Stato di ebbrezza e rapporti sessuali: l’alcol non rende automaticamente incapace di comprendere l’eventuale dissenso del partner

Necessario un nuovo processo di secondo grado per valutare la solidità dell'accusa mossa nei confronti di un uomo, finito sotto processo per aver avuto un rapporto sessuale da ubriaco con la fidanzata. Per la condanna non può bastare la congettura secondo cui l'uomo non avrebbe potuto avere, in quanto ubriaco, consapevolezza dei desideri della donna.

Difficile additare come violentatore un uomo poiché da ubriaco ha avuto un rapporto con una donna. Illogico dedurre dalla condizione di ubriachezza l'incapacità di comprendere l'eventuale dissenso opposto dalla partner. Sotto accusa un uomo a cui viene contestato di avere a lungo maltrattato e violentato la compagna durante il periodo della loro convivenza sotto lo stesso tetto. In primo grado viene condannato. In secondo grado, però, i giudici ritengono provato un solo episodio di violenza sessuale, quello che, verificatosi nel gennaio del 2021, ha spinto la donna a farsi coraggio e a denunciare tutto alle forze dell'ordine. E proprio a fronte dell'unico episodio provato, grazie anche al drammatico racconto fatto dalla donna, i giudici d'Appello condannano l'uomo per violenza sessuale , fissando la pena in sei anni e sei mesi di reclusione. Col ricorso in Cassazione, però, l'avvocato che difende l'uomo mira a mettere in dubbio la credibilità della donna. A questo proposito, difatti, il legale osserva che i giudici del Tribunale avevano condannato l'uomo ritenendo assolutamente genuine, dettagliate e intrinsecamente coerenti le dichiarazioni della donna, che aveva negato il rapporto sentimentale con l'uomo, mentre i giudici d'Appello hanno ritenuto che tra l'uomo e la donna ci fosse stato un rapporto sentimentale e che perciò l'uomo aveva incolpevolmente equivocato in merito al consenso della donna fino all' episodio oggetto del processo , poiché in quella occasione, nel gennaio del 2021, all'uomo era stato chiaro il dissenso espresso dalla donna. A sostegno della linea difensiva, poi, il legale aggiunge anche la certificazione medica dalla relazione di ricovero della donna al Pronto Soccorso era emerso in modo netto che non vi fossero alterazioni obiettive della donna, né a livello ginecologico, né a livello psichiatrico, né ad alcun livello . Infine, il legale contesta il ragionamento seguito dai giudici d'Appello, i quali, con riferimento all' elemento soggettivo della violenza sessuale hanno ritenuto che fino all'episodio oggetto del processo l'uomo legittimamente non aveva preso coscienza del dissenso della donna mentre in occasione dell'episodio oggetto del processo la sua condotta era assistita , secondo i giudici, da un palese dolo. Prima di esaminare le obiezioni difensive, i Giudici di Cassazione si soffermano sulla ricostruzione della vicenda , annotando che la donna aveva denunciato l'uomo , con cui aveva coabitato per un certo periodo, avendolo ospitato in casa propria, perché egli aveva assunto un atteggiamento di prevaricazione e sopraffazione, costringendola ad avere rapporti sessuali non voluti e approfittando delle menomate capacità fisiche e della fragilità psichica derivante dalla condizione di donna sola e affetta da invalidità civile in seguito a un ictus e quindi bisognosa di aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane . Ulteriore premessa va fatta in merito ai rapporti tra l'uomo e la donna lui ha parlato di relazione sentimentale, che lei ha invece escluso . Su questo fronte i Giudici osservano che in Appello si è ritenuto che la donna non ha scelto di fidanzarsi con l'uomo, ma non si è opposta a tale fidanzamento, ingenerando così, sia nell'uomo che in terze persone, il ragionevole convincimento di una sua libera adesione alla relazione sentimentale. A riprova di ciò vi è l'intenso scambio di messaggi via Whatsapp, l'ospitalità nello stesso letto, l'esibizione di effusioni in pubblico . In sostanza, la prospettazione della donna, cioè una accettazione passiva della presenza e delle richieste dell'uomo , è stata reputata idonea a giustificare l'assenza dell'elemento soggettivo della violenza sessuale fino all'episodio oggetto del processo. Ma non è chiaro, osservano i Giudici di Cassazione, cosa sarebbe cambiato nella relazione tra l'uomo e la donna , tanto da consentire all'uomo di acquisire consapevolezza del dissenso della donna nello specifico episodio. E, peraltro, non può essere trascurato un ulteriore dettaglio i medici del Pronto Soccorso, pur avendo adottato tutte le misure previste dal protocollo antiviolenza, non hanno affatto certificato né la violenza né le lesioni . Senza dimenticare, poi, che nonostante il riferito abuso sessuale reiterato e i maltrattamenti, la donna era stata dimessa con prognosi di sette giorni senza terapia, neanche di sostegno psicologico . Per i giudici d'Appello, però, la colpevolezza dell'uomo va poggiata su una constatazione egli, pur consapevole che in precedenza la donna aveva comunque già manifestato dei dissensi , si pose volontariamente nelle condizioni – cioè quelle di ubriaco – di non potersi assicurare, come era suo dovere giuridico, che ella fosse effettivamente consenziente ad intraprendere ed a proseguire in rapporto sessuale. A fronte di questa visione, però, i Magistrati di Cassazione ricordano, innanzitutto, che il consenso all'atto sessuale deve essere verificato nel momento del rapporto , a prescindere dal comportamento eventualmente provocatorio anteriore e deve permanere per tutta la durata del rapporto stesso , e, quindi, l'eventuale sopravvenuto dissenso integra il reato di violenza sessuale . Tornando all'episodio oggetto del processo, i Giudici di terzo grado manifestano perplessità a fronte della decisione presa in Appello. Ciò soprattutto perché i giudici di merito non hanno legato la violenza sessuale alle lesioni di cui aveva parlato la donna, anche se non riscontrate dal certificato medico, ma l'ha collegata al fatto che l'uomo, essendosi ubriacato, non era in grado di percepire il dissenso donna , pur consapevole che in precedenza ella non era stata consenziente . Per i Giudici di Cassazione, però, quella emessa in appello è una decisione congetturale quanto al fatto che, da ubriaco, l'uomo non avesse potuto avere consapevolezza dei desideri della donna, e contraddittoria rispetto all'assoluzione, per mancata espressione di dissenso da parte della donna, da tutti i precedenti episodi di violenza sessuale addebitati all'uomo. Inoltre, in merito all'episodio oggetto del processo, non si è accertata la manifestazione del dissenso da parte della donna ma si è desunta dalla colpevole ubriachezza dell'uomo la sua incapacità di verificare il consenso della donna. Ma per i Giudici di Cassazione la presunta ubriachezza dell'uomo non è rilevante come decisivo elemento di colpa nella verifica del consenso della donna e della permanenza del consenso nel corso del rapporto sessuale . Su questo punto è necessario soffermarsi per fare chiarezza, e questo compito è affidato ai giudici d'Appello, i quali dovranno tenere conto delle osservazioni fatte dai Magistrati di Cassazione.

Presidente Ramacci – Relatore Macrì Ritenuto in fatto 1.Con sentenza in data 3 ottobre 2022 la Corte di appello di Torino, in riforma della sentenza in data 25 novembre 2021 del Tribunale di Asti, ha assolto l'imputato per i fatti commessi in data anteriore e prossima al 30 gennaio 2021 perché il fatto non costituisce reato e ha confermato la condanna per violenza sessuale pluriaggravata e lesioni commesse il omissis , rideterminando la pena in anni 6, mesi 6 di reclusione, oltre pene accessorie. 2. Ricorre per cassazione l'imputato sulla base di sei motivi. Con il primo deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione con riferimento all'attendibilità della persona offesa che aveva negato la relazione sentimentale con l'imputato. Lamenta che, mentre il Tribunale aveva condannato l'uomo ritenendo assolutamente genuine, dettagliate e intrinsecamente coerenti le dichiarazioni della vittima che aveva negato il rapporto sentimentale, la Corte di appello aveva invece ritenuto che tra i due ci fosse stato un rapporto sentimentale, per cu incolpevolmente l'imputato aveva equivocato in merito al consenso della donna, fino al omissis , giorno in cui all'imputato era stato chiaro il dissenso. Con il secondo denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito alla certificazione medica prodotta e alle valutazioni del consulente del medico legale della difesa. Dalla relazione di ricovero al pronto soccorso era emerso in modo netto che non vi fossero alterazioni obiettive della donna, nè a livello ginecologico, nè a livello psichiatrico, nè ad alcun livello. Alle medesime conclusioni era pervenuto il consulente della difesa la cui relazione era stata ignorata dai Giudici. Con il terzo eccepisce la violazione di legge, la violazione di norme processuali e il vizio di motivazione in merito all'elemento soggettivo della violenza sessuale, nonché il difetto di corrispondenza tra il capo d'imputazione e la sentenza di condanna. La Corte territoriale non aveva spiegato per quali ragioni l'imputato legittimamente non aveva preso coscienza del dissenso della donna, mentre il 30 gennaio la sua condotta era assistita dal dolo. Lamenta che i Giudici avevano dato importanza a un postfatto irrilevante, cioè all'uscita di casa della donna, mentre l'uomo dormiva ubriaco, alla denuncia alle forze dell'ordine, alle considerazioni del brigadiere sullo stato d'animo della vittima quella notte. Osserva che il richiamo in sentenza della fragilità psichica correlata al forse del grave ictus che aveva colpito la persona offesa, neppure nella prospettiva di comparazione con le manifestazioni amorose, rendeva logico, secondo le regole d'esperienza, l'accertamento della responsabilità penale per il fatto del 30 gennaio, unico episodio di violenza sessuale. Con il quarto lamenta la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito all'attendibilità frazionata delle dichiarazioni della donna. All'esito della rinnovazione della prova, i Giudici avevano definito la sua condotta ondivaga, così ridimensionando la valutazione del Tribunale che aveva definito la deposizione chiara e lineare , per poi contraddittoriamente affermare la responsabilità solo per l'episodio del 30 gennaio. Cori il quinto deduce l'omessa assunzione di una prova decisiva, e cioè le dichiarazioni di un coabitante, F.N., e il vizio di motivazione. Precisa che con l'atto di appello aveva prodotto la dichiarazione resa dall'uomo e aveva chiesto di sentirlo per riferire sulla fondatezza dei sospetti dell'imputato che riteneva che la donna lo avesse denunciato per coprire e giustificare il suo tradimento. Con il sesto denuncia la violazione di legge e il vizio di motivazione in merito al diniego delle circostanze attenuanti generiche. L'avv. Morra deposita memoria il 30 maggio 2023 con cui ribadisce le difese dell'imputato. Considerato in diritto 3. Il ricorso è fondato. 4. I Giudici di merito hanno ricostruito in fatto che la donna aveva denunciato l'imputato, con il quale aveva coabitato per un certo periodo, avendolo ospitato in casa sua, perché l'uomo aveva assunto un atteggiamento di prevaricazione e sopraffazione, costringendola ad avere rapporti sessuali non voluti e approfittando delle menomate capacità fisiche e della fragilità psichica derivante dalla condizione di donna sola e affetta da invalidità civile in seguito a un ictus e quindi bisognosa di aiuto nello svolgimento delle attività quotidiane. La vittima aveva riferito che il omissis , dopo aver subito l'ennesima violenza sessuale, incoraggiata dalla presenza di un amico a cui aveva confidato i maltrattamenti subiti, approfittando del fatto che l'imputato, dopo la consumazione del rapporto sessuale non voluto, si era addormentato, era uscita di casa e aveva chiamato i Carabinieri. L'amico aveva confermato tali circostanze. Il brigadiere che era intervenuto nella notte aveva dichiarato che la donna era impaurita, aveva le guance rosse, un deficit al braccio e alla mano destra, non voleva salire a casa. I vicini di casa avevano dichiarato di aver saputo dalla donna che era stata picchiata in testa dall'uomo ma di non essere a conoscenza di episodi di violenza sessuale. La coabitante aveva confermato il narrato nella fase delle indagini preliminari ma aveva ritrattato in dibattimento. L'imputato aveva negato gli addebiti e aveva asserito che era legato alla donna da una relazione sentimentale, circostanza confermata dagli amici. Il Tribunale ha quindi ritenuto affidabile e riscontrato il racconto della denunciante. La Corte di appello, invece, dopo aver risentito la donna, ha ridimensionato la vicenda e ha confermato la condanna solo per l'episodio del 30 gennaio. La vittima infatti aveva dichiarato che l'imputato disponeva già di un alloggio quando le aveva chiesto ospitalità che lei gli aveva chiesto una piccola somma a titolo di rimborso spese che tuttavia lui non le aveva corrisposto che, a un certo punto, lei lo aveva invitato ad andarsene di casa, poiché gli altri inquilini non erano disponibili ad accettare la sua presenza e che lui utilizzasse quell'indirizzo ai fini del permesso di soggiorno, che aveva conosciuto l'uomo su facebook e che tra di loro non vi era stata una relazione sentimentale ma che lui aveva preteso virgolettate della sentenza impugnata sin da subito di dormire nel letto dove dormiva anche lei e che, temendo una reazione violenta, non si era opposta che prima di recarsi a rendere la testimonianza era stata contattata e minacciata dai parenti dell'uomo che si trovavano in omissis e le avevano intimato di ritirare la denuncia. 5. Alla stregua delle risultanze probatorie, la Corte territoriale ha ritenuto quindi che la donna non avesse scelto di fidanzarsi con l'uomo, ma che non si sarebbe opposta a tale fidanzamento, ingenerando così sia nell'imputato che nei terzi il ragionevole convincimento di una sua libera adesione alla relazione sentimentale. A riprova di ciò vi era l'intenso scambio di messaggi via whatsapp, l'ospitalità nello stesso letto, l'esibizione di effusioni in pubblico. In definitiva, la prospettazione della denunciante di accettazione passiva della presenza e delle richieste dell'uomo è stata reputata idonea a giustificare l'assenza dell'elemento soggettivo della violenza sessuale fino al omissis , data in cui, invece, le lesioni e la violenza sessuale sono state ritenute pienamente integrate. E qui la decisione presta il fianco alle censure della difesa. La Corte territoriale, infatti, non ha spiegato cosa sarebbe cambiato nella relazione tra i due per cui l'imputato avrebbe dovuto acquisire consapevolezza del dissenso della donna nella notte dei 30 gennaio e ha ritenuto per contro riscontrato il racconto della vittima sulla base del certificato medico e delle dichiarazioni del brigadiere che era accorso alla chiamata. A differenza di quanto argomentato dal Tribunale e acriticamente recepito dalla Corte territoriale, però, i sanitari del pronto soccorso, pur avendo adottato tutte le misure previste dal protocollo antiviolenza, non hanno affatto certificato nè la violenza nè le lesioni. È emerso che non vi era sperma nelle cavità vaginale, anale e orale, esito compatibile con il narrato della donna che aveva riferito che l'uomo era solito eiaculare fuori per non metterla incinta, non vi erano segni di lesioni esterne nelle parti intime e nella regione addominale, non vi erano segni di lesioni esterne nel distretto della testa, neanche a livello radiografico. Nonostante, quindi, il riferito abuso sessuale reiterato e i maltrattamenti, la paziente era stata dimessa con prognosi di giorni sette senza terapia neanche di sostegno psicologico. La difesa ha sollevato il tema della compatibilità della relazione di pronto soccorso con i fatti descritti dalla donna con l'ottavo motivo di appello, ma la Corte territoriale non ha offerto alcuna motivazione sul punto, rinviando all'analisi del Tribunale, secondo cui l'assenza di segni era compatibile con il tipo di violenza sessuale riferito, dal momento che la donna non si opponeva ai rapporti non voluti. Tale conclusione, per un verso, non copre le lesioni, per altro verso, non giustifica il quid novi del 30 gennaio rispetto ai precedenti rapporti sessuali. Sembrerebbe che abbiano inciso sulla valutazione della Corte di appello le dichiarazioni dell'amico della donna, indicato dall'imputato come il compagno al quale voleva nascondere il tradimento con lui, e il brigadiere, che l'aveva trovata agitata, rossa in viso e mal vestita, come chi era scappata da un pericolo, entrambi accorsi quella notte su sua richiesta. Ciò nondimeno la decisione di condanna è fondata su un solo asserto, cioè che l'imputato, pur consapevole che in precedenza la donna aveva comunque già manifestato dei dissensi, si pose volontariamente nelle condizioni di non potersi assicurare, come era suo dovere giuridico, che la stessa fosse effettivamente consenziente ad intraprendere ed a proseguire in rapporto sessuale . 6. È pacifico in giurisprudenza che il consenso all'atto sessuale deve essere verificato nel momento del rapporto, a prescindere dal comportamento eventualmente provocatorio anteriore Sez. 3, n. 7873 del 19/01/2022, D., Rv. 282834-01 e deve permanere per tutta la durata dello stesso Sez. 3, n. 15010 del 11/12/2018, F., Rv. 275393-01 , per cui l'eventuale sopravvenuto dissenso non solo integra il reato ma preclude il riconoscimento dell'attenuante della minore gravità in presenza delle altre condizioni di legge Sez. 3, n. 16440 del 22/01/2020, S., Rv. 279386-01 . Nel caso in esame, la Corte territoriale, però, non ha legato la violenza sessuale del 30 gennaio alle lesioni di cui aveva parlato la donna, anche se non riscontrate dal certificato medico, ma l'ha collegata al fatto che, essendosi ubriacato, non era in grado di percepire il dissenso della stessa, pur consapevole che in precedenza la donna non era stata consenziente. Si tratta di una decisione congetturale quanto al fatto che, da ubriaco, non avesse potuto avere consapevolezza dei desideri della donna, e contraddittoria rispetto all'assoluzione dai tutti i precedenti episodi di violenza sessuale per mancata espressione di dissenso. Peraltro, il capo d'imputazione della violenza sessuale era stato costruito sulla violenza fisica, perché la donna aveva dichiarato che i rapporti non voluti erano preceduti dalle percosse e dalle lesioni. Tale circostanza non è stata ritenuta provata dalla Corte territoriale che ha invece ravvisato nel comportamento della donna l'incapacità di manifestare il dissenso e quindi ha assolto l'imputato. Nel caso del 30 gennaio ha, invece, inspiegabilmente ritenute provate sia le lesioni, a prescindere dal certificato medico, che la violenza, a prescindere dal dissenso della donna. Infatti, non ha accertato neanche per l'episodio del 30 gennaio la manifestazione del dissenso da parte della donna, ma ha desunto dalla colpevole ubriachezza dell'uomo l'incapacità di verificare il consenso. Non ha però spiegato sulla base di quali elementi l'imputato avesse avuto consapevolezza dei precedenti dissensi dopo che l'aveva assolto per l'assenza dell'elemento psicologico negli altri episodi, con la conseguenza che la presunta ubriachezza non sarebbe rilevante come decisivo elemento di colpa nella verifica del consenso e della sua permanenza nel corso del rapporto. In altri termini, nella ricostruzione dei fatti da parte della Corte territoriale, la criticità non si ravvisa nel difetto di corrispondenza del fatto accertato rispetto a quello contestato, in merito alla sussistenza o meno della violenza fisica, perché non vi è stata immutazione del fatto tale da rendere incerto lo stesso oggetto del reato come indicato dalla sentenza a Sezioni Unite Carelli n. 36551 del 15/07/2010, Rv. 248051 , bensì nell'esistenza e nella percezione del dissenso. 7. Va infine osservato che l'omessa risposta in merito alla valutazione della certificazione medica più che rispetto alla violenza sessuale, ha rilevanza rispetto all'autonoma configurabilità del reato di lesioni personali che, secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale di legittimità, concorre con la violenza sessuale nella misura in cui la forza perpetrata per vincere la resistenza della vittima esiti in lesioni verificabili Sez. 3, n. 16446 del 13/06/2012, dep. 2013, D., Rv. 255280-01 e Sez. 2, n. 23153 del 19/12/2018, dep. 2019, 0., Rv. 27665502 . Alla luce delle considerazioni svolte, la sentenza impugnata va pertanto annullata con rinvio affinché altra Sezione della Corte di appello di Torino renda un nuovo giudizio sul compendio probatorio.