Il divieto di reformatio in peius e le misure di sicurezza

Il divieto di reformatio in peius in appello può riguardare anche la durata della misura di sicurezza. Se la sentenza di condanna in appello è stata annullata con rinvio in seguito a ricorso per cassazione dell'imputato relativo alla sussistenza del reato, alla sua responsabilità e/o alla commisurazione giudiziale della pena, la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura di sicurezza [ ]

[ ] Pertanto, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, c.p.p. , la misura di sicurezza irrogata non può essere più grave, anche in termini di durata, di quella applicata dal giudice di primo grado o, se meno grave, di quella applicata in grado d'appello con la sentenza annullata. Lo ha stabilito la quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza in commento. Il caso di specie Nel caso di specie, il Tribunale di Como ha condannato l'imputato per il reato di cui agli artt. 81, comma 2, 609 - bis , e 609 - ter , ultimo comma, c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, con violenza consistita nella repentinità delle condotte che non consentiva alla vittima un'adeguata difesa nonché abusando delle condizioni di inferiorità fisico-psichica della persona offes a , dovuta alla significativa differenza di età tra lui e la minore e alla fiducia da quest'ultima riposta in lui in quanto amico di famiglia, costringeva la minore o comunque induceva quest'ultima a compiere o subire atti sessuali - con l'aggravante di aver commesso i fatti nei confronti di persona minore degli anni 10. L'imputato ha proposto appello a seguito del quale la Corte d'appello di Milano, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha ridotto la pena ad anni quattro di reclusione, riducendo altresì ad un anno la durata della misura di sicurezza irrogata e applicando l' interdizione temporanea dai pubblici uffici in luogo di quella perpetua. A seguito di ricorso proposto dal solo imputato, la Suprema Corte ha annullato la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d'appello di Milano. All'esito del giudizio rescissorio caratterizzato da rinnovazione dell 'istruttoria per la nomina di un perito per accertamenti in merito ai silenzi e al comportamento dalla bambina nel corso dell'incidente probatorio, la Corte Territoriale, sempre escludendo la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche, ha confermato la condanna dell'imputato. Segnatamente la Corte d'appello ha riconosciuto l'ipotesi di cui all'art. 609 - bis , ultimo comma, c.p. considerandola prevalente sull'aggravante prevista dall'art. 609 - ter , ultimo comma, c.p., ha ridotto ad anni quattro di reclusione la pena di sette anni e otto mesi di reclusione inflitta all'imputato in primo grado, ha sostituito l'interdizione perpetua dai pubblici uffici con l'interdizione per la durata di cinque anni e ha riportato ad anni due la durata della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori art. 609 - nonies , ultimo comma, n. 2, c.p. . Si osserva che tale misura era già stata applicata in primo grado per la durata di anni due e poi ridotta a un anno con la prima sentenza d'appello. I motivi di ricorso L'imputato ha proposto ricorso per Cassazione contro la sentenza della Corte d'appello di Milano, emessa all'esito del giudizio rescissorio, articolando otto diversi motivi. Con i primi quattro motivi di ricorso la Difesa ha eccepito il vizio di violazione di legge unitamente al vizio cumulativo di motivazione in merito i alle valutazioni circa i silenzi e il comportamento dalla bambina nel corso dell 'incidente probatorio e ii circa l'apparato argomentativo fondante la responsabilità dell'imputato costituito dalle deposizioni dei genitori della minore. Nei motivi quinto, sesto e settimo l'imputato ha dedotto il vizio cumulativo di motivazione circa la sussistenza delle circostanz e attenuanti generiche e il vizio di motivazione e violazione di legge per la mancata specifica motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione. Con l'ottavo motivo di ricorso l'imputato ha dedotto l'errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale confermando, in violazione del divieto di reformatio in peius , la durata di due anni della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all'art. 609 - nonies , ultimo comma, n. 2, c.p. in sede di primo giudizio d'appello, celebrato su impugnazione del solo imputato e conclusosi con sentenza annullata con rinvio in accoglimento del ricorso della Difesa, infatti, tale misura era stata ridotta ad anni uno. La decisione della Corte di Cassazione l'ammissibilità della deposizione del teste de relato La Corte di Cassazione ha ritenuto privi di pregio i primi quattro motivi di ricorso stante l'inammissibile tentativo del ricorrente di sostituire proprie valutazioni a quelle del giudice di merito. La Corte territoriale ha infatti applicato correttamente il principio di cui alla sentenza rescindente, per cui in tema di testimonianza indiretta , qualora la persona alla quale il testimone ha fatto riferimento sia stata chiamata a deporre e non abbia risposto, ovvero abbia fornito una versione contrastante, il giudice può ritenere attendibile, all'esito di una valutazione improntata a speciale cautela, la deposizione del teste de relato in quanto, da un lato, l' art. 195 c.p.p. non prevede alcuna gerarchia tra le dichiarazioni e, dall'altro, una diversa soluzione contrasterebbe con il principio del libero convincimento del giudice, cui compete in via esclusiva la scelta critica e motivata della versione dei fatti da privilegiare la Cassazione, oltre alla sentenza rescindente, richiama ex plurimis, Sez. 3, n. 529 del 02/12/2014 , dep. 2015, N., Rv. 26179 Sez. 1, n. 39662 del 07/10/2010 , Valpiani, Rv. 248478 Sez. 3, n. 2010 del 30/11/2007, dep. 2008, Vitiello, Rv. 238626, tutte richiamata dalla citata Sez. n. 23105 del 2021 si veda altresì sul punto anche Sez. 6, n. 38064 del 05/06/2019 , Pisani, Rv. 277062 . Sulla scorta di tale principio, in seguito all'impossibilità di ricollegare ai silenzi e/o reticenze e/o comportamenti della minore in sede di incidente probatorio, sono state poste a fondamento del giudizio di responsabilità le testimonianze dei genitori della persona offesa. La decisione della Corte di Cassazione la discrezionalità del giudice nella commisurazione della pena La Suprema Corte ha ritenuto complessivamente infondati i motivi quinto, sesto e settimo, in punto di mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, e, più in generale, di trattamento sanzionatorio e mancata specifica motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione. La Corte ha qui ribadito che la valutazione dei vari elementi ai fini della commisurazione giudiziale della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio, se effettuato, come nella specie, nel rispetto dei parametri valutativi di cui all' art. 133 c.p. , è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragguaglio illogico. La violazione del divieto di reformatio in peius La Corte di Cassazione ha invece ritenuto fondato l'ottavo motivo in merito alla violazione del divieto di reformatio in peius quanto alla determinazione della durata della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all'art. 609 - nonies , ultimo comma, n. 2, c.p. La Corte ha osservato che, in merito ai rapporti tra giudizio rescissorio a seguito di annullamento in sede di legittimità e divieto di reformatio in peius , la giurisprudenza ha unanimemente affermato la seguente distinzione. Se la sentenza di appello è stata annullata per ragioni meramente processuali, il divieto in esame non subisce alcuna violazione. Nell'ipotesi prospettata infatti il giudizio di rinvio non riguarda la sentenza di secondo grado - che di per sé non ha determinato il consolidamento di alcuna posizione processuale - ma ha ad oggetto le statuizioni della pronuncia di primo grado stessa situazione si presenta nel caso in cui la sentenza annullata sia stata pronunciata a seguito di impugnazione del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento. A contrario, se la sentenza di condanna è stata annullata con rinvio su ricorso dell'imputato relativo alla sussistenza del reato, alla sua responsabilità e/o alla commisurazione giudiziale della pena, il divieto di reformatio in peius deve essere tenuto ben presente . In tali casi, ha precisato la Corte, la cognizione del giudice del rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura di sicurezza, non interessato dall'annullamento. Pertanto, in caso di conferma della condanna, in forza del combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, c.p.p. , la pena irrogata non può essere più grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d'appello con la sentenza annullata. Ai sensi del citato art. 597 comma 3 c.p.p. quando appellante è il solo imputato, il giudice non può [ i ] irrogare una pena più grave per specie o quantità, [ ii ] applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, [ iii ] prosciogliere l'imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata [ iv ] né revocare benefici, salva la facoltà, entro indicati nel comma 1, di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado . Come ha fatto notare la Corte, dunque, i l riferimento della norma all'operatività del divieto in relazione all'applicazione non solo di una misura di sicurezza nuova, ma anche di una più grave, non può che intendersi, anche alla maggiore gravità in termini di durata temporale della misura di sicurezza . In altri termini la gravità di una misura di sicurezza non può che valutarsi con riferimento anche alla durata degli effetti limitativi della sfera giuridica del soggetto destinatario. Ebbene la sentenza impugnata, secondo la Suprema Corte, non si è attenuta al principio di diritto enunciato. La sentenza della Corte territoriale emessa all'esito del primo giudizio in appello, infatti, aveva ridotto da due anni a un anno la durata della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all'art. 609 - nonies , ultimo comma, n. 2, c.p. Con la sentenza d'appello emessa all'esito del giudizio rescissorio, la Corte ha confermato la responsabilità dell'imputato ma, in violazione del divieto di reformatio in peius , ha applicato per la durata di due anni la citata misura di sicurezza, come applicata dal giudice di primo grado e nonostante la riduzione della stessa all'esito del giudizio d'appello culminato con la sentenza annullata. L'annullamento della Corte La Suprema Corte ha dunque annullato la sentenza impugnata limitatamente alla durata della disposta misura di sicurezza e ha rideterminato la durata di detta misura in un anno, non ritenendo necessari ulteriori accertamenti in fatto.

Presidente Dovere – Relatore Antezza Ritenuto in fatto 1. A.P. è stato condannato dal Tribunale di Como con sentenza del 24 gennaio 2019 per il reato come contestatogli di cui agli artt. 81, comma 2, 609 -bis , e 609 -ter , ultimo comma, c.p., perché, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso e in tempi diversi, con violenza consistita nella repentinità delle condotte che non consentiva alla vittima un'adeguata difesa nonché abusando delle condizioni di inferiorità fisico-psichica della persona offesa nata il omissis , dovuta alla significativa differenza di età tra lui e la minore e alla fiducia da quest'ultima riposta in lui in quanto amico di famiglia, costringeva F.A. o comunque la induceva a compiere o subire atti sessuali con l'aggravante di aver commesso fatti - in data omissis nei confronti di persona minore degli anni 10 . È seguita altresì la condanna al risarcimento danni in favore delle costituite parti civili. In particolare, è stato accertato che l'imputato, nel corso del fine settimana trascorso insieme alla compagna e alla loro figlia presso l'abitazione di F.N.L. e di L.S., genitori della minorenne A., ha toccato le parti intime della bambina, accarezzandole i genitali anche infilandole una mano nelle mutandine e palpeggiandole la vulva da tergo, in almeno tre circostanze una volta all'interno della camera da letto dei genitori della minore una seconda volta all'interno della camera di quest'ultima e la terza nel bosco ove vittima e imputato si erano recati a fare una passeggiata unitamente alla figlia minorenne del prevenuto e al padre della persona offesa . 2. Con la statuizione indicata in epigrafe la Corte d'appello di Milano, all'esito del giudizio rescissorio caratterizzato da rinnovazione dell'istruttoria per la nomina di un perito per accertamenti, sulla base degli atti videoregistrazione e trascrizione dell'esame , in merito ai silenzi e al comportamento dalla bambina nel corso dell'incidente probatorio, ha nuovamente confermato la condanna dell'imputato per la fattispecie continuata ascrittagli, escludendo anch'essa la sussistenza delle circostanze attenuanti generiche. Riconosciuta l'ipotesi di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , considerata prevalente sull'aggravante prevista dall'art. 609-ter, ultimo comma, stesso codice, è stata ridotta ad anni quattro di reclusione la pena di sette anni e otto mesi di reclusione inflitta all'imputato in primo grado, è stata sostituita l'interdizione perpetua dai pubblici uffici con l'interdizione per la durata di cinque anni ed è stata confermata la durata di due anni della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori art. 609- nonies, ultimo comma, n. 2, c.p. , già applicata in primo grado ma ridotta a un anno con la sentenza d'appello annullata. 3. Avverso la sentenza rescissoria l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, articolando otto motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173, comma 1, disp. att. c.p.p. 3.1. Con i primi tre motivi di ricorso si deducono violazione di legge oltre che vizio cumulativo di motivazione in merito alle valutazioni circa i silenzi e il comportamento dalla bambina nel corso dell'incidente probatorio nonostante gli esiti della perizia disposta per comprendere le ragioni del suo silenzio e/o della sua reticenza sui fatti narrati ai genitori e i motivi di alcuni atteggiamenti assunti in connessione con le frasi dalla stessa pronunciate. Si evidenzia, per come emergerebbe peraltro dalla sentenza impugnata, che il perito ha ritenuto assolutamente non interpretabili sia gli eventuali rapporti tra comportamento, enunciati dichiarativi e racconto fatto dalla bambina ai genitori, sia le ragioni del suo silenzio e/o della sua reticenza sui fatti narrati. 3.1.1. Premesso quanto innanzi, in primo luogo, laddove non priva di motivazione sul punto, la sentenza impugnata in termini manifestamente illogici e comunque contraddittori avrebbe, prima, ritenuto le dette conclusioni del perito non solo sostanzialmente sovrapponibili a quelle del consulente della difesa ma anche meritevoli di positivo apprezzamento e, successivamente, dichiarato di dover prescindere dalle risultanze dell'incidente probatorio per accertata impossibilità di attribuire significanza al silenzio/reticenza di A. . 3.1.2. Il perito, in ciò confortato dal consulente della difesa, a detta del ricorrente, non sarebbe invece pervenuto a una valutazione in termini di impossibilità di dare significato ai comportamenti tenuti dalla persona offesa in sede di incidente probatorio oltre che ai silenzi e/o alle reticenze della stessa, ma avrebbe indicato diverse ipotesi ricostruttive tutte valide a livello scientifico in termini di non accadimento dei fatti contestati invece riferiti dalla bimba alla madre di effettiva verificazione degli stessi seguita da una non ripetizione del narrato in sede di incidente probatorio in quanti privi, per lei, di un vissuto negativo e/o traumatico, ovvero ancora in termini di intervenuta amnesia infantile. Ne deriverebbe, per il ricorrente, la sostanziale violazione della regola di giudizio del c.d. ragionevole dubbio , di cui all' art. 533 cod. proc. pen. , in quanto, in ragione delle diverse ipotesi scientifiche prospettate dal perito in ciò confortato dal consulente di parte , il giudice di merito avrebbe dovuto prosciogliere l'imputato avendo i tecnici formulato, tra le altre, anche l'ipotesi di non accadimento dei fatti oltre a quelle della mancata ripetizione di un narrato inerente a fatti realmente accaduti ovvero all'intervenuta amnesia infantile . 3.1.3. Nei termini di cui innanzi, in definitiva, per il ricorrente, la Corte territoriale, nonostante i riportati esiti dell'esame peritale, avrebbe confermato il giudizio di responsabilità in capo all'imputato valutando altri elementi di prova, in particolare le dichiarazioni rese dai genitori della bimba quali testimoni de relato, sostanzialmente ritenendo inutilizzabile la deposizione dell'indicata persona offesa in assenza di una specifica causa della detta sanzione processuale. 3.2. Con il quarto motivo di ricorso si deduce vizio cumulativo di motivazione circa l'apparato argomentativo posto a fondamento della confermata responsabilità dell'imputato e imperniato sostanzialmente sulle deposizioni dei genitori della bimba. Il riferimento è sia alle testimonianze dirette, quanto alla generica condotta tenuta dal prevenuto in periodi antecedenti oltre che nel contesto spazio-temporale delle ascritte violenze, sia alle testimonianze indirette, in merito ai tre episodi di violenza sessuale riferiti dalla minorenne e non oggetto di conferma in sede di incidente probatorio dalla stessa quale testimone di riferimento. La Corte territoriale, contraddittoriamente, avrebbe prima chiarito che le dichiarazioni dei genitori non costituiscono elemento di prova autonomo in relazione agli specifici fatti oggetto di contestazione e, successivamente, avrebbe fondato l'accertamento di responsabilità dell'imputato proprio sulle dette dichiarazioni. Esse, peraltro, si scontrerebbero con le situazioni di contesto in cui sarebbero state consumate le violenze in quanto tali, queste ultime, a detta del ricorrente, da rendere visibile e percepibile l'eventuale condotta dell'imputato agli adulti ivi presenti. Il giudice d'appello non avrebbe altresì tenuto in debita considerazione, rendendo comunque in merito motivazione contraddittoria e manifestamente illogica, l'anomalia delle domande poste dalla madre alla bimba, tali da inficiare l'esito dell' intervista dalla prima sostanzialmente condotta nei confronti della seconda. 3.3. Con i motivi quinto, sesto e settimo si deducono vizio cumulativo di motivazione tanto in merito alla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, avendo sul punto reso solo motivazione per relationem alla sentenza di primo grado senza valutare le circostanze addotte dalla difesa a sostegno dello specifico motivo d'appello, quanto in ordine alla riduzione nei termini non massimi per l'attenuante di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , oltre che vizio di motivazione e violazione di legge per la mancata specifica motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione. 3.4. Con l'ottavo motivo si deduce l'errore nel quale sarebbe incorsa la Corte territoriale nell'aver confermato, in violazione del divieto di reformatio in peius, la durata di due anni della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all' art. 609-nonies, ultimo comma, n. 2, c.p. , invece ridotta ad anni uno in sede di primo giudizio d'appello, celebrato su impugnazione del solo imputato e concluso con sentenza annullata con rinvio in accoglimento del ricorso della difesa. 4. Le parti hanno concluso nei termini di cui in epigrafe. Considerato in diritto 1. È fondata la sola censura che si appunta sulla durata della misura di sicurezza dedotta con l'ottavo motivo di ricorso . 2. I motivi di ricorso dal primo al quarto, suscettibili di trattazione congiunta in ragione della connessione delle sottese questioni, sono infondati, al netto dell'inammissibile tentativo del ricorrente di sostituire proprie valutazioni anche di natura probatoria a quelle del giudice di merito circa la possibilità/per gli adulti presenti nel contesto spazio temporale delle violenze consumate nel fine settimana del omissis , di scorgere le condotte ascritte all'imputato. 2.1. La Corte territoriale come emerge dall'apparato motivazionale di cui alle pagine 29 e ss. , seguendo il percorso tracciato dalla sentenza rescindente al fine di valutare la deposizione del testimone di riferimento la bimba persona offesa , ha rinnovato l'istruttoria mediante perizia effettuata sulla base degli atti dichiarazioni della bimba e videoregistrazione , pervenendo, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, a un giudizio non in termini di inutilizzabilità delle dette dichiarazioni quale sanzione processuale ma di sostanziale non conducenza dell'esito dell'incidente probatorio. A tale giudizio il giudice di merito è pervenuto sulla base di considerazioni tecnico-scientifiche degli esperti perito e consulente della difesa circa le tre possibili e parimenti plausibili ragioni sottese ai silenzi e alle reticenze dell'escussa persona offesa oltre che agli atteggiamenti dalla stessa assunti in sede di incidente probatorio, in termini di non accadimento dei fatti contestati invece riferiti dalla bimba alla madre di effettiva verificazione degli stessi seguita da una non ripetizione del narrato in sede di incidente probatorio in quanti privi, per lei, di un vissuto negativo e/o traumatico, ovvero ancora in termini di intervenuta amnesia infantile. I tecnici difatti, come chiarito in sentenza, sono pervenuti alle suddette conclusioni, sul punto concordi, ritenute dal giudice di merito positivamente apprezzabili e dallo stesso effettivamente apprezzate, all'esito di un corretto e comunque non contraddetto approccio scientifico, in termini di assoluta non interpretabilità dei detti silenzi, delle reticenze e delle condotte della minorenne in sede di incidente probatorio. 2.2. Ne è conseguita la logica conclusione, cui è sostanzialmente pervenuta la Corte territoriale, dell'impossibilità di ricollegare allo specifico fenomeno, consistente in silenzi e/o reticenze e comportamento della bimba in sede di incidente probatorio, un risultato di prova processualmente utile al fine di accertare la sussistenza o l'insussistenza dei fatti, con conseguente apprezzamento non della testimonianza del teste di riferimento ma delle sole deposizioni de relato. Motivando nei detti termini, peraltro, ancorché con riferimento alla peculiare fattispecie in esame, la Corte territoriale ha mostrato di aver correttamente applicato il principio di diritto di cui alla sentenza rescindente, in questa sede ulteriormente ribadito, per il quale in tema di testimonianza indiretta, qualora la persona alla quale il testimone ha fatto riferimento sia stata chiamata a deporre e non abbia risposto, ovvero abbia fornito una versione contrastante, il giudice può ritenere attendibile, all'esito di una valutazione improntata a speciale cautela, la deposizione del teste de relato in quanto, da un lato, l' art. 195 c.p.p. non prevede alcuna gerarchia tra le dichiarazioni e, dall'altro, una diversa soluzione contrasterebbe con il principio del libero convincimento del giudice, cui compete in via esclusiva la scelta critica e motivata della versione dei fatti da privilegiare ex plurimis, oltre alla citata sentenza rescindente - Sez. 3, n. 23105 del 2021 , in motivazione - Sez. 3, n. 529 del 02/12/2014 , dep. 2015, N., Rv. 26179 Sez. 1, n. 39662 del 07/10/2010 , Valpiani, Rv. 248478 Sez. 3, n. 2010 del 30/11/2007, dep. 2008, Vitiello, Rv. 238626, tutte richiamata dalla citata Sez. n. 23105 del 2021 si veda altresì sul punto anche Sez. 6, n. 38064 del 05/06/2019 , Pisani, Rv. 277062 . 2.3. Si mostra di conseguenza inconferente anche la censura con la quale si prospetta la violazione della regola di giudizio del ragionevole dubbio, di cui all' art. 533 c.p.p. , che, peraltro, erroneamente il ricorrente pone in relazione al singolo mezzo di prova la deposizione del teste di riferimento rispetto a deposizioni de relato e non al giudizio probatorio complessivo che, nella specie, consta delle deposizioni de relato, circa le specifiche condotte di violenza, e dirette, in merito al modo di porsi dell'imputato con la vittima in momenti diversi e/o precedenti. Il giudice d'appello, con la cui motivazione sul punto non si confronta il quarto motivo di ricorso, ha difatti correttamente posto a fondamento del giudizio di responsabilità le testimonianze dei genitori della persona offesa, indirette, con riferimento a quanto riferito dalla bimba in assenza di comportamenti motivatamente ritenuti dalla Corte territoriale non suggestionanti degli adulti, e dirette, in merito alle condotte e agli atteggiamenti tenuti dal prevenuto in circostanze antecedenti ai fatti oltre che nel contesto spazio-temporale delle tre violenze. Circostanze, queste ultime, peraltro ritenute, con motivazione coerente e non manifestamente illogica, perfettamente sovrapponibili alle tre situazioni di contesto delle tre violenze riferite dalla bambina. 3. Infondati, complessivamente considerati, si mostrano i motivi quinto, sesto e settimo, che si appuntano sulla ritenuta insussistenza delle circostanze attenuanti generiche, e, più in generale, sul trattamento sanzionatorio in ragione della riduzione non massima per l'applicata circostanza attenuante di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , e per la mancata specifica motivazione in ordine agli aumenti per la continuazione. 3.1. Va difatti ribadito che la valutazione dei vari elementi ai fini della commisurazione giudiziale della pena rientra nei poteri discrezionali del giudice il cui esercizio, se effettuato, come nella specie, nel rispetto dei parametri valutativi di cui all' art. 133 c.p. , è censurabile in cassazione solo quando sia frutto di mero arbitrio o di ragguaglio illogico ex plurimis, Sez. 4, n. 61 del 11/12/2019, dep. 2020, Tanga, in motivazione Sez. 2, n. 45312 del 13/11/2015 , Luparello, in motivazione . Quanto alle circostanze attenuanti generiche, in particolare, il loro riconoscimento non costituisce un diritto conseguente all'assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto ma richiede elementi, di segno positivo, dalla cui assenza legittimamente deriva il diniego del riconoscimento delle stesse Sez. 4, n. 20132 del 19/04/2022, Guccione, in motivazione Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, De Crescenzo, Rv. 281590-01, nonché la conforme Sez. 1, n. 3529 del 22/09/1993, Stellinato, Rv. 195339-01 . Il loro riconoscimento è difatti oggetto di un giudizio di fatto che presuppone l'emersione ovvero l'allegazione di elementi idonei a fondare l'invocata mitigazione sanzionatoria, la cui assenza ne legittima il diniego da parte del giudice di merito che, allo scopo di giustificarlo, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti ovvero rilevabili dagli atti, essendo sufficiente il riferimento agli elementi ritenuti decisivi o, in ogni caso, rilevanti ex plurimis Sez. 4, n. 20132/2022, Guccione, in motivazione Sez. 3, n. 16677 del 02/03/2021 , Ballarini, in motivazione Sez. 5, n. 43952 del 13/04/2017 , Pettinelli, Rv. 271269-01 Sez. 3, n. 28535 del 19/03/2014 , Lule, Rv. 259899-01 . 3.2. Orbene, differentemente da quanto dedotto dal ricorrente in termini di omessa motivazione, la Corte territoriale, in considerazione delle specifiche doglianze d'appello, ha ritenuto sussistente nonché prevalente sulla contestata aggravante la circostanza attenuante di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , non applicandola nella massima estensione in ragione anche dell'età della vittima di appena quattro anni , pur trattandosi di toccamenti di genitali non particolarmente invasivi e non incidenti in maniera significativa sullo sviluppo psico-fisico della persona offesa. Coerentemente e con motivazione non manifestamente illogica, il giudice d'appello ha altresì confermato il giudizio d'insussistenza delle circostanze attenuanti generiche in ragione del particolare modo di atteggiarsi della condotta, evidenziante un dolo di significativa intensità, in quanto posta in essere anche mediante l'approfittamento della benevolenza e dell'accoglienza dei genitori della persona offesa, oltre che da parte di soggetto che, per sua stessa ammissione, ha detenuto materiale pedopornografico ritraente la propria figlia minorenne fatto per il quale pende separato procedimento penale . 3.3. Infondata è altresì la censura che si appunta sull'apparato motivazionale relativo all'aumento per la continuazione, in ragione di quanto statuito da Sez. U, n. 47127 del 24/06/2021 , Pizzone, Rv. 282269, per cui in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre a individuare il reato più grave e stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l'aumento di pena in modo distinto per ciascuno dei reati satellite. Con la citata sentenza la Corte Suprema difatti, ha precisato che il grado di impegno motivazionale richiesto in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all'entità degli stessi e deve essere tale da consentire di verificare che siano stati rispettati il rapporto di proporzione tra le pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, e i limiti previsti dall' art. 81 c.p. e che non si sia stato operato surrettiziamente un cumulo materiale di pene. Nella specie, l'imputato è stato condannato alla pena finale di quattro anni di reclusione, ritenuta la circostanza attenuante di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , prevalente sulla contestata aggravante, operato sulla pena di anni tre e mesi sei di reclusione un aumento complessivo, per la c.d. continuazione interna con le altre due fattispecie, di sei mesi di reclusione. In tali termini, la determinazione della pena in aumento per la continuazione, in considerazione della circostanza per cui trattasi di episodi ravvicinati e sostanzialmente sovrapponibili nelle concrete modalità di estrinsecazione, consente nella specie di verificare il rispetto del rapporto di proporzione tra le pene, tre anni e sei mesi di reclusione per il reato base e un aumento di sei mesi di reclusione per i due reati in continuazione, nonché dei limiti previsti dall' art. 81 c.p. , escludendo così un surrettizio cumulo materiale di pene. 3.4. Il calcolo di pena di cui innanzi esclude poi che si versi in una ipotesi di pena illegale, pena dedotta dalla difesa dell'imputato, in sede di discussione, assumendo l'applicazione, a una fattispecie commessa nel [ ], del trattamento sanzionatorio previsto dall' art. 609-bis, c.p. , successivo alle modifiche apportate con l' art. 13, comma 1, L. 19 luglio 2019, 69 , che ha innalzato i precedenti limiti edittali da cinque a dieci anni di reclusione agli attuali da sei a dodici anni di reclusione . La pena in concreto comminata difatti, considerata anche la mancata riduzione al massimo per l'attenuante di cui all' art. 609-bis, ultimo comma, c.p. , rientra nella cornice edittale da cinque a dieci anni di reclusione invocata dallo stesso ricorrente come applicabile alla fattispecie. 4. È invece fondato l'ottavo motivo, deducente la violazione del divieto di reformatio in peius quanto alla determinazione della durata della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all' art. 609-nonies, ultimo comma, n. 2, c.p. . 4.1. In merito ai rapporti tra giudizio rescissorio a seguito di annullamento in sede di legittimità e divieto di reformatio in peius, costituisce principio giurisprudenziale consolidato quello secondo cui il detto divieto non subisce alcuna violazione laddove la sentenza di appello sia stata annullata per ragioni esclusivamente processuali, poiché il giudizio di rinvio ha riguardo alle statuizioni contenute nella sentenza di primo grado in quanto la sentenza di secondo grado annullata non ha determinato il consolidamento di alcuna posizione processuale, ovvero allorquando la sentenza annullata sia stata pronunciata a seguito di impugnazione del pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento si vedano sul punto, ex plurimis, Sez. 2, n. 7808 del 04/12/2019 , dep. 2020, EI Khalfi, Rv. 278680, Sez. 3, n. 9698 del 17/11/2016 , dep. 2017, M., Rv. 269277, e, con riferimento all'annullamento della sentenza di primo grado per ragioni processuali, oltre a Sez. U, n. 17050 del 11/04/2006 , Maddaloni, Rv. 233729, anche Sez. 3, n. 6710 del 18/10/2017 , Aperi, Rv. 272117, e Sez. 2, n. 24820 del 25/02/2009 , M., Rv. 244453 . 4.2. Di contro, in caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso dell'imputato relativo alla sussistenza del reato e alla sua responsabilità, la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura della pena, non interessato dall'annullamento, cosicché, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, cod. proc. pen. , la pena irrogata non può essere più grave, per specie e quantità, di quella inflitta dal giudice di primo grado o, se inferiore, di quella rideterminata in grado d'appello con la sentenza annullata Sez. 2 n. 7808 del 2019, dep. 2020, EI Khalfi, cit., che, peraltro, fa esplicito riferimento alla sostanzialmente conforme Sez. 2, n. 46307 del 20/07/2016 , Buono, Rv. 268315, oltre che a Sez. 4, n. 20337 del 07/03/XXXX, I., Rv. 270704, secondo cui il divieto in oggetto opera anche nel giudizio di rinvio nel caso in cui la sentenza di appello annullata sia stata pronunciata a seguito di impugnazione proposta dal solo imputato contro una sentenza di condanna, mentre non opera nel caso in cui la sentenza annullata sia stata pronunciata a seguito di impugnazione proposta dal pubblico ministero contro una sentenza di proscioglimento sul punto si veda anche la precedente Sez. U, n. 16208 del 27/03/2014 , C., Rv. 258652, per la quale il divieto opera anche nel giudizio di rinvio e con riferimento alla decisione del giudice di appello se il ricorso per cassazione è stato proposto dall'imputato, essendo irrilevante, per il verificarsi di questi effetti, che la sentenza di primo grado sia stata appellata dal pubblico ministero . 4.3. Nel medesimo solco interpretativo deve in questa sede chiarirsi, in ragione di specifica sollecitazione sul punto da parte del ricorrente condivisa dalla Procura Generale , che, mutatis mutandis, i principi di cui innanzi, circa i rapporti tra giudizio rescissorio a seguito di annullamento in sede di legittimità e divieto di reformatio in peius, operano, ex artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, c.p.p. , anche per il caso di applicazione di una misura di sicurezza più grave ancorché per la maggiore durata rispetto a quella applicata con la sentenza annullata su impugnazione del solo imputato. 4.3.1. Il citato art. 597, comma 3, c.p.p. , difatti, sancisce che quando appellante è il solo imputato, il giudice non può irrogare una pena più grave per specie e quantità, applicare una misura di sicurezza nuova o più grave, prosciogliere l'imputato per una causa meno favorevole di quella enunciata nella sentenza appellata nè revocare benefici, salva la facoltà nei limiti di cui al comma 1 del medesimo articolo di dare al fatto una definizione giuridica più grave, purché non venga superata la competenza del giudice di primo grado. La disposizione in esame estende dunque il divieto di reformatio in peius anche all'applicazione di una misura di sicurezza nuova o più grave, a differenza dell'art. 515 del codice di rito previgente, il quale, nel delimitare la cognizione del giudice d'appello, riferiva il divieto in esame solo all'applicazione di pene e alla revoca dei benefici e non anche alle situazioni relative alle misure sicurezza Sez. 6, n. 27928 del 30/03/2022 , P., Rv. 283330 si vedano sul punto, peraltro esplicitamente richiamate dalla sentenza appena citata, Sez . 3, n. 12999 del 12/11/2014 , dep. 2015, Vasile Sez. 6, n. 15892 del 08/01/2014, Lavagna, Rv. 261530 Rv. 262991 Sez. 1, n. 20004 del 30/04/2009 , Vico, Rv. 243779 si veda altresì Sez. 1, n. 331 del 28/02/1966, Pizzardi, Rv. 101733 per la quale, con specifico riferimento alla misura della casa di cura e di custodia, il giudice di appello, allorquando appellante sia il solo imputato, non può, in base al principio del tantum devolutum quantum appellatum, sottoporre il condannato a una misura di sicurezza, non applicata dal giudice di primo grado, nè modificare peggiorativamente le modalità di esecuzione di quella applicata dal primo giudice . 4.3.2. Limitando i riferimenti sempre alle misure di sicurezza, il divieto di reformatio in peius è stato peraltro ritenuto principio di portata generale e quindi applicabile anche in procedimenti di sorveglianza nel caso in cui il Tribunale di sorveglianza svolga funzioni di giudice d'appello ex plurimis Sez. 1, n. 48304 del 07/06/2018 , Hanine, Rv. 274535, in fattispecie in cui il Tribunale, pronunciando sull'appello proposto dal solo imputato avverso il provvedimento del magistrato di sorveglianza che aveva dichiarato eseguibile la misura di sicurezza non detentiva della espulsione dal territorio dello Stato, aveva sostituito la stessa con quella, più grave, della assegnazione a una colonia agricola Sez. 5, n. 48786 del 28/05/2013, Er Avini, Rv. 258659, in fattispecie sostanzialmente sovrapponibile a quella di cui alla sentenza appena citata ma relativa alla dichiarazione di eseguibilità, in luogo della misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello stato, della più grave misura dell'assegnazione a una casa di lavoro . 4.3.3. Il riferimento dell' art. 597, comma 3, c.p.p. , all'operatività del divieto in relazione all'applicazione non solo di una misura di sicurezza nuova ma anche di una più grave, essendo la gravità della stessa da valutarsi in relazione alla durata degli effetti limitativi della sfera giuridica del soggetto che la subisce, non può che intendersi, infine, anche alla maggiore gravità in termini di durata temporale della misura di sicurezza, come si deduce essere avvenuto nella fattispecie circa il riferimento alla durata temporale, ancorché in ordine alla valenza del divieto in esame con riferimento alle misure di prevenzione, si vedano, ex plurimis, Sez. 1, n. 25907 del 15/01/2021 , Gaeta, Rv. 281447, e Sez. 6, n. 29964 del 12/05/2016 , Giacchetti, Rv. 267068 in merito all'inoperatività del divieto per l'ipotesi di modifica in modo peggiorativo delle sole modalità di esecuzione della misura di sicurezza della libertà vigilata applicata dal primo giudice, dovendo essere le relative prescrizioni idonee a evitare occasioni di nuovi reati e quindi suscettibili di modifiche o limitazioni, Sez. 1, n. 48569 del 27/09/2017 , Vecchi, Rv. 271406, la quale, evidenzia la differenza tra la fattispecie sottopostagli, relativa alle modalità esecutive della libertà vigilata, da quella sottoposta all'attenzione di Sez. 1, n. 331 del 1966, Pizzardi, cit., avente a oggetto il ricovero in casa di cura e di custodia, in relazione alla quale, a differenza della libertà vigilata, non è prevista l'individuazione di modalità esecutive, tanto che la questione concerneva la decisione del giudice di appello che, modificando la decisione di primo grado, aveva disposto che l'esecuzione della misura dovesse seguire, anziché precedere, l'esecuzione della pena, così, di fatto, rendendola più gravosa . 4.3.4. Ne consegue dunque, in merito ai rapporti tra il divieto in esame e il giudizio di rinvio da annullamento in sede di legittimità con riferimento all'ipotesi di applicazione di una misura di sicurezza più grave nella specie, per la sua maggiore durata , ex artt. 597, 609 e 627 c.p.p. , il seguente principio di diritto In caso di annullamento con rinvio della sentenza di condanna su ricorso per cassazione dell'imputato relativo alla sussistenza del reato, alla sua responsabilità e/o alla commisurazione giudiziale della pena la cognizione del giudice di rinvio è limitata dal giudicato Implicito formatosi sul capo della sentenza relativo alla misura di sicurezza, non interessato dall'annullamento, cosicché, in caso di conferma della condanna, per il combinato disposto degli artt. 597, comma 3, 609 e 627, comma 2, c.p.p. , la misura di sicurezza irrogata non può essere più grave, anche in termini di durata, di quella applicata dal giudice di primo grado o, se meno grave, di quella applicata in grado d'appello con la sentenza annullata . 4.4. Orbene, la Corte territoriale non si è attenuta al suddetto principio. La Corte d'appello di Milano con sentenza del 12 febbraio 2020, in parziale riforma della sentenza di primo grado appellata dal solo imputato, ha ridotto da due anni a un anno la durata della misura di sicurezza del divieto di svolgere lavori che prevedano contatto abituale con minori di cui all' art. 609-nonies, ultimo comma, n. 2, c.p. così applicandola nel minimo edittale . La citata sentenza, in parziale accoglimento del ricorso proposto dal solo imputato peraltro non sindacante il capo relativo alla detta misura di sicurezza è stata annullata con rinvio da Sez. 3, n. 23105 del 26 febbraio 2021 in ragione del terzo motivo di doglianza e nei termini già innanzi chiariti circa l'accertamento della responsabilità per le fattispecie ascritte in rubrica . Con la sentenza attualmente sub iudice il giudice d'appello, all'esito del giudizio rescissorio, ha confermato la responsabilità dell'imputato ma, in violazione del divieto di reformatio in peius, ha applicato per la durata di due anni la citata misura di sicurezza, come applicata dal giudice di primo grado e nonostante la riduzione della stessa all'esito del giudizio d'appello culminato con la sentenza annullata. 4.5. Da qui, l'obbligatorietà di una pronuncia di annullamento della sentenza impugnata limitatamente alla durata della disposta misura di sicurezza, durata che, ex art. 620, lett. L, cod. proc. peri., non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, deve essere rideterminata in un anno. 5. Per converso, il ricorso nel resto è rigettato con condanna del ricorrente alla rifusione alle parti civili F.N.L. e L.S., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore persona offesa, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro quattromilacento, oltre accessori come per legge. Si dispone altresì, in quanto disposto dalla legge, in caso di diffusione del presente provvedimento l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi, a norma dell' art. 52 D.Lgs. n. 196 del 2003 . P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla durata della disposta misura di sicurezza, durata che ridetermina in un anno. Rigetta il ricorso nel resto e condanna il ricorrente alla rifusione alle parti civili F.N.L. e L.S., in proprio e nella qualità di esercenti la potestà genitoriale sulla minore persona offesa, delle spese di questo giudizio di legittimità, liquidate in Euro quattromilacento/00, oltre accessori come per legge. Oscuramento dati.