Integrazione dei corrispettivi: quando considerare unitaria la base imponibile IVA?

Per la Suprema Corte di Cassazione la base imponibile ha natura tendenzialmente unitaria, senza possibilità di applicare aliquote differenti per le singole prestazioni di un unico contratto, nel caso in cui l'integrazione del corrispettivo prevista dal contratto non sia riconducibile ad alcuna prestazione specifica.

Il fatto ha origine da una società consortile a responsabilità limitata affidataria della gestione del sistema di mobilità alternativa e dei connessi parcheggi di un noto comune del centro Italia. Oggetto del contratto di affidamento sono diverse prestazioni, fra le quali la gestione tecnica ed economica del sistema di mobilità alternativa, la gestione dei parcheggi, il diritto di sfruttamento delle aree commerciali e degli spazi pubblicitari ricavabili all'interno degli stessi. Inoltre per quanto concerne gli aspetti economici la clausola di cui all'art. 3 del menzionato contratto prevede che gli introiti derivanti dalla gestione dei parcheggi, dallo sfruttamento delle aree commerciali e degli spazi pubblicitari sono di pertinenza della società, mentre, ai fini del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario , il Comune deve corrispondere alla società tutte le risorse necessarie per il ripiano dei disavanzi connessi alla gestione oggetto del contratto , e quest'ultima, invece, deve corrispondere al Comune gli eventuali utili netti risultanti dal rendiconto della gestione degli impianti affidati . Al termine dell'esercizio relativo al periodo d'imposta 2016, trovandosi in disavanzo di gestione oggetto del contratto, la società consortile chiede ed ottiene, l'erogazione da parte del Comune della somma necessaria a ripianare il disavanzo. A tal fine la società emette sei fatture con applicazione dell'aliquota agevolata del 10 per cento ai sensi della tabella A, parte III, n. 127 -novies , del d.P.R. n. 633 del 1972, sul presupposto che tale disavanzo fosse stato generato dalla sola gestione del servizio di mobilità alternativa, in quanto lo stesso essendo un servizio gratuito non ha generato ricavi. Successivamente la società avanza all'amministrazione finanziaria la richiesta di rimborso per l'eccedenza IVA relativa all'anno d'imposta 2016 , generata dal minor importo dell'IVA sulle vendite dovuta proprio all'emissione delle menzionate fatture emesse con applicazione dell'aliquota agevolata al 10%. L'Agenzia delle Entrate rigetta parzialmente la richiesta di rimborso sostenendo che le fatture relative all'integrazione dei corrispettivi fossero soggette ad aliquota ordinaria al 22%. Il contribuente propone ricorso, il quale viene accolto in primo ed in secondo grado, sulla base del fatto che dalla documentazione fornita dal contribuente emergesse con chiarezza che l'unica gestione suscettibile di essere ripianata mediante l'erogazione di contributi ad opera del Comune non potesse che essere rappresentata dal servizio di mobilità alternativa e che tale circostanza rendeva possibile scindere le aliquote applicabili . Avversa alla sentenza di secondo grado, l'Agenzia delle Entrate propone ricorso in Cassazione. La Corte di Ultima Istanza riprendendo quanto espresso dall'art. 13, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972 e dall'art. 73 della Direttiva IVA 2006/112 CE, entrambi in materia di base imponibile, afferma che se da un lato, nella base imponibile vanno ricompresi tutti i corrispettivi dovuti al cedente o al prestatore di servizi sulla base delle condizioni contrattuali , fatta eccezione degli elementi normativamente previsti, dall'altro, la base imponibile ha natura tendenzialmente unitaria, senza possibilità di applicare aliquote differenti per le singole prestazioni di un unico contratto, quando, come nel caso di specie, l'integrazione del corrispettivo prevista dal contratto stipulato tra le parti non è riconducibile ad alcuno degli elementi normativamente individuati, e la prestazione economica è, quindi, unica, indissociabile e solo artificiosamente scomponibile in tal senso, Corte di Giustizia, sentenza 11/2/2010 in causa C-88/09 Cass. n. 13312 del 2013 . Sulla base di quanto espresso, la Suprema Corte accoglie il ricorso proposto dall'Agenzia delle Entrate in virtù del fatto che il corrispettivo pattuito a titolo di copertura del disavanzo, fosse comprensivo anche degli introiti dei parcheggi e dello sfruttamento delle aree commerciali e pertanto tale corrispettivo va considerato globalmente e integralmente come prezzo dell'operazione economica. Tale situazione a parere della Cassazione si è resa evidente dal fatto che l'integrazione sarebbe stata dovuta soltanto nel caso in cui il rapporto complessivo tra introiti e costi fosse stato negativo , da intendersi quindi come risultato complessivo dell'intera gestione e non solo di una parte, e che se la differenza avesse dato luogo ad un utile , quest'ultimo avrebbe dovuto essere versato al Comune come risultato dell'intera gestione e quindi non di una specifica gestione. In tal senso la Suprema Corte nega possibilità di applicare aliquote differenti per le singole prestazioni di un unico contratto , nel caso in cui l'integrazione del corrispettivo prevista dal contratto non sia oggettivamente riconducibile ad alcuna prestazione specifica. Sul tema anche la prassi amministrativa, con Risoluzione dell'Agenzia delle Entrate n. 111/2004, ha chiarito che per un consolidato principio di carattere generale, implicito nell'ordinamento che disciplina l'imposta sul valore aggiunto, se a fronte di prestazioni per le quali sono previste diverse aliquote viene richiesto e fatturato un corrispettivo indistinto prevale in ogni caso l'aliquota maggiore.

Presidente Bruschetta – Relatore Luciotti Rilevato che 1. La TPL Mobilità scarl, affidataria della gestione del sistema di mobilità alternativa e dei connessi parcheggi di struttura del Comune di Spoleto, con contratto stipulato in data 19/12/2014, al termine dell'esercizio relativo all'anno d'imposta 2016, trovandosi in disavanzo nella gestione oggetto del contratto, chiedeva ed otteneva dal predetto Ente l'erogazione della somma necessaria a ripianare il detto disavanzo, ai sensi dell'art. 3, comma 2, del contratto. Emetteva, pertanto, sei fatture con applicazione dell'aliquota agevolata del 10 per cento si sensi della tabella A, parte III, n. 127-novies, del D.P.R. n. 633 del 1972 sul presupposto che il disavanzo era stato generato dalla sola gestione del servizio di mobilità alternativa, che non aveva generato ricavi in quanto gratuito. 2. Successivamente, la società contribuente avanzava all'amministrazione finanziaria istanza di rimborso dell'eccedenza IVA esposta nella dichiarazione relativa all'anno d'imposta 2016 relativamente alle predette sei fatture, che l'Agenzia delle entrate rigettava parzialmente sostenendo che le fatture erano riferite all'effettuazione di plurime prestazioni soggette ad aliquote d'imposta diverse ordinaria al 22 per cento e agevolata al 10 per cento ma che, in assenza della specifica individuazione dei corrispettivi percepiti per ogni singola prestazione, dovevano ritenersi soggette tutte all'aliquota ordinaria del 22 per cento. 3. A seguito di impugnazione del predetto diniego la CTP di Perugia accoglieva il ricorso in quanto la società contribuente aveva prodotto documentazione dalla quale risultava che l'unica gestione suscettibile di essere ripianata mediante l'erogazione di contributi ad opera del Comune di Spoleto non potesse che essere rappresentata dal servizio di mobilità alternativa scale mobili, tappeti mobili, ascensori e Tale circostanza rendeva possibile scindere le aliquote applicabili sentenza impugnata, pag. 2 . 4. L'appello dell'Agenzia delle entrate avverso la sfavorevole sentenza di primo grado veniva rigettato dalla CTR dell'Umbria che, dopo aver respinto l'eccezione di giudicato esterno con riferimento ad altra sentenza della medesima CTR n. 193 del 2018 emessa in un giudizio tra le stesse parti e per le medesime questioni, in quanto non aveva esaminato la questione oggetto del presente giudizio ma si era limitata a rilevare la carenza probatoria in cui era incorsa la società contribuente, sosteneva che nel caso di specie le fatture, la cui imposta era stata chiesta a rimborso, erano state emesse dalla TPL Mobilità scarl per ripianare le perdite subite per la gestione del servizio di mobilità alternativa, posto che la gestione dei parcheggi era un servizio compensato dalle tariffe pagate dagli utenti. Vi era quindi la possibilità fattuale e giuridica di scindere le poste contabili e le relative aliquote agevolate ex Tabella A parte III n. 127 novies del testo unico sull'IVA sentenza, pag. 4 . 5. Avverso tale statuizione l'Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, cui l'intimata replica con controricorso. 6. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Considerato che 1. Con il motivo di ricorso la difesa erariale deduce, ai sensi dell' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 633 del 1972, artt. 13 e 16 . 1.1. La ricorrente sostiene che la CTR aveva errato nel ritenere applicabile l'aliquota agevolata del 10 per cento alle somme costituenti integrazione del corrispettivo erogato alla società contribuente dal Comune di Spoleto per ripianare le perdite di esercizio da quella subite in relazione al contratto di servizio stipulato tra le parti per la gestione del sistema pubblico di mobilità alternativa e dei parcheggi di struttura. Perdite che erroneamente la CTR aveva ritenuto che trovassero causa nella gestione del servizio di mobilità alternativa, in relazione al quale la società contribuente non percepiva alcun corrispettivo, discendendo invece le stesse dalla differenza, in negativo ma poteva anche essere positiva, in tal caso costituente utile netto da riconoscere al Comune tra gli introiti contabilizzati, derivanti dalla gestione dei parcheggi, ed i costi. 1.2. Sostiene, altresì, la ricorrente che la statuizione impugnata si pone in contrasto con il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, comma 1, che prevede che La base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all'esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti . 2. Ciò posto, va preliminarmente esaminata l'eccezione della controricorrente di inammissibilità del motivo di ricorso in esame in quanto diretto a censurare l'erronea interpretazione da parte dei giudici di appello delle clausole del contratto intercorso tra la società contribuente ed il Comune di Spoleto, sicché la ricorrente avrebbe dovuto dedurre la violazione delle norme ermeneutiche di interpretazione di quelle clausole. 2.1. L'eccezione è infondata e va rigettata in quanto la ricorrente non fa alcuna questione sull'interpretazione di quelle clausole che, peraltro, appare pacifica tra le parti. 2.2. Nel caso in esame, infatti, non c'e' contrasto tra le parti sull'interpretazione delle clausole negoziali ritenendo entrambe che il contratto prevedeva diverse e distinte prestazioni, quelle della società cooperativa consistenti nella gestione tecnica ed economica del sistema di mobilità alternativa e dei parcheggi esistenti in zone specificamente individuate, nonché il diritto di sfruttamento delle aree commerciali e degli spazi pubblicitari ricavabili all'interno dei parcheggi e dei sistemi di mobilità alternativa , e che, quanto agli aspetti economici, la clausola di cui all'art. 3 prevedeva che gli introiti derivanti dalla gestione dei parcheggi e dallo sfruttamento delle aree commerciali e degli spazi pubblicitari erano di pertinenza della cooperativa, mentre, ai fini del raggiungimento dell'equilibrio economico-finanziario , che il Comune avrebbe corrisposto le risorse necessarie per il ripiano dei disavanzi connessi alla gestione oggetto del contratto in favore della cooperativa e quest'ultima, invece, avrebbe corrisposto al Comune gli eventuali utili netti risultanti dal rendiconto della gestione degli impianti affidati . 2.3. Di tanto danno atto sia la ricorrente, che peraltro trascrive integralmente nel ricorso il contenuto delle predette clausole, sia la controricorrente che ne tratta diffusamente nel par. 3.1. del controricorso, vertendo il contrasto tra le parti, com'e' pure pacifico tra le stesse, solo sulla questione, di mero diritto, dell'aliquota applicabile all'integrazione fatturata dalla società cooperativa al Comune. 2.4. Da quanto detto, quindi, consegue che con il motivo di ricorso la difesa erariale non contesta la ricostruzione dei fatti operata dai giudici di merito, né, tanto meno, l'interpretazione delle clausole contrattuali dagli stessi offerta, ma assume che quei fatti determinerebbero l'applicazione della fattispecie astratta invocata, rappresentata dalla inclusione nella base imponibile delle prestazioni di servizi delle eventuali integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti, di cui al D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, comma 1. 2.5. Si e', dunque, in presenza di una doglianza che non investe l'interpretazione delle clausole contrattuali effettuata dai giudici di appello, ma l'applicazione che questi hanno fatto della norma censurata ai fatti così come accertati e alle clausole così come interpretate, riconducibile all'ipotesi di falsa applicazione della legge, usualmente definita vizio di sussunzione . 2.6. Richiamando sul punto Cass. n. 28080 del 2019 in motivazione , il vizio di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3 consiste nella deduzione di un'erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie normativa astratta e, quindi, implica necessariamente un problema interpretativo della stessa, mentre esula dallo stesso l'allegazione di una errata ricostruzione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa, prospettabile, in sede di legittimità, solo sotto l'aspetto del vizio di motivazione e il cui esame, a differenza dalla censura per violazione di legge, è mediato dalla contestata valutazione delle risultanze di causa cfr. Cass., ord., 5 febbraio 2019, n. 3340 Cass., ord., 30 aprile 2018, n. 10320 Cass., ord., 13 ottobre 2017, n. 24155 . Le espressioni violazione o falsa applicazione di legge, di cui all' art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, descrivono i due momenti in cui si articola il giudizio di diritto quello concernente la ricerca e l'interpretazione della norma ritenuta regolatrice del caso concreto e quello afferente l'applicazione della norma stessa una volta correttamente individuata ed interpretata - mentre il vizio di violazione di legge investe immediatamente la regola di diritto, risolvendosi nella negazione o affermazione erronea della esistenza o inesistenza di una norma ovvero nell'attribuzione ad essa di un contenuto che non possiede, avuto riguardo alla fattispecie in essa delineata, il vizio di falsa applicazione di legge consiste o nell'assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista - pur rettamente individuata e interpretata - non è idonea a regolarla o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione cfr. Cass., ord., 14 gennaio 2019, n. 640 Cass. 26 settembre 2005, n. 18782 . Fa, dunque, parte del sindacato di legittimità secondo il paradigma della falsa applicazione di norme di diritto il controllare se la fattispecie concreta assunta così come ricostruita dal giudice di merito e, dunque, senza che si debba procedere ad una valutazione diretta a verificarne l'esattezza e meno che mai ad una diversa valutazione e ricostruzione o apprezzamento ricostruttivo è stata ricondotta a ragione o a torto alla fattispecie giuridica astratta individuata dal giudice di merito come idonea a dettarne la disciplina oppure al contrario doveva essere ricondotta ad altra fattispecie giuridica oppure ancora era irriconducibile ad una fattispecie giuridica astratta, sì da non rilevare in iure, oppure ancora non è stata erroneamente ricondotta ad una certa fattispecie giuridica cui invece doveva esserlo, essendosi il giudice di merito rifiutato expressis verbis di farlo così, Cass. 31 maggio 2018, n. 13747 . Non e', quindi, affatto precluso al giudice di legittimità stabilire se il giudice di merito abbia correttamente sussunto sotto l'appropriata previsione normativa i fatti da lui accertati - ferma restando l'insindacabilità di questi ultimi e l'impossibilità di ricostruirli in modo diverso - e l'errore eventualmente commesso non è un errore di accertamento, ma un errore di giudizio, consistente nello scegliere in modo non corretto quella, tra le tante norme dell'ordinamento, della quale deve farsi applicazione al caso concreto cfr. Cass., ord. 18 gennaio 2018, n. 1106 . 3. Nel merito, il motivo è fondato e va accolto. 3.1. Invero, la CTR nel ritenere che le perdite trovassero causa nella gestione negativa del servizio di mobilità alternativa e che vi era la possibilità fattuale e giuridica di scindere le poste contabili e le relative aliquote agevolate ex Tabella A parte III n. 127 novies del testo unico sull'IVA sentenza, pag. 4 , non ha fatto corretta applicazione delle disposizioni dettate dalla normativa nazionale e da quella unionale in materia di base imponibile ai fini IVA. 3.2. Il D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, comma 1, stabilisce che la base imponibile delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi è costituita dall'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al cedente o prestatore secondo le condizioni contrattuali, compresi gli oneri e le spese inerenti all'esecuzione e i debiti o altri oneri verso terzi accollati al cessionario o al committente, aumentato delle integrazioni direttamente connesse con i corrispettivi dovuti da altri soggetti. 3.3. L'art. 73 della Direttiva IVA rifusa 2006/112 CE a sua volta prevede che Per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi diverse da quelle di cui agli articoli da 74 a 77, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare al fornitore o al prestatore per tali operazioni da parte dell'acquirente, del destinatario o di un terzo, comprese le sovvenzioni direttamente connesse con il prezzo di tali operazioni . 3.4. La predetta Direttiva all'art. 79, paragrafo 1, esclude espressamente dalla base imponibile i seguenti elementi a gli sconti sul prezzo per pagamento anticipato b i ribassi e le riduzioni di prezzo concessi all'acquirente o al destinatario della prestazione ed acquisiti nel momento in cui si effettua l'operazione c le somme ricevute da un soggetto passivo da parte dell'acquirente o del destinatario quale rimborso delle spese sostenute in nome e per conto di questi ultimi, e che figurano nella sua contabilità in conti provvisori . 3.5. Ciò posto, osserva il Collegio che quelle contenute negli artt. 13 e 73 citati sono indicazioni sul contenuto della base imponibile ai fini IVA estremamente ampie, come deve desumersi dalle espressioni usate ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti nella prima disposizione e tutto ciò che costituisce il corrispettivo nella seconda. Ne consegue, da un lato, che nella base imponibile vanno ricompresi tutti i corrispettivi dovuti al cedente o al prestatore di servizi sulla base delle condizioni contrattuali, fatta eccezione degli elementi normativamente previsti art. 79 Direttiva 2006/112/CE - in tal senso Corte di giustizia, sentenza 5 dicembre 2013, TVI - Televisao Indipendente SA, nelle cause riunite C-618/11, C-637/11 e C-659/11, par. 33, che richiama le sentenze del 1 giugno 2006, De Danske Bilimportìrer, C-98/05, Racc. pag. I-4945, punto 15, nonché del 28 luglio 2011, Lidl & Companhia, C-106/10, Racc. pag. I-7235, punti 30 e 31 , e, dall'altro, che la base imponibile ha natura tendenzialmente unitaria, senza possibilità di applicare aliquote differenti per le singole prestazioni di un unico contratto, quando, come nel caso di specie, l'integrazione del corrispettivo prevista dal contratto stipulato tra le parti non è riconducibile ad alcuno degli elementi normativamente individuati, e la prestazione economica e', quindi, unica, indissociabile e solo artificiosamente scomponibile in tal senso, Corte di giustizia, sentenza 11/02/2010 in causa C-88/09 Cass. n. 13312 del 2013 . 4. Va dunque affermato il seguente principio di diritto in tema di IVA, ai sensi del D.P.R. n. 633 del 1972, art. 13, comma 1, e art. 73 della Direttiva IVA rifusa 2006/112/CE , nella base imponibile devono ricomprendersi tutti i corrispettivi, compresi eventuali integrazioni, dovuti al cedente o al prestatore di servizi sulla base delle condizioni contrattuali, non potendosi artificiosamente scomporre la prestazione economica, che è tendenzialmente unica ed indissociabile, fatta eccezione per gli elementi normativamente previsti art. 79 della citata Direttiva . 5. Ne deriva che, ai sensi delle disposizioni in esame, il corrispettivo pattuito, comprensivo degli introiti dei parcheggi, dallo sfruttamento delle aree commerciali e dell'integrazione per eventuali disavanzi va considerato globalmente e integralmente come prezzo dell'operazione economica in tal senso Cass. n. 14780 del 2011 , per come peraltro reso evidente dal fatto che l'integrazione era dovuta soltanto nel caso in cui il rapporto tra introiti e costi - questi ultimi generalmente intesi e, quindi, non riferiti esclusivamente alla gestione delle strutture destinate alla mobilità alternativa - fosse stato negativo, giacché se la differenza avesse dato luogo ad un utile , quest'ultimo avrebbe dovuto essere versato al comune. 6. In estrema sintesi, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata va cassata e, non essendovi ulteriori accertamenti di fatto da compiere, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell'originario ricorso della società contribuente. 7. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno poste a carico del controricorrente mentre vanno compensate quelle di merito. P.Q.M. accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l'originario ricorso della società contribuente. Condanna la controricorrente al pagamento in favore della ricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 7.600,00 per compensi, oltre al rimborso delle spese prenotate a debito, compensando le spese dei gradi di merito. Così deciso in Roma, il 11 maggio 2023.