Si all’assegno sociale anche se la moglie ha rifiutato il mantenimento del marito

Lo ha stabilito la Cassazione nella sentenza n. 21573 del 20 luglio 2023, ribadendo che il diritto alla corresponsione dell’assegno sociale non può essere negato a chi, pur avendo diritto astrattamente ad un reddito derivante da altrui obbligo, vi abbai rinunciato .

La vicenda qui analizzata vede coinvolti, da un lato, una donna, separata dal marito e dal quale, per espressa rinuncia, non percepiva alcun assegno di mantenimento , e l' INPS , in qualità di Ente erogatore dell' assegno sociale ex lege n. 335/1995 . La ricorrente versava in oggettive difficoltà economiche e aveva fatto richiesta di accesso al beneficio sociale, che tuttavia l'INPS le aveva negato. Tanto il giudice di primo grado, quanto il giudice d'appello, avvallavano la richiesta della suddetta secondo il merito, il riconoscimento del beneficio è legato alla sola condizione reddituale . Non potevano essere accolte le contestazioni dell'INPS, ricondotte al fatto che la ex moglie avesse volontariamente rinunciato all'assegno di mantenimento. L'Istituto propone allora ricorso in Cassazione riproponendo la medesima argomentazione le difficoltà economiche dell'appellante sarebbero state determinate proprio dalla sua volontà in quanto, in sede di separazione, rinunciava all'assegno di mantenimento. Tale condotta, di chiara natura fraudolenta secondo la ricostruzione dei fatti operata dall'Istituto, darebbe luogo ad abusi e danni alla collettività. Il ricorso è infondato. In primo luogo, osserva la Corte, la legge n. 335/1995, art. 3, comma 6, nel disciplinare i presupposti per la corresponsione dell'assegno sociale, stabilisce espressamente che se il soggetto possiede redditi propri l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto e che il reddito è costituito dall'ammontare dei redditi conseguibili nell'anno solare di riferimento l'assegno, infatti, è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente . Condividendo le argomentazioni fornite dalla stessa Corte in un precedente analogo, il Collegio giudicante osserva che né nella lettera della legge, né dalla sua ratio è desumibile che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba anche essere incolpevole . Cass. lav., n. 24955/2021 . Al contrario, la condizione per l'accesso al beneficio rileva nella sua oggettività. Condivisibile, inoltre, la conclusione offerta dal precedente arresto, al quale il Collegio ha fatto riferimento, per cui il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l'intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario , ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi . Cass. lav., n. 24955/2021 . Ne consegue, dunque, che non si può negare la corresponsione dell'assegno sociale a chi, pur avendo astrattamente diritto ad un reddito derivante da un altrui obbligo di mantenimento e/o di alimenti, non l'abbia in concreto e per qualsivoglia motivo percepito. La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese.

Presidente Esposito Rilevato che 1. con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte d'appello di Campobasso ha confermato la pronuncia di primo grado, di accoglimento della domanda della parte privata volta a conseguire l'assegno sociale ex lege numero 335 del 1995 2. in particolare, la Corte territoriale ha ritenuto che a seguito della cessazione, per rinuncia, della erogazione dell'assegno di mantenimento, in sede di modifica dei provvedimenti relativi alla separazione dal coniuge, ritualmente omologata dal Giudice, ricorressero i presupposti per il riconoscimento del beneficio, legato, per legge, solo ad una precisa condizione reddituale, senza ulteriore specificazione 3. nella fattispecie, al momento della domanda, l'assistiva versava obiettivamente nella condizione economica di bisogno che le dava diritto all'assegno sociale in una determinata misura tale situazione non risultava essere un artificio 4. avverso tale statuizione, ha proposto ricorso per cassazione l'INPS, deducendo un motivo di censura, cui ha resistito la parte privata con controricorso 5. chiamata la causa all'adunanza camerale, il Collegio ha riservato il deposito dell'ordinanza nel termine di cui all' art. 380 bis 1, comma 2, c.p.c. Considerato che 6. con l'unico motivo di censura, l'Istituto ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell' art. 2697 c.c. e dell'art. 3, commi 6-7, della L. numero 335 del 1995 , per avere la Corte di appello ritenuto che l'assistita avesse diritto all'assegno sociale pur avendo rinunciato, in sede di separazione dal coniuge, al mantenimento ad avviso di parte ricorrente, infatti, alla situazione di bisogno l'istante avrebbe, nel caso di specie, dato causa con il proprio comportamento pertanto, consentire in tali casi l'erogazione dell'assegno sociale potrebbe dar luogo ad abusi a danno della collettività 7. il motivo è infondato 8. analoghe questioni sono già state valutate dalla Corte v. Cass. numero 24955 del 2021 e respinte con argomentazioni che, condivise dal Collegio, vanno confermate in questa sede 9. va premesso, in punto di fatto, che la sentenza impugnata, nella sostanza, esclude che la rinuncia al mantenimento sia frutto di un accordo finalizzato a costituire artatamente una situazione di bisogno v. pag. 4, primo rigo, sentenza impugnata 10. ciò posto, va ricordato che la L. numero 335 del 1995, art. 3, comma 6, nel disciplinare i presupposti per la corresponsione dell'assegno sociale, stabilisce espressamente, per quanto qui interessa, che se il soggetto possiede redditi propri l'assegno è attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto ossia fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000 , e che, all'uopo, il reddito è costituito dall'ammontare dei redditi conseguibili nell'anno solare di riferimento l'assegno, infatti, è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti 11. nell'interpretare tale disposizione, questa Corte ha affermato che, essendo il conguaglio strettamente connesso non alla mera titolarità di un reddito, bensì alla sua effettiva percezione, è da ritenere che il reddito incompatibile in tanto rilevi in quanto sia stato effettivamente acquisito al patrimonio dell'assistito così già Cass. numero 6570 del 2010 12. partendo da tale premessa, la Corte ha escluso che sussistesse un obbligo, gravante sull'assistito, di preventiva e infruttuosa sollecitazione giudiziale dell'eventuale coniuge obbligato al mantenimento. Nel dare continuità al principio di diritto espresso da Cass. numero 6570 cit., infatti, Cass. numero 14513 del 2020 ha negato che, ai fini del riconoscimento della provvidenza di cui trattasi, possa assumere rilievo ostativo l'astratta possibilità di chiedere l'assegno di mantenimento a carico del proprio coniuge in sede di separazione , atteso che, interpretando in tal modo la disposizione in esame, si finirebbe con l'introdurre a carico dell'assistito un onere che dalla legge non è in alcun modo previsto v. anche Cass. numero 24954 del 2021 13. si è, quindi, osservato che nè nella lettera nè nella ratio della L. numero 335 del 1995, art. 3, comma 6, è rinvenibile alcuna indicazione circa il fatto che lo stato di bisogno, per essere normativamente rilevante, debba essere anche incolpevole Cass. numero 24955 del 2021 cit . Al contrario, la condizione legittimante per l'accesso alla prestazione assistenziale rileva nella sua mera oggettività. La previsione secondo cui il reddito rilevante ai fini del diritto all'assegno è costituito dall'ammontare dei redditi conseguibili nell'anno solare di riferimento dev'essere infatti interpretata in stretta connessione con quella immediatamente successiva, secondo cui, l'assegno è erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed è conguagliato sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti vale a dire che all'assistito è richiesto soltanto di formulare una prognosi riguardante i redditi percepibili in relazione allo stato di fatto e di diritto esistente al momento della domanda, fermo restando che la corresponsione effettiva dell'assegno dovrà essere parametrata a ciò che di tali redditi risulti effettivamente percepito 14. per la Corte tale conclusione s'impone in ragione del fatto che il sistema di sicurezza sociale delineato dalla Costituzione non consente di ritenere in via generale che l'intervento pubblico a favore dei bisognosi abbia carattere sussidiario, ossia che possa aver luogo solo nel caso in cui manchino obbligati al mantenimento e/o agli alimenti in grado di provvedervi v. in motivazione, Cass. numero 24955 cit. 15. resta salvo, evidentemente, l'accertamento in concreto di condotte fraudolente che, simulando artificiosamente situazioni di bisogno, siano volte a profittare della pubblica assistenza tuttavia, in difetto di prove anche presuntive in tal senso, non si può negare la corresponsione dell'assegno sociale a chi, pur avendo astrattamente diritto ad un reddito derivante da un altrui obbligo di mantenimento e/o di alimenti, non l'abbia in concreto e per qualsivoglia motivo percepito. Ciò per ragioni di stretto diritto positivo, correlate alle scelte discrezionalmente operate dal legislatore nel formularne la disciplina Cass. numero 24955 cit., in motivazione 16. il ricorso, pertanto, va rigettato, provvedendosi come da dispositivo sulle spese del giudizio di legittimità, che seguono la soccombenza 17. tenuto conto del rigetto del ricorso, sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, previsto per il ricorso. P.Q.M. La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità, che si liquidano in Euro 3.000,00, per compensi professionali, in Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali in misura pari al 15% e accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, art. 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto, per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.