento di panni stessi che da getto per lavare il pavimento del terrazzo soprastante, attività effettuata con utilizzo di secchi d'acqua versati sul pavimento e conseguente ricaduta di acqua sporca sul terrazzo sottostante , e le correlate modalità della condotta protrattasi per dieci anni e con frequenza di più volte alla settimana erano idonee a molestare le persone, arrecando disagio, fastidio o disturbo alle persone offese e turbando ed impedendo il pieno ed abituale utilizzo del terrazzo da parte delle stesse pag 1 a pag 6 della sentenza impugnata . La valutazione è in linea con il principio di diritto, secondo il quale, in tema di getto pericoloso di cose con il termine molestia alla persona deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano ne deriva che tale idoneità deve essere accertata, dal giudice di merito, identificando la natura delle cose gettate e ricostruendo le concrete modalità della condotta Sez.3, n. 49983 del 09/04/2015, Rv.265399 01 . Ai fini della configurabilità del reato di getto pericoloso di cose, inoltre, non si richiede che la condotta contestata abbia cagionato un effettivo nocumento, essendo sufficiente che essa sia idonea ad offendere, imbrattare o molestare le persone Sez. 3, n. 971 del 11/12/2014, dep. 2015, Ventura, Rv. 261794 . Tanto deve ritenersi sussistente nel caso di specie, in considerazione del fatto che le condotte moleste, insistenti ed abitudinarie, poste in essere dalle ricorrenti, hanno interessato un luogo abitualmente frequentato dalle persone che abitavano l'appartamento sottostante. 4. Il quinto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Questa Corte ha chiarito che è legittimo il ricorso del giudice a criteri equitativi nella quantificazione del danno risarcibile ove in esso non siano rinvenibili componenti patrimoniali suscettibili di precisa determinazione Sez. 5, n. 43053 del 30/09/2010 dep. 03/12/2010, Arena, Rv. 249140 e che che la liquidazione del danno non patrimoniale è affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi del Giudice di merito il quale ha, tuttavia, il dovere di dare conto delle circostanze di fatto considerate in sede di valutazione equitativa e del percorso logico posto a base della decisione, senza che sia necessario indicare analiticamente i calcoli in base ai quali ha determinato il quantum del risarcimento Sez.4, n. 18099 del 01/04/2015, Rv. 263450 Sez.6, n. 48461 del 28/11/2013, Rv.258170 . E la valutazione del giudice in merito alla liquidazione del danno morale, in quanto affidata ad apprezzamenti discrezionali ed equitativi, costituisce valutazione di fatto sottratta al sindacato di legittimità se sorretta da congrua motivazione Sez.6, n. 48461 del 28/11/2013, Rv. 258170 Sez.3, n. 34209 del 17/06/2010, Rv.248371 . Nella specie, il Tribunale ha dato conto delle circostanze di fatto poste a base della valutazione, analizzando la durata e frequenza delle condotte e la conseguente limitazione al godimento dei terrazzi e, quindi, dando rilievo sia alle modalità del fatto criminoso che agli effetti dello stesso sulle persone offese, con argomentazioni adeguate e prive di vizi logici, insindacabili in questa sede di legittimità. 5. Il sesto motivo di ricorso è manifestamente infondato. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in parola l'obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti generiche qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per concederle e non anche la decisione opposta Sez.1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339 Sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, Squillace ed altro, Rv. 245241 Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610 in caso di diniego, quindi, soprattutto dopo la specifica modifica dell' art. 62 bis c.p. operata con il D.L. n. 23 maggio 2008, n. 92 convertito con modif. dalla L. 24 luglio 2008, n. 125 che ha sancito essere l'incensuratezza dell'imputato non più idonea da sola a giustificarne la concessione, è assolutamente sufficiente che il giudice si limiti a dar conto di avere ritenuto l'assenza di elementi o circostanze positive a tale fine Sez.3, n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610 Sez. 1, n. 39566 del 16/02/2017, Rv.270986 . Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non deve necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione, individuando, tra gli elementi di cui all' art. 133 c.p. , quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione negativa della personalità dell'imputato Sez.3, n. 28535 del 19/03/2014, Rv.259899 Sez.6, n. 34364 del 16/06/2010, Rv.248244 sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv. 230691 . L'obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione però che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza a considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E la motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non può, purché congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato. Nella specie, il Tribunale, con motivazione congrua e logica, ha negato l'applicazione delle circostanze attenuanti generiche spiegando che non si rinvenivano elementi valorizzabili in senso positivo per le imputate, e rimarcando, anzi, in senso ostativo le modalità dell'azione con riguardo alla notevole durata della condotta illecita. Del pari congrua e priva di vizi logici è la motivazione espressa a fondamento del diniego dei benefici di legge, avendo il Tribunale richiamato in senso ostativo la protrazione delle azioni illecite per diversi anni e fino all'attualità. Va ricordato che, questa Corte ha affermato, in tema di sospensione condizionale della pena, che il Giudice di merito, nel valutare la concedibilità del beneficio, non ha l'obbligo di prendere in esame tutti gli elementi richiamati nell' art. 133 c.p. , potendo limitarsi ad indicare quelli da lui ritenuti prevalenti Sez.5, n. 57704 del 14/09/2017, Rv.272087 Sez.3,n. 35852 del 11/05/2016, Rv.267639 Sez.2, n. 37670 del 18/06/2015, Rv.264802 Sez. 2, n. 19298 del 15/04/2015, Rv. 263534, Sez. 3 n. 6641 del 17/11/2009, Rv. 246184 Sez. 3, n. 30562 del 19/03/2014, Rv. 260136 e che tale principio regola anche la valutazione di concedibilità del beneficio della non menzione della condanna Sez.4, n. 34380 del 14/07/2011, Rv.251509 Sez.3, n. 35731 del 26/06/2007, Rv.237542 Sez.1, n. 560 del 22/11/1994, dep20/01/1995, Rv.20002 . 6. Consegue, pertanto, la declaratoria di inammissibilità dei ricorsi. 7. Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell' art. 616 c.p.p. , non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000 , alla condanna delle ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella al pagamento della sanzione pecuniaria nella misura, ritenuta equa, indicata in dispositivo. 9. Le ricorrenti vanno, inoltre, condannate in base al disposto dell' art. 541 c.p.p. alla rifusione delle spese del grado sostenute dalle parti civili che, avuto riguardo ai parametri di cui alle tabelle allegate al D.M. n. 55/2014, come aggiornate sulla base del D.M. n. 147/2022 , all'impegno profuso, all'oggetto e alla natura del processo, si ritiene di dover liquidare nella misura di cui al dispositivo. P.Q.M. Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna le ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna, inoltre, le imputate alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili che liquida in complessivi Euro 3.800,00 oltre accessori di legge.